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Articoli 11/04/2003

Corse clandestine. La notte ora è più pericolosa

Gare di auto fra più tecnologia e più rischio

Corse clandestine. La notte ora è più pericolosa
Gare di auto fra più tecnologia e più rischio


di Lorenzo Borselli
 

Premessa

La notte è più pericolosa ora. Arrivano in branco, gridano, smanettano sul gas uccidendo il silenzio del giusto riposo, uccidendo quel poco d’innocenza che poteva esserci in una corsa per gioco, anche se assassina o suicida, mentre defilato c’è sempre il solito criminale di turno, che osserva divertito i draghi del volante scommettere su chi taglierà per primo il traguardo clandestino della corsa clandestina, che vede crescere nelle mani dei suoi scagnozzi le mazzette di soldi dei quali annusa nell’aria viziata dal monossido di carbonio l’invitante odore, in un’epoca come la nostra in cui tutto finisce con l’essere definito con quell’aggettivo: clandestino.

Persino George Lucas c’è cascato. Nella leggendaria saga di Guerre Stellari, il piccolo Anakin Skywalker, un giorno perfido Darth Vader, salta su uno sguscio e comincia a correre a perdifiato nei canyon di un pianetucolo di una galassia lontana lontana. Addirittura il regista che lanciò Harrison Ford nella parte dello spericolato avventuriero Ian Solo si ripete, perché in tutti i film della esalogia finora usciti, non mancano mai corse a rottadicollo di caccia stellari su percorsi da luna park, ove vince non solo chi spara meglio raggi laser al nemico, ma chi va più forte. E, a dire la verità, il sangue scorre veloce nelle vene dello spettatore, spinto dall’adrenalina nell’incalzante partitura delle musiche di John Williams, come se a bordo di quel proiettile a reazione, guidato dal piccolo Jedi, ci fossimo pure noi. Già, "proiettile". Proiettile perché corre veloce, o perché uccide? O entrambi?
La mente torna alla metà degli anni ’80, quando nella periferia fiorentina di Novoli, chiamata ancora oggi "Metano" per via di un distributore di quel gas, o alla tristemente famosa "Rotonda Baroni" di Bologna, il venerdì sera era l’appuntamento fisso di tutti i giovanissimi scommettitori. C’era, all’epoca, la prima Uno Turbo: da 0 a 100 in 8,1 secondi. C’erano la Super Cinque GT Turbo, l’Autobianchi Y10 turbo, le Lancia Delta HF, poi la Peugeot 205 GTI, nella milleseicento o millenove, e la 1.300 cc Rally e anche qualche A112 Abarth, e le Ritmo 130TC. Poi arrivava l’Alfetta della Polizia, quella con l’Autovelox appiccicato sopra, o quella dei Carabinieri. Era la preistoria della scommessa, ma già al "Metano", al venerdì, arrivava il "Rosso" con il furgone-paninoteca dei primi hamburger, che a Firenze si chiamavano al tempo "svizzere", e che ancora non conoscevano il bello e il brutto di Mac Donald o di Burgy. Attorno a lui si riunivano gli street racers, a discutere prima delle modifiche sui motori, poi sugli assetti, sulla ribassatura delle gomme e sui sedili Recaro, delle barre stabilizzatrici e degli scarichi dritti, ancora senza carbonio, prima di cominciare a discutere quanto valeva una corsa. Si arrivava presto e cercavi il tuo concorrente, scegliendolo tra quelli che "sgallettavano" tra l’orda dei paninari tutti uguali, mentre tra i bolidi oggi ridicoli sfilavano i motorini, oggi ridicoli anch’essi, di tanti adolescenti ancora rigorosamente senza casco. Tanti Piaggio Ciao, o Malaguti Fifty in prevalenza, con le Proma o le Giannini ad amplificare i risucchi dei carburatori 19mm o 21mm, messi al posto dei 14.12mm. In tasca quegli spericolati funamboli giravano con le chiavi a brugola e i cacciaviti per cambiare sul momento pignoni o giglé, e provare quale rapporto o erogazione permettevano di stare più a lungo su una ruota. Da quelle parti uno era davvero "ganzo" se faceva "tutto il metano su una ruota", un vialone lungo cinque chilometri. Sui Piaggio Ciao, per stare a lungo impennati, si doveva mettere la sella lunga, quella della "Camel", e togliere i pedali e cavalletto. Alla fine quei quarantotto erano così alleggeriti che a vederli li potevi scambiare per quella bicicletta di categoria ormai estinta, che prima di allora era piaciuta alle casalinghe per via del cestino e delle ruote piccole, e anche per via del fatto che la potevi ripiegare in due: la "Graziella", odio-amore dei dodicenni, che toglievano parafanghi, fari e campanelli, e che mettevano nastro adesivo sui raggi delle ruote e che portavano il passeggero in piedi su quel portapacchino sopra la ruota posteriore. Oggi le cose non vanno meglio, anche se al Metano, per porre fine alle corse, il comune di Firenze ha piazzato due semafori e una gigantesca rotonda. Parola di chi c’è passato anche prima, dall’altra parte