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Rassegna stampa alcool e guida del 15 febbraio 2006


IL MESSAGGERO

Roma, da stasera pienone al Palalottomatica
Beppe Grillo, il blog e l’antica arte dell’invettiva

La vita è una questione di scelte. «Quando le puoi fare», ribatte da anni Beppe Grillo. Beppe che nemmeno più chiami attore, showman o quant’altro, perché da molte stagioni è solo un testimone, un cronista, un esegeta dei nostri tempi. Un predicatore.

Se l’arte dell’invettiva (vale la pena ricordare Cecco Angiolieri e François Villon?) ancora esiste, Grillo le appartiene. Lui preferisce chiamarla denuncia, ma fa lo stesso: al Palalottomatica dell’Eur (dove il “tutto esaurito” onora le quattro serate di Incantesimi , da oggi al 18 febbraio) vanno sostanzialmente in scena domande e risposte sul tema “Futuro”. E si parla di umanità, si urlano cose scomode con la debita spudoratezza. Del conto fanno parte coraggio, rischio, esibizione. Strali contro lo spreco energetico e contro la bugia sociale. Dimostrazioni di teoremi apparentemente impossibili. Evidenze clamorose.

Più di Celentano e del compianto Gaber, più di Albanese, Sabina Guzzanti e Paolo Rossi, Beppe Grillo consacra giorno e notte alla missione che si è scelto. Usa la tecnologia e insieme la smaschera. Attacca e divulga. Distrugge e getta ami per la pesca (delle consapevolezze). Il resto è spettacolo, sono magliette e magliette impregnate di sudore, slancio vitale concretizzato in foga nell’arena, in figli, ben sei, dentro casa. «Durante il mio spettacolo scrive Grillo ho fatto vedere una scena di Submission , il film per cui è stato ucciso Theo Van Ghogh e che chiunque può vedere in Rete... L’ho fatto per affermare la libertà di espressione, quello che non sta bene agli integralisti di ogni religione. Fosse per me abolirei l’otto per mille, i crocifissi nei luoghi pubblici, i simboli religiosi nei partiti, l’uso della fede a scopi elettorali, personali, economici». E ancora: «Il risparmio è sacro! Si risparmia per essere risparmiati, ma le banche non risparmiano niente e nessuno. Uno fatica per mettere da parte qualcosa e subito gli si avventa sopra un esercito di mangiasoldi». Oppure, circa la legge contro l’uso delle droghe: «... la legge (comma 1) parla proprio di “sostanze stupefacenti o psicotrope”. Il famoso “rapporto Roques” ha esaminato le sostanze dal punto di vista neurobiologico, dimostrando come le droghe più pericolose siano l’eroina, la cocaina e l’alcol, nessuno può negare che l’alcol sia una sostanza psicotropa. Questa legge sancirà l’illegalità della produzione e del consumo del vino, della birra e degli altri alcolici. Un nuovo proibizionismo. E’ talmente grossa che nemmeno chi l’ha proposta vuole ammetterlo, ma è vero che l’alcol in Italia fa quarantamila morti ogni anno, mentre tutte le altre droghe illegali messe insieme ne fanno cinquecento, quindi forse, per una volta e senza volerlo, il governo ha ragione». Eccetera, energia, economia e finanza, salute pubblica, educazione, telefonia, smaltimento dei rifiuti..., eccetera.

Beppe assesta questi colpi sul suo giornale telematico, La settimana. Che è ormai un dovere consultare, come ogni fonte di informazione alternativa, assieme al blog dal quale proviene (www.beppegrillo.it). Il pubblico sa, legge, affronta in corso d’opera, da una replica all’altra e in tempo reale, i nodi dello spettacolo che gira l’Italia. Senza perdere il piacere della sorpresa. L’informazione, pane quotidiano di Grillo, viene fornita calda e fragrante tutte le sere.
R. S.

(*) Nota: le battute, citate nell’articolo, che Beppe Grillo usa nel suo spettacolo sono state fatte proprie in seguito ad una nota inviata da Alessandro Sbarbada e già diffusa nel suo blog www.beppegrillo.it a proposito della legge sulle droghe. Ci fa molto piacere che le considerazioni più volte espresse in questa rassegna stampa abbiano una risonanza così importante e autorevole. Una considerazione a margine: il non considerare l’alcol una droga è un paradosso così enorme che la mera citazione di dati scientifici suscita sarcasmo.


