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Articoli 26/01/2006

Il ruolo del telefono cellulare negli incidenti stradali con lesioni: uno studio dell’università di Perth (Australia) dimostra che il vivavoce è inutile

(testo completo della ricerca tradotto da Gianfranco Cecchi)

Ci siamo chiesti spesso, in passato, se l’utilizzo del telefono cellulare durante la guida abbia effettivamente un ruolo di distrazione nei confronti del conducente.
L’introduzione dell’obbligo, nel nostro codice della strada, di poterne fare uso a patto di utilizzarlo con auricolare o sistema vivavoce ha praticamente chiuso ogni discussione, limitando la quaestio alla semplice applicazione della sanzione amministrativa in caso di accertamento della violazione al precetto normativo. L’Asaps si è invece chiesta in che maniera il semplice conversare con il proprio interlocutore durante la guida possa influire sul livello di attenzione agli elementi esterni alla guida, quali le condizioni di traffico, il comportamento di terzi o il verificarsi di un evento improvviso. È infatti usuale trovarsi davanti un veicolo che procede in maniera anomala o zigzagando, il cui conducente sta cercando un numero da chiamare nella rubrica integrata, ne stia componendo uno conosciuto – magari leggendolo su un foglio o un’agenda cartacea – o sta inviando un sms.
L’università di Perth (Australia Occidentale) ha realizzato uno studio estremamente interessante, sotto questo profilo, che ha consentito di analizzare con compiutezza il fenomeno. Si tratta di uno studio incrociato, nel corso del quale sono stati presi in esame 456 conducenti (risultati idonei allo studio dopo una selezione effettuata su 1.625 soggetti ritenuti in partenza idonei) tutti sopra ai 17 anni – età minima in Australia per ottenere la licenza di guida – che sono stati ricoverati al pronto soccorso a seguito di sinistri nel corso dei quali era stato accertato l’uso del cellulare, in un periodo compreso tra aprile 2002 e luglio 2004. Il risultato conseguito non ci coglie di sorpresa, conferma i nostri dubbi e dimostra che anche con il vivavoce la sicurezza non aumenta. Di più: i ricercatori dell’università sostengono che la conversazione inciderebbe in maniera determinante anche nei 10 minuti antecedenti l’evento infortunistico. Il metodo di analisi si è basato sulle interviste dei conducenti ricoverati, verificate con la verifica dei tabulati telefonici ottenuti dalle compagnie.

La perdita di sicurezza.
L’utilizzo del cellulare nei 10 minuti precedenti il sinistro stradale è stato associato, come già anticipato, ad una perdita di sicurezza, che in termini di risultatocorrisponde ad un incremento di quattro volte della probabilità di restare coinvolti in un sinistro stradale. Assolutamente significativo, il fatto che la percentuale di rischio risulti aumentata a prescindere dal fatto che il protagonista avesse utilizzato un’apparecchiatura vivavoce o meno. La validità dell’analisi è corroborata dal fatto che non risultano incidere, in termini puramente statistici, fattori quali il tipo di protagonista (uomo, donna o gruppi di età), ed ha spinto i detective del fenomeno a pronunciarsi in maniera perentoria: l’utilizzo del telefono cellulare da parte dei conducenti aumenta la probabilità di incorrere in un incidente stradale con lesioni, e l’eventuale impiego di vivavoce non incide in maniera positiva.

