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di Stefano e Stefania Guarnieri*
OMICIDIO STRADALE
Un traguardo, che abbiamo dedicato con tutto il nostro amore a Lorenzo e a tutti i ragazzi innocenti, uccisi come lui da guidatori irresponsabili

A cinque anni dall’introduzione del reato di omicidio stradale il presidente Giordano Biserni, maestro di viaggio in questa avventura mi ha chiesto un pezzo sull’omicidio stradale. Per una volta voglio lasciare da parte i miei cari numeri (peraltro potrete trovare tanti spunti e tante cifre sull’articolo di Biserni e su quello del Comandante Luigi Altamura) e voglio provare  a rappresentare cosa sono stati per noi familiari di vittima questo percorso fatto e il raggiungimento di questo importante obiettivo. Per provare a raccontarlo al meglio ho utilizzato una sintesi del Capitolo 10 del nostro libro “Dieci: I 10 anni dell’Associazione Lorenzo Guarnieri”.

Dieci anni fa abbiamo deciso di non poter accettare che ciò che accade sulla strada sia regolarmente attribuito al caso oppure al destino. Ci siamo ribellati a una narrativa che fino a quel momento avevamo passivamente subìto senza neanche accorgercene: Lorenzo non è stato sfortunato, non aveva un destino tragico. Lorenzo è stato ucciso. Lo scontro, che gli ha portato via la vita, è stato un omicidio. Dopo la sua morte abbiamo iniziato a capire la complessità del problema: sulla strada esistevano vittime di reati ma, nella percezione dei giudici e di riflesso anche della comunità, erano considerati vittime della sfortuna. Serviva affrontare il concetto di omicidio stradale sia a priori, rimarcando l’importanza di fare prevenzione, sia a posteriori, cambiando una legge iniqua verso le vittime della violenza stradale. Insomma, un’equazione complessa con molte variabili: la politica, le istituzioni, la legge, i cittadini.

Per iniziare un percorso complesso bisogna avere alleati forti, e noi li abbiamo trovati negli amici di Lorenzo e nei nostri amici; nell’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale (ASAPS) con il suo presidente e grande amico Giordano Biserni, che aveva già coniato anni prima il termine “omicidio stradale”; nell’Associazione Gabriele Borgogni con Valentina coraggiosa e combattiva sorella di Gabriele; nel Comune di Firenze e nell’allora Sindaco Matteo Renzi e, infine, nelle tante persone che hanno speso la loro professionalità per colmare le nostre lacune. Fra queste pensiamo all’avvocato Annalisa Parenti che ci ha aiutato con la sua esperienza tecnica e umana di tribunali e leggi, a Lorenzo Borselli che ci ha fornito il suo vissuto e la sua praticità di investigatore il dolore schiacciante per la perdita di Lorenzo non si può dimenticare, così come non si cancella la sensazione di sgomento che abbiamo provato rendendoci conto che il comportamento dell’uomo che lo aveva ucciso, guidare sotto l’effetto di alcol e droga, era considerato poca cosa nel nostro sistema di giustizia. Nel nostro paese, per decenni, uccidere adottando comportamenti criminali alla guida è stato sostanzialmente legittimo: lo Stato lo ha sempre accettato come fatto non grave e difatti non lo ha mai punito realmente. Nessuna condanna effettiva, nessuna punizione per chi toglieva la vita non rispettando le regole del codice della strada.
Rendersi conto di questa realtà per noi è stato devastante, così come scoprire quanti sono i morti per violenza stradale ogni anno in Italia, un’epidemia di dimensioni non confrontabili a nessun altro fenomeno di morte violenta, ma di cui inspiegabilmente si parla pochissimo. Ci sembrava impossibile che giudici, magistrati e avvocati non capissero la gravità del fatto. L’inquadramento sino al 2016 del reato nel campo degli omicidi colposi (articolo 589) sminuiva la gravità del reato; a questo problema si sommava la discrezionalità dei giudici che applicavano sempre le pene minime possibili.
La giustizia sbaglia a volte, e questo può capitare; se però per anni e generazioni continua a sottovalutare un reato, alla fine questa interpretazione riduttiva della norma non rimane racchiusa tra le pareti dei tribunali, ma ovviamente pervade la mentalità dell’intero tessuto sociale. Se un crimine stradale non viene mai punito, la percezione di quel crimine si abbassa e il presupposto giuridico finisce così per influenzare negativamente il comportamento delle persone.
 

