Sabato 11 Gennaio 2025
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 17/04/2003

Da Centauro a Centauri

Una replica ai tanti motociclisti che ci hanno scritto, anche in modo animato, protestando per il nostro comunicato
Da Centauro a Centauri
Una replica ai tanti motociclisti che ci hanno scritto, anche in modo animato, protestando per il nostro comunicato
Tutto è cominciato con un comunicato stampa, che nasce dalla semplice lettura di un bollettino di sangue, che si sviluppa in una sorta di forum tra i lettori, che condividono, dissentono, si arrabbiano. è il nostro comunicato del 9 aprile. Lo riproponiamo:

Comunicato Stampa
WEEK-END E PONTI PRIMAVERILI, E’ ALLARME INCIDENTI PER I MOTOCICLISTI.
CON DECINE DI VITTIME. ALMENO UN CENTINAIO ENTRO LA FINE DI MAGGIO.
E’ URGENTE INTERVENIRE PER FERMARE UNA VERA STRAGE

Le prossime festività pasquali e i ponti del 25 aprile e del 1° maggio costituiranno un momento delicato per la sicurezza della circolazione, con il prevedibile incremento di vittime. Desta particolare allarme la voglia di rimontare in sella di molti centauri, fermi per il protrarsi della stagione sfavorevole. Infatti, secondo le medie dei fine settimana e dei ponti della scorsa primavera e inizio estate, è facile prevedere un lievitare preoccupante delle vittime fra i due ruotasti. Con l’attuale tendenza, confermata nello scorso fine settimana, da 10 a 15 motociclisti perdono la vita ogni week-end sulle strade del nostro Paese. Secondo l’Asaps proiettando questi dati fino alla fine di maggio, (con i ponti del 25 aprile e del 1° maggio), è possibile prevedere che i morti fra i motociclisti supereranno le 100-120 unità, per non contare le lesioni anche gravi, una vera mattanza che è paragonabile alle perdite delle truppe alleate in Iraq. I dati proiettati possono sembrare allarmistici, ma secondo le stime basate sull’andamento dello scorso anno sono assolutamente inconfutabili. Piste privilegiate saranno le solite statali con i caratteristici passi appenninici e prealpini a far da teatro a disinvolte e spesso rischiose manovre in sella a bolidi che sono frequentemente dotati di velocità potenziali che sfiorano anche i 250-300 Km/h. Crediamo sia intollerabile permettere che tante persone, di cui molti i giovani, possano farsi male o far male ad altri, con manovre a rischio su strade interpretate da troppi come piste. I limiti di velocità vengono regolarmente e abbondantemente superati e le curve tagliate. Troppo spesso le forze di polizia segnalano che l’azione di autovelox o pattuglie sugli itinerari è vanificata da targhe volutamente inclinate in modo da renderle illeggibili. Servono per questo sanzioni più dissuasive. Per i prossimi fine settimana è auspicabile che siano approntati idonei servizi, in particolare nei tratti di statali a rischio, al fine di garantire la sicurezza a tutti, motociclisti compresi. In alcune statali, oggetto di culto da parte dei bikers, non sarebbe da escludere l’adozione temporanea e sperimentale di dissuasori di velocità amovibili a protezione delle aree abitate e dei punti più rischiosi. Sarebbe infine auspicabile un forte appello dei campioni del motociclismo, per altro anche loro recentemente duramente colpiti durante le corse in pista, affinché richiamino alla prudenza i tanti loro ammiratori. Non si tratta di colpevolizzare una categoria, ma di fermare una strage.