IL MESSAGGERO

ASL & PROVINCIA (CIVITAVECCHIA)
Per l’alcolismo i gruppi di auto-aiuto: una strategia vincente

L’accoppiata Asl Provincia risulta vincente, contro le dipendenze da alcol. I gruppi di auto aiuto funzionano e i risultati si vedono: aumentano i giorni di astinenza totale dal bere e aumenta il numero dei partecipanti. I gruppi di autoaiuto partiti a Viterbo solo due anni fa hanno superato quelli di Tarquinia, che per primi aveva avviato l’esperienza. Ieri sono stati illustrati proprio i risultati raggiunti con questa collaborazione tra il personale del Sert e il sociologo della Provincia. ”L’aggancio”, così si chiama in termine tecnico il primo contatto con l’alcolista, è sicuramente il momento più delicato. Poi c’è tutto il lavoro che viene fatto in gruppo. Nella Tuscia sono due i gruppi che lavorano, quello di Tarquinia che si riunisce il mercoledì pomeriggio alle 17 nei locali del Sert, nell’ospedale, e l’altro a Viterbo in via delle Mura, nei locali del Centro diurno dove ci si incontra ogni giovedì alle 17. E le cifre sono cresciute, l’autoaiuto ha consentito un maggiore avvicinamento della gente, hanno spiegato gli operatori, in molti casi sono stati gli stessi familiari a venire a chiedere aiuto. Perché è proprio tra le mura domestiche che si consuma il dramma maggiore legato all’alcol: abusi, maltrattamenti, rapporti che si rompono irrimediabilmente. Ma ecco che la formula del gruppo di autoaiuto funziona: «Prima di tutto perché la persona si rende conto di non essere la sola a vivere quel dramma, a questo punto cresce l’autostima e in un secondo tempo subentra la consapevolezza di essere di aiuto agli altri», spiega la dottoressa Giaccone.

Il gruppo di Viterbo ha seguito 21 persone nell’anno passato, 16 uomini e 5 donne, l’età minima è stata di 32 anni, il più grande che invece ha partecipato ne aveva 63 e la media si attesta sui quarantenni. I giorni medi di astinenza all’anno procapite sono stati 135. La frequenza media procapite dei gruppi è stata di 13,5 sedute nel 2005. Ma non sempre al gruppo si rivolge la persona che ha direttamente il problema, spesso sono i parenti o chi vive con loro, in un caso particolare è stato il marito a frequentare e a riuscire a quel punto a intervenire sulla moglie alcolista anche con un notevole successo. In un altro caso è stata la figlia di 14 anni, con la forza dettata dalla disperazione, a portare la mamma nel gruppo di autoaiuto.

«Un lavoro in cui la Provincia crede, che ha appoggiato e continuerà a farlo», ha detto l’assessore alle Politiche sociali Mauro Mazzola che ha anche lanciato l’idea di promuovere la conoscenza dei gruppi di autoaiuto nelle piazze per riuscire a contattare quanta più gente possibile. Sempre da Mazzola è partito l’invito affinchè il Sert abbia una sede sempre meno ghettizzante e più accogliente. Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore generale della Asl Giuseppe Aloisio che si è preso l’impegno nel trovare una sistemazione che «sia sempre più accogliente per l’utenza e anche per chi ci lavora».


HELPCONSUMATORI

SALUTE. Alcol, in Veneto cresce consumo tra i giovani

Allarme alcol nel Veneto. C’é un aumento del numero dei consumatori di bevande alcoliche (con tassi di prevalenza superiori a quelli nazionali), dei consumatori adolescenti e giovani di entrambi i sessi (con un forte aumento tra le ragazze), dei comportamenti a rischio come consumare alcol fuori dei pasti e delle ubriacature (specie tra i giovani). I dati emergono da un rapporto effettuato per conto della Regione Veneto dal C.N.R. di Pisa (istituto di fisiologia clinica-sezione di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari) e reso noto a Padova dall’Assessore regionale alle politiche sociali, Antonio De Poli.

Diventa sempre più precoce inoltre l’età in cui si inizia a bere, aumenta il numero di persone in carico ai servizi di alcologia delle strutture pubbliche del Veneto, diminuiscono le ospedalizzazioni per patologie correlate al consumo di alcol. I dati della ricerca si riferiscono al 2003, secondo quanto richiesto dal Ministero della Salute, e vedono la quota dei consumatori di bevande alcoliche (calcolata utilizzando dati Istat) pari al 79% della popolazione veneta con più di 14 anni, vale a dire 3.110.000 persone. Facendo un paragone con cinque anni prima, cioé con il 1998, si evidenzia un +1,2% tra la popolazione maschile, che diventa un +17% tra gli adolescenti.

Rilevantissimo l’aumento registrato tra le adolescenti (+ 32,6%) e le giovani di 18-24 anni (+19,5%). Gli altri dati forniti dal rapporto - e curati dal prof. Fabio Mariani - vedono anche l’aumento dei consumatori di aperitivi alcolici (+17,2%) e questo soprattutto per effetto dell’aumento tra le donne (+ 20%) e in particolare tra le adolescenti (che passano dal 9,5% nel 1998 al 38% nel 2003) e tra le giovani di 18-24 anni (dal 40% del 1998 al 50% del 2003). Per il consumo dei superalcolici, +7,4% di consumatori con tassi superiori a quelli nazionali sia tra le donne che tra gli uomini, in particolare per l’aumento dovuto al consumo da parte dei giovani maschi. Le adolescenti passano dal 6% del 1998 al 18% del 2003.

