di Raffaele Chianca*
Un piccolo riconoscimento ai Colleghi della Polizia Penitenziaria che con professionalità e grande entusiasmo svolgono il loro difficile e complicato lavoro
Il 27 ottobre scorso sono stato alla Certosa di Parma presso la Scuola di formazione del personale penitenziario dove ho avuto l’onore ed il piacere di tenere una conferenza di tre ore in materia di falso documentale ai Collegi che frequentano il corso di formazione per il conseguimento della qualifica di Ispettore.
Per non affaticarmi ho ridotto al minimo il numero delle mie performance cercando, tra l’altro, di non allontanarmi troppo dalla mia provincia di residenza, tuttavia ci sono eventi formativi ai quali non posso dire di no ed uno di questi è quello di Parma. Nei miei trascorsi di formatore mi è già capitato di essere chiamato come docente presso gli istituti d’istruzione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, nell’ambito dei corsi dedicati al personale della Polizia Penitenziaria, occasioni nelle quali ho avuto il privilegio di apprezzare e leggere negli occhi dei colleghi la grande professionalità e, soprattutto, l’entusiasmo nell’ apprendere materie di carattere operativo, ragioni di carattere emotivo, queste, che non mi consentono di declinare l’invito.
Ascoltare le storie di questi colleghi dal basco azzurro è impagabile! Si tocca con mano uno spaccato di vita contemporanea che nessun autore, per quanto bravo, sarà in grado di andare a riportare sulle pagine di un libro… si tratta di racconti che solo un poliziotto penitenziario può trasmettere; racconti fatti di emozioni, di sensazioni, di disperazione, di odori, di rumori, di pianti, ma anche di gioie e di tanta umanità… per questo penso che tutti gli appartenenti alle forze di polizia nazionali e locali dovrebbero, almeno una volta all’anno, prestare servizio per una settimana presso un istituto penitenziario per toccare con mano cosa vuol dire svolgere il servizio di Polizia Penitenziaria, cosa vuol dire scontare l’ergastolo senza aver commesso nessun reato. Ecco perché, se fosse per me, i colleghi che là dento ci passano tutta la vita dovrebbero essere retribuiti con il doppio dello stipendio, e forse neanche questo potrebbe ripagarli di tanti sacrifici.
Foto da Poliziapenitenziaria.gov.it
A tanti colleghi che indossano giubbe di altri colori è capitato, e certamente ricapiterà, di entrare in un carcere; di solito si tratta di accompagnare alla matricola gli arrestati, ma questo non vuol dire conoscere la realtà di quei luoghi. Di fatto si entra e, dopo aver attraversato una decina di pesanti portoni, si arriva alla matricola dove si lascia in custodia il “nuovo arrivato” e, una volta espletate tutte le incombenze di rito, si girano i tacchi e si esce il più velocemente possibile. A me personalmente è capitato almeno per qualche centinaia di volte, ed in vari istituti sparsi per la penisola. Tuttavia non ci si rende mai effettivamente conto di cosa accade all’interno di quelle realtà.
Nel corso della mia lunga carriera credo di averne viste tante e di tutti i colori, e l’essere rientrato in contatto con la realtà carceraria per questi cicli di docenze ha fatto riaffiorare in me la memoria dei servizi svolti presso il carcere di massima sicurezza di Fossombrone in provincia di Pesaro, all’ epoca classificato di massima sicurezza, non so ora, dove erano reclusi alcuni degli esponenti di spicco delle Brigate Rosse di cui, per ovvie ragioni, non faccio i nomi ma vi assicuro che il solo fatto di ripensare di averli visti di persona e da vicino, ed aver perquisito le loro celle ancora oggi a distanza di anni mi fa tremare i polsi.
Se volete scoprire di chi parlo andate a vedere i componenti del Comitato esecutivo e della direzione strategica della Brigare Rosse, ecco i componenti apicali di questi organismi erano reclusi a Fossombrone.
Foto da Poliziapenitenziaria.gov.it
In quel contesto il mio servizio consisteva nel procedere alla perquisizione delle celle di questi reclusi. Ricordo ancora, a fronte delle proteste di questi detenuti, quanto i colleghi della penitenziaria dovevano penare per farli uscire dalle celle, che non volevano in alcun modo abbandonare per evidenti “loro” ragioni, e ancora quante difficoltà per condurli in luoghi “protetti”; difficoltà che non mancavano neanche al momento di farli rientrare in cella, seguite da dure proteste a fronte del fatto che le trovavano in disordine. Certo un po’ di disordine lo provocavamo, e non aggiungo altro.
