In ricordo di Don Paolo
Don Paolo qui, in questa Pieve, ha fatto la storia della Chiesa del dopo guerra nei suoi 43 anni trascorsi come parroco a Premilcuore dal 1962 al 2005, ma è stato anche un assoluto protagonista delle vita sociale del paese.
Arrivò a Premilcuore nel 1962 col suo cappello tondo da pretino (non quello con le 4 increspature come don Camillo). Tonaca nera lunga con collarino bianco allora assolutamente divisa d’ordinanza per i preti. Lasciatemi dire che aveva un po’ l’aria del Don Matteo di oggi, magro, agile, anziché la bicicletta inforcava il suo mitico Moto Guzzi Galletto di colore giallo. Adattissimo per i preti, per il suo scavo centrale che evitava impacci alla tonaca. Era spiritoso Don Paolo, curioso e anche un po’ poliziotto anzi carabiniere alla ricerca facile dei nostri peccati… che ovviamente stanava anche quando ce li eravamo dimenticati…
Aria semplice dicevo, Don Paolo allora aveva poco più di 40 anni, mi pare che venisse da una piccola parrocchia, la Berleta vicino a Rocca S.Casciano il paese del suo cuore.
Arrivò con padre, madre e sorella al seguito (la mitica signorina Ede) di cui ricordo ancora la buona cucina.
Insomma sembrava un prete semplice e tranquillo invece in breve tempo stupì tutti. Si rivelò infatti un sacerdote poliedrico, colto, capace di scrittura e musica. Suo il libro sulla storia del Paese, suo il rinnovo dell’organo dietro all’altare, suo l’input decisivo allo sviluppo della banda!
Sua l’idea del rilancio del cinema nell’arena qui dietro (che belli Ben Hur e i 10 Comandamenti?).
Sì si trattava di uomo di cultura a tutto tondo, lui Don Paolo, storico per vocazione era diventato anche regista de il Ponte Nuovo, il notiziario parrocchiale mensile, di cronaca civile e religiosa del Paese, ancora in vita a distanza di decenni. Oggi diretto da Riccardo Rinieri.
Ma Don Paolo non veniva mai meno al suo ruolo di sacerdote, anzi di Pievano del capoluogo, pastore fra la gente anche se di principi a volte rigidi, esattamente preconciliari. Intorno a lui – ricordo - gravitavano preti mitici come don Giuseppe Biondi, Don Bergamaschi, Don Antenore, Don Fabbri e altri. Ma il Pievano era il Pievano un po’ come il comandante della Compagnia dei Carabinieri rispetto alle Stazioni locali.
Noi, e quando dico noi intendo Maurizio Mantini (di cui porto il saluto commosso per questa serata doverosa per ricordare Don Paolo nei 100 anni dalla sua nascita, alla quale non ha proprio potuto partecipare), intendo il mitico Riccardo Perini, Mauro Valmori (entrambi ci hanno lasciato troppo presto), Roberto Romagnoli e Agostino Mainetti con Francesco Romualdi (loro un po’ più grandicelli) eravamo i chierichetti già di lungo corso cresciuti all’epoca di Don Antonio Tagliaferri altro prete poliedrico e dotato di grandi qualità.
Ma con Don Paolo si spalancò veramente un altro mondo.
Il Frassineti con l’abito talare aveva una capacità calamitante per i giovani, li sapeva aggregare e coinvolgere, affidando ad ognuno precisi compiti. E che compiti sia in chiesa che nell’organizzazione di questo oratorio, con la presenza anche delle ragazze per altro ben organizzate, le quali diedero vita ad un coro veramente competitivo e di livello.
Spesso andavamo in giro con il suo mitico pulmino Wolksvagen da 9 posti per destinazioni religiose, come S.Ellero di Galeata, altre volte ci saliva tutta la squadretta di calcio per giocare memorabili partite di calcio in trasferta a Rocca a Dovadola. Eravamo quasi sempre perdenti ma comunque sorridenti.
Alcune volte siamo andati al mare, trasferta sempre emozionante per noi gente di acqua dolce abituata al Mulinaccio, andavamo a trovare Maurizio e Gianni Mantini che facevano la cd “Stagione” negli alberghi come camerieri a 13 – 14 anni. Era una vera festa! Mangiata di pesce e gelato sempre garantita (e gratuita…)
Quante Messe servite da noi chierichetti (io poi voglio ricordare che ero figlio di un noto comunista il Proletario, ero stato però allevato nell’assoluto rispetto delle autorità dal prete, al carabiniere. A mio babbo forse dava un po’ fastidio il fumo delle candele, però mi sosteneva e spronava nella mia attività di chierichetto e di frequentatore della Chiesa. Laico sì ma sempre con buoni rapporti con i sacerdoti.