della barricata, da spettatore e che oggi cerca gli improvvisati circuiti del gran premio fai da te per denunciarne i promotori e i partecipanti. Era ovvio odiare lo sbirro, perché quello era il nostro territorio e lui veniva solo a strapparci ciò che era nostro diritto. Però si scappava quando qualcuno, molti in verità, cadeva e non si rialzava, e lì capivi che il nostro, appena dimostrato, non era coraggio, ma solo incoscienza allo stato puro, quasi vigliacca idiozia. Si scappava infilando frettolosi in tasca quelle macchinette fotografiche a molla, sostituite oggi dalle moderne videocamere digitali, e ti toccava trascorrere la notte attanagliato dal dubbio che nessuno si fosse fermato alla prima cabina telefonica per chiamare l’ambulanza, perché in quei giorni che sembrano di mille anni fa, i cellulari non c’erano e la mamma ti dava il gettone marrone con scritto "Sip", prima di uscire di casa. Erano i giorni della Delta campione del Mondo, della Ferrari veloce prima della crisi, gli anni di Vatanen e Fiorio, Mansell e Prost, di Becker e Poncharello. Oggi i cerchi sono di 19 pollici e le auto fanno sempre più paura. Ma la notte è sempre la stessa. Nel buio metropolitano riecco sbucare appaiati due missili, che non si prendono a sportellate solo per amore delle lucide e immacolate carrozzerie, e dopo la curva senti i motori che crescono, le marce che si susseguono fino all’inverosimile, fino alla curva successiva, all’ultimo istante, quando uno dei due non decide di staccare, entrare deciso scalando due o tre marce insieme, per poi schiacciare nuovamente tutto il pedale frizionando nell’innesto delle velocità. Anche il fendinebbia, oggi, è sempre acceso. La macchina è più aggressiva, la strada è più chiara. Ai giorni dell’A112 Abarth, sui fendinebbia che allora chiamavamo antinebbia, c’erano i tappi. Cambia solo l’orario, ora spinto al mattino, e il rendez-vous, quasi sempre diverso, fissato all’ultimo momento con il tam tam di internet o degli sms. Si parte carichi, con l’e-mail che arriva anche a chi deve portare da mangiare, o a chi dovrà filmare le emozionanti sfide all’ultima curva, all’ultimo millimetro di battistrada. Sfide che spesso, oggi come allora, sono all’ultimo sangue. Lo sanno, ma non ci pensano. Sono giovani, e non credono che possa toccare a loro. Loro sono i più forti, gli invincibili, gli irriducibili, con la complicità di tanti meccanici che truccano le auto oggi come allora, cambiando le centraline al posto dei carburatori. Così gli "sgusci" sfrecciano sgommando nelle rotonde delle zone industriali o nelle strade dei quartieri più popolari delle città italiane, sbattendo a destra e sinistra, lasciando sull’asfalto, sempre più spesso, gente che era per gli affari suoi, magari solo un poco infastidita fino a quel giorno dall’incessante canto dei motori e dalle grida di incitamento, in fondo ben ovattato dai doppi vetri della casa attigua al grand prix in corso. è la notte del Fast & Furious, notte ispirata al film sulla cui trama c’è davvero poco da dire, ma che in fondo cerca di dare, come possono fare certi filmetti di infima serie, quello che alcuni cercano ogni venerdì: il brivido. Brivido di giovane, ma di giovane da fermare, da educare. Perché anche sull’inflazione degli epiteti offensivi a questi atteggiamenti così irrispettosi della vita da parte dei piloti clandestini, vale la pena soffermarsi e riflettere. Certo, l’alba del giorno dopo è alba di sangue. Veicoli impazziti che escono a 200 orari sulla folla di spettatori improvvisati e ammassati proprio sulla via di fuga, dove lo spettacolo è davvero più veloce e furioso, dove riesci a vedere il rosso incandescente del disco del freno arroventato dal cerchione di un missile in frenata, dove riesci a capire chi sia il cavallo vincente su cui scommettere e tentare il colpaccio della settimana. E se tutti restano lì a vedere, una ragione certo c’è. La teoria sociologica, la causa patologica, o quant’altro possa essere discusso, stavolta non c’interessa. è la gioventù semplicemente bruciata, sconsiderata, incosciente, fate voi. Ma non irrimediabilmente perduta, anche se fortemente compromessa. In questo modo, solo con le promesse di leggi speciali e con spettacolari operazioni di polizia, senza che nessun governo abbia finora provveduto a dare esecuzione a ciò che la legge già prevede, e cioè una sana lezione di educazione stradale in classe, il "prendimi, se ti riesce", continua ad andare avanti, sempre meno romantico, sempre più intriso del sangue di chi, all’ultimo momento, quando ha visto l’auto piombargli addosso, ha pregato di essere altrove, per essere uno di quelli che adesso scappa per non dover raccontare allo sbirro chi ha visto morire.

