Sullo
spinoso tema della precedenza di fatto vi sono stati alcuni, anche se
pochi, interventi della Suprema Corte, la quale, già alcuni anni
fa, aveva affermato che "la cosiddetta precedenza di fatto sussiste
soltanto nei casi in cui il veicolo si presenti all’incrocio con
tanto anticipo da consentirgli di effettuarne l’attraversamento
senza che si verifichi la collisione e senza che il conducente, cui
spetta la precedenza di diritto, sia costretto ad effettuare manovre
di emergenza, o a rallentare, oltre i limiti richiesti dalla presenza
del crocevia, o addirittura a fermarsi" (Cass. 1528/1994). Ancora,
ha affermato la Corte in tempi non recenti, "la precedenza cronologica
o precedenza di fatto può ritenersi legittimamente fruibile solo
quando il conducente sfavorito si presenti sull’area di intersezione
dell’altrui traiettoria di marcia con tale anticipo da consentirgli
di effettuare l’attraversamento con assoluta sicurezza, senza alcun
rischio per la circolazione e senza porre in essere alcun pericolo per
il conducente favorito, il quale non deve essere costretto a ricorrere
a manovre di emergenza" (Cass. 12982/1995). Dello stesso tenore
di questa massima un’altra pronuncia, ove si aggiungeva che "la
precedenza di fatto viene esercitata a rischio e pericolo di chi se
ne avvale, con la conseguenza che lo stesso verificarsi dell’incidente
lo costituisce in colpa" (Cass. 3075/1995). Da un’altra sentenza,
decisamente più recente, che non concerne espressamente la precedenza
di fatto, possiamo però trarre altri spunti di riflessione su
questo tema. Ha stabilito la Corte (n. 8744/2000) che il conducente
favorito dalla luce verde di un semaforo, non è per questo esonerato
dall’obbligo di diligenza, la quale, pur se non massima, deve comunque,
in tal caso, "tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla
comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell’incrocio".
Ciò in applicazione del generale principio posto dall’art.
145 c. 1 c.d.s. Sulla precedenza di fatto si segnalano anche pronunce
di merito. Già il Pretore di Catania, anni fa, aveva affermato
che la precedenza di fatto, o cronologica, non può essere invocata
in caso di avvenuta collisione, costituendo questa la prova dell’errore
di valutazione delle circostanze di tempo e di luogo che consentono
di esercitarla senza pericolo (22.1.1997, conv. Battaglia). Il Giudice
di Pace di Roma (sentenza del 25.2.1997, conv. Calcabrini) aveva invece
temperato questo orientamento, ritenendo che l’avvenuta collisione
(anche in un incrocio semaforico) non può far presumere, iuris
et de iure, la mancata osservanza della precedenza di diritto come criterio
unico ed esaustivo dell’attribuzione della responsabilità,
in quanto anche il comportamento del conducente favorito deve essere
aderente a tutte le prescrizioni proprie dell’ordinaria diligenza,
prudenza, perizia. Anche il Tribunale di Nocera Inferiore (sentenza
n. 76 del 23.2.2000) ha affermato che il conducente privilegiato dalla
precedenza di diritto è tenuto al rispetto della prudenza generica
e del dovere di tenere una velocità particolarmente moderata
in coincidenza di incroci (potendosi quindi riconoscere una responsabilità
concorrente in caso di incidente). Recentemente, il Giudice di Pace
di Foggia (sentenza in data 10.9.2001, att. De Nucci) è tornato
a una visuale assai restrittiva della precedenza di fatto, affermando
che questa, "per essere utilmente invocata, richiede che le circostanze
di tempo e di luogo consentano di evitare incidenti senza che il veicolo
favorito sia tenuto ad arresti, rallentamenti o manovre di fortuna".