In forte crescita anche l’assunzione di bevande alcoliche fuori pasto da parte dei giovani (soprattutto birra e aperitivi alcolici). Attorno agli 11-12 anni si inizia a bere il primo bicchiere (di solito vino), tra i 15 e i 16 anni si sperimentano bevande con gradazioni alcoliche superiori, mentre le prime ubriacature sono intorno ai 15 anni. Le persone dipendenti dall’alcol in carico alle strutture pubbliche del Veneto sono state nel 2003 10.531 e hanno segnato un aumento dell’8% in più rispetto all’anno precedente. Il 30% risulta essere nuova utenza; l’età media è di circa 46 anni e per i 2/3 sono uomini.

redattore: NZ


IL GAZZETTINO (Rovigo)

INDAGINE
Oltre ad alcol e stupefacenti emergono nuove forme di dipendenza: gioco d’azzardo, shopping e sms a ripetizione. «Effetti invalidanti sotto il profilo fisico»

Messaggini telefonici, l’ultima frontiera delle droghe virtuali

Polveri e pasticche, gioco d’azzardo e... sms. Adesso ci si "droga" virtualmente anche con i messaggini. Si allargano le forme di dipendenza che interessano fasce sempre più eterogenee della popolazione. Le dipendenze virtuali, simili a quelle da sostanze pur mancando questo elemento che vincola la volontà del soggetto, sono qualificabili ugualmente come forme compulsive della psiche perché ripetono un comportamento surrogando raziocinio e autonomia, autostima e rapporti di relazione nella mente di chi ne è vittima.

Oltre alla schiavitù da alcol e droghe e accanto al fenomeno degli scommettitori e giocatori patologici, affiora adesso anche la dipendenza da chat line e sex addition, shopping e perfino un inaspettato giogo da sms. Sì, proprio i messaggini scritti sul cellulare, tanto comodi e superabusati soprattutto dagli adolescenti, sono l’ultima frontiera delle "droghe" virtuali. A confermarlo è la dottoressa Rosaria Milani, psicologa e consulente della Lega consumatori, autrice di un’indagine molto dettagliata presentata in Provincia e che oggi sarà oggetto di un ulteriore approfondimento in un convegno alle 17 a palazzo Celio.

«Almeno uno su cinque dei soggetti che si rivolgono ai Sert provinciali per problematiche legate all’abuso di sostanze, evidenziano disagi riconducibili anche alla dipendenza dal gioco d’azzardo - spiega la dottoressa Milani - Allargando lo spettro dell’indagine sono emerse ora queste nuove forme di compulsione che anche in assenza di un uso-abuso di sostanze, evidenziano un comportamento compulsivo a ripetere, che lega la volontà e la psiche della persona al computer per le chat line o alla pornografia virtuale, ad uno shopping sfrenato con acquisti ripetuti e fuori controllo fino alla più recente scoperta, la dipendenza da sms».

Ma quali effetti si registrano su chi ne è colpito? «Sono gli stessi effetti riscontrabili in chi dipende dalle sostanze. I manuali psichiatrici definiscono le dipendenze da gioco e da queste nuove forme di schiavitù psicologiche virtuali come comportamenti persistenti e ricorrenti che compromettono le attività personali, familiari e lavorative. Anche gli effetti invalidanti sotto il profilo fisico sono netti: emergono sintomatologie patologiche che partendo dall’alterazione dell’umore e da persistenti stati d’ansia approdano a problemi di tipo somatico come le gastriti o le cardiopatie». (*)

Franco Pavan

(*) Nota: alcune forme di dipendenza possono assumere un carattere di gravità quando diventano simili a dei comportamenti ossessivi-compulvisi o se correlati a disturbi psicosomatici. La gravità dei problemi alcol correlati ha di gran lunga il primato per diffusione e pericolosità. L’argomentazione che molte cose possono creare dipendenza viene spesso usata per sminuire la pericolosità dell’alcol. Tutte le tossicodipendenze sono degne di attenzione, ma se si vuole dare una priorità l’alcol merita il primo posto.


IL MESSAGGERO (CIVITAVECCHIA)

Acquapendente, in classe i medici parlano di alcol

"Alcol: sai cosa bevi? Più sai, meno rischi". È questo il titolo degli incontri si svolgeranno oggi e il 21 febbraio nella biblioteca comunale di Acquapendente. Due incontri, rivolti separatamente per i ragazzi del biennio e poi per le classi del triennio, organizzati dell’istituto Ipsia di Acquapendente, nell’ambito di una campagna di prevenzione contro le dipendenze. «Questo sull’alcol,- spiega la professoressa Pierangela Marcacci, responsabile del progetto educazione alla salute- è soltanto il primo di una serie di incontri che abbiamo intenzione di organizzare. Tutti avranno come filo conduttore le dipendenze, come il fumo, la droga e l’alimentazione. Vogliamo porre l’attenzione sulla nostra realtà locale, non esente purtroppo da queste problematiche. Purtroppo i nostri ragazzi in molti casi non conoscono i rischi che corrono. Per quanto riguarda l’alcol, una cosa che viene fuori dai questionari anonimi che gli studenti hanno già compilato, è quella che rispetto al passato la soglia di età di assunzione di bevande alcoliche si è di molto abbassata». Tra i relatori Capozzi (medico di medicina legale), Taurini (dirigente ospedale di Acquapendente), Huttener (specialista di anestesia e rianimazione), Giaccone (dirigente Sert di Viterbo) e Zoncheddu (educatore Sert Viterbo).