Grazie soprattutto alla spinta dei giovani, degli amici di Lorenzo che non volevano accettare l’ingiustizia che stavano vedendo nei confronti del loro caro amico, iniziammo a raccogliere le firme il 2 giugno del 2011, a un anno dall’omicidio di Lorenzo.  La soglia che ci eravamo prefissi, le 50.000 firme, fu raggiunta in soli cinque mesi; poi continuarono ad aumentare, provenendo da tutte le province italiane. Dopo due legislature, quattro governi e cinque riletture fra Camera e Senato la nuova legge nel 2016 fu approvata al termine di cinque anni di lavoro, periodo che è sembrato lungo ma che, visto oggi a ritroso, è stato straordinariamente breve per il nostro paese. Grazie anche alla forte volontà dell’allora governo Renzi che pose per ben due volte la fiducia al Senato nella votazione. “È stato un obiettivo fra i più difficili da raggiungere durante il mio governo perché doveva scardinare molte preoccupazioni dei singoli parlamentari. Ma la difficoltà più forte è stata far capire che quello della violenza stradale era un tema importante. Non si trattava di dare un tributo a dei poverini che avevano perso i loro cari, ma era un tema di grande importanza sociale ed economica, come l’Associazione Lorenzo Guarnieri mi aveva fatto capire con il piano strategico per la sicurezza stradale a Firenze” ci racconta Matteo Renzi in un’intervista nel 2020.
Si tratta di una legge sulla violenza stradale sicuramente non perfetta, ma più seria della precedente, capace di portare in risalto l’importanza di rispettare le regole del codice stradale in quanto regole fondamentali di convivenza e rispetto della vita.

Ha funzionato per ridurre la mortalità? secondo me non lo sappiamo perché nel frattempo si sono aggiunte altre variabili, come la distrazione da Smartphone, che sicuramente hanno un impatto e prima non c’erano. Difficile dirlo. Certo è che non ci sono stati tutti gli effetti collaterali che i detrattori avevano previsto: migliaia di persone in carcere; tutti che scappano; mamme che portando il figli a scuola fanno un incidente e vanno in carcere e così via.
E’ stato utile per i familiari delle vittime?  Da familiare di vittima griderei a gran voce di sì avendo vissuto il prima. Con la legge precedente l’omicida di mio figlio è stato condannato a 2 anni e 8 mesi e patente revocata per 3 anni. Con lo stesso reato e legge nuova la condanna sarebbe stata di 6 anni e la revoca della patente per un minimo di 15 anni. La differenza c’è eccome! Si sarebbe fatto almeno un giorno di carcere e con grande difficoltà sarebbe tornato a guidare.
L’importanza di questo aspetto della legge, l’effetto sui familiari delle vittime,  ce la ricorda anche l’amica Professoressa di Psicologia alla Sapienza Anna Maria Giannini. “È una legge straordinaria per le vittime. Non è la stessa cosa parlare di incidente o di omicidio stradale. Quando qualcuno, nel mettersi alla guida, ha trascurato le regole del codice della strada, questa persona, se ne uccide un’altra, ha commesso un omicidio. E non è indifferente chiamarlo in questo o in un altro modo. Per un familiare di vittima, a sua volta vittima, poter usare questo termine, poter ottenere giustizia, consente di chiudere un circolo e avere psicologicamente il riconoscimento del proprio ruolo di vittima. Anche la sanzione è utile, non è solo punizione, è anche uno strumento educativo nel senso che se io sottolineo che quello è un evento grave, gravissimo, è un omicidio, faccio anche cultura. Sto dicendo: ‘Guarda che se ti comporti così non fai una bravata, ma commetti un omicidio’ e questo ha un peso psicologico importante per le persone”.

