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Articoli 19/03/2003

Precedenza di fatto, anzi no

Precedenza di fatto, anzi no


di Michele Leoni *

Sullo spinoso tema della precedenza di fatto vi sono stati alcuni, anche se pochi, interventi della Suprema Corte, la quale, già alcuni anni fa, aveva affermato che "la cosiddetta precedenza di fatto sussiste soltanto nei casi in cui il veicolo si presenti all’incrocio con tanto anticipo da consentirgli di effettuarne l’attraversamento senza che si verifichi la collisione e senza che il conducente, cui spetta la precedenza di diritto, sia costretto ad effettuare manovre di emergenza, o a rallentare, oltre i limiti richiesti dalla presenza del crocevia, o addirittura a fermarsi" (Cass. 1528/1994). Ancora, ha affermato la Corte in tempi non recenti, "la precedenza cronologica o precedenza di fatto può ritenersi legittimamente fruibile solo quando il conducente sfavorito si presenti sull’area di intersezione dell’altrui traiettoria di marcia con tale anticipo da consentirgli di effettuare l’attraversamento con assoluta sicurezza, senza alcun rischio per la circolazione e senza porre in essere alcun pericolo per il conducente favorito, il quale non deve essere costretto a ricorrere a manovre di emergenza" (Cass. 12982/1995). Dello stesso tenore di questa massima un’altra pronuncia, ove si aggiungeva che "la precedenza di fatto viene esercitata a rischio e pericolo di chi se ne avvale, con la conseguenza che lo stesso verificarsi dell’incidente lo costituisce in colpa" (Cass. 3075/1995). Da un’altra sentenza, decisamente più recente, che non concerne espressamente la precedenza di fatto, possiamo però trarre altri spunti di riflessione su questo tema. Ha stabilito la Corte (n. 8744/2000) che il conducente favorito dalla luce verde di un semaforo, non è per questo esonerato dall’obbligo di diligenza, la quale, pur se non massima, deve comunque, in tal caso, "tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell’incrocio". Ciò in applicazione del generale principio posto dall’art. 145 c. 1 c.d.s. Sulla precedenza di fatto si segnalano anche pronunce di merito. Già il Pretore di Catania, anni fa, aveva affermato che la precedenza di fatto, o cronologica, non può essere invocata in caso di avvenuta collisione, costituendo questa la prova dell’errore di valutazione delle circostanze di tempo e di luogo che consentono di esercitarla senza pericolo (22.1.1997, conv. Battaglia). Il Giudice di Pace di Roma (sentenza del 25.2.1997, conv. Calcabrini) aveva invece temperato questo orientamento, ritenendo che l’avvenuta collisione (anche in un incrocio semaforico) non può far presumere, iuris et de iure, la mancata osservanza della precedenza di diritto come criterio unico ed esaustivo dell’attribuzione della responsabilità, in quanto anche il comportamento del conducente favorito deve essere aderente a tutte le prescrizioni proprie dell’ordinaria diligenza, prudenza, perizia. Anche il Tribunale di Nocera Inferiore (sentenza n. 76 del 23.2.2000) ha affermato che il conducente privilegiato dalla precedenza di diritto è tenuto al rispetto della prudenza generica e del dovere di tenere una velocità particolarmente moderata in coincidenza di incroci (potendosi quindi riconoscere una responsabilità concorrente in caso di incidente). Recentemente, il Giudice di Pace di Foggia (sentenza in data 10.9.2001, att. De Nucci) è tornato a una visuale assai restrittiva della precedenza di fatto, affermando che questa, "per essere utilmente invocata, richiede che le circostanze di tempo e di luogo consentano di evitare incidenti senza che il veicolo favorito sia tenuto ad arresti, rallentamenti o manovre di fortuna". Ne consegue che "essa è esclusa in caso di collisione, costituendo questa la prova dell’errore di valutazione di quelle circostanze e, quindi, della colpa del conducente che abbia inteso usufruire della precedenza medesima". Come si vede, quindi, il panorama giurisprudenziale non è uniforme, soprattutto in relazione all’evenienza che maggiormente (e forse, unicamente) interessa, quella di scontro fra veicoli. La tesi secondo la quale la collisione sarebbe la prova provata che la precedenza di fatto, in realtà, non esisteva, in ogni caso, lascia adito a molti dubbi. Infatti, aderendo a questa logica, ci si dovrebbe chiedere, allora, ove risiederebbe il problema in caso di mancata collisione (ossia, in parole povere, quando il conducente favorito in fatto riesce ad attraversare l’incrocio prima del conducente favorito in diritto, senza danni). Ciò in quanto, se non v’è problema da risolvere in caso di incidente, un problema comunque dovrà esistere perché si identifichi una nozione di precedenza di fatto. Quale tematica, allora, sarebbe rilevante, o meglio, avrebbe ragion d’essere? L’opportunità, in via meramente amministrativa, di contestare al conducente favorito in fatto la mancata concessione della precedenza al conducente favorito in diritto? Ma se fosse possibile una contestazione del genere, che ragione avrebbe la configurabilità di ipotesi di precedenza in fatto? La precedenza in fatto, come tutte le situazioni di fatto giuridicamente rilevabili e rilevanti (a partire dal possesso in diritto civile), per essere tale (ossia giuridicamente rilevabile e rilevante), deve essere suscettibile di una tutela giuridica. La possibilità di contestare la mancata precedenza in diritto quando si fruisce della precedenza di fatto e non vi è stato incidente, quindi, è un non sense. Il problema, quindi, deve porsi, fisiologicamente, per il caso di sinistro stradale, quando cioè si verificano dei danni in relazione ai quali occorre risalire all’identificazione delle responsabilità. Dire che lo scontro già implica l’insussistenza di qualsiasi precedenza di fatto vuol dire cancellare la problematica in radice prima di affrontarla. Ossia, farla abortire, anche astrattamente. Quando, infatti, si parla di evidente errore, per questo imputabile a colui che godeva della precedenza di fatto, e da ciò si fa discendere la sua colpa, forse, ci si dimentica che l’errore può anche essere (anche parzialmente) scusabile, e come tale, quindi, lasciare aperta la possibilità di valutare tutto il contesto in cui l’incidente è maturato. Facciamo l’ipotesi, eclatante (ma possibile), di un conducente titolare della precedenza (di diritto) che viaggi in centro abitato ad una velocità da autostrada, tale da non essere percepita, nella sua reale entità, ictu oculi, da una persona che si presenti con buon anticipo all’intersezione con una strada laterale. E’ possibile, in caso di scontro, addossare tutta la responsabilità a quest’ultima? Non sembra proprio. Vi è infatti, quanto meno, un concorso di imprudenze (il conducente favorito in diritto deve comunque rispettare il generale obbligo di prudenza e diligenza agli incroci, ed è incorso in eccesso di velocità, a tacer d’altro). Inoltre, occorre considerare se il conducente favorito in fatto, realmente, poteva trarre la giusta impressione della velocità tenuta dal conducente favorito in diritto sulla base della naturale e semplice occhiata che egli era tenuto a dare (a destra o a sinistra) prima di impegnare l’incrocio, occhiata che, in sé, può anche non consentire di ricavare l’esatta andatura tenuta da un veicolo che si scorge in lontananza, da una visuale frontale. Concludendo, quindi, negare la precedenza di fatto alla luce del puro e semplice dato dello scontro stradale significa seguire una prospettiva ontologica (e anche comoda), ma in realtà illogica.

* G.I.P. presso Il Tribunale di Forlì



di Michele Leoni

da "Il Centauro" n. 75
Mercoledì, 19 Marzo 2003
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