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Articoli 08/09/2003

Le Alpi di Annibale: l’esilio europeo del Bel paese

Le Alpi di Annibale:
l’esilio europeo del Bel paese

Cuneo - Conferenza nazionale dei valichi alpini

 

di Lorenzo Borselli

A Cuneo si sono dati appuntamento imprenditori e politici per parlare di valichi: futuro di grandi opere e di mobilità sostenibile. Il ruolo della ferrovia e la modesta attenzione per la sicurezza stradale.

L’atmosfera è quella delle occasioni importanti: Cuneo è una piccola città, nel Piemonte che ancora sa del mare della Liguria ma che sente sopra di sé la magnificenza e il peso delle Alpi di Annibale. La gente è operosa e non presta troppa attenzione a quello che accade attorno al Centro Conferenze della Provincia: provincia anomala, dal momento che il suo capoluogo è forse l’unico a non avere uno sbocco autostradale (il casello più vicino, Mondovì, sulla Torino Savona, è a circa 25 chilometri). Così - senza code all’uscita - Cuneo si prepara, la mattina del 12 maggio scorso, ad ospitare un consesso di luminari della grande viabilità nella prima Conferenza Nazionale dei Valichi Alpini, voluta con forza dalla AS.TRA, l’associazione dei Trasportatori, e dalla CONFETRA.

"Sviluppo e ambiente camminano insieme", recita lo slogan del titolo, sintomo della necessità, in un momento storico in cui non si fa che parlare delle grandi opere cui è necessario dare il via, di trovare il massimo consenso popolare tra le masse, soprattutto tra quelle che popolano il grande bacino delle Alpi. Necessario davvero, perché i montanari storcono il naso al solo pensiero che la quiete delle loro valli possa essere contaminata dal frastuono dei motori e dai miasmi dei fumosi diesel, che seppur catalogati "euro 3" o "euro 4", non emettono certo bolle di sapone.

La ricerca del consenso nasconde ovviamente un’imprescindibile necessità di muovere le merci nella nostra Unione Europea, della quale facciamo parte a pieno titolo, ma dalla quale siamo alla fine relegati in una sorta di periferia continentale, con un fortissimo slancio potenziale derivante dalla totalità di coste sul Mediterraneo ricche di porti importanti, tarpato però da quella sorta di muro di cinta - invalicabile davvero - costituito dal tetto d’Europa. Il nostro isolamento naturale e la tentazione (naturalmente scorretta) dei nostri partner europei di eluderci nella costituzione dei nuovi corridoi mercantili verso il resto d’Europa, oltre a molti cronici ritardi italiani, hanno ridotto la logistica del Belpaese a pezzi, scarsamente competitiva e povera di risorse, messa a dura prova dai gravissimi incidenti nei trafori ed alle prese con le interdizioni notturne al traffico pesante decise dalla Svizzera o dagli ecopunti imposti dall’Austria o ancora dalle improvvise chiusure stabilite dalla Francia. Per questo a Cuneo si sono dati appuntamento Claudio Isolano e Aldo Gatti, rappresentanti rispettivamente di AS.TRA. e CONFETRA, presidente della conferenza il primo e relatore della criticità del sistema logistico il secondo: da perfetti padroni di casa hanno introdotto personaggi politici dello stampo di Luciano Caveri, valdostano dell’Union Valdotaine, presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo, del Ministro per le politiche comunitarie Rocco Buttiglione, di quello delle Infrastrutture e Trasporti Pietro Lunardi e del suo omologo elvetico Moritz Leuemberger, con l’intermezzo in videoconferenza di Loyola De Palacio, vice di Romano Prodi all’Unione Europea e titolare della delega continentale ai trasporti. Prima dei politici avevano parlato Franco Fenoglio, di Iveco, Ferdinand Willeit, dell’Autobrennero, e Carlo Ubertalli, delle Cartiere Burgo. Bilancio della giornata: tante proposte di grandi opere ormai al via (alle quali non sono mancate pacifiche contestazioni), analisi della situazione attuale e del futuro nel trasporto mitteleuropeo; peccato però, e questo lo segnaliamo con rammarico, senza alcun accenno alla sicurezza stradale, se si eccettua il contributo del Ministro svizzero Leuemberger e del dr. Willeit, dell’Autobrennero, che ha spiegato come nel tratto in concessione alla sua società la mortalità sia stata fortemente abbassata negli ultimi anni, con un’attenta politica verso i flussi di traffico in particolare quello pesante (vedi intervista a pag. 48). In una giornata di questo tipo infatti, nella quale si è giunti ad utilizzare ripetutamente l’aggettivo "sostenibile", sarebbe stato opportuno dedicare almeno uno spazio ai temi della sicurezza, visto il titolo della conferenza e soprattutto visto che tutta l’epopea dei valichi, la ridda di polemiche e di strascichi giudiziari, di prese di posizioni di Stati confinanti e dei "confronti" che ne sono scaturiti, vanno fatte indiscutibilmente risalire a quel tragico mattino del 24 marzo 1999, quando il Monte Bianco presentò il terribile conto di 39 vite alla mobilità europea, seguito a breve dalla tragedia dei Tauri e del Gottardo.