Analisi del fenomeno.

Cambiamo tono e così come abbiamo fatto in passato per i Pirati della Strada, che sotto un certo punto di vista sono più o meno la stessa cosa, cerchiamo di affrontare la questione da poliziotti, ma con la sensibilità di comprendere - questo certamente con "prossimità" - se vi siano fattori scatenanti alla base di alcuni comportamenti, senza scivolare in ragionamenti che solo psicologi o psichiatri potrebbero affrontare. è un fatto che le corse clandestine, così come la pirateria stradale in maniera più generale, siano divenute un’attualità talmente allarmante e così diffusa, da meritarsi una priorità nella revisione della valenza giuridica propria di certi comportamenti trasgressivi. Un fenomeno che si è allargato, a macchia d’olio, capace di ritagliarsi scenari e tracciati sul palcoscenico urbano e suburbano, con tribune improvvisate, con auto truccate e con un turbinio di soldi in continua crescita. è necessario però chiarire che le corse clandestine non sono solo macchine da corsa, preparate secondo i manuali di rally o secondo i dettami di quel gusto un po’ pacchiano che gli appassionati chiamano "tuning", lanciate in velocità per conquistare il cuore di giovani fanciulle. Le corse le fanno tutti i patentati, al volante di ogni tipo di veicolo: questo perché l’autovettura, in generale, è divenuto uno dei luoghi fisici nel quale trascorriamo più tempo. Iniziamo al mattino presto, per andare a lavorare, lo utilizziamo nella pausa pranzo, per fare spesa, per andare a trovare gli amici al bar o per andare a ballare; c’è chi lo usa per lavoro, chi per andare in vacanza, chi per appartarsi con il partner, o per trasportare droga, per fuggire da una banca rapinata; questa "lista della spesa" è una semplice constatazione, ma propedeutica all’inizio di un ragionamento che è necessario per andare avanti. Se si è in coda all’Ufficio Postale e un furbo ci passa avanti, ovviamente ci arrabbiamo. Possiamo però parlare con lui, adirarci, magari qualcuno finisce col menare le mani, ma vi è un passaggio dialettico in questo contesto, perché non c’è la barriera fisica di un abitacolo lanciato in velocità che ci impedisce di far sentire la nostra voce. Se invece si è in coda al semaforo, o incolonnati dietro un veicolo lento in una strada qualsiasi, e il furbo di turno si infila tra il nostro veicolo e quello che ci sta davanti, allora la rabbia non si sfoga in quel momento dialettico: si salta un passaggio e quello stress accumulato nel tempo trascorso alla guida di un veicolo si scarica subito in strombazzate e sgassate (come per emulare il muggito cupo e profondo di un toro mentre sbatte la zampa a terra prima di sferrare l’attacco), in gesti e grida, con tutta la nostra energia spesa nel tentativo, primordiale e istintuale, di far sentire la propria voce. La gente, lo sappiamo bene, saltando quella fase dialettica che spesso impedisce il ricorso a modelli comportamentali aggressivi, scende dall’auto per picchiare, perché ritiene superato e inutile il tentativo pacifico di far valere le proprie ragioni, considerando parole già dette un colpo di clacson; in questo modo sono nate le cosiddette "liti per motivi di viabilità". Qualcuno ci muore per infarto, qualcun altro uccide la controparte, improvvisandosi efferato killer. Francamente non ricordiamo nessuno che abbia ucciso il furbo che voleva pagare un conto corrente prima di lui. E se anche fosse successo, si tratterebbe comunque di un episodio davvero sporadico. Questo per dire cosa: la strada è il luogo in cui avviene un regresso di comunicazione, perché si è isolati dal resto del mondo, ovattati da un comodo sedile in alcantara, intrattenuti da un impianto hi-fi con subwoofer e 12 cd e coccolati da un moderno sistema di climatizzazione; un luogo ove si difende la propria posizione entrando in competizione con l’altro, in un’animalesca lotta per il mantenimento della leadership sul territorio stradale, spesso identificata nella progressione di marcia proprio come una coda all’ufficio postale, come se da esso dipendesse la propria sopravvivenza. Insomma un luogo ove mostrare villosamente a tutti la propria superiorità, un mezzo che diviene una potente arma con cui consacrarsi capobranco. Questa è una nostra considerazione, che parte dall’analisi oggettiva di ciò che vediamo ogni giorno sulle strade: quali siano le motivazioni o le cause scatenanti di una tale condizione, la risposta può essere data solo dai sociologi o dagli studiosi della psiche, pur ritenendo che sia necessario intervenire nell’età scolare, educando al comportamento civile tutti: tra noi c’è gente che si alza in autobus per lasciare il posto alla vecchietta, ma che al volante la investirebbe, e a volte lo fa, mentre attraversa sulle strisce.

