Mancini, Vialli e l'abbraccio, dopo la vittoria dell'Europeo
L'abbraccio, infinito. E le lacrime.
Roberto Mancini e Gianluca Vialli, i due gemelli del gol, il commissario tecnico della Nazionale e il suo braccio destro, si sono ritrovati ancora una volta, sotto la pioggia londinese, dopo quell'ultima parata finale di Donnarumma. In quello stadio che a loro, nel 1992, aveva tolto una Coppa dei Campioni, con la Sampdoria, e che oggi ha dato loro una vittoria straordinaria, quella dell'Europeo. Un'esplosione di emozioni, per il ct, dopo tanta sofferenza e tensione vissuti fino all'ultimo.
>VIDEO - Italia campione d’Europa, Mancini e Vialli si abbracciano in lacrime
Un abbraccio, ancora una volta. Tre giorni fa, festeggiando il compleanno dell'amico di una vita, Mancini aveva twittato un messaggio per Vialli: «Tanti auguri bomber e fratellino. Un giorno ideale per il compleanno. Happy Birthday bro». E due foto: di due abbracci. Uno in maglia blucerchiata. L'altro di qualche giorno fa: della prima gara a eliminazione diretta dell'Europeo, una delle più sofferte per la nostra nazionale, quella tra Italia e Austria. Anche quella a Wembley.
«Due cose, a questo punto, colpiscono», scriveva Fabrizio Roncone qui in quella occasione: «innanzitutto la forza della stretta, l’intensità, quel tipo di abbraccio che spesso non riusciamo a darci per pudore, per timidezza, per educazione, perché pensiamo che gli altri ci guardano, perché comunque siamo convinti ci sarà sempre tempo e invece no, il tempo passa, è un soffio, dannazione è proprio un soffio, e allora è giusto e necessario lasciarsi andare, seguire i battiti martellanti del cuore e le occasioni di felicità che il destino ci offre.
Poi c’è un’altra cosa: c’è la faccia di Vialli. Quella faccia lì. Magnetica. Pazzesca. No, dentro non c’è soltanto un sorriso. Gianluca è una bellissima maschera che piomba sul prato di Wembley e che arriva da altri tempi supplementari, i suoi, personali: e racconta che nella vita come nel calcio, nella malattia come agli Europei, devi batterti sempre su ogni pallone, su ogni contrasto, non si molla mai di un centimetro, cadi, ti rialzi, riparti. Perché, come diceva Vujadin Boskov, l’allenatore di quella loro mitica Sampdoria, "partita finisce solo quando arbitro fischia"».
In quell'abbraccio, e in quello di questa notte, c'era e c'è una storia di amicizia sconfinata. E oggi, in quell'abbraccio, c'era la gioia di un Paese intero.
L’abbraccio più bello! L’abbraccio più vero. (ASAPS)