"Giornalisticamente" parlando, la proposta sensazionale arriva proprio da Willeit, che ha illustrato il ruolo primario dell’autostrada del Brennero, definita la porta d’Europa per la sua posizione strategica di collegamento tra lo spicchio d’Europa dell’industriosa Baviera e il Nord Est italiano, esibendo, alla stregua di un format, uno schema appetibile all’imprenditoria del nord ovest, di fatto scollegata al resto del continente nonostante la fervente attività di un terziario e di una logistica che non si arrendono all’incipiente crisi. La proposta è una di quelle che, detta ai microfoni di un network nazionale, avrebbe fatto parlare di sé a lungo. "Un sentiero ecologico" è l’auspicio di Willeit, realizzato da Autobrennero e su cui possano un giorno viaggiare (gratis!!!) veicoli pesanti spinti dall’idrogeno e parallelo a quello attualmente utilizzato dai motori a scoppio ed alla strada ferrata verso cui la stessa società ha già investito una buona parte delle proprie risorse, acquistando locomotori e promovendo accordi con i cugini austriaci d’oltralpe. La proposta è stata lanciata sia ai rappresentanti politici che a Franco Fenoglio, rappresentante di Iveco e relatore sul tema di un "trasporto alpino ecocompatibile".

Invito accettato dall’amministratore della casa italiana, che ha spiegato come l’azienda sia da tempo impegnata in progetti di ricerca sull’utilizzo di energie pulite, prima tra tutti l’idrogeno, anche se visto l’attuale tecnologia sarebbe già possibile lavorare a pieno ritmo con il metano e non mancando di ricordare che i propulsori diesel prodotti oggi da Iveco inquinano venti volte meno di quelli assemblati nel 1988. Willeit, come del resto quasi tutti nella stessa giornata, si è scagliato contro la questione degli ecopunti decisa dagli austriaci e su cui lo stesso ministro Buttiglione ha speso una buona parte del proprio intervento, specificando che non è tecnicamente possibile che gli austriaci ripropongano nuovamente questo sistema di controllo dei transiti, che effettivamente non comporta benefici assoluti a livello alpino ma solo un aggravio del carico ambientale in altre zone: in soldoni, problema spostato ma di certo non risolto. La questione italiana era stata del resto affrontata dallo stesso Gatti, nell’intervento di apertura, nel quale aveva sottolineato come la questione alpina sia gestita ancora da mille teste pensanti, facenti capo non a singoli stati, ma addirittura a regioni o province, senza che in effetti si avverta la voce comune europea. "All’inizio degli anni ’90 - dice il rappresentante di CONFETRA - fu decisa l’abolizione delle barriere doganali sulla base di due principi: la libera circolazione delle merci avrebbe portato ad una riduzione dei prezzi al consumatore e grazie al mercato più ampio le aziende sarebbero divenute più competitive". Secondo Gatti il concetto non è di fatto stato accolto, se è vero che ogni ente alpino si sente proprietario del suo orticello. Dello stesso parere Luciano Caveri, l’europarlamentare dell’Union Valdotaine, che ha spiegato come in Europa la questione del trasporto è di fatto soggetta a condecisioni che rendono quasi impossibile la possibilità di trovare equilibri. "Anche sulla discussione che ha portato alla redazione del Libro Bianco sulla mobilità europea - ha sottolineato Caveri - ha prevalso in molte occasioni la logica dell’orticello. Ciò rende necessario istituire un riferimento normativo comune per tutti, sull’esempio della Svizzera, che dedica alla questione delle Alpi l’articolo 84 della propria costituzione". E il ministro elvetico Leuemberger non si è fatto attendere. Puntuale, come gli orologi assemblati nel suo paese, l’omologo di Lunardi (che detiene altre 3 deleghe) ha iniziato il suo intervento partendo dal presupposto che la necessità di trovare il modo di superare l’ostacolo Alpi è indiscutibilmente legata al fatto che un tale passaggio sia sostenibile, in una visione d’insieme in cui alla strada faccia eco la ferrovia.

