Le
colpe dei genitori ricadranno sui figli? Sarà forse una severa
regola della morale, ma per il diritto, ed in special modo per il codice
della strada, vale il principio diametralmente opposto. Colui che è
tenuto alla vigilanza sul minore degli anni diciotto, infatti, risponde
direttamente ed a titolo personale delle infrazioni commesse dal ragazzo.
Proprio così, avete capito benissimo: non si tratta semplicemente
di sborsare al posto del ragazzo la somma corrispondente alla sanzione,
magari applicandogli le debite e salutari riduzioni sulla "paghetta
settimanale", ma di pagare una multa direttamente irrogata al genitore
come pena per la mancata vigilanza. Non che nella sostanza cambi di
molto (a mettere mano al portafoglio sono sempre mamma e papà),
ma la notizia metterà certamente sul chivalà tutti i genitori
- e sono oramai la maggior parte - di quei ragazzetti che scorrazzano
liberamente a bordo di motorette e scooter per le trafficate vie delle
città, là dove la terribile penna del vigile urbano è
pronta ad abbattersi come una inesorabile scure sul capo di chi, come
spesso fanno gli adolescenti, prende le regole della strada quasi come
una barbosa formalità, imposta dai grigi parrucconi delle pubbliche
istituzioni, più che come obblighi sanciti e sanzionati nell’interesse
della generalità degli utenti e della sicurezza della circolazione.
Sul punto è intervenuta ultimamente la Corte di Cassazione (Sup.
C., Sezione Prima Civile - sentenza n.4286/2002), per ristabilire, anche
nel campo del diritto sanzionatorio amministrativo, un fondamentale
principio già dettato a chiare lettere nell’art. 316 del
codice civile, per quanto concerne l’esercizio della potestà
genitoriale e nell’art. 2048 dello stesso codice per ciò
che attiene al dovere di risarcire il danno procurato dal figlio minore
a terze persone.
La sentenza, al di là che interviene su fatti di costume, riveste
una certa importanza anche in merito all’iter, necessario e legittimo,
attraverso cui la sanzione al genitore deve essere formalmente contestata.
Per meglio comprendere le ragioni di diritto poste alla base della decisione,
conviene partire dai fatti, di ordinaria circolazione stradale, accaduti
nel lontano 1995 (la giustizia ha i suoi tempi ma poi arriva e risolve)
in Romagna (grande patria dei motori) e più precisamente nella
città di Cesena.
I vigili fermano un ragazzino di quattordici anni in ciclomotore. Il
casco è regolarmente indossato, nessun rilievo sull’assetto
del mezzo né sulla certificazione di proprietà, ma c’è
un problema grosso: manca la copertura assicurativa. Scatta quindi il
verbale, notificato al minore, che peraltro si dichiara proprietario
del mezzo, e notificato anche alla madre data appunto la minore età
del trasgressore. Per la Polizia Municipale le formalità di rito
sono più che rispettate, infatti il verbale, al tempo stesso,
è stato contestato al trasgressore ma anche reso noto, nei modi
di legge a chi esercita la potestà sul ragazzo. Evidentemente,
invece, per i genitori i conti non tornano, per cui parte un ricorso
diretto alla Prefettura con richiesta di annullamento dell’atto
ritenuto illegittimo. Il tentativo fallisce poiché la Prefettura,
concorde ed in linea con le procedure adottate dal Comando Vigili Urbani,
emette un’ ordinanza- ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria
di un milione di vecchie lire. I genitori non mollano ed il Pretore
di Forlì, con sentenza del 25 settembre 1998, dà loro
soddisfazione accogliendo l’opposizione ed annullando di conseguenza
la multa. Non molla però nemmeno la prefettura, portando il caso
a Roma, davanti alla Suprema Corte.