Le categorie dei racers clandestini

Pare quasi la legge del contrappasso, ma le gare clandestine sono divise in categorie seguendo proprio la classificazione che il nostro bistrattato Codice della Strada fa per i veicoli: mancano quelli a trazione umana e animale, ma a parte questo trascurabile dettaglio, ci sono gli scooter che gareggiano tra loro, moto di ogni cilindrata, auto (che possono essere normali, dette "originali", truccate e rubate) e persino camion. Abbiamo detto auto rubate, sì. Il dubbio c’era stato quando la notte del 3 maggio 2000, proprio alla rotonda di Bologna di cui dicevamo prima, un’auto impegnata in una gara clandestina piombò sulla folla di spettatori ammucchiati sulla via di fuga. Si ricorderà il grande clamore suscitato da quell’episodio, che costò la vita a Erica Conficconi, filmato da uno di quegli spettatori rimasto ferito: quella macchina era rubata. La ragazza morì, mentre l’autista di quel bolide pirata più degli altri fuggì nel dedalo di viuzze tra i palazzi del Pilastro nella periferia di Bologna, restando uccel di bosco per due anni, quando la Polizia - seguendo una pista che legava rapine e furti d’auto al businnes delle corse clandestine - non mise le manette ad un albanese di nome Lauderim Lamaj: c’era lui alla guida del veicolo assassino e quindi assassino anche lui. Da allora la legge si è fatta più severa ed oggi si può sequestrare, denunciare, arrestare. Ma la repressione, da sola, non serve, anche perché si rischia davvero di non essere efficaci rispetto alla reale ampiezza del fenomeno. Nel 2002 infatti, con la Legge 168, sono aumentate le sanzioni amministrative per chi gareggia e che dovrà pagare multe di 655 euro, è stata disposta la confisca dei veicoli truccati: i promotori delle corse clandestine potranno essere arrestati, la sospensione della patente aumentata e pagherà caro anche chi verrà beccato a ingaggiare duelli al semaforo.