Nel corso di quelle perquisizioni ho avuto modo di vedere come si muovevano i colleghi della penitenziaria ai quali erano assegnati i locali più difficili da perquisire come i bagni, e qui non rivelo i motivi di questa scelta, con quanta professionalità, capacità e con quale tecnica e maestria perquisivano e bonificavano tali locali da eventuali materiali vietati o di interesse investigativo.
I miei occhi si sono posati su gli effetti personali di questi detenuti, come vivono, come passano le giornate in quel contesto, ho letto con attenzione la loro corrispondenza, i vari pizzini che venivano nascosti in luoghi che, vi assicuro, non immaginereste mai e di cui ora conosco l’esistenza, e che ovviamente non svelerò. Insomma i miei occhi hanno visto e letto cose che le persone dotate della più fervida fantasia non potrebbero neppure lontanamente immaginare…
È in quel contesto che ho imparato ad apprezzare il lavoro che fanno le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. Da allora penso che se per noi che svolgiamo indagini è difficile arrivare ad un arresto o ad una cattura, dove è tutto un percorso in salita fatto di accertamenti sul campo, intercettazioni, pedinamenti, ecc., certo non è un percorso in discesa quello dei colleghi della Polizia Penitenziaria che devono occuparsene all’interno degli istituti di pena.
Ricordo ancora il giorno che, uscendo da una di queste celle, ho incrociato lo sguardo del principale “inquilino”, non ci siamo parlati ma in quello sguardo ho percepito chiaro l’odio per i sistema e soprattutto per me che in quel momento lo rappresentavo e lo difendevo.
Ho pensato spesso allo sguardo di quel “capo” dell’organizzazione terroristica e, riflettendoci, mi è venuto in mente che i Colleghi della Penitenziaria quello sguardo erano costretti ad incrociarlo tutti i giorni che Cristo ha Comandato! Come non stimare Colleghi del genere?! Colleghi che sono costretti a convivere tutti i giorni con questi soggetti!
Lo stesso identico racconto me lo hanno fatto i Colleghi che hanno avuto in custodia Nadia Desdemona Lioce terrorista italiana, componente dell'organizzazione armata di sinistra Nuove Brigate Rosse - Nuclei Comunisti Combattenti, esponente di primo piano del gruppo terroristico, che ha partecipato agli omicidi di Massimo D'Antona nel 1999 e di Marco Biagi, nel 2002. Arrestata il 2 marzo 2003 dopo uno scontro al fuoco sul treno regionale Roma-Firenze nel quale morì il Sovrintendente di polizia Emanuele Petri, è attualmente reclusa nella casa circondariale di massima sicurezza Le Costarelle di Preturo a L'Aquila, dove sconta la pena dell'ergastolo in regime di 41-bis, dove ha tenuto e tiene un atteggiamento fortemente ostile nei confronti dei Colleghi della penitenziaria.
Soggetti questi che hanno ammazzato, colleghi, politici, magistrati… così, senza pietà! Senza il benché minimo rimorso; senza pensare che quelle vittime di cui loro sono i colpevoli e consapevoli carnefici, prima che obiettivi della loro lotta armata, erano come loro stessi, padri, fratelli, figli… questi assassini sono quelli con cui hanno a che fare quotidianamente i colleghi della Penitenziaria in ogni giorno, in ogni ora, in ogni minuto, in ogni secondo del loro servizio.
Ma ritorniamo alla mia conferenza, GRAZIE a coloro he hanno avuto la pazienza di ascoltarmi, sono felice di essere stato con voi, è stato bello percepire il Vostro entusiasmo la Vostra grande professionalità, e la passione per la vostra professione. Speriamo di rivederci presto, e fate attenzione, ma questo vale per TUTTI, perché ci vuole un attimo a passare da carceriere a carcerato, e solo la professionalità, la formazione, le buone pratiche ci salvano la vita e ci rendono liberi di operare con tutta tranquillità, e per questo che vi saluto augurandovi buona vita e, soprattutto, buona fortuna!
*Consulente ed esperto internazionale in materia di
falso documentale e furto e riciclaggio dei veicoli
Già Ispettore Superiore s.U.P.S. della Polizia di Stato