La
società Autostrade li pretendeva dall’inizio dell’anno
in virtù di un accordo siglato con l’Anas nel 2002 basato
sul rinnovo della concessione del 1997. Ma adesso il governo intende
inserire il sistema di aumenti all’interno di un decreto legge
e legarli all’effettiva realizzazione degli investimenti. Per adesso
quindi tutto si sposta a luglio, quando appunto dovrebbe partire il
piano per 4,7 miliardi di opere. A quel punto l’aumento dovrebbe
essere del 2,26%. Ma da Autostrade avvertono: se non ci sarà
la trasformazione in legge prevista dal governo gli aumenti ci saranno
e raggiungeranno il 3,06%.
Gli aumenti dei pedaggi autostradali sono puntuali come un orologio
svizzero. Non è un puntiglio frutto del caso, ma la conseguenza
di un preciso accordo tra Anas e Autostrade spa, stipulato nel dicembre
2002 in base al rinnovo della concessione avvenuto nel 1997 e valido
fino al 2038. Ebbene in base a questo accordo gli adeguamenti tariffari
vanno parametrati ai nuovi investimenti. Insomma, se da qui al 2009
debbono realizzarsi opere complessive per quasi 4,7 miliardi di euro,
nello stesso lasso di tempo i pedaggi vanno ritoccati ogni anno con
incrementi di qualche punto percentuale.
Di quanto precisamente? C’è da fare un preciso computo basato
su una precisa formula che somma i valori della variabile X, derivanti
dalla somma dei recuperi di produttività futuri e del differenziale
di inflazione (reale e programmata del periodo 1998-2002 pari allo 0,77%),
con l’inflazione programmata e il parametro di qualità da
definirsi anno per anno. Detto così appare complicato. Ma non
vale la pena scervellarsi: la cosa importante è che da qui al
2009 ogni anno dovremo ritoccare i pedaggi all’insù. Il
che, considerato che già attualmente l’autotrasporto destina
un buon 10% dei propri bilanci per pagare l’autostrada, non è
poca cosa.
Tutto questo sulla carta. Perché nei fatti Autostrade spa ha
avuto qualche difficoltà a far accettare questo piano tariffario.
E le difficoltà hanno avuto un’ultima dimostrazione alla
fine dello scorso gennaio quando il governo ha deciso di far confluire
la materia legata ai pedaggi all’interno di un testo di legge.
E più precisamente all’interno di quel decreto "mille
proroghe" da emendare prima della sua scadenza, prevista per il
24 febbraio. Ora secondo Autostrade l’emendamento non dovrebbe
far altro che trasformare il testo della convenzione in un atto normativo.
Ma dalle dichiarazioni di molti politici appare chiara la volontà
di confermare sì il connubio tra aumenti tariffari e nuovi investimenti,
ma di prevedere anche un meccanismo che tenga conto dell’effettività
degli investimenti stessi. E già perché a ben guardare
una tale effettività negli ultimi anni è un po’ mancata.
Nel senso cioè che gli aumenti di pedaggio ci sono stati, ma
poi di nuove opere se ne sono viste soltanto una scarsa percentuale.
Al di là di quanto sarà scritto nel decreto, comunque,
è certo che, almeno fino al prossimo luglio i pedaggi rimarranno
invariati. A quel punto, in coincidenza con l’inizio del piano
di investimenti già ricordato da 4,7 miliardi, scatteranno gli
aumenti. Che in base all’accordo del 29 gennaio tra governo e Autostrade
dovrebbero essere contenuti nell’ordine del 2,26%. Anche se il
cda della società concessionaria ha subito dopo chiarito che
senza una trasformazione in legge dell’emendamento del governo
che ha recepito i contenuti dell’atto aggiuntivo stipulato con
l’Anas, l’aumento potrebbe diventare del 3,06% e non del 2,26%,
sulla base della Convenzione con l’Anas del 1997.
Insomma, la società Autostrade si difende e cerca di mettere
le mani avanti. Peraltro, fa anche sfoggio di superiore "senso
civico", visto che – sottolinea – accettando la decisione
di rinviare a luglio gli aumenti di pedaggio, aiuta a contenere l’inflazione,
che comunque, in base ai suoi calcoli pesano soltanto del 3 per mille
sul paniere Istat.