Spesso noi chierichetti (Riccardo e Maurizio in testa) ci bevevamo, con assoluta leggerezza, il vino bianco destinato al calice per la celebrazione della messa, prelevato con fare guardingo dall’apposito armadietto nell’anta in alto posto nella Sacrestia. Ma noi eravamo cresciuti e le tonache si erano fatte corte e magari cominciavano ad attrarci di più le gonnelle. Non disdegnavamo neppure i ritagli delle ostie (prima della consacrazione ovviamente). Allora anche le ostie erano fatte in casa con un apposito fornelletto che rassodava la pasta, poi si calava il coperchio che ritagliava decine di tonde ostie alla volta. Era bello poi usare il turibolo con l’incenso con quel profumo orientale accattivante, ma si usava poco, solo per le cerimonie importanti e soprattutto per l’ultimo saluto alle salme in chiesa.
Quante benedizioni pasquali alle case, anche in campagna. Bello il ricordo degli omaggi che le famiglie offrivano al prete: uova, ciambelle, formaggio, la tipica generosità della gente semplice, comunque vivande preziose per quei tempi.
Affascinante e commovente il ricordo dello squillo delle campane. Campane fatte suonare a mano per i funerali. Noi ragazzini in cima al campanile a suonare la campana la Martina? (Non ricordo, ognuna aveva un nome) con il tocco cadenzato cd a Morto... in realtà più commovente che triste. Poi quando la salma stava per entrare in chiesa, si davano tre serie di tre rintocchi a fila con le diverse campane. Era la bandiera a scacchi del traguardo della vita di un premilcuorese.
Per noi ragazzini dell’oratorio anche le esequie diventavano divertimento e condivisione.
Maurizio mi ricordava che con Riccardo andarono una volta con Don Paolo a un funerale in Toscana. Mi pare a Firenze. Rimasero a dormire là e i due chierichetti romagnoli in trasferta vennero fatti dormire in un salotto con altri su un materassino che di fatto era finito sotto i mobili dell’epoca, quelli che avevano le gambe molto alte. Immaginate Maurizio e Riccardo in quella situazione, si piegarono dalle risate per larga parte della notte. Quando tornarono la Teresina, la madre di Riccardo, chiese come era andata per il funerale e Riccardo candidamente rispose: bene ci siamo divertiti un sacco!!
E le rogazioni? Voi sapete cosa sono vero? Per i pochi che non lo sanno lo vengo a ricordare. Erano della processioni fatte dal prete con i fedeli e chierichetti nel mese di maggio o giugno alle 7 del mattino in aperta campagna (dovevamo organizzarci e prepararci verso le sei). Alle 8 dovevamo poi andare verso la scuola. Consistevano in rosari e preghiere e soste nelle distribuite piccole “edicole” con le immagini della Madonna lungo il percorso. Ricordo bene quelle verso la Ridolla. Con le Rogazioni si invocava la Madonna perché ci salvaguardasse da tempeste e inondazioni che potevano distruggere i raccolti in campagna.
Forse qualche Rogazione servirebbe anche oggi...
Bellissime anche le “cenine” fatte il giorno dell’Ascensione, consistevano nel recarsi in campagna con una tenda e stare insieme fra ragazzi col prete, forniti di abbondanti scorte di panini, ciambelle, bibite San Pellegrino e qualche preghiera. Senza esagerare però. Ricordo che una volta con Don Paolo celebrammo una “cenina” nella piana di Castellana. Stupenda!
Don Paolo insomma miscelava bene la sua cultura, con l’umanità e la capacità di coinvolgimento di tanti ragazzi nell’oratorio e nelle attività religiose. Sapeva essere anche severo al momento giusto! E qualche volta gliene davamo veramente motivo.
Non posso infine non ricordare le bellissime Feste della Madonna del Buon Consiglio, la patrona del Paese, la prima domenica di settembre. Tanta gente, a volte era presente il Vescovo per la cd Festa Grossa ogni 3 anni, tanti fiori che disegnavano ostie e calici sulla strada, la banda che suonava musiche religiose ed emozionanti. Numerosi i premilcuoresi che tornavano da fuori, il Paese in festa e in grande spolvero con le coperte stese dalle finestre.
Il ricordo di Don Paolo per la mia generazione e per quelle successive può essere solo che bello, perché il Pievano è stato con noi e noi con lui negli anni migliori della nostra vita.
Ciao e grazie Don Paolo prete e Pievano indimenticabile del nostro Paese. Buon Centenario.
13 Agosto 2019
Giordano Biserni