"All’inaugurazione del San Gottardo, una ventina di anni fa - ha detto Leuemberger - il mio predecessore assicurò che da lì sarebbero passate solo auto, ma non è mai stato così. Da allora sono transitati oltre un milione di veicoli pesanti, dei quali il 70% provenienti dall’estero, con una crescita esponenziale del 700%. Le conseguenze? #9;

Incidenti su incidenti, da noi, al Monte Bianco e ai Tauri. La scelte di ieri comportano oggi problemi di sicurezza, economia e ambiente". Con molta eleganza il ministro confederato ha parlato del ruolo della ferrovia, senza assolutamente cadere nell’integralismo che molti, da uno svizzero, si aspettavano, negando la battaglia ideologica o la tendenza protezionistica del suo paese. Tra le altre cose sono state annunciate grandi opere decise assieme al ministro Lunardi, alle prese anche con le dighe di Venezia, il ponte sullo stretto di Messina e dei lunghissimi trafori del Brennero e del Mercantour. Uomo anche del famoso Corridoio 5, sul quale torneremo nei prossimi numeri del Centauro e su cui tecnici e politici, tra cui il ministro Buttiglione hanno garantito il proprio appoggio, nonostante il continuo tira e molla da parte francese. Buttiglione ha parlato di vero e proprio deficit infrastrutturale in Italia, fortunatamente in fase di risoluzione grazie alla centralità della questione nel programma di governo. #9;

"Per l’Italia le Alpi sono inevitabili - ha detto - mentre per altri sono un optional. Il nostro però non è solo un problema di mobilità o di trasporti. È soprattutto un problema di competitività anche nell’imporre determinate scelte. In questo dobbiamo richiamare al suo ruolo l’Europa, come già fanno altri nostri partner, che in relazione a certi propri problemi si chiudono ad ogni discussione finché quei problemi non vengono affrontati e risolti. Chiusure notturne al traffico notturno o ecopunti devono essere discussi con l’Unione Europea e non con la Svizzera, che dovrà quindi render conto a tutto il continente più che alla sola Italia, o con il Tirolo". Ma il ministro per le Politiche Comunitarie non si è fermato qui e con molta competenza tecnica ha espressamente affrontato il problema del traffico nelle valli alpine e della necessità di ottimizzare i coefficienti di trasporto, promettendo a Willeit e a Fenoglio che il governo darà mandato all’Enea di lavorare sull’idrogeno. Lunardi, a proposito di ambiente, ha modificato all’ultimo momento il tema della sua relazione: ci eravamo preparati a "l’occasione del semestre italiano" e invece il professore in ingegneria ha illustrato come, nella questione alpina, "sviluppo e ambiente camminino insieme". Argomento difficile e complesso: ci torneremo sopra, analizzando punto per punto il programma del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Una voce diversa si è levata dal coro; voce non invitata al dibattito ma che liberamente ha espresso la propria contrarietà alle grandi infrastrutture in programma, definendole, in un volantino distribuito agli intervenuti, "grandi fregature": è la voce di "Cantiere Cuneo", associazione membro dell’Iniziativa Trasporto Europeo (ITE), che ha stigmatizzato come l’Italia abbia da poco stralciato il protocollo trasporti dalla Convenzione delle Alpi, di cui abbiamo fatto ampio riferimento negli scorsi numeri de Il Centauro e di cui ci occuperemo ancora. Per forza.



di Lorenzo Borselli

da "Il Centauro" n.79
Lunedì, 08 Settembre 2003
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