Fr. Bar.


LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (LECCE)

Lequile La polizia è intervenuta per sospendere un matinèe in pista organizzato in occasione di San Valentino
Alcolici a minori, stop alla festa
Circa 1000 ragazzi avevano marinato la scuola per la discoteca

Lequile San Valentino: niente scuola si va in discoteca. In mille, ieri mattina, hanno preferito la pista del «Planet» di Lequile, alle aule della scuola. Ma prima ancora che la festa cominciasse, sono arrivati i poliziotti che hanno fatto accendere le luci e sgomberare il locale. Perchè? Gli agenti hanno sorpreso alcuni minori, un under 14 per la precisione, con una bottiglia di birra in mano. E considerato che è vietata la somministrazione di alcool ad un minore, gli agenti della Divisione polizia amministrativa e sociale e dell’Ufficio minori della questura hanno deciso di «staccare la spina» e di mandare tutti a casa. Il blitz in discoteca era stato sollecitato dai dirigenti di alcuni istituti scolastici e dalla Procura dei minori. Del resto, il giorno della vigilia di San Valentino, in città erano state distribuite centinaia di volantini per pubblicizzare gli appuntamenti in discoteca. Quando sono entrati nel locale, i poliziotti hanno contato fra le 900 e le mille presenze. Il limite della capienza è di 1.200 unità. L’apertura mattutina del locale era stata autorizzata. Ma non appena gli agenti si sono accorti che una bevanda alcolica era stata venduta ad un minore hanno messo fine alla festa. Agli studenti, inevitabilmente delusi, non è rimasto altro da fare che rientrare in città. All’esterno del locale c’erano 23 autobus. Alcuni autisti hanno riferito ai poliziotti di aver dovuto effettuare una doppia corsa pur di accontentate i tanti giovani che da Lecce erano diretti a Lequile. Le indagini proseguono. Gli agenti dovranno eseguire ulteriori accertamenti, a cominciare dal rilascio della licenza che ha autorizzato la festa. Controlli analoghi sono stati effettuati anche in altri locali e discoteche della provincia allo scopo di verificarne la chiusura in assenza di esplicite autorizzazioni. Quello delle feste in discoteca nel giorno di San Valentino è un appuntamento che si ripete ogni anno. Nei giorni scorsi, in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, il prefetto aveva invitato i sindaci a non autorizzare gli appuntamenti mattutini in discoteca. E il comandante della Compagnia dei carabinieri di Maglie, il capitano Andrea Azzolini, incontrando i sindaci di Maglie e di Castrignano dei Greci aveva condiviso con la loro la decisione di non far aprire le discoteche Living e Ciak perché la partecipazione di studenti minori al matiné di San Valentino avrebbe rappresentato una violazione dell’obbligo di istruzione scolastica.


L’ADIGE

Vietare la vendita di alcolici ai minori di 16 anni negli esercizi commerciali

Vietare la vendita di alcolici ai minori di 16 anni negli esercizi commerciali. La proposta è della consigliera circoscrizionale di Povo Claudia Povoli. L’esponente di Forza Italia l’altra sera su questo tema ha presentato un ordine del giorno in consiglio, sperando di ottenere l’appoggio trasversale di tutti i membri. «Mi sembrava una buona cosa - dice - Si fa già in Alto Adige e sta dando buoni risultati». Non solo. Andrebbe a completare la norma già in vigore che prevede il divieto di somministrare bevande alcoliche ai minori di 16 anni in bar e ristoranti. Il suo invito di sensibilizzare il Consiglio comunale affinché impegni la Provincia a legiferare sulla materia è rimasto lettera morta. «Per motivi ideologici. Perché io sono di Forza Italia. Per questo non me l’hanno passato - dice. - Sono convinta che se la proposta fosse venuta da loro (Margherita e Uniti per (Povo, ndr) sarebbe stata approvata». (*) L’ordine del giorno di Povoli partiva da due dati: la percentuale di tre giovani su quattro (secondo i dati riportati in un incontro a Povo con il club alcolisti) che dichiarano di essersi ubriacati nel corso degli ultimi mesi; l’età media piuttosto bassa (11 anni) in cui tanti ragazzi hanno il primo approccio con l’alcol.

(*) Nota: il consumo di alcolici, i problemi correlati e i pregiudizi su di essi sono trasversali alle appartenenze sociali e politiche. Nell’esternazione di pregiudizi e disinformazione la par condicio viene rispettata.


STAIBENE.IT

Ossa fragili? La colpa è dell’alcol

Se le vostre ossa sono fragili e poco resistenti, dovete pendervela con l’alcol . Anzi, con il suo abuso quotidiano. Questa è la scoperta di un team di ricercatori del Nebraska, secondo cui bere sei o più drink al giorno provoca una debolezza delle ossa maggiore che negli astemi o in chi dell’alcol fa un uso moderato.

Il problema principale, sottolinea lo studio pubblicato sulla rivista "Alcoholism: Clinical and Experimental Research", è che questa sostanza inibisce la formazione di nuovo tessuto osseo e, così facendo, provoca un assottigliamento delle ossa, che si logorano fino a rompersi.