Gli scooter

Sono loro la rivoluzione del quattordicenne, forse uno dei peggiori esempi di come la legge possa essere impunemente scavalcata senza che nessuno intervenga. In effetti il Codice della Strada è preciso sulla velocità massima consentita ai ciclomotori, ma tutti sanno fin troppo bene che, una volta fatto il rodaggio (premurosamente consigliato da troppi venditori e meccanici) è sufficiente togliere i "fermi" per far toccare ad uno scooter ancora di fatto originale, velocità superiori ai 70 cilometri all’ora. Ci sono poi - a modico prezzo - i kit di trasformazione e così uno scooterino 48cc in mano ad un quattordicenne diventa un piccolo missile da 100 cc e altrettanti chilometri orari, con il vantaggio che dai fotogrammi autovelox quelle piccole targhette sporche, rialzate o spostate in punti poco idonei alla loro lettura da dietro, nessuno riuscirà mai a carpire la differenza tra una P o una R, tra una E ed una F e così via. Diversamente dalle corse per auto, dove di solito si gareggia in coppia, gli indomiti centauri in erba si sbizzarriscono in scorrerie di gruppo, con pieghe mozzafiato sui cordoli assassini delle rotonde suburbane, pronti a prendere ognuno una strada diversa al primo balenio di un lampeggiante azzurro. Ma non c’è solo la velocità per i piccoli scommettitori votati al martirio dell’integralismo motoristico: a loro sono riservati caroselli di abilità, su cui a decidere il verdetto è il pubblico stesso, in virtù del fragore degli applausi o dei fischi. Così li vedi mettere lo scooter su una ruota e alzarsi emulando gli eroi del motomondiale, arrivando persino a sedersi all’indietro. Al "Metano" fiorentino degli anni ’80 c’era un giovane scommettitore che era solito impennare la propria vespa 50, un’ET3, e mettere il bloccasterzo sfilando le chiavi, mostrandole all’indirizzo del pubblico in delirio mentre teneva il papà di tutti gli scooter in perfetto equilibrio su una sola ruota. La carriera dello stuntman s’interruppe quando qualcuno del pubblico riuscì a prendere quelle chiavi, mai più ritrovate, come se fosse a giocare a ruba bandiera, e per lui si aprì una lunga degenza al Traumatologico. Per gli scooteristi clandestini i premi sono tutto sommato bassi, anche se c’è chi arriva a giocarsi anche lo scooter, pronto il giorno dopo a presentarsi con l’ignaro papà al primo posti di polizia per una bella denuncia di furto.

Le motociclette

Qui il gioco si fa duro: il discorso più serio e complesso. Ci sono oggi i motard, le naked, le competizione pure o le carenate di serie che però fanno concorrenza in accelerazione a un caccia F104 sulla pista di decollo. Ci sono due "giapponesi" che superano bellamente i 300 chilometri all’ora, e che vanno da 0 a 100 in meno di due secondi. Una, supera i 130 in prima: facile immaginarsi cosa succede quando si mette la seconda. In effetti in questa categoria clandestina c’è davvero la creme degli spericolati, habitué della scommessa e della corsa domenicale sui percorsi tortuosi delle colline intorno alle città. Per loro la corsa vuol dire sempre accelerazione o roulette russa, ingaggiando lunghi duelli in coppia, che a volte possono durare notti intere, tra strade imboccate a casaccio da chi sta in testa dopo il via dato e folli sorpassi a destra e sinistra sugli scorrimenti veloci. A volte capita che lunghi viali vengano percorsi contromano, fino alla vera prova di ardimento che consacra i guerrieri al rango di invincibili: il semaforo rosso. Di solito si sceglie un crocevia vicino al pubblico in trepidazione per l’esito della giostra sull’arena d’asfalto, infilandolo alla massima velocità possibile a qualsiasi costo. "Il rosso - dicono - è solo un consiglio!"

