Il passaggio in williams
Lì, al Cavallino, rimase per 5 anni. Anni, fitti di idee e successi, anni in cui non rimase mai dietro le quinte ma scese sempre, in prima linea, in pista: in un’epoca in cui le donne in F1 ricoprivano al massimo ruoli di sponsor o comunicazione, un’innovazione senza precedenti. Sbigottito e spaesato rimaneva così chi la intravedeva nel box con le sue cuffie e la sua aria competente sempre presente all’appello. Non passò inosservata neanche agli occhi della Williams che presto la strappò a Maranello. Antonia allora aveva 31 anni e tante idee nel suo serbatoio: la più emblematica fu quella del muso a tricheco, visto sulla FW26 nel 2004 con Juan Pablo Montoya e Ralf Schumacher. Senza addentrarci troppo nel gergo tecnico: attacchi delle sospensioni sporgenti dalla scocca capaci di regalare un maggior passaggio d’aria alla parte inferiore. Un’auto che non attirava l’attenzione per il suo lato estetico ma che faceva del pragmatismo la sua punta di diamante. Ed era il riflesso del carattere di Antonia: una che all’ostentazione ha sempre preferito riservatezza e praticità.
Lo studio e l’università
Anche lo studio era suo compagno costante: accantonata dai suoi binari l’esperienza in F1 si è subito dedicata alla ricerca. Poi una parentesi alla Dallara e via in Olanda con l’intento di trasmettere ciò che esperienza e vita le avevano insegnato: ingegneria, neanche a dirlo, la sua cattedra. Sempre in viaggio, sempre sull’onda di idee innovative: il superbus, mezzo da 23 posti in fibra di carbonio e un’iconica apertura ad “ali di gabbiano” fu il suo ultimo regalo al mondo dei motori: una creatura da 250 chilometri all’ora che magari presto sfreccerà anche nelle nostre strade. Chiamata dall’Università di Canberra, in Australia, stava per trasferirsi. Poi la strada...