Gli adulti subiscono un processo di rimodellamento osseo continuo, tra il lavoro degli osteoclasti (che "mangiano" porzioni vecchie di tessuto osseo) e quello degli osteoblasti (che creano nuove porzioni). Nei soggetti sani, il meccanismo è bilanciato. Al contrario, troppo alcol impedisce il lavoro degli osteoblasti, creando uno squilibrio all’interno della struttura. Ma, se l’eccesso è dannoso, bere con moderazione fa bene. Il consiglio, dicono gli esperti, è di evitare di bere quando si ha un osso fratturato. Così facendo, non si rischia. (*)

(*) Nota: visto che molte ossa sane si fratturano a causa del bere, sarebbe utile non bere anche prima delle fratture.


IL GAZZETTINO (Treviso)

Minacce, danneggiamento, resistenza ...

Minacce, danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale. Così alla fine, dopo una lite per gelosia all’ex convivente condita dalla minaccia di bruciarle la casa, è finito in manette in Questura. G.D.P., 42 anni, trevigiano, fino a qualche tempo fa risiedeva in via Castagnole con M.N., bosniaca, 52. La separazione era avvenuta mesi fa, ma lui non si voleva rassegnare al fatto che lei avesse già trovato un nuovo inquilino. Ieri sera l’ennesimo episodio: lui, visibilmente ubriaco, è entrato con la forza in casa della donna, distruggendole dei mobili e degli oggetti e lanciando fuori dalla finestra un lettore dvd di proprietà del nuovo convivente della signora. "Tra poco torno con una tanica di benzina e do fuoco a tutto", avrebbe gridato. Ma al suo ritorno, ad aspettarlo ha trovato la Polizia, chiamata in soccorso dalla donna spaventata. G.D.P. è stato bloccato dagli agenti mentre tentava di salire le scale, ma anche così la sua furia non si è placata. Anzi. Si è scagliato contro gli agenti, sputandogli contro e cercando di prenderli a calci, pugni e minacciandoli di vendicarsi se l’avessero arrestato. Ma gli uomini delle volanti non gli hanno dato corda, l’hanno ammanettato e caricato su un’auto di servizio per condurlo in Questura. Anche nella volante, però, G.D.P. ha dato in escandescenze, prendendosela coi poliziotti e distruggendo in parte l’interno dell’auto tanto da costringere gli agenti a chiamare in aiuto un’altra pattuglia. Questo però non gli ha evitato l’arresto; il pm di turno Iuri De Biasi ne ha disposto la custodia temporanea in carcere.

Serena Masetto


IL GAZZETTINO (Treviso)

GUIDAVA UBRIACO
Chiede scusa agli agenti: liberato

Si era opposto agli agenti che volevano controllarlo, M.L., 34 anni, residente in città, con un lavoro, che qualche giorno fa transitava davanti alla Questura avanti e indietro e che una volta fermato era risultato in stato di ebbrezza. L’uomo, ieri mattina in udienza di convalida assistito dall’avv. Marco Furlan, si è scusato, ha detto che non sa cosa gli fosse preso e il giudice gli ha concesso la scarcerazione. Processo il 31 maggio.


IL MESSAGGERO (ANCONA)

San Valentino, in regalo un paio di corna
Lei confessa il tradimento, lui non regge e tenta di svenarsi. Si salva. E forse faranno pace

di MARINA VERDENELLI

«SI’, ti ho tradito». Una confessione shock, arrivata proprio ieri, giorno di San Valentino. Altro che baci e coccole. La moglie glielo ha gettato in faccia a tavola, durante l’ora di pranzo, probabilmente durante una lite. Lui non ha retto. E ha perso la testa. Prima ha tentato di tagliarsi le vene con un coltello. Poi, in evidente stato confusionale, si è infilato in auto e ha fatto perdere le sue tracce. Sino a sera. Quando, fortunatamente, i carabinieri lo hanno trovato ubriaco e visibilmente alterato per aver assunto alcune pasticche. E’ stato ricoverato a Torrette.

E’ successo ieri al Piano. Lui è un operaio di 35 anni, originario di Senigallia. Una coppia provata da tempo, sembra, per un rapporto che col passare degli anni è andato via via degenerando. E nemmeno il collante di San Valentino, ieri , è servito per stemperare la tensione. Dopo aver ascoltato quella confessione, il giovane non ci ha visto più. Ha preso un coltello che aveva quasi a portata di mano e ha iniziato a tagliuzzarsi i polsi. Urlava. Lei, prima impietrita, poi preda alla disperazione: «Che fai? Fermati, per l’amor di Dio...». La lama non andava a fondo abbastanza. Così il giovane ha aperto la porta è se n’è andato, con lei a corrergli dietro, a chiamarlo. L’operaio è salito sulla Peugeot e non si è visto più. La donna ha subito allertato i carabinieri. Comprata una bottiglia di vino e assunto alcuni farmaci l’operaio ha vagato per ore in città senza meta. Arrivato nell’area dell’ex porto turistico, vicino all’ex circolo culturale Ile Aiyè, ha parcheggiato la vettura continuando a bere. Lo hanno notato. E assieme ai carabineri, è arrivata un’ambulanza. Salvo. E’ in ospedale. Lei è corsa da lui, in lacrime. Non lo lascerà.