Non possiamo poi trascurare la crescita di attenzione nelle indagini che sono importanti, non solo per capire le responsabilità, ma anche e soprattutto per agire al fine di imparare come evitare certi scontri. “La strada oggi, grazie a quella legge, è una scena del crimine, e non più solo un posto dove lasciare fiori” precisa l’avvocato Annalisa Parenti, con la sua nota efficacia.
Potevamo avere una legge migliore? Sicuramente sì. Si può sempre migliorare e sappiamo bene che la nuova legge presenta ancora spazi di miglioramento. Ma in quel momento non fu possibile fare di più, a costo di non avere poi niente.  

L'allora sindaco di Firenze Matteo Renzi


Ci sono tante immagini di questo incredibile percorso per cambiare il codice penale, che ci rimarranno impresse per sempre nella mente e ci ricorderanno di essere fieri di noi stessi. Annalisa ha portato la nostra lotta in tribunale, Giordano tra le volanti che monitorano le strade, Anna Maria nelle aule dell’università e fra gli psicologi, Matteo Renzi e tanti altri in Parlamento, noi ovunque è stato possibile, anche grazie all’aiuto e alla testimonianza dei tanti amici di Lorenzo e dell’Associazione.

Ma un’immagine, su tutte, vogliamo scegliere perché universale nella sua semplicità e perché ci è rimasta dentro il cuore. Don Renzo Rossi è stato un grande prete e missionario fiorentino, da sempre vicino agli operai della città nel dopoguerra, ai poveri e ai bambini delle favelas del Brasile, ai carcerati in condizioni disumane e ai tanti fedeli che hanno avuto la fortuna di incontrarlo nel loro percorso. Quando parlammo con lui della proposta di legge per introdurre il reato di omicidio stradale, ci dette una “pacca” sulla spalla come era uso fare, dicendoci: “Ragazzi, dove si firma che firmo subito? Questa sì che è una cosa giusta”. Firmò con gioia rafforzando in noi una convinzione che avevamo già. Essere vicini e solidali con i poveri, avere cura delle persone che soffrono e degli emarginati non significa tollerare il male. Anzi, significa combatterlo con più forza, perché solo attraverso comportamenti che salvaguardano la vita si può sperare in un futuro migliore per i poveri del mondo.
Durante il percorso della legge abbiamo sentito la vicinanza di tante persone, l’emozione di vedere arrivare da tutta Italia pacchi di firme alla nostra casella postale; abbiamo sofferto, gioito, riflettuto, imparato. Proprio per questo ci piace sottolineare che l’aspetto più importante di questo risultato è che si è realizzata una modifica giudicata impossibile, a dimostrazione che bisogna sempre credere nei propri sogni e progetti: questo è il messaggio più bello che speriamo i giovani abbiano tratto da questa battaglia di civiltà.

Se vogliamo un cambiamento non possiamo aspettare che siano gli altri a farlo, ma dobbiamo in prima persona impegnarci affinché si avveri. E se cambiare è giusto, vale sempre la pena di buttarsi a capofitto nell’impresa! Sicuramente assaporerete la bellezza del viaggio e qualche volta, come è accaduto con l’omicidio stradale, la gioia di raggiungere la destinazione.
Noi, questo traguardo, lo abbiamo dedicato con tutto il nostro amore a Lorenzo e a tutti i ragazzi innocenti, uccisi come lui da guidatori irresponsabili”.

•Presidente e vice presidente
dell’Associazione Lorenzo Guarnieri


Omicidio stradale. Parlano Stefania e Stefano Guarnieri che sono stati i veri promotori della legge che oggi compie 5 anni. (ASAPS)


 

Mercoledì, 24 Marzo 2021
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