Le automobili

Ci sono corse nelle quali i neo patentati si misurano in improbabili sfide con vecchie utilitarie e di solito questi caroselli si svolgono sempre all’inizio della sagra del pistone selvaggio. è quasi un rito d’iniziazione: serve a farsi notare, a forgiare il proprio carattere e far girare le prime chiacchiere. A volte si scommette anche solo per decidere chi tra due o più contendenti potrà utilizzare un soprannome scelto da troppi. Ma quando si entra nel giro, oggi, si deve scommettere pesante e c’è chi presta la propria auto ad un cavallo di razza, a un racer che è anche driver. Ingaggi, insomma, come nei circuiti ufficiali. C’è chi scommette anche 10mila euro a sera, chi si gioca la macchina: tutti comunque, si giocano la vita. Ultimamente, in questi improvvisati raduni clandestini, si sono visti brutti tipacci, luogotenenti di radicati sodalizi criminosi organizzati, spediti sul posto a saggiare il rendimento del businnes. Sono divenuti i bookmakers di un fenomeno nato spontaneamente e dilagato spesso nella più completa indifferenza, nonostante i forti segnali che devastanti competizioni di questo tipo lasciano sul terreno. Oggi si è arrivati alla ricettazione di ricambi rubati e al furto di auto sportive solo per affidarle ai piloti, pare anche addestrati alle più estreme tecniche di guida presso i tanti centri a pagamento, ai quali dare il compito di raccogliere e lanciare sfide, come nel gioco delle tre carte, perdendo e vincendo al momento giusto, aumentando la posta. Correre, rubare, se necessario uccidere.

Le corse di tutti i giorni e l’azione di contrasto

Si dice che la strada non è una pista. Ma la nostra esperienza e l’affidabile voce statistica ci dicono il contrario. Qui si deve però distinguere tra due diversi fattori: la corsa clandestina e la velocità elevata come stile di guida, trasgressivo ma divenuto consuetudine. Sappiamo infatti che ogni giorno, sulle strade, si consumano mille sfide alla partenza dal semaforo, alla curva in autostrada, dove i bolidi si attaccano alle scie degli antagonisti, sulla strada di montagna. Assistiamo spesso alle lunghe galoppate di autotreni allineati in corsia di marcia e di sorpasso, per niente decisi ad agevolare chi andava un pelino più veloce o a tornare sui propri passi. Questo specifico caso non interessa l’argomento che stiamo trattando ma ci pareva importante ribadirlo. Dopo la tragedia di Bologna, nella quale morì la giovane Erica, le operazioni delle forze di polizia si sono susseguite. L’ultima è stata quella del Carabinieri di Roma del 18 gennaio 2002, infiltratisi tra oltre 300 corridori clandestini sequestrando tutte le auto truccate presenti e denunciando i piloti clandestini all’opera. Poche settimane prima, la Polizia Stradale di Prato in collaborazione con la Questura laniera, aveva piazzato una serie di telecamere lungo il percorso scelto per la gara abusiva, sequestrando 7 auto truccate, ritirando un’infinità di carte di circolazione e, particolare assai importante, accertando moltissime infrazioni circa la modifica delle caratteristiche costruttive degli scooter. L’importanza dell’attività investigativa è confermata proprio da questi risultati, ottenuti nell’ambito di operazioni di polizia condotte con pazienza e dribblando le vedette munite di scanner, ricetrasmittenti e dei più comuni telefonini.

Conclusioni

Avremmo sinceramente voluto enunciare statistiche e risultati, ma - come al solito quando si parla di fenomeni emergenti - nessuno pubblica i resoconti delle proprie attività, eccettuando i comunicati stampa della notte di lavoro. Quanto raccontato è comunque vita vissuta, da chi scrive e da tutti i colleghi iscritti che si sono presi la briga di raccontare ciò che hanno visto e ciò che hanno accertato: alla fine tutti abbiamo scoperto "il solito" mondo diverso, risucchiato dalla realtà virtuale che viviamo ogni giorno ma che esiste, prospera e mette in pericolo la nostra incolumità sulla strada. Un altro pericolo, dunque, che si aggiunge agli altri che ad ogni numero vi raccontiamo semplicemente perché ci ricordiamo della loro esistenza. Buona fortuna.


 

 


di Lorenzo Borselli

da "Il Centauro" n. 76
Venerdì, 11 Aprile 2003
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