IL MATTINO

Non c’era la licenza per vendere alcolici
Chiusi tre ristopub

GIUSEPPE MAIELLO Frattamaggiore. Movida tranquilla, i vigili urbani chiudono due locali, mentre il proprietario di un terzo viene deferito alle autorità giudiziarie perché, pur in possesso di licenza commerciale, era però sprovvisto della prevista autorizzazione per somministrare al pubblico alimenti e bevande. Ai titolari degli altri due locali, due risto-pub, come si legge in un nota stampa del comune, è stata notificata l’ordinanza di cessazione di attività perché, anche questi, «trovati sprovvisti della licenza per somministrare bevande ed alimenti al pubblico obbligatoria ai sensi della Legge 287/91». L’intervento condotto dal nucleo di polizia commerciale dei caschi bianchi frattesi con il comandante Gaetano Alborino, rientra in una più articolata operazione di prevenzione contro l’uso di sostanze alcoliche soprattutto tra i giovani che affollano via Roma, la zona della movida, spesso teatro di megarisse. Nel corso della stessa operazione, cominciata in mattinata, la polizia municipale ha passato al setaccio il mercatino di via Pasquale Ianniello sequestrando molti chili di merce ad ambulanti sprovvisti di licenza. Segnalato alla Procura della Repubblica anche un’altra persona, sorpresa a vendere dvd con film in programmazione nelle sale cinematografiche e videogame, tutti privi del marchio Siae. I caschi bianchi gli hanno sequestrato circa 150 supporti dvd. Multati infine anche decine di commercianti che esponevano la loro merce sui marciapiedi, all’esterno dei propri esercizi. In qualche caso si trattava di prodotti alimentari esposti senza alcuna protezione, all’altezza dei tubi di scarico delle auto.


TUTTO SCIENZE

Donne longeve Il merito non è dei geni

FINALMENTE eccola, la risposta inconfutabile alla domanda: perché gli uomini vivono meno a lungo delle donne? Marc Luy, un sociologo dell’Univesità di Rostock che si autodefinisce «ricercatore della mortalità», l’ha trovata nei conventi, l’unico luogo al mondo dove le condizioni di vita di uomini e donne sono identiche. E identica è pure - questa sì una sorpresa - la durata della vita. Dunque, se gli uomini vivono in media 6-8 anni meno delle coetanee, non è per i loro geni né per i loro ormoni, ma per lo stress, la cattiva nutrizione, l’abuso di fumo e di alcol, gli strapazzi. Nessuno aveva mai pensato di risolvere il problema della longevità con la statistica, andando nei cimiteri e negli archivi dei conventi. Luy non ha solo avuto l’intuizione giusta, ma è riuscito a entrare in 12 monasteri - benedettini, francescani e domenicane -, installarsi nelle loro biblioteche per risalire indietro nei secoli e annotare su un quaderno l’età e la causa della morte di 11.500 persone. Risultato: una vita di preghiera e lavoro, frugale e sempre identica a se stessa, con persone del proprio sesso e nessun contatto con il mondo esterno, è più lunga della media. Almeno per i monaci, che vivono cinque anni più dei loro coetanei, raggiungendo grossomodo l’aspettativa di vita delle donne. Prima di questo studio si pensava che gli uomini morissero prima perché privi degli ormoni femminili, che hanno una funzione protettiva. Adesso invece è evidente che la longevità è legata allo stile di vita: rituali severi, rinuncia agli eccessi, preghiera e lavoro fino a tarda età tengono in buona salute. Le monache, invece, muoiono mediamente alla stessa età delle coetanee fuori dal convento. E il cancro le colpisce nella stessa percentuale, anche se in organi diversi. Il più diffuso è quello al seno, ulteriore prova che l’allattamento è protettivo. Quasi sconosciuto è il cancro al collo dell’utero: la castità elimina quei virus oggi considerati la sua causa principale. Monaci e monache condividono poi una sorta di immunità contro le tipiche malattie da invecchiamento. Tra di loro la demenza senile è rara. Una scoperta stupefacente l’hanno fatta alcuni ricercatori americani che hanno avuto accesso a 600 «Sorelle cattoliche di Notre Dame», un ordine religioso del Kentucky dedito all’insegnamento. Le suore, scelte in età fra 76 e 107 anni, sono state sottoposte a test cognitivi in vita e ad autopsia in morte. Sorella Matthia, ad esempio, morta a 105 anni, un anno prima era ancora mentalmente vispa e fisicamente attiva, ma l’autopsia ha rivelato tracce evidenti di Alzheimer, di cui nessuno aveva visto i sintomi. Sorella Bernadette, morta a 85 anni di infarto, aveva appena dimostrato nei test cognitivi grande memoria e intelligenza acuta. Il suo cervello, però, si rivelò pieno di placche, grado 6 di demenza. Praticamente, lo stadio finale. In teoria, la suora non avrebbe potuto risolvere nessuno dei test dove aveva dato invece grande prova di sé. La lezione è chiara: volete vivere a lungo e sani? Entrate in convento. Ovviamente da giovani.