Ecco: una provocazione che, come tante altre che abbiamo lanciato, è nata dalla testa sempre attiva del nostro presidente Giordano Biserni. Prima però di raccontarvi questa 24 ore di dibattiti è necessario fare una premessa, rivolta soprattutto ai centauri in pelle con le saponette consumate: chi scrive è un motociclista, con una mille in garage e a cui (sic!) piace correre. Non mi raccontate storie, perché conosco "il verbo" e con molti di voi corre il saluto, ogni domenica. è proprio dal conteggio macabro dei morti ammazzati in incidenti motociclistici del primo fine settimana di aprile, che si forma nella testa del presidente Biserni l’idea del comunicato stampa che sopra abbiamo riproposto. Attenzione, parliamo di incidenti con moto, cioè eventi infortunistici nei quali risultano essere rimasti coinvolti - a qualsiasi titolo - motocicli. "Gente di noi", che ha messo tuta, stivali e casco per passare una giornata in sella al cavallo d’acciaio, a strofinare ginocchia sugli asfalti tiepidi di una primavera che fa appena capolino dall’ombra ancora lunga del Generale Inverno, ma che ci attira fuori tutti come allodole verso un richiamo per uccelli. Leggo il comunicato, io che tengo - lo confesso - i piedi su due staffe: finisco di leggerlo e quella parte di me che comanda la manopola destra si arrabbia. Mi sento chiamato in causa, ma devo riconoscere che ciò avviene per un mio punto debole. A volte corro, quindi (quelle volte, appunto) sbaglio. è inutile tentare di nascondermi dietro scuse o alibi. è inutile ripetere a me stesso che la maggior parte degli incidenti che vedono coinvolti motociclisti sono causati comunque da fattori terzi, perché io - che comunque un piede lo tengo sull’altra staffa - so benissimo che se andassi più piano mi risparmierei sicuramente un sacco di rischi. Non tutti, ovviamente, la pensano così, ma il dibattito che è nato dal comunicato Asaps nel corso della giornata ha assunto le dimensioni di un vero e proprio forum di lettori, del quale abbiamo deciso di riproporre le voci più convinte, quelle apparse più motivate, quelle che abbiamo giudicato sicuramente maggiormente rappresentative. Le "danze" sono aperte da Gianni, che dopo un approccio meno cordiale con Biserni, una volta rotto il ghiaccio, scende a più miti consigli fumando il calumet della pace: "La ringrazio per la risposta - scrive Gianni con i toni pittoreschi tipici di chi scala le vette a tutto gas - fuori d’ogni retorica credo che un vituperato smanettone che apre il gas su per gli appennini sia più pericoloso per sé stesso che per gli altri, al contrario di tanti automobilisti ben più ingombranti e che si comportano male. La legge è legge e lei ha comunque ragione nel vituperare simili atteggiamenti, ma c’è talmente tanto lavoro da fare! Per esempio sulle autostrade dove tutti vanno a 170 all’ora e dove si incontrano si e no due pattuglie tra Roma e Milano. Mi sembrerebbe più utile discutere di questo, invece che di noi quattro sciamannati! Negli USA si va 55 miglia perché sei sicuro che la polizia ti prende entro 3 km se solo vai a 70! A bocce fredde le invio molti e cordiali saluti da motociclista a motociclista. Sgommescions!" A Gianni rispondiamo che le pattuglie, in autostrada, ci sono sempre: almeno una ogni 40 chilometri, anche se è vero che molti vanno a 170 km/h e tanti si fanno male. Ce ne sono sicuramente meno sulle strade dell’appennino, dove ci diamo appuntamento noi amanti dei burn-out, ma a parte il primo sfigato beccato in flagrante da qualche sparuta prima linea di vigili urbani, al resto della nostra truppa bastano pochi segnali per alleggerire il passo e superare il check point senza danni, o più semplicemente per invertire la marcia. è un fatto però, caro Gianni, che anche se fosse vero - e non lo è - che facciamo male solo a noi stessi andando a tutta birra, non possiamo pretendere che qualcuno faccia a meno di lanciare l’allarme. Qualche giorno fa il mio amico "Formaggino", mentre andava a spasso per i fatti suoi in sella al CBR, è morto a Sasso Marconi, ucciso da un camionista, che non ha sparato con un mitra: ha semplicemente bucato uno stop. Nessuno criminalizza per questo la categoria dei camionisti, come nessuno di noi intende criminalizzare le moto, anche se alcuni, come Renato, dopo aver letto il comunicato si arrabbia davvero: "Caro direttore, tanto amante dei comunicati - tuona da internet il nostro interlocutore rivolgendosi al nostro presidente Biserni - perché si limita solo al numero dei centauri che saranno coinvolti in incidenti e non ci informa su di chi risulterà poi la colpa? Perché non usa i potenti mezzi della sua organizzazione per fare una statistica sul numero di incidenti con motociclisti coinvolti e su a chi darne la responsabilità? Lei ci dice: si prevedono 150 morti tra i motociclisti. Va bene, ma per colpa di chi? Quante volte la colpa è dei centauri? Facendo così si accorgerà, caro direttore, che almeno 8 volte su 10 la colpa è di automobilisti distratti, che conducono le loro vetturette nel giro mensile o settimanale e che all’improvviso decidono di fare un inversione a U, di fermarsi di colpo perché hanno visto un bel campo di margherite, di sorpassare a 40Km/h l’altro autista della domenica che và a 30km/h perché