Le basi della ricerca.
Alla base di uno studio valido, devono coesistere – a nostro parere – almeno tre diversi fattori: il primo, senz’altro, la disponibilità di dati da far affluire alla ricerca, compito assolutamente non facile; in secondo luogo, la collaborazione incondizionata di tutti gli enti incaricati di trattare, ognuno per proprio conto, i dati personali dei protagonisti-vittime, ivi comprendendo le refertazioni mediche, i rapporti di polizia e i dati relativi al traffico telefonico; infine, non ultimo, una fortissima motivazione ed un metodo rigorosamente scientifico, che escluda la possibilità di farsi fuorviare dalla ricerca della verità. A proposito delle analisi dei rapporti di rilievo da parte degli organi di polizia stradale, è stata rilevata una consistente invalidità, in quanto le dichiarazioni rese dai protagonisti – agli inquirenti – non possono essere considerate attendibili, per l’ovvia ragione che una loro ammissione li condurrebbe incontro a ripercussioni di carattere amministrativo, civile o penale. Esemplare, in tal senso, la classica affermazione di chi viene colto alla guida in stato di ebbrezza: davanti all’evidenza di un accertamento tecnico (precursore, etilometro o analisi dei liquidi biologici) la gran parte dei positivi asserisce di aver bevuto “solo un bicchiere”. Lo spunto iniziale è stato fornito dalla considerazione oggettiva che moltissimi conducenti, oggi, parlano abitualmente al cellulare durante la marcia, così tanto da stimolare indagini osservative in vari paesi del mondo, soprattutto in quelli che potremmo definire a motorizzazone avanzata. Negli Stati Uniti, per esempio, è stato accertato che i conducenti di veicoli per il trasporto di persone trascorrono una gran parte della loro giornata alla guida con il telefonino in azione. Il 5% degli statunitensi non utilizza abitualmente né l’auricolare né il vivavoce, ma il livello di trasgressione aumentain molti altri stati, soprattutto europei, come in Italia, dove la preoccupazione sui rischi derivanti dall’utilizzo del cellulare alla guida ha già indotto i governi a introdurre il divieto. Analoga decisione è stata intrapresa proprio in tutti gli stati dell’Australia (dal 1° luglio 2001), nella provincia canadese del Newfoundland e del Labrador, e – negli USA – nello stato di New York, in quello del New Jersey e nel distretto della Columbia. Nonostante la scarsità di volontari prestatisi ai ricercatori di vari istituti, l’insieme degli studi effettuati ha confermato che guidare parlando al telefono comporta una brusca diminuzione delle prestazioni da parte del conducente (sia in test simulati che strumentali): stiamo parlando di tempi di reazione, variazione della corsia di marcia, della velocità, di distanza di sicurezza o, più generalmente, della soglia di “attenzione situazionale”.
Gli errori commessi sono stati documentati sia nel caso che il conducente tenesse il telefonino con la mano, sia che fosse munito di auricolare o di vivavoce, tenendo quindi le mani libere sul volante. Possiamo quindi dire che questo tipo di distrazione, incide sulla sicurezza. Due studi confluiti alle valutazioni dei ricercatori australiani (redattori il dr. Redelmeier ed il dr. Tibshirani) hanno poi fatto emergere che esiste una certa differenza – seppur modesta – tra chi è più avvezzo a conversare durante la guida e chi invece parla al cellulare con minore frequenza.
Proprio questi due studi hanno avuto il merito di stabilire che la guida sotto l’effetto del telefonino, - ci venga passata questa singolare definizione - aumenta di 4 volte la possibilità di andare a sbattere, pur non riuscendo a dare risposte a importanti interrogativi circa il livello e tipo di sinistro cui il conducente può incorrere, e se il livello di rischio sia diverso tra l’uso di apparecchi vivavoce o auricolari ed il fatto di tenere il cellulare con la mano.

Lo studio australiano: il metodo dell’Università di Perth.
I ricercatori dell’università di Perth hanno fatto uso di un’analisi incrociata, comparando l’uso del portable da parte dei conducenti al momento dell’evento infortunistico con una serie di periodi di tempo diversi precedentemente stabiliti, con lo scopo di accertare – ottenendo la piena collaborazione dei protagonisti – la variazione delle loro condizioni psicofisiche in relazione alla conversazione. In sostanza, l’analisi si è proposta di registrare le modificazioni della soglia di attenzione nel breve periodo di tempo in cui avviene la conversazione telefonica e nei minuti immediatamente successivi. I ricercatori hanno ottenuto le interviste a caldo, direttamente nelle sale ospedaliere dove erano in corso le cure, escludendo dall’analisi i motociclisti ed i ciclisti, e tutti coloro che avevano riportato traumi cranici importanti o che risultassero coinvolti in eventi con esiti letali. L’intervista è stata strutturata in maniera tale da fornire subito alcuni elementi essenziali del protagonista, quali l’anagrafica, le proprie abitudini alla guida, l’eventuale uso del cellulare e la dotazione dei relativi accessori (auricolare o kit vivavoce) e la dinamica del sinistro. Questa prima fase è stata seguita da un’attività di rilevazione dei dati relativi alla tipologia delle lesioni riportate, ottenendo copia delle cartelle cliniche, ed informazioni precise in ordine all’uso del telefono, contando sulla piena collaborazione delle compagnie telefoniche (Optus, Telstra e Vodafone), che hanno fornito i tabulati del traffico: in Italia, questa operazione sarebbe difficoltosa, se non impossibile, anche con il consenso dell’utente. L’analisi dei tabulati ha consentito di fissare il volume dell’attività telefonica (chiamate effettuate, ricevute ed inoltro di SMS) due ore prima e due ore dopo il sinistro, effettuando rilevazioni anche su tre finestre temporali prefissate dello stesso intervallo di tempo (4 ore) 24 ore, 72 ore e 7 giorni prima del sinistro. Sono stati ovviamente esclusi dall’osservazione i messaggi vocali e gli SMS ricevuti per i quali gli intervistati – dei quali era divenuta requisito essenziale la sincerità – avevano negato l’ascolto o la lettura durante la marcia.