Marina Verna


VIVIMILANO.IT

ISTITUTO IARD
«Alcol, fumo, poco esercizio fisico Nessun sacrificio per il benessere»

Diete, divertimento e vizi spesso contano più della salute. Oltre a essere maniaci del peso, i giovani oggi sono poco disposti a fare sacrifici per tenere lontane le malattie. Alcol, fumo, orari sballati, poca attività fisica: cambiare le proprie abitudini di vita in nome del benessere costa fatica, fa più comodo pensare che tanto è tutta una questione di fatalità. Interpellato dall’Istituto Iard, un ragazzo su due ritiene che indipendentemente da quello che fa, se è destinato ad ammalarsi, si ammalerà. C’è poco da fare, dicono i più: mentre per il 33% il modo di comportarsi incide «abbastanza» e solo per il 19% è molto importante. Nessuna rinuncia (o quasi), anche se lo «stare bene» viene considerato dal 96% dei 15-34 enni il bene più prezioso che ci sia. «Purtroppo c’è una distanza enorme tra l’importanza che astrattamente viene data alla salute e la disponibilità a mettere in atto comportamenti coerenti per salvaguardarla (*) — spiega Riccardo Grassi, ricercatore dell’Istituto Iard —. Evidenziare questo gap è importante anche per tentare di ridurlo il più possibile. I giovani non devono trascurare la prevenzione come dicono di fare oggi, magari anche senza domandarsi i rischi che corrono». Dal sondaggio risulta che per il 73% degli intervistati non c’è nulla di più importante del benessere, per il 23% è abbastanza importante, per il 4% poco. Ma si tratta di convinzioni che non trovano riscontro nella vita quotidiana, dove conta di più seguire incondizionatamente (o quasi) le proprie passioni. Una volta messo nero su bianco sulla carta il suo valore, della salute poi si rischia di dimenticarsi: solo il 17% dei milanesi tra i 15 e i 34 anni è pronto a rinunciare a quello che gli piace fare per stare bene, il 47% lo è abbastanza, il 36% non ci pensa neppure. Altra domanda, stessa risposta: un giovane su tre pensa che per evitare le malattie non serva badare a se stessi (il 19% lo ritiene invece fondamentale, il 48% abbastanza rilevante). Il risultato: i più rischiano di trascurarsi, fanno quello che vogliono e confidano nella buona sorte. È un modo di pensare che, ovvio, lascia perplessi gli esperti: «Ubriacarsi, fumare, dormire poco sono comportamenti spesso considerati a torto senza conseguenze — sottolinea Grassi —. Nella mente dei giovani non scatta il desiderio di prendersi cura del fisico per allontanare il rischio delle malattie».

IL FATALISMO

Un ragazzo su due ritiene che indipendentemente da quello che fa, se è destinato ad ammalarsi, ciò accadrà inevitabilmente

I COMPORTAMENTI

Per il 33 per cento degli intervistati il modo di comportarsi incide «abbastanza» sulla salute, solo per il 19 per cento è molto importante

LE RINUNCE

Il 17 per cento dei milanesi tra i 15 e i 34 anni è pronto a delle rinunce per stare bene, il 47 per cento è abbastanza convinto, il 36 per cento si rifiuta

S. Rav.

(*) Nota: l’atteggiamento fatalistico di parte dei giovani è sufficiente da solo a vanificare gli interventi di promozione alla salute intesi come mera informazione. Sempre più emerge l’esigenza che le attività di prevenzione coinvolgano tutte le parti che concorrono alla formazione dei modelli di consumo e di stili di vita.


IL GAZZETTINO

LO STUDIO Per Lincoln si temeva il suicidio, Grant e Nixon amici della bottiglia
Metà dei presidenti americani depressi, disturbati di mente o col vizio dell’alcol

Washington-Circa le metà dei primi 37 presidenti degli Stati Uniti, da George Washington fino a Richard Nixon, hanno sofferto di disturbi mentali a un certo punto della loro vita; e quasi la metà di essi hanno sperimentato i sintomi, specie la depressione, mentre erano in carica. È quanto emerge da uno studio di psichiatri e ricercatori della Duke University, che hanno analizzato le fonti biografiche dei 37 presidenti. L’incidenza delle malattie mentali sugli inquilini della Casa Bianca non appare però superiore a quella sull’intera popolazione degli Stati Uniti

Nel loro rapporto, il dottor Jonathan Davidson e alcuni suoi colleghi traggono un motivo di ottimismo dalle loro conclusioni pubblicate su una rivista scientifica specializzata, The Journal of Nervous and Mental Disease. «Il nostro studio - scrive Davidson - è la prova che persone che soffrono di depressione o di altri problemi mentali possono comunque funzionare a livelli da presidenti, se non proprio al loro meglio».

I ricercatori hanno inoltre preso in considerazione anche malattie non proprio mentali: William Howard Taft, il 27. presidente, aveva difficoltà a respirare quando dormiva, forse a causa di un disturbo del sonno chiamato «apnea» e spesso sonnecchiava durante importanti riunioni.

