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Articoli 27/06/2003

Guida in stato di ebbrezza e oblazione

Guida in stato di ebbrezza e oblazione


di Michele Leoni*

Con la recente sentenza n. 40121 del 27.11.2002, (che pubblichiamo per esteso a seguire dalla pag. 25. NdR) la Corte di Cassazione (quarta sezione penale) ha risolto in senso positivo la questione dell’ammissibilità dell’oblazione per il reato di guida in stato di ebbrezza, dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sulle competenze penali del giudice di pace. Il ragionamento seguito dalla Corte muove innanzitutto dalla considerazione che il reato di cui all’art. 186 c. 2 cds, ai sensi degli artt. 52 c. 2 e 58 c. 1 D.L.vo 274/2000, è ora punito con pena alternativa, in quanto l’obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria "ad ogni effetto di legge", dettato che non lascia margini a nessun diverso apprezzamento o distinzione. L’unico caso in cui l’oblazione può essere negata, pertanto, ha affermato la Corte, è quella in cui il giudice, sulla base del suo potere discrezionale, ritiene, ai sensi dell’art. 162 bis c. 4 del codice penale, che la gravità del fatto sia tale da impedire l’ammissibilità al beneficio. Ha precisato la Corte che questa valutazione va condotta sulla base dei criteri indicati dal primo comma dell’art. 133 del codice penale.
Poiché l’oblazione comporta l’estinzione del reato prima dell’irrogazione della pena (principale) prevista, la Corte ha anche puntualizzato che quindi non è più possibile per il giudice applicare la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (la quale passa alla competenza del prefetto, secondo le norme di cui agli artt. 218 e 219 cds).
Nella sentenza vengono fatte anche considerazioni sulla ratio legis che ispira la nuova normativa, in particolare ove si afferma che, essendo questa "la deprocessualizzazione attraverso una rapida uscita dal sistema penale di chi ha commesso violazioni che comportino minor danno sociale, non vi sono ragioni preclusive né ostacoli ermeneutici che impediscano l’ingresso dell’istituto dell’oblazione nel settore penale speciale".
Questi, in estrema sintesi, i lineamenti interpretativi che emergono dalla pronuncia in questione, sui quali, tuttavia, occorre spendere alcune considerazioni.
Qualche perplessità desta l’affermazione secondo la quale la valutazione della gravità del fatto possa essere condotta sulla sola base degli elementi indicati dal primo comma dell’art.
133 del codice penale (i cosiddetti "criteri oggettivi" di graduazione della responsabilità, ossia natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, tempo luogo e ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa, intensità del dolo o grado della colpa) e non anche quelli indicati dal secondo comma dello stesso articolo (i cosiddetti "criteri soggettivi", che riguardano i motivi a delinquere, il carattere del reo, i precedenti penali e giudiziari, la condotta e la vita del reo antecedenti al reato, la condotta contemporanea o susseguente al reato, le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo).
Invero, non sembra trascurabile, ad esempio, il fatto che il reo annoveri precedenti specifici, sia etilista cronico, non abbia mai voluto intraprendere terapie disintossicanti, abbia tentato di fuggire in costanza dell’accertamento, o altro. Anche perché la guida in stato di ebbrezza è un reato di pericolo e non di danno, per cui, nella valutazione della sua gravità, occorre considerare la gravità di tale pericolo in relazione alla persona che ne è fonte, ed alle probabili recidive, fattori che, forse, impongono un intervento repressivo (con quanto ne segue in punto di sospensione della patente).
Né pare del tutto condivisibile il fatto che la guida in stato di ebbrezza sia sempre e comunque un reato che comporta "un minor danno sociale".
Al contrario, si tratta di un reato dal rilevantissimo disvalore giuridico e sociale, in quanto pone a repentaglio la salute, l’incolumità e la vita di una massa indeterminata di cittadini sulla strada (basti pensare alle stragi del sabato sera, fenomeno tragicamente esponenziale dell’abitudine allo "sballo" e alla guida in condizioni di alterazione psichica).
Non sembra davvero generalizzabile una valutazione aprioristica di questo tipo. Anzi, se mai, pare proprio assumibile, in linea di massima, un apprezzamento di grave pericolosità e rischio sociale per ogni serio caso di guida in stato di ebbrezza, da intendere per "seria" la circostanza che il conducente, per sue peculiari caratteristiche o per il tasso non trascurabile di alcol riscontrato nel suo sangue, effettivamente sia tutt’altro che sobrio.
E qui s’inserisce, d’obbligo, anche una considerazione attinente l’altra "riforma" attuata in tema di guida in stato di ebbrezza, ossia l’abbassamento della soglia di illiceità da 0,8 a 0,5, la quale sembra invece andare in segno contrario alla "deprocessualizzazione". Né, per la sua più incisiva portata repressiva, appare in sintonia con lo spirito di clemenza che contraddistingue la normativa istitutiva dei giudici di pace, per la quale ora l’oblazione è ammessa (e quindi si è aperta la porta a una "cancellazione" integrale del reato attraverso la semplice monetizzazione del suo disvalore).
D’altro canto, un abbassamento così drastico della soglia (tale da investire anche casi in cui la persona, fisicamente, è comunque perfettamente compos sui) potrebbe a sua volta legittimare l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto ("parvitas materiae"), ai sensi dell’art. 34 del D.L.vo 274/2000.
Infine, una ultima notazione. Non potrebbe essere respinta la domanda di oblazione anche ai sensi dell’art. 162 bis terzo comma, quando permangono conseguenze dannose del reato eliminabili da parte del contravventore?
L’ipotesi è quella di incidente stradale con danno a sole cose, allorché il reo non abbia risarcito il danno causato.

* G.I.P. presso il Tribunale di Forlì



di Michele Leoni

da "Il Centauro" n. 78
Venerdì, 27 Giugno 2003
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