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Il sinistro stradale.
Una delle difficoltà maggiori per i ricercatori, è stata quella di fissare il momento del sinistro, in maniera tale da poter strutturarel’osservazione scientifica a partire dall’istante al quale l’evento infortunistico giunge dopo la fase antecedente e dal quale comincia la fase susseguente: per ottenere un risultato ottimale, è stato scelto ancora una volta l’incrocio dei dati acquisiti dai brogliacci delle centrali operative di soccorso (sanitario, tecnico e di polizia), i registri d’ingresso ai punti medici e la partecipazione dei protagonisti, dei quali era stata ovviamente accertata l’assoluta sincerità; a scanso di equivoci, è stato chiesto loro di mostrare il registro delle chiamate. La determinazione precisa del momento dell’impatto, ha consentito di stabilire il momento temporale a partire dal quale sarebbe iniziata l’indagine nelle due ore a ritroso e nelle due successive. Per non inficiare la ricerca, è stata calcolata anche una percentuale di errore, visto che erano state rilevate alcune discrepanze sui tempi di effettuazione dell’ultima chiamata. In pratica, quando il conducente riferiva di aver chiamato dopo l’impatto, mentre dai tabulati la stessa chiamata risultava essere stata effettuata prima, è stato attribuito un codice di imprecisione alla telefonata, facendola ricadere in statistica al momento successivo all’evento. Si tratta dunque di una sorta di arrotondamento per difetto.
Tempi “di pericolo” e intervalli “di controllo”.
Il lasso di tempo convenzionalmente ritenuto, almeno in quest’analisi, interessante ai fini dell’osservazione, è stato fissato nei 10 minuti antecedenti l’incidente: alcune vittime avevano però evidenziato tempi di conduzione minore, costringendo gli analisti a prendere in considerazione solo l’attività telefonica dal momento in cui si erano messi alla guida, essendo evidente che tutta l’attività precedente non avesse avuto alcuna influenza sul rischio di incidente; questo per quanto riguarda il pericolo effettivo. Per quanto riguarda invece gli intervalli temporali di controllo, sono stati fatti risalire al monitoraggio dello stesso tempo nelle 24 ore prima, poi alle precedenti 72 e poi nella settimana antecedente, prevedendo anche un margine di errore fino a 5 minuti.