Fra i presidenti con problemi mentali, il rapporto ne annovera di eccellenti e di mediocri: c’è Abraham Lincoln, che aveva momenti di depressione così profonda che gli amici temevano potesse suicidarsi, e c’è il suo successore eletto, il generale Ulysses Grant, che alla compagnia della gente preferiva quella della bottiglia e i cui momenti di lucidità non erano frequenti: oggi si direbbe che il generale della Guerra Civile soffriva di disordine da stress da campo di battaglia. Theodore Roosevelt e Lyndon B. Johnson, due presidenti energici - il primo quasi leggendario, per la capacità d’iniziativa - mostrano entrambi segni di disordine bipolare; Calvin Coolidge, presidente negli anni ’20, sprofondò nella depressione dopo la morte di un figlio adolescente vittima di un’infezione; e Richard Nixon beveva un sacco durante lo scandalo Watergate.

Come presidente vivente, George W. Bush non è stato preso in considerazione dallo studio.


TREND-ONLINE

Vino: a venti anni dal metanolo c’è il riscatto della qualità
di redazione , 15.02.2006

Giusto venti anni fa -il primo dei 23 decessi per avvelenamento da metanolo fu accertato il 17 marzo del 1986- il vino italiano fu coinvolto nel più grave scandalo della sua ultramillenaria storia. Il Paese, attonito di fronte al fatto che si poteva morire semplicemente per bere sedicenti barbera o cortese, vino da tavola, del Piemonte, reagì immediatamente circoscrivendo il fenomeno criminale, che nulla aveva a che vedere con la produzione vitivinicola, e isolando i sofisticatori senza scrupoli che, unicamente per il loro arricchimento personale, seminarono lutto e distrussero l’economia di un intero settore. Da allora c’è stato un cambiamento radicale, grazie all’impegno dei produttori. E oggi si può parlare di pieno riscatto della qualità, ma il settore deve superare ancora altre prove e difficoltà.

E’ quanto rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori, ricordando quei tragici eventi e commentando favorevolmente il buon andamento, nell’ultimo anno, delle esportazioni vinicole italiane che, con quasi 15 milioni di ettolitri, si avviano ad eguagliare i 16,5 milioni di ettolitri del 1985, mentre erano cadute a circa 10 milioni nel 1986.

L’allora ministro all’agricoltura del governo Craxi, Pandolfi, sperimentò per primo il lavoro di concertazione tra la pubblica amministrazione e le rappresentanze organizzate della filiera produttiva, riunendo -afferma la Cia- in modo permanente le categorie interessate ed emanando norme urgenti e condivise per fronteggiare la situazione.

Fra l’altro si posero le basi per superare l’emergenza, dare speranza ai produttori di poter superare il delicato momento e certezza ai consumatori italiani e stranieri di potersi rivolgere al nostro vino con fiducia e sicurezza.

Il Parlamento -ricorda la Cia- stanziò 50 miliardi di lire per il rilancio, in Italia e sui principali mercati esteri, del nostro vino e le organizzazioni agricole, cooperative, industriali e del commercio diedero compatte vita ad un organismo di filiera che si incaricò di porre le basi della rinascita del vino italiano e della ristrutturazione della sua struttura produttiva.

Tuttavia -continua la Cia- il settore, da allora, si è profondamente modificato e, sebbene sia riuscito a risollevarsi, ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di ettari di vigneto, erano circa 1.050.000 nel 1985e poco più di 700 mila nel 2005; centinaia di migliaia di aziende viticole, erano 1.150.000 nel 1985 e 750 mila nel 2005; decine di litri pro-capite annui nei consumi, erano 80 a testa nel 1985 e sono scesi a poco più di 50 a testa nel 2005 e milioni di ettolitri di produzione annua, era poco più di 60 milioni nel 1985 ed è stata circa di 50 milioni nel 2005.

Di contro, però, il vino Piemonte è stato nel frattempo riconosciuto Doc, quindi con una garanzia di tracciabilità di gran lunga superiore a quello da tavola; i vini con origine geografica (Docg -Denominazione di origine controllata e garantita, Doc-Denominazione di origine controllata e Igt-Indicazione geografica tipica, rappresentano ormai i due terzi della produzione totale, mentre allora non erano neppure il 20 per cento; le aziende si sono specializzate ed hanno investito molto in qualità; sono nate nuove professionalità di filiera e soprattutto si è fatta strada la consapevolezza che il settore è prezioso per l’intera economia nazionale.

Purtroppo -sostiene la Cia- dopo un periodo di buoni risultati, oggi la vitivinicoltura nazionale, arranca con difficoltà nella sua innovazione, nella competitività mondiale e nella valorizzazione, in Italia e all’estero, della sua tipicità. E sono questi i temi -conclude la Cia- sui quali la pubblica amministrazione e la filiera dovranno ritrovare una sintesi condivisa per il necessario neorinascimento del vino italiano, senza aspettare nuove deprecate emergenze.


© asaps.it
Giovedì, 16 Febbraio 2006
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