Ne consegue che "essa è esclusa in caso di collisione, costituendo
questa la prova dell’errore di valutazione di quelle circostanze
e, quindi, della colpa del conducente che abbia inteso usufruire della
precedenza medesima". Come si vede, quindi, il panorama giurisprudenziale
non è uniforme, soprattutto in relazione all’evenienza che
maggiormente (e forse, unicamente) interessa, quella di scontro fra
veicoli. La tesi secondo la quale la collisione sarebbe la prova provata
che la precedenza di fatto, in realtà, non esisteva, in ogni
caso, lascia adito a molti dubbi. Infatti, aderendo a questa logica,
ci si dovrebbe chiedere, allora, ove risiederebbe il problema in caso
di mancata collisione (ossia, in parole povere, quando il conducente
favorito in fatto riesce ad attraversare l’incrocio prima del conducente
favorito in diritto, senza danni). Ciò in quanto, se non v’è
problema da risolvere in caso di incidente, un problema comunque dovrà
esistere perché si identifichi una nozione di precedenza di fatto.
Quale tematica, allora, sarebbe rilevante, o meglio, avrebbe ragion
d’essere? L’opportunità, in via meramente amministrativa,
di contestare al conducente favorito in fatto la mancata concessione
della precedenza al conducente favorito in diritto? Ma se fosse possibile
una contestazione del genere, che ragione avrebbe la configurabilità
di ipotesi di precedenza in fatto? La precedenza in fatto, come tutte
le situazioni di fatto giuridicamente rilevabili e rilevanti (a partire
dal possesso in diritto civile), per essere tale (ossia giuridicamente
rilevabile e rilevante), deve essere suscettibile di una tutela giuridica.
La possibilità di contestare la mancata precedenza in diritto
quando si fruisce della precedenza di fatto e non vi è stato
incidente, quindi, è un non sense. Il problema, quindi, deve
porsi, fisiologicamente, per il caso di sinistro stradale, quando cioè
si verificano dei danni in relazione ai quali occorre risalire all’identificazione
delle responsabilità. Dire che lo scontro già implica
l’insussistenza di qualsiasi precedenza di fatto vuol dire cancellare
la problematica in radice prima di affrontarla. Ossia, farla abortire,
anche astrattamente. Quando, infatti, si parla di evidente errore, per
questo imputabile a colui che godeva della precedenza di fatto, e da
ciò si fa discendere la sua colpa, forse, ci si dimentica che
l’errore può anche essere (anche parzialmente) scusabile,
e come tale, quindi, lasciare aperta la possibilità di valutare
tutto il contesto in cui l’incidente è maturato. Facciamo
l’ipotesi, eclatante (ma possibile), di un conducente titolare
della precedenza (di diritto) che viaggi in centro abitato ad una velocità
da autostrada, tale da non essere percepita, nella sua reale entità,
ictu oculi, da una persona che si presenti con buon anticipo all’intersezione
con una strada laterale. E’ possibile, in caso di scontro, addossare
tutta la responsabilità a quest’ultima? Non sembra proprio.
Vi è infatti, quanto meno, un concorso di imprudenze (il conducente
favorito in diritto deve comunque rispettare il generale obbligo di
prudenza e diligenza agli incroci, ed è incorso in eccesso di
velocità, a tacer d’altro). Inoltre, occorre considerare
se il conducente favorito in fatto, realmente, poteva trarre la giusta
impressione della velocità tenuta dal conducente favorito in
diritto sulla base della naturale e semplice occhiata che egli era tenuto
a dare (a destra o a sinistra) prima di impegnare l’incrocio, occhiata
che, in sé, può anche non consentire di ricavare l’esatta
andatura tenuta da un veicolo che si scorge in lontananza, da una visuale
frontale. Concludendo, quindi, negare la precedenza di fatto alla luce
del puro e semplice dato dello scontro stradale significa seguire una
prospettiva ontologica (e anche comoda), ma in realtà illogica.
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G.I.P. presso Il Tribunale di Forlì |