Ma i problemi, per chi lavora sulle strade non sono tanto di inflazione.
Il problema è di avere un giusto bilanciamento tra soldi spesi
e servizio ricevuto. Perché pagare – e pagare di più
ogni anno – già costituisce un aggravio pesantissimo per
chi si trova ad operare, come le imprese di trasporto, in una congiuntura
economica a dir poco sfavorevole. L’importante è che poi
questi soldi aiutino a viaggiare meglio, con più sicurezza, potendo
avere velocità commerciali maggiori, evitando code e congestionamenti.
Eppure l’esperienza spesso insegna che tra l’inizio di una
nuova opera e la sua conclusione intercorre un lasso di tempo drammatico.
Volete un esempio lampante? Ebbene, pensiamo a quando sulla Bologna-Modena,
nello scorso anno, iniziarono i lavori per la realizzazione della quarta
corsia. Ora, è certo che a regime questa maggiorazione delle
corsie fino all’innesto con l’arteria che conduce al Brennero
porterà grandi giovamenti. Ma prima di arrivare a quel momento
quanti disagi, quante code giornaliere, quanto tempo e quanti soldi
spesi! Ebbene tutto questo andrebbe evitato. Chi già si addossa
l’onere di spendere di più in pedaggi e di contribuire così
alla realizzazione di nuovi investimenti, non può sopportare
carichi aggiuntivi. N
Autostrade: i numeri del 2002
2359 |
i
ricavi |
1067 |
EBIT |
1472 |
EBITDA |
1013 |
il
cash flow |
529 |
il
risultato netto |
dati
in milioni di euro
L’esempio europeo
Fino allo scorso primo gennaio, da quando cioè anche l’Austria
ha introdotto il pagamento delle autostrade e fino a quando non entrerà
in vigore il sistema di pedaggio sulle autostrade tedesche, in Europa
solo il 31 per cento delle autostrade era a pagamento.
In Italia invece l’86 per cento della rete è gestita con
pedaggi da concessionarie.
Il piano di investimenti del Gruppo Autostrade
- variante di valico tra Bologna e Firenze (A1)
- assi di penetrazione di Firenze
- potenziamento della tratta Barberino-Incisa (A1)
- 4a corsia Milano-Bergamo (A4)
- 3a corsia Lainate-Como (A9)
- viabilità d’accesso al polo fieristico di Milano
- 4a corsia tra Bologna e Modena (A 1)
- riassetto del nodo di Bologna
- passante di Mestre
- riassetto del nodo di Genova
- 3a corsia da Rimini a Pedaso (A 14)
- ammodernamento della Napoli-Pompei-Salerno
- adeguamento della tangenziale di Napoli
- ultimazione del raccordo autostradale valdostano
- ultimazione dell’ampliamento Orte-Fiano Romano (A 1)
-3acorsia Fiano Romano-GRA (A 1)
Le Autostrade, un monopolio privato
È questa la conclusione a cui giunge la Corte dei Conti,
che considera la società concessionaria delle autostrade un’azienda
con "carattere dominante". Ecco come giunge a tale conclusione:
Autostrade, Anas e potere politico. Il rapporto tra questi soggetti
è veramente complesso e ricco di contraddizioni. A dirlo è
la relazione della Corte dei Conti per l’anno 2002, in cui si esprimono
forti critiche rispetto alla gestone di Autostrade, tutta rivolta al
profitto economico e poco interessata al miglioramento del servizio
agli utenti.
Quello cioè che molti autotrasportatori avranno pensato mille
volte viaggiando in autostrada, adesso si trova lì, in un rapporto
ufficiale della nostra magistratura contabile. Ma è interessante
sottolineare che per giungere a tali conclusioni la Corte parte dalle
raccondazioni inviate già in anni passati alle società
concessionarie nel settore autostradale di realizzare "un equo
e felice connubio della tutela del pubblico interesse... e del principio
di economicità". A cui aggiungeva l’esortazione di
garantire un regime concorrenziale tra le società concessionarie
in modo da garantire alla clientela la prestazione migliore da parte
dei concessionari stessi. Ora, a distanza di qualche anno, la Corte
dei Conti arriva alla conclusione che "dagli accertamenti compiuti
nei confronti della Società Autostrade si desumono elementi di
perplessità in ordine al corretto soddisfacimento delle suddette
condizioni. E ciò, per il carattere dominante assunto dalla suddetta
concessionaria nel settore autostradale, prossimo al ruolo di monopolista".