al telefono, o a litigare con la moglie e/o i figli. O che procedono a zig-zag perché ubriachi e satolli dopo l’attrippata". L’invettiva, a tratti anche maleducata, prosegue con l’elenco degli atteggiamenti tipici dell’autista della domenica. Che dire? Renato - a pelle - prende anche il mio consenso, ma la riflessione induce a pensieri più attenti. Comunque la si veda, la strada non è il luogo in cui provare un assetto, un pneumatico, un motore. Resta, la strada, un sentiero aperto a tutti e solo per questo motivo la legge che ne regola l’andamento, va rispettata. Esiste sicuramente lo spazio per la trasgressione, ma deve essere limitatissima, ragionata e sicuramente mai coperta da alibi. Chiunque si lascia andare, comunque la si veda, è nel torto. Renato conclude il suo pensiero: "la saluto - dice il motociclista - e la invito ad andare in moto più spesso, invece perdere tempo a etichettarsi "amico della "Stradale" che già di per se stessa indaffarata a bastonare gli utenti della strada in genere e i motociclisti in particolare [...]".
Qui Renato esagera. Noi non ci etichettiamo come "amici della Stradale". Noi, caro Renato, siamo "la Stradale", e non bastoniamo l’utenza: applichiamo un regolamento, lo facciamo rispettare. Se proprio lo vuole sapere, lo facciamo rispettare fin troppo poco, perché una manina sulla coscienza molti motociclisti - tra cui il sottoscritto - se la devono davvero mettere: marmitte, trasformazioni, carene prive di luci, di organi direzionali, di specchi, con targhe in orizzontale. Dovessimo applicare la norma alla lettera, l’amico Renato non potrebbe nemmeno partire. Proprio lui, tra le altre cose, ha usato un linguaggio assai forbito, che sinceramente non onora la nostra categoria (quella dei motociclisti intendo). Questo induce ad una nuova riflessione: nessuno, a qualsiasi categoria appartenga, vuole assumersi le proprie responsabilità. Ci sono anche posizioni più miti, ma tutte sulla difensiva. è il caso di Massimo, un centauro che vive di sola moto 365 giorni all’anno e che esprime così il suo pensiero: "volevo dire - dice Massimo nel suo intervento - che sono abbastanza grande (37 anni), per sapere che non è sempre colpa degli altri; poi io, si figuri, non ho più nemmeno la macchina. Di motociclisti con la targa inclinata e che non tengono assolutamente conto del codice della strada ne vedo tutti i giorni, ma le posso garantire che simili atteggiamenti non sono "ben visti" dalla comunità dei centauri. Per quanto mi riguarda è giusto punirli". Massimo fa poi appello alla necessità di una maggiore educazione stradale sulla quale andrebbero riversati gli sforzi. Proprio per questo Biserni gli ha sottolineato che nello stesso giorno era andato a tenere una lezione di educazione stradale per conto dell’Asaps ai ragazzi delle medie di Marina di Ravenna. Tanto per essere coerenti! Massimo continua dicendo che però la stessa cosa la si può dire degli automobilisti e quindi, aggiungiamo noi, di ogni categoria di veicoli. è vero. Puntualmente arriva Giancarlo, rappresentante di un’associazione di centauri: "Signor Biserni - scrive - non posso che darle atto della presenza, all’interno della "categoria" dei motociclisti, di un congruo numero di "truculenti smanettoni" pericolosi per sè e per gli altri. Per fortuna si tratta di una esigua minoranza, anche se si fa notare in misura ben superiore alla ben più silenziosa ed educata maggioranza. Limiti sensati e condivisi, leggi giuste e applicabili, potrebbero in effetti porre le premesse per una crescita civile del rispetto della norma. Ma soprattutto un maggior rispetto per il prossimo, perché è sempre nel rispetto dell’altrui libertà (anche di percorrere una strada in sicurezza) che si afferma la Libertà. Io la penso così". Conclusione: non prendiamo nemmeno in considerazione chi ci scrive facendo la voce grossa, adducendo le solite scuse, millantando decaloghi del motociclista, credendo di essere super partes. Parliamoci chiaro, fratelli della strada: se andiamo forte, e nessuno ci obbliga, rischiamo di far male a noi e agli altri. è un dato di fatto, garantito da chi ne ha viste davvero tante. Davvero pensa qualcuno che la nostra passione sia quella di "bastonare" l’utenza o di abbassarsi i pantaloni in segno di rispettoso ossequio verso alcune intoccabili categorie di utenti? Chi ritiene fondato questo pensiero è un povero ignorante, che legge poco e naviga troppo, ma solo con la fantasia. Io sono un centauro dentro e fuori. Prima di vestire la divisa ho sfregato saponette dentro e fuori i circuiti, ho esultato su una ruota nei miei traguardi cittadini ed ho assaggiato l’asfalto nei gran premi improvvisati di tante rotonde Baroni, col 48, con il 125, con il 600, poi con una 1.200 ed oggi con una mille. Ma soprattutto con quella massiccia dose di fortuna che mi consente oggi di raccontare. Certo, cari fratelli, mi dispiace - da centauro - vedere additata al pubblico vituperio la nostra categoria: ma non è l’Asaps a farlo: sono quei criminali smanettoni, racchiusi certo in un’esigua minoranza che sfreccia a 200 all’ora nelle traverse dei passi appenninici e si rende irriconoscibile con quelle targhe orizzontali. Questa non mi sembra un’opinione: ad ogni modo il dibattito è aperto, forza!

