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Articoli 27/10/2003

Semaforo verde: precedenza al pedone

Niente diritto di precedenza se il pedone ha già iniziato l’attraversamento dell’incrocio

Semaforo verde: precedenza al pedone
Niente diritto di precedenza se il pedone ha già iniziato l’attraversamento dell’incrocio


di Ugo Terracciano *

Via libera col semaforo verde? Più che un modo di dire si tratta di una regola globalmente condivisa. Da sempre una certezza, un lemma per grandi e piccini: lo si insegnava agli scolari di prima elementare all’epoca del pennino e calamaio ed i corsi di educazione stradale rappresentavano una invenzione di là da venire. Un assioma sì, ma non per Cassazione per la quale, l’automobilista che procede con il verde non è affatto esonerato dal prestare attenzione alla presenza di eventuali pedoni che attraversano la strada. Ed ecco che un’altra certezza prende liberamente il volo. Del resto non è la prima volta che la Suprema Corte, sotto il maglio severo di poche pesanti righe, frantuma precetti che nella mente dei consociati apparivano scolpiti sul granito. Se poi di mezzo c’è il codice della strada, la sequela di modifiche, interpretazioni, interventi della magistratura di merito e della nuova giurisprudenza di pace, hanno ridimensionato norme e precetti, e quello che rimane, francamente, non si può certo definire, sul piano della certezza, la degna eredità delle "dodici tavole". Andando al dunque, la sentenza cui ci riferiamo (Cass. IV^ Sez. Penale, n. 2789/2000) non ha fatto nulla di più che porre nuovi stringenti confini al diritto di precedenza, anche per chi può provare a suo vantaggio di aver attraversato l’incrocio con il semaforo verde. Il caso nasce a Torino. L’incidente non è di quelli terribili, ma fatto sta che un tranquillo signore, alla guida della sua Volvo suo malgrado mette sotto una vecchietta della veneranda età di novantadue anni. Il macchinone fa cadere l’attempata signora che, diciamo fortunatamente, finisce dritta all’ospedale. Il conducente sicuramente se ne dispiace, ma ad alleggerire la sua coscienza resta il fatto che il semaforo gli dava via libera e la signora avrebbe dovuto aspettare il suo turno prima di passare. Le cose però vanno diversamente da come l’automobilista se le era prospettate poiché qualche tempo dopo con grande sorpresa e probabile disappunto si vede recapitare la citazione dal pretore che per giunta lo condanna per lesioni colpose ed al pagamento di un congruo risarcimento. Il caso è semplice: concorso di colpa e quindi responsabilità penale per le lesioni procurate, nonché obbligo di rimborsare la perdita economica e la salute compromessa del pedone. Difficile digerire un simile verdetto per l’automobilista che, passato col verde a velocità moderata, non avrebbe dovuto in cuor suo temere il minimo rimprovero: la povera vecchietta gli si era parata davanti, infischiandosene del semaforo e sgusciando davanti ad un’altra auto che, solo inchiodando bruscamente, per un pelo, era riuscita ad evitarla. Cosa avrebbe dovuto fare il guidatore cui la luce verde tagliava un chiarissimo start? Per cercare finalmente giustizia si rendeva inevitabile il ricorso alla Corte d’Appello, cosicché il fascicolo passa al secondo grado di giudizio, dove le certezze del conducente ricevono un’altra sonora picconata: non solo la condanna è confermata ma addirittura è escluso il concorso di colpa del pedone. Tutta colpa dell’automobilista, dunque: secondo la Corte con ogni probabilità la signora aveva iniziato l’attraversamento col semaforo verde ma non era riuscita a raggiungere in tempo il marciapiede opposto. Certo il conducente non aveva percepito che la vecchietta si trovava a metà del guado, ma comunque aveva l’obbligo, approssimandosi all’incrocio, di assicurarsi che non vi fossero pedoni ritardatari ed in ogni caso avrebbe dovuto consentire loro di completare l’attraversamento. La sconfitta arriva su tutta la linea, la pena viene confermata e quel che è peggio la quota del risarcimento aumenta. La cosa così finisce in Cassazione dove ad un certo numero di eccezioni formali si aggiunge la sostanziale richiesta dell’automobilista di vedersi riconosciuto quel sacrosanto diritto di precedenza che - come tutti sanno - l’accendersi della lanterna verde attribuisce a chi rispetta e riconosce le regole del semaforo. Quando nella sentenza, la Cassazione rimprovera l’estensore dell’appello rimandandolo ad ottobre in prosa e sintassi, l’automobilista