I risultati.
Come abbiamo già precisato in partenza, l’indagine si è svolta prevalentemente nelle sale d’aspetto e cura dei vari pronti soccorso dell’area geografica di Perth, nell’Australia Occidentale, dove esiste una rete viaria piuttosto trafficata, e dove il problema sicurezzastradale è venuto, negli ultimi anni, alla ribalta.
I ricercatori hanno preso in esame 1.625 soggetti, tutti rispondenti alle caratteristiche precedentemente enunciate. Tuttavia sono sorte, nel corso dell’attività di analisi, numerosi ostacoli che hanno determinato per molti di loro l’impossibilità di ritenerne valide le esposizioni e le raccolte dati. 454 vittime, per esempio, è risultato non avessero intestata alcuna utenza cellulare (28%), 97 hanno rifiutato di collaborare ad intervista iniziata (6%), mentre 133 sono stati oggetto di esclusione per motivi vari (8%). In 941 (58%), hanno portato a termine l’intervista in ospedale, ma solo per 744 è stata ottenuta la disponibilità dei tabulati telefonici (79%). In 70 hanno infatti rinunciato a richiederli presso le rispettive compagnie telefoniche, mentre 47 soggetti stavano utilizzando un apparecchio aziendale e quindi soggetto a vincoli di riservatezza maggiori, come nel caso di altri 35 conducenti per i quali le compagnie hanno negato l’autorizzazione (si tratta di avvocati o professionisti) e di altre 24 vittime che facevano uso di apparati intestati ad altri. In 21 sono stati poi messi fuori dalla lista dei buoni perché non riuscivano a ricordarsi il proprio numero di telefono. Gli universitari hanno potuto utilizzare così solo il 61% della risorsa inizialmente disponibile, e per loro (in tutto 456) è stata accertata la guida in almeno uno degli intervalli di controllo.
E ora veniamo all’enunciazione dei dati puri: il 93% delle vittime (423 soggetti), ha riportato almeno una lesione, mentre il 44% (201 soggetti) ne ha riportate 2 o più. Non entriamo nella descrizione patologica delle lesioni, di cui pure la ricerca australiana dispone, ma si tratta comunque di distorsioni, contratture, ematomi, contusioni, abrasioni o lacerazioni fino alle fratture, slogature o lussazioni, fino ai traumi cranici di carattere lieve, alle lesioni ad organi interni del torace o dell’addome, alle lesioni mieliche o amieliche della spina dorsale, riportate – per inciso – dal 2% degli intervistati: non ci si faccia ingannare dall’apparente esiguità della cifra. C’è infatti da preoccuparsi, viste le conseguenze nefaste per l’individuo e per la società di una paraplegia o tetraplegia conseguita “solo” per aver risposto al telefono.
L’osservazione ha preso in esame lesioni di gravità media e moderata. 126 soggetti intervistati, il 28%, ha dichiarato di possedere o utilizzare un telefono cellulare, ma di non averlo mai tenuto in azione durante la guida. 322 persone, il 72%, hanno invece ammesso di utilizzarlo abitualmente. Da segnalare il fatto che chi fa uso del telefono in maniera continuativa, durante la guida, dispone di sistemi a mano libera. La metà degli intervistati, comunque, impiega questo tipo di tecnologia: il 36% ha scelto auricolari, il 10% kit vivavoce, il 4% cuffie ed il 2% fa uso dei sistemi di vivavoce integrati al cellulare. Solo il 6% è risultato possedere cellulare con chiamata vocale. È stato possibile accertare, però, che la quasi totalità dei conducenti in possesso di apparecchiature per tenere le mani libere durante la guida, ne ha sempre fatto uso. Il 90% dei conducenti, e stiamo parlando di 411 dei 456 intervistati, aveva con sé il cellulare al momento dell’impatto, mentre il 7% (32 soggetti) ha riferito di aver avuto conversazioni nel corso del viaggio finito all’ospedale. Dei 456 partecipanti, 192 (42%) stava guidando durante almeno uno degli intervalli di controllo, 183 (40%) guidava durante 2 intervalli di controllo e 81 (18%) guidava in tutti e tre: questo dato ha consentito al gruppo d’indagine di avere una disponibilità di ben 456 intervalli di caso e ben 801 intervalli di controllo per un’analisi con molteplici periodi di controllo. La disamina dei tabulati traffico forniti dalle compagnie, ha invece evidenziato che 40 dei 456 soggetti analizzati, pari al 9%, ha utilizzato il cellulare nella fascia di rischio (che come detto in precedenza comprende i 10 minuti antecedenti il sinistro stradale). I telefoni erano utilizzati, inoltre, in 25 degli 801 intervalli di controllo multipli (3%). Se si tiene conto che molti degli intervistati avevano dichiarato di disporre dei sistemi hands-free, ne consegue che circa un terzo delle chiamate effettuate durante il periodo di rischio ed un terzo delle chiamate durante i controlli periodici sono state effettuate tenendo il cellulare in mano, distogliendola così dalla guida.
La ricerca ha più volte accertato che tra i conducenti dotati di sistemi a mano libera e che avevano dichiarato di aver avuto conversazioni durante l’intervallo di rischio, ben l’89% dei soggetti ha affermato di parlare sempre facendo uso. E qui veniamo alla questione: il semplice uso del telefono cellulare, nel lasso di tempo di 10 minuti precedenti al verificarsi di un evento infortunistico, è stato associato ad un aumento di ben 4 volte della probabilità di restare coinvolti in un incidente. Il risultato non cambia nemmeno quando i ricercatori hanno ristretto i tempi, prendendo in esame un lasso temporale di 5 minuti primi: pericoloso a prescindere, dunque, senza distinzione di sesso, fasce di età, o impiego di sistemi vivavoce o auricolare.
Se è vero che generalmente il telefono allunga la vita, meglio fermarsi, per non ottenere il risultato contrario: ma è questa una soluzione proponibile?
Abbiamo la sensazione che i fortissimi interessi commerciali non potranno mai consentire l’introduzione di sistemi di inibizione del funzionamento dei telefoni cellulari durante la marcia dei veicoli: questo perché ormai tutti lo usano per i motivi più svariati, e perché a bordo di un’auto non viaggia solo il conducente ed è tutt’altro che insolito vedere un’auto con a bordo più passeggeri tutti impegnati in diverse telefonate. L’arrivo poi di nuove tecnologie come la Bluetooth – che consente il funzionamento del telefono senza l’impiego delle mani anche per attivare una conversazione – potrebbe non incidere positivamente in termini di sicurezza, se prendiamo per buona la ricerca australiana.
Che fare allora? Cosa proporre?
Francamente, non lo sappiamo. La legge è rigida, e si pensi che in Italia essere pizzicati a chiacchierare senza auricolare o vivavoce, costa caro, almeno in termini di decurtazione dei punti (5). Ma la legge, di per sé, non basta. Si pensi che un’indagine effettuata nello stato di New York ha accertato che l’utilizzo dei telefoni cellulari “hand-held” (tenuti con la mano) è ritornato ai livelli antecedenti all’entrata in vigore della legge che ne proibisce l’uso. Questo è attribuibile all’abbassamento della soglia di vigilanza, ma anche alla mancanza di informazione e di sensibilizzazione.


di Lorenzo Borselli

da "Il Centauro" n. 100 novembre-dicembre 2005
Giovedì, 26 Gennaio 2006
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