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Stragi sulle strade. Biserni (Asaps): "Si è abbassata la guardia. Servono campagne informative e più controlli sul territorio"
È un bollettino di guerra, di una guerra silenziosa e non dichiarata ma per questo non meno sanguinosa, il bilancio delle vittime cadute sulle nostre strade nell’ultimo fine settimana. In poche ore 18 persone, tra queste 12 giovani. La notte tra sabato e domenica a Jesolo una Fiesta con cinque giovani a bordo, speronata da un’altra auto, è finita in un canale. Si è salvata solo una ragazza. La stessa notte un’auto si è schiantata contro un platano e il conducente è morto. Quattro giovanissimi deceduti a Cesena a bordo di una Seat che stava percorrendo la strada in direzione del capoluogo di provincia. All’alba di domenica una giovane madre di 24 anni è stata travolta nel Ragusano mentre, finito il turno di lavoro come cameriera, stava gettando la spazzatura. Sono solo alcuni episodi ai quali si aggiungono anche i due cuginetti di 11 e 12 anni, Alessio e Simone, falciati dal Suv guidato da un pregiudicato a Vittoria, sempre nel Ragusano.
L’Italia si colloca al terzo posto in Europa per numero di vittime della strada. Secondo l’Istat nel 2017 si sono verificati 174.933 incidenti stradali con 3.378 morti (+95 rispetto al 2016). Eccesso di velocità, mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe, uso del cellulare le principali cause. Nel marzo 2016 è entrata in vigore la legge 41/2016 che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico due reati: quello di omicidio stradale (articolo 589-bis del Codice penale) e quello di lesioni personali stradali (articolo 590-bis del Codice penale). La norma stabilisce che chiunque, per colpa, procuri la morte di un individuo attraverso una violazione del Codice della strada è punito con una reclusione che va dai 2 ai 7 anni, aumentabile fino a 12 se il conducente si trova in stato di ebbrezza alcolica grave o di alterazione psicofisica dovuta a utilizzo di droghe o sostanze psicotiche. Pena raddoppiata in caso di guida senza patente (sospesa o revocata). In caso di omicidio plurimo o di lesioni che coinvolgono più persone, può arrivare fino a 18 anni. Eppure, nonostante il provvedimento, la patente a punti, i rilevatori di velocità da remoto, l’obiettivo europeo del dimezzamento delle vittime della strada entro il 2020 rimane lontano perché, spiega al Sir Giordano Biserni, presidente dell’Asaps (Associazione amici e sostenitori della Polizia stradale), “dall’entrata in vigore della legge non è cambiato molto: nel primo semestre 2019 i dati sono anzi in aumento contro il -2% del 2018 e il -1,6% dell’anno precedente. Molta gente è disinformata, non si rende conto di quello cui va incontro”.
Il provvedimento, ci spiega Biserni, “è nato per rendere giustizia alle vittime della strada e alle loro famiglie”. Ieri è stata diffusa la notizia della condanna a otto anni per omicidio stradale di un infermiere che lo scorso autunno in provincia di Sondrio, sotto gli effetti di alcol e cocaina, ha investito e ucciso un diciottenne. “Se non ci fosse stata questa legge – commenta il nostro interlocutore – probabilmente l’investitore se la sarebbe cavata con due anni, e di fatto zero giorni di carcere”, ma “si tratta di un’eccezione”. Difficile, per l’esperto, che possa costituire un deterrente. “Mentre nel 2016 – 2017 le pene erano medio-alte – ci spiega –, dal 2018 hanno iniziato a ridursi perché gli avvocati hanno affinato le strategie difensive ottenendo nei casi meno gravi le attenuanti generiche, cui segue la richiesta del patteggiamento.
A questo punto viene rispolverato il punto debole della legge: la chiamata in causa della responsabilità non esclusiva del conducente in base alla quale la pena può essere ridotta fino al 50%, responsabilità non esclusiva che può essere ravvisabile anche in una carenza della pittura stradale o della segnaletica”.
Anche contro la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe si combatte ad armi spuntate. “Nel contrasto all’uso degli stupefacenti – avverte Biserni – siamo all’anno zero. Oltre alla polizia, sono necessari sanitari sul posto che certifichino lo stato alterato. Un sistema che richiede molte energie e dà pochi risultati, anche perché in questi ultimi dieci anni sulle strade statali e provinciali, dove si verifica la maggior parte degli incidenti, le pattuglie sono diminuite di 79mila unità. C’è stato un allentamento della presa”. E gli etilometri? “Sono pochi e spesso rimangono fermi mesi per la revisione nei due centri Mit. In quello di Milano ci sono code interminabili perché quello di Roma è rimasto fermo 30 mesi”. A questo si aggiunge “la mancanza di campagne antialcol, antidroga e contro le stragi del sabato sera come si faceva nel primo decennio del 2000”.
Particolare emozione ha suscitato la morte del tredicenne Francesco Provenzano in uno schianto, nella tarda serata di venerdì, sull’autostrada A 29 mentre il padre alla guida aveva appena pubblicato un video su Facebook… “Purtroppo – replica l’esperto – nel 2019 abbiamo aggiunto alla sbornia da alcol il delirio da smartphone: siamo in una fase di overdose da social network: far vedere i nostri selfie o i nostri video mentre siamo alla guida, un delirio con conseguenze drammatiche.
È come se in una partita di calcio i giocatori si accorgessero che l’arbitro non ha più né il cartellino giallo né il cartellino rosso”.
A questo riguardo, il disegno di legge per il nuovo Codice della strada, approvato in prima lettura in Commissione Trasporti alla Camera e che ora dovrà passare in aula a Montecitorio e in Senato, dove potrebbe subire ulteriori modifiche per poi diventare operativo entro la fine del 2019, prevede la sospensione della patente da sette giorni a due mesi per chi usa il cellulare alla guida. “Se si cominciasse una sana cura con sospensioni almeno di un mese alla volta, già sarebbe un buon risultato – chiosa Biserni –. Forse qualcuno continuerebbe a guidare anche senza patente andando incontro alle sanzioni previste, ma il punto non è questo. Il problema è che l’utilizzo del cellulare alla guida non è di facile contestazione. Per certificare la violazione vengono chieste prove da Ris di Parma mentre i giudici di pace accolgono i ricorsi con estrema facilità; è una battaglia tutt’altro che semplice”. Per l’esperto occorre prevenire con un’ampia campagna informativo-educativa. “Bisogna spiegare a ragazzi, giovani e adulti che in quei 7/8 secondi nei quali guardi lo smartphone mentre vai a 100 km/ora in autostrada percorri bendato 200 m al buio e rischi la vita. In un centro urbano a 50 km/ora ora in 6/7 secondi percorri quasi 100 metri, il che può significare la morte di un pedone.
Informazione e controlli a tappeto: “Se non vengono ripristinati i controlli su strada con le pattuglie, possiamo prevedere anche l’ergastolo per chi supera la linea continua, ma non otterremo nulla”, la provocatoria conclusione del presidente dell’Asaps.
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