Lorenzo Borselli

Il presidente dell’Asaps ha risposto poi a tutti in modo fermo ma corretto, e tutti i motociclisti hanno replicato in modo molto costruttivo. Il comunicato non voleva criminalizzare nessuno, e per dimostrare che non esiste una particolare attenzione per il comportamento dei motociclisti, basta leggere sul sito www.asaps.it i comunicati stampa degli ultimi anni. Mai l’Asaps aveva parlato di loro. Ma il problema esiste. Ecco di seguito la risposta tipo inviata a molti centauri che ci hanno scritto e buon viaggio a tutti.

 

"Ha ragione, le colpe dei 7000-8000 morti l’anno e 300.000 feriti sono sempre degli altri! Le stesse cose ce le dicono spesso i camionisti, i ciclisti, i ciclomotoristi i pedoni. Il vero problema non sono le stragi del sabato sera, il vero problema non è la velocità nella nebbia, il vero problema non è l’alcol alla guida (o la droga), il vero problema non è nelle distanze di sicurezza, il vero problema non è l’educazione stradale. Il vero problema sono sempre gli altri. Ma non capisce che la tragedia stradale è fatta di tanti più o meno grandi segmenti fatti di irregolarità, violazioni delle regole, protervia, rischio non solo per sé ma anche per gli altri utenti della strada? Se lei avesse avuto la pazienza di leggere i nostri articoli sul nostro sito o i miei editoriali avrebbe avuto modo di constatare che le giuste sue osservazioni, noi le abbiamo già affrontate in più occasioni. Lei forse non sa (o fa finta di non sapere) che un elevatissimo numero di incidenti ai motociclisti domenicali è caratterizzato da indiscutibili atteggiamenti a rischio dei conducenti e in molti casi non ci sono terzi coinvolti? Qui nessuno vuole colpevolizzare una intera categoria, si figuri la nostra rivista ufficiale si intitola Il Centauro, ma non possiamo far finta di non vedere e dare sempre la colpa agli altri. Le strade, è vero, sono pietose e noi lo sappiamo bene (il comunicato stampa precedente a quello dei motociclisti l’abbiamo fatto per stigmatizzare le condizioni della E45 Orte-Ravenna, una importantissima arteria ridotta in condizioni pietose e pericolosissima in particolare (lo abbiamo scritto nel comunicato che potrà leggere nel nostro sito nella pagina comunicati) proprio per i motociclisti. Ma spesso le condizioni delle strade sono sufficientemente presegnalate, anche se rimane una vergogna. Perché nella sua risposta non mi parla delle moto che per potenza e velocità sono spesso più adeguate ai conti correnti dei proprietari ( o dei loro papà) che alle reali capacità di guida dei conducenti, perché non mi parla delle targhe inclinate (di proposito), perché non mi parla delle gare con gli scontrini di cassa. E poi mi può spiegare perché quando i nostri motociclisti (a automobilisti) vanno all’estero nelle confinanti Svizzera, Austria, Slovenia, si adeguano subito alle regole? Vuole che le risponda io? Infine io non ho mai parlato nel comunicato di motociclisti che vanno a 300 ma di moto che li fanno, che è una cosa diversa. Sono contento poi soprattutto per lei che i 300 non li fa. Ha ragione anche nel finale della sua lettera "Facciamoci un esame di coscienza". Appunto!!

Giordano Biserni"



di Lorenzo Borselli

Giovedì, 17 Aprile 2003
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK