Più
si scava attorno al groviglio di provvedimenti e di norme che le recenti
modifiche al Codice della strada hanno portato alla ribalta e più
si scoprono cose nuove e per certi versi irriverenti verso coloro che
sollecitavano una minore tolleranza verso quanti sono abituati a circolare
su strada senza regole e buon senso.
E’ stato un parlamentare piemontese appartenente a Forza Italia,
infatti, a presentare assieme ad altri tre suoi colleghi della Margherita
una proposta di legge, andata approvata, che pressappoco suona così:
da oggi in poi, tutte le volte che una cosiddetta "autoblu"
sfreccerà lungo la strada, violando anche le più elementari
norme del codice stradale, basterà che l’ufficio dal quale
dipende l’autista-contravventore giustifichi, anche informalmente,
tale condotta di guida e la contravvenzione verrà subito archiviata.
Il provvedimento, approvato in occasione delle recenti modifiche al codice
della strada, secondo i firmatari della legge non intende assicurare l’impunità
di ministri o assessori vari, ma soltanto tutelare quegli autisti che
per svolgere compiti istituzionali sono costretti a non rispettare ciò
che gli altri debbono necessariamente fare se non vogliono incorrere in
pesanti sanzioni pecuniarie o per non vedersi decurtare i punti dalla
patente di guida.
Ma andiamo alla sostanza della legge ed esaminiamola per bene. Secondo
il nuovo articolo 201, comma 5 bis del Codice della strada, quando un
auto di servizio è in divieto di sosta o di fermata, oppure se
entra in un’area a traffico limitato o addirittura pedonale, per
annullare in origine la contestazione basterà una comunicazione
informale dell’ufficio da cui l’autista dipende, nella quale
si dichiarerà che quest’ultimo stava svolgendo un compito
istituzionale. L’esigenza di aggiungere queste poche righe all’articolo
citato, ha poi spiegato uno dei firmatari, deriva dal fatto che contrariamente
alle altre violazioni, l’accertamento di questo genere di violazioni
avviene spesso per mezzo di "occhi" elettronici, i quali non
possono stabilire se l’autovettura rientra fra quelle in servizio
istituzionale.
Dietro all’emendamento, è stato dato a sapere, c’è
anche una motivazione - di straordinaria praticità che parte dai
vertici dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani che più
di ogni altro ha spalleggiato i politici nell’approvazione della
norma.
Poiché tutte le volte che avvengono tali violazioni, il comando
accertatore deve comunque redigere il verbale ed inviarlo all’ufficio
intestatario della targa della vettura, questo comporta un indiscutibile
lavoro a monte che impegna uomini ed energie e che termina con l’invio
della contravvenzione ed una spesa postale di 5 euro per ogni atto. In
una città come Roma, si cita come esempio, l’importo complessivo
di questa laboriosa attività supera i 10 milioni di euro ed il
risultato finale si concretizza poi in un ricorso al prefetto ed al successivo
annullamento della contravvenzione. Tanto vale, è la morale, annullare
la multa all’inizio del procedimento e far risparmiare al contribuente
qualche "spicciolo" di sonanti euro. Come se invece, aggiungiamo
noi, fare una bella passeggiata nel centro storico di piccole cittadine
o utilizzare il trasporto pubblico per brevi spostamenti, sia cosa immorale
per ministri, sottosegretari o semplici assessori regionali e comunali,
magari impegnati in tematiche ambientali o di trasporto alternativo.
Comunque sia, un parlamentare che ha fatto sentire la voce del dissenso
c’è stato, ma si è trattato di uno solo e più
precisamente del senatore Roberto Manzione (anche lui della Margherita).
Di certo, è la sintesi del suo pensiero, non si può pretendere
che a giustificare un’infrazione sia lo stesso ufficio che la riceve,
come dire: chiediamo al sindaco di quella cittadina se nel tale frangente
era impegnato in attività istituzionale o meno. Quando mai non
lo sarà?
Così, solo in un’aula parlamentare impegnata ad approvare
la legge, l’intervento del senatore è caduto nel vuoto più
totale, anzi, al danno si è aggiunta anche la beffa. Certo, perché
fra le modifiche approvate, una in particolare si riferisce all’articolo
139 del codice della strada e prevede, oggi, che gli agenti in servizio
di polizia stradale possano avere una patente di servizio specificatamente
abilitata all’espletamento di compiti istituzionali e non più
solo per quelli di polizia. In poche parole: ora qualsiasi autista che
svolge compiti istituzionali avrà la cosiddetta "patente di
servizio", che potrà servire anche per non perdere punti sulla
patente di guida personale. Una norma questa, che una volta trovava logica
in quelle attività particolari delle forze di polizia che non ammettevano
eccezioni (un inseguimento di un auto in fuga, l’intervento su di
un luogo dove si sta compiendo un reato ed altre situazioni del genere);
non si capisce, invece, perché la stessa regola debba applicarsi
anche per altri compiti di servizio o genericamente istituzionali (i più
maligni si sono domandati se l’accompagnamento della moglie di un
politico o un amministratore sia attività istituzionale e se questo
rientri nelle normali incombenze d’istituto..!). Per la verità
noi non ci preoccupiamo più del dovuto, memori invece dei tanti
incidenti stradali, alcuni di rilevante gravità, che di recente
hanno coinvolto proprio i conducenti delle cosiddette "autoblu".
Anche perché, in fin dei conti, possiamo capire i motivi per cui
certi politici ed alte figure istituzionali debbano essere preservati
da rischi che comprometterebbero la sicurezza loro e dell’intera
collettività ed anche piccoli spostamenti debbano avvenire a bordo
delle autovetture.
Tuttavia, senza nulla togliere a tanti bravi amministratori regionali,
provinciali o comunali che operano in tutta Italia, non si capisce come
si possa chiedere ad un assessore alla cultura di giustificare, ad esempio,
l’ingresso nella zona pedonale di una città come Roma o Firenze
o più semplicemente come Canicattì, dove l’area pedonale
è circoscritta a poche centinaia di metri. Non è forse così?
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