Il ricorso si gioca su due questioni: la validità del procedimento
di irrogazione della sanzione in primo luogo, nonché in via secondaria
l’illegittimità della procedura con cui sono state liquidate
le spese (non pareva affatto corretta la decisione di mettere a carico
della Prefettura gli onorari professionali in favore delle parti vittoriose,
dal momento che le stesse non si erano avvalse assolutamente dell’assistenza
di un difensore). Più interessante, senza alcun dubbio, è
la prima questione che verte tutta sulla contestazione perfettamente
effettuata - secondo la Prefettura ricorrente - a carico del conducente
del veicolo, ancorché quattordicenne, il quale aveva dichiarato
anche di esserne proprietario e successivamente ad un genitore, mediante
la notifica del verbale redatto nei confronti del minore.
Insomma, la polizia municipale cosa avrebbe potuto fare di più
di prendere il verbale già contestato al ragazzino e preoccuparsi
di notificarlo anche alla mamma?
Non è forse rispettata la regola contenuta nella legge cardine
del procedimento sanzionatorio amministrativo (689/1981) sulla irresponsabilità
del minore d’età a svantaggio dei genitori tenuti ad esercitare
il controllo sull’operato dei figli? La risposta è no. Non
basta - stabilisce la Cassazione - che il verbale contestato
al minore venga notificato anche al genitore. L’art. 2 della legge
n. 689 del 1981, applicabile anche in tema di violazioni delle norme
sulla sicurezza stradale in virtù dell’ art. 194 del C.d.S.,
dispone, infatti, che non può essere assoggettato a sanzione
amministrativa chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva
compiuto gli anni diciotto. In tale caso della violazione risponde chi
era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di
non aver potuto impedire il fatto.
Ma l’art. 14 dispone che la violazione deve essere contestata,
ove possibile, immediatamente al trasgressore, mentre se non è
avvenuta la contestazione immediata gli estremi della violazione debbono
essere notificati agli interessati entro novanta giorni, che in materia
di infrazione al codice della strada diventano centocinquanta a norma
dell’art. 201 di tale codice. Insomma, se la violazione amministrativa
è avvenuta ad opera di un minore, questi non può essere
assoggettato a sanzione amministrativa, mentre debbono esserlo i soggetti
tenuti alla sorveglianza su di lui, i quali rispondono a titolo personale
e diretto per la trasgressione della norma violata, avendo omesso la
sorveglianza alla quale erano tenuti. Quindi è corretto redigere
immediatamente verbale sui fatti accertati a carico del ragazzo, ma
la contestazione della violazione deve avvenire nei confronti dei soggetti
tenuti alla sorveglianza del minore, redigendo un apposito verbale a
loro carico. Nell’atto, inoltre, deve essere enunciato il rapporto
intercorrente con il minore dal quale discende l’onere della sorveglianza
al momento del fatto e la specifica attribuzione ad essi della responsabilità
per l’illecito amministrativo. Il punto essenziale sta tutto lì:
non basta fare il verbale al minore e notificarlo anche al genitore
poiché in realtà il ragazzo, per quanto si identifichi
col materiale trasgressore, non è il responsabile. Lo sono invece,
per culpa in vigilando, i suoi genitori e lo sono in maniera diretta,
come se ad inforcare il motorino privo di assicurazione fossero stati
loro: unica scappatoia l’eventuale prova di non aver in alcun modo
potuto impedire il fatto. Se a rispondere sono i genitori però,
sono direttamente loro i destinatari di tutti gli atti formali. Nel
caso di Cesena nessun verbale contestato alla madre, ma solo la notifica
di un atto di cui il destinatario era il figlio. Quindi - secondo
la Corte - bene ha fatto il Pretore ad archiviare il caso non avendo
alcun valore, se non meramente conoscitivo, la notifica ai genitori
di un verbale non redatto a loro carico.
Morale:
le colpe dei figli ricadranno sui genitori, ovvero, soprattutto in questi
periodi di austerità, meglio vigilare di più per evitare
che impertinenti "monelli stradali" riducano a colpi di trasgressioni
e multe la paghetta mensile del papà.
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Funzionario della Polizia di Stato Comandante della P.M. di Forlì |