Prova ne sia che su 5.584 chilometri di autostrade a pagamento, ben
3.135 chilometri sono assegnate ad Autostrade. E altri 1.453 chilometri
sono assegnati a società diverse, ma sempre controllate o collegate
ad Autostrade. Tirando le somme, la società presieduta da Gian
Maria Gros-Pietro, spiegano i giudici contabili, controlla un totale
di 4.589,2 chilometri dei 5.584,2 di rete autostradale a pagamento.
Vale a dire, l’82,18% del totale.
Di fronte a questo stato di cose, dice la Corte, sarebbe opportuno predisporre
da parte dell’Anas un sistema di controllo efficace per verificare
se le attività delle società controllate da Autostrade
siano rispondenti agli obblighi di legge. Ma tutto ciò non esiste.
E anche le attività di controllo svolte dal Collegio sindacale
e dalla Società di revisione di Autostrade sono inadeguate, poiché
il loro fine è in definitiva di tutelare gli interessi economici
degli azionisti della società, e non quelli del pubblico che
chiede un servizio di qualità, più sicurezza stradale
e un giusto corrispettivo per i pedaggi.
Un veloce esame dei bilanci di Autostrade consente poi ai magistrati
contabili di trarre altre conclusioni poco lusinghiere. Viene fuori
ad esempio che nel periodo 1997-2000 la società ha riscosso i
pedaggi per un importo complessivo di 12.961,584 miliardi di vecchie
lire, pari a 6,894 milioni di euro, senza tuttavia portare a termine
tutte le opere di costruzione e di manutenzione che si era impegnata
ad effettuare nella convenzione concessoria. Per essere più precisi,
a fronte di quel guadagno appena evidenziato, Autostrade ha speso in
manutenzione, per il periodo 1997-2001, la cifra di 5.352,199 miliardi
di vecchie lire, pari a due milioni e settecentosessentamila euro. Secondo
la Corte dei Conti, si tratta di una attività "di ridotte
dimensioni", che ha già alterato "il rapporto pedaggio-servizio".
Infine, c’è il capitolo delle promesse mancate. I magistrati
contabili hanno rilevato che quando la concessione alla società
Autostrade fu rinnovata nel 1997, la società stessa si impegnò
ad eseguire lavori per 4,41 miliardi di euro entro il 2003. Ebbene,
fino al luglio 2002, gli investimenti della società Autostrade
toccavano appena il trenta per cento di quella cifra.
Trasporti eccezionali: i divieti in autostrada
Anche per quest’anno l’AISCAT ha diramato alle società
concessionarie delle autostrade una direttiva circa i divieti di circolazione
specifici per i veicoli ed i trasporti eccezionali, al fine di rendere
omogeneo il contenuto delle relative ordinanze che le singole società
stanno emanando, sulla base del potere a loro concesso in questa materia
dal Codice della Strada.
La circolare, che potrebbe anche subire leggere modifiche una volta
recepita dalla società concessionarie, prevede che per i veicoli
eccezionali o adibiti ai trasporti eccezionali, fatta esclusione per
i mezzi d’opera che circolano nei limiti di massima complessiva
a pieno carico entro i limiti legali di massa fissati dall’art.
10 comma 8 del dlg del 30 aprile 1992 n. 285, è vietata la circolazione
nel periodo:
- il 13 aprile dalle ore 07,00 alle ore 12,00;
- dal 18 giugno al 05 settembre compresi, durante i fine settimana,
dalle ore 16,00 alle ore 24,00 del venerdì e dalle ore 07,00
del sabato alle ore 24,00 della domenica successiva fatta eccezione
di venerdì 30 luglio per il quale vige la limitazione dalle ore
07,00 alle ore 24,00 già prevista dal D.M. n. 5009 del 17.12.2003;
- dal 11 settembre al 26 settembre compresi, durante i fine settimana
dalle ore 16.00 del sabato alle ore 24,00 della domenica successiva;
- il 31 dicembre dalle ore 16,00 alle ore 24,00.