ricorrente tira un sospiro di sollievo che però dura poco. Da una parte senza mezzi termini l’alto collegio protesta per le difficoltà di lettura delle sentenza impugnata, derivanti non solo dalla grafia ma anche dal periodare e da una tecnica espositiva contorta e di difficile intelligibilità, dall’altra parte però riconosce che la sentenza stessa, se attentamente vagliata nel suo complesso e con l’ausilio di quella di primo grado, riesce a fornire con sufficiente chiarezza la propria ricostruzione dinamica dei fatti ed una adeguata e condivisibile ratio decidendi. I giudici di appello, infatti, hanno ritenuto che il pedone (ultranovantenne) abbia iniziato l’attraversamento dell’incrocio col semaforo che segnava, per lui, il verde e che, poi, vuoi per la lunghezza del percorso (53 metri) vuoi anche per la lentezza del passo dovuta all’età, non sia riuscito a guadagnare in tempo il marciapiedi opposto ed, anzi, si sia trovato, all’accendersi della luce verde per i veicoli (dopo 29 secondi), quasi nel mezzo dell’incrocio avendo percorso solo trenta metri. E’ correttamente individuata dunque la colpa del conducente il quale, sebbene avesse a quel punto il diritto di precedenza, era obbligato, anche per la conformazione e l’ampiezza dell’incrocio, ad accertarsi che non vi fossero pedoni ancora in fase di attraversamento. Avrebbe dovuto procedere con cautela consentendo a questi eventualmente di raggiungere il marciapiede opposto, tanto più che l’imputato aveva la visuale coperta alla sua sinistra da un’altra auto. Se ne trae una regola generale: sussiste la colpa nel caso in cui un automobilista, nell’accingersi ad attraversare un incrocio molto ampio, subito dopo che la luce semaforica verde gli abbia consentito la ripresa della marcia, abusi del diritto di precedenza omettendo, per ciò stesso, qualsiasi cautela. Tanto più deve procedere con circospezione quando non abbia la visuale completamente libera da entrambi i lati ed in questo caso deve comunque accertare se qualche pedone, anche colpevolmente, non sia riuscito a completare l ’attraversamento consentendogli di guadagnare la sicurezza del marciapiede opposto. Torna un leitmotiv che - leggendo l’annosa giurisprudenza della Cassazione - non bisogna dimenticare. Sì perché il diritto di precedenza non è mai assoluto e non autorizza una condotta di guida negligente ed oggettivamente pericolosa per la sicurezza degli altri utenti della strada: anche rispetto a quelli che, eventualmente per colpa, possano interferire nella direttrice di marcia del veicolo privilegiato. Ne discendono dirette conseguenze, poi, anche in ordine alla graduazione della colpa e del risarcimento connesso, che spetta e va rivalutato dal giudice d’appello anche senza specifico gravame della parte civile (Cass. Sez. IV 20/ 3 /1975 n. 3115; Cass. Sez. VI n. 150092/ 81; Sez. IV 7/ 12/ 1979 n. 5070, RV 142141; Sez. IV 4/ 8/ 1981 n. 7867 RV 150092; Sez. I, 20/ 4/ 1979 n. 3848 RV 141815). Di più: il giudice dell’appello addirittura può d’ufficio modificare in aumento l’importo della provvisionale (Cass. III, 29/ 7/83 n. 7108 RV 1600). Si conferma dunque l’ampia tutela accordata dalla Cassazione agli utenti di fascia debole, ai pedoni, ai ciclisti, a coloro che sulla strada si muovono più lentamente e con scarse protezioni. Sia pure con qualche sentenza di segno diverso (Cass. Sez. III, Sentenza 18 ottobre 2001, n. 12751, che non riconosceva il risarcimento nel caso, opposto a quello in esame, del pedone che attraversa di corsa la strada senza avvedersi del veicolo che sopraggiunge) prevale il principio informatore della circolazione, contenuto nell’articolo 140 del codice della strada secondo cui: "gli utenti devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale". Ma attenzione, per l’articolo 2054 del codice civile spetta al conducente che ha provocato l’incidente dimostrare che non ne ha colpa, avendo osservato tutte le regole del codice della strada ed i criteri più generali di prudenza e sicurezza. Ma quale prudenza? Quale sicurezza? Se attraversa un pedone anziano, non c’è semaforo verde che tenga: tutti fermi finché non è al sicuro sul marciapiede opposto. Passare col verde, oggi, non è il massimo della prudenza. La precedenza è del sempre del vecchietto. Siate un po’ meno automobilisti e più boy scouts.


* Funzionario della P.S.
Comandante della P.M. di Forlì


 


di Ugo Terracciano

da "Il Centauro" n.81
Lunedì, 27 Ottobre 2003
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