Giurisprudenza di Legittimità Corte di Cassazione Civile Sezione I, n. 12626 del 13 giugno 2005 CIRCOLAZIONE STRADALE - SANZIONI AMMINISTRATIVE - OPPOSIZIONE -TERMINE L’atto di opposizione contro il verbale di contravvenzione al codice della strada deve, a pena di inammissibilità, essere depositato nella cancelleria del giudice non già nel termine di trenta giorni stabilito dall’art. 22 della legge n. 689 del 1981, bensì in quello più lungo di sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione della contravvenzione medesima, atteso che quest’ultimo meglio si armonizza con le altre previsioni dell’ordinamento che, nello stesso termine di sessanta giorni, consentono al contravventore sia il pagamento della sanzione in misura ridotta (art. 202 del codice della strada) sia la proposizione del ricorso amministrativo al Prefetto (art. 203 dello stesso codice), Diversamente, dovrebbe trarsene la possibilità di decadere dall’azione giudiziaria prima ancora del decorso dello "spatium deliberandi" a tali fini concesso al trasgressore, conseguenza tanto più incongruente ove si consideri che, esperito il rimedio amministrativo, è quindi ex art. 205 cod. strada in sede giurisdizionale proponibile opposizione avverso l’emessa ordinanza-ingiunzione prefettizia. (Cass. Civ., sez. I, 13 giugno 2005, n. 12626) Svolgimento del processo - La sig.ra Cristina Gobbi, con ricorso 30 dicembre 2001 al Giudice di pace di Roma, proponeva opposizione Avverso il verbale di accertamento di una violazione del codice della strada dei vigili urbani di Roma notificatole il giorno 3 dicembre 2001. 11 Qiudice di pace,con ordinanza 11 marzo 2002, dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione, perché proposta oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 22 della legge n. 689 del 1981. L’opponente ha proposto ricorso a questa Corte avverso tale ordinanza, con atto notificato al Comune di Roma Il 3 maggio 2002. La parte intimata non ha controdedotto. Il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 C.P.C. Motivi della decisione - Con il ricorso, premessosi dalla ricorrente che essa aveva impugnato un verbale di accertamento di una sanzione amministrativa per una violazione del codice della strada, si denuncia la violazione: a) dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981, dovendo ritenersi che il termine per l’impugnazione del verbale di accertamento di sessanta giorni e non di trenta; b) dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, essendo stato nel verbale di accertamento indicato il termine per impugnare in sessanta giorni. Si deducono altresì carenze motivazionali. Il ricorso è manifestamente fondato sotto l’assorbente profilo che erroneamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto che il termine per impugnare il verbale di accertamento di violazioni del codice della strada sia di trenta giorni. In proposito va considerato che l’art. 203 del codice della strada prevede che l’interessato, in materia di violazioni relative alla circolazione stradale possa proporre, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione dell’accertamento, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, ricorso al Prefetto del luogo della commessa violazione. La norma, stante la incompatibilità con il sistema costituzionale della sua interpretazione come istituente un ricorso amministrativo che costituisca presupposto processuale per adire il giudice, stata interpretata nel senso dell’alternatività del ricorso amministrativo con quel lo giurisdizionale (Corte cost. sentenze nn. 255 e 311 del 1994; 437 del 19951 Cass. 8S.UU. 21 dicembre 2001, n. 16181; Cass. 26 luglio 2001, n. 10194; 5 aprile 2001, n. 5046). Questa Corte, secondo il più recente orientamento (Cass. 24 settembre 2002, n. 13872; Cass. 29 settembre 1999, n. 10768), ha affermato che il termine per impugnare in via giurisdizionale il verbale, trattandosi dell’esperimento di un rimedio alternativo con il ricorso amministrativo, debba ritenersi il medesimo previsto per tale ricorso, e ci06 di sessanta giorni(termine sospeso durante il periodo feriale). Questo collegio condivide tale orientamento, avallato da ragioni di ordine sistematico, ricavabili dalla considerazione che il termine di sessanta giorni è quello concesso all’interessato per il pagamento – ove consentito - in misura ridotta, con effetto estintivo dell’obbligazione, per cui sarebbe del tutto incongruo che si possa decadere dall’azione giudiziaria prima del decorso di tale spatium deliberandi concesso dalla legge al trasgressore. Inoltre sarebbe ugualmente incongruo che, applicando al ricorso giurisdizionale il più breve termine di trenta giorni previsto per l’impugnazione dell’ordinanza-ingiunzione (art. 205 del codice della strada e 22 della legge n. 689 del 1981), si possa decadere dal diritto di proporre opposizione in sede giudiziaria contro il verbale di accertamento, mentre si continua ad avere un rimedio amministrativo che, se esperito, potrebbe riaprire la possibilità dell’opposizione in sede giudiziaria ai sensi dell’art. 205 del codice della strada, esperendola contro la successiva ordinanza-ingiunzione. Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Giudice di pace di Roma, in persona di altro magistrato, che statuirà anche sulle spese del giudizio di cassazione. La Corte di cassazione Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al Giudice di pace di Roma in persona di altro magistrato, che deciderà anche sulle spese dal giudizio di cassazione. Così deciso in Roma il giorno 3 maggio 2005, nella camera di consiglio della prima sezione civile. Il Consigliere estensore Il Presidente Francesco Felicetti Antonio Saggio Depositata in Cancelleria Il 13 giugno 2005 | |
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