Austria: qualche domanda su pedaggi e sanzioni
Il nuovo sistema di pedaggio chilometrico istituito in Austria impone
agli autotrasportatori l’installazione a bordo del veicolo pesante
del go–box, un apparecchio che elettronicamente fa rilevare i transiti
effettuati.
Come funziona concretamente il sistema?
Il sistema si basa su una rilevazione di passaggio del veicolo a tratte,
su cui vengono applicati i pagamenti dei singoli pedaggi. Per questo,
lungo la rete autostradale austriaca, s’incontrano tra due ingressi/uscite,
numerosi varchi elettronici, predisposti per interfacciare la go-box
installata sui veicoli in transito, e tale frequenza di rilevamento
può determinare facilmente infrazioni da parte dei conducenti.
Per quali cause può verificarsi il mancato pagamento del pedaggio?
Il mancato pagamento del pedaggio può avvenire sia per assenza
a bordo della go-box sia per il mancato funzionamento della go-box in
un varco elettronico o ancora per l’errato numero di assi impostato.
Chi risponde dell’inadempimento e quali forme di regolarizzazione
possono effettuarsi per non incorrere in sanzioni?
Per mancato pagamento del pedaggio rispondono solidalmente l’autista
e il proprietario del veicolo. Tuttavia se l’autista rileva anomalie
di funzionamento della go-box può provvedere a regolarizzare
il mancato pagamento (entro 5 ore dal momento dell’infrazione e
con una percorrenza massima di 70 km dal luogo dell’infrazione)
presso il più vicino punto di assistenza, senza incorrere in
alcuna sanzione pecuniaria (è il cosiddetto ravvedimento operoso).
Il sistema elettronico di pedaggio infatti riassume in un’unica
infrazione tutti i tratti a pedaggio non pagati che sono stati attraversati
entro 5 ore dal primo mancato pagamento.
Se non c’è "ravvedimento operoso" del conducente,cosa
accade in caso d’inadempimento?
Se il mancato pagamento viene rilevato per via elettronica (controllo
effettuato da Europass) o da un controllo a campione su strada (di competenza
dell’Asfinag), si configura l’ipotesi del "truffatore
del pedaggio" cioè di chi consapevolmente transita sulla
rete a pagamento senza pagare il pedaggio.
In tal caso si applicano le sanzioni pecuniarie, oltre al pagamento
del pedaggio dovuto. Le autorità austriache notificano quindi
una proposta di pagamento del pedaggio sostitutivo ed il debitore ha
tre settimane di tempo per regolarizzare la propria posizione; se l’impresa
o il conducente provvedono al pagamento, il reato si estingue; in caso
di inadempienza, viceversa, scatta la denuncia e parte un procedimento
penale-amministrativo. Se il veicolo inadempiente abbia targa straniera,
le unità di controllo mobili dell’Asfinag intimano il pagamento
sostitutivo immediato, pena il fermo amministrativo del mezzo per le
72 ore successive, a mezzo di ganasce; qualora il pagamento non avvenga
entro tale termine, il fermo si tramuta in sequestro del mezzo.
A quanto ammontano le sanzioni comminabili?
Le sanzioni variano a seconda della gravità delle infrazioni
1) mancato pagamento totale del pedaggio o mancanza della go-box: 220
2) mancato pagamento del pedaggio sostitutivo: da 400 a 4.000
3) errata impostazione n. assi del veicolo: 110
Come è possibile accorgersi tempestivamente del mancato pagamento,
ed evitare le sanzioni?
Il conducente deve verificare che:
• sul veicolo sia installata la go-box;
• la go-box emetta un solo segnale acustico quando il veicolo transita
sotto un "varco elettronico"; se invece la go-box emette quattro
segnali acustici il pagamento è stato irregolare;
• il display della go-box indichi il corretto numero di assi del
veicolo. Se poi la mancata lettura di singole tratte è imputabile
non ad un cattivo funzionamento del go-box, ma ad esempio a guasto alle
antenne poste lungo la rete soggetta a pagamento, il conducente se non
vuole essere scambiato per "truffatore di pedaggio, con tutte le
grane che ne conseguono, non può far altro che prestare particolare
attenzione al segnale acustico ogni volta che incrocia un’antenna.