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Notizie brevi 15/12/2022

Lo scompenso cardiaco può essere conseguenza di un incidente?

Il rischio di danni alle strutture cardiache correlato a traumi ad alta energia è piuttosto basso (seppure non nullo)

Nel 2014 mia madre è stata investita da una bicicletta, con rottura del femore. Quattro anni dopo ha fatto un ecocardiogramma che non ha rilevato alcunché di particolare. L’anno scorso le è stato diagnosticato uno scompenso cardiaco: può essere una conseguenza dell’incidente?

Risponde Massimo Mapelli, Dipartimento Cardiologia critica e riabilitativa, Centro card. Monzino, Milano (VAI AL FORUM)

La sua domanda mi ha incuriosito e vorrei provare a percorrere quel filo sottile che potrebbe legare un incidente della strada accaduto anni prima allo scompenso cardiaco recentemente diagnosticato a sua mamma. I traumi ad alta energia, in particolare a carico del distretto toracico, si correlano a un rischio piuttosto basso - ma non nullo - di danni a livello di alcune strutture cardiache tra cui, per esempio, le valvole o i grossi vasi (aorta, arterie polmonari). L’evoluzione ha sapientemente nascosto uno dei nostri organi più importanti all’interno di una gabbia toracica ben progettata che, con sterno e coste, offre una notevole protezione nei confronti degli insulti esterni. Tuttavia, seppure quasi aneddotici, sono stati descritti nella letteratura medica diversi casi in cui un incidente della strada è stato in grado di danneggiare in maniera severa il cuore o una sua parte (per esempio la valvola tricuspide, leggermente più esposta delle altre). A loro volta, le valvulopatie rappresentano una causa relativamente frequente di scompenso cardiaco, acuto o cronico a seconda della presentazione clinica.
Quello che proprio non torna nel caso della mamma, oltre alla presenza di un ecocardiogramma intermedio risultato nella norma, è la tempistica: un danno cardiaco acuto legato al traumatismo avrebbe comportato un’evoluzione rapida verso uno scompenso cardiocircolatorio conclamato, talora con la necessità di una correzione cardiochirurgica urgente. Invece è verosimile che, invecchiando un po’, sua mamma sia incappata in molte altre cause che possono aver contribuito a generare uno scompenso cardiaco: aritmie, ipertensione arteriosa, valvulopatie di natura degenerativa e non traumatica, solo per citare le più frequenti. Lo scompenso cardiaco è una patologia che interessa il 2-3% della popolazione italiana (fino al 10-20%, se consideriamo la popolazione tra 70 e 80 anni). In questo contesto una soluzione plausibile del rebus è quella che ci offre la statistica. In una società altamente urbanizzata come la nostra, in cui purtroppo non tutti rispettano il codice della strada, essere investiti è un’evenienza relativamente frequente, così come quella di avere uno scompenso cardiaco.
In questo caso non solo non è rispettato un nesso di causalità (impossibile dimostrare che un trauma precedente sia alla base di una cardiopatia insorta molti anni dopo), ma neanche quello di associazione, dato che nessuno ha mai documentato una maggior prevalenza di scompenso cardiaco in pazienti con lesioni ortopediche o viceversa. La buona notizia è che oggi, indipendentemente dalla causa che lo ha provocato, siamo in grado di gestire e curare lo scompenso cardiaco molto meglio rispetto al passato. Si tratta di una malattia cronica, ad andamento ingravescente, in grado di compromettere in modo significativo la qualità di vita, eppure le nuove terapie farmacologiche in questo ambito hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni e, con interventi tempestivi, la prognosi dei pazienti può cambiare radicalmente tanto da permetterci di arrestare (se non addirittura invertire) la malattia in quasi il 70% dei soggetti. Unico requisito richiesto: agire per tempo, anticipando le mosse della malattia.

di Massimo Mapelli
da corriere.it

Giovedì, 15 Dicembre 2022
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