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Posta 23/05/2024

NULLA SEMBRA ESSERE CAMBIATO
Sono passati 7 anni dal 23 maggio 2017, la data dell’omicidio stradale di Ferrante Battistin, ma lo sdegno per quella mite e concordata condanna a 4 anni e 10 mesi a chi lo ha ucciso rimane

Era un martedì, faceva un caldo pazzesco, da quel giorno avrei lavorato 7 su 7 in gelateria con mia sorella, la stagione era partita e noi eravamo pronte.
La giornata iniziò molto presto per il marito di mia sorella, come tutti i giorni, scherzavamo sempre su questa nostra differenza, lui non stava a letto neppure la domenica.

Lasciò nel lavandino la tazza vuota del caffelatte, la moka pronta per mia sorella, la tuta appesa all’attaccapanni, prese vestiti puliti dall’armadio, scese le scale fino al garage e con l’auto uscì dal cancello; il tempo per un altro caffè al bar che offrì anche ad un amico poi andò al magazzino, organizzato il lavoro ed arrivato il collega partirono assieme con il camion dell’azienda verso il cantiere del giorno.

Alle 6:50, a 5 minuti da casa, lungo una strada bellissima Ferrante in un secondo si trova davanti un furgone, non fa nemmeno in tempo a toccare il freno, il disco indicherà che la sua velocità si è abbassata di pochi chilometri, il tempo di alzare il piede dall’acceleratore, verranno alzati, girati e scaraventati giù dalla scarpata, il camion siederà proprio dalla sua parte, rivolto verso casa.
Il certificato di morte indica le 7:30, la sua Vita finisce con il terrore negli occhi, senza nessuno che gli tenesse la mano e che gli dicesse di non avere paura, a lui sempre preoccupato per gli altri, con uno spiccato senso di protezione è toccato restare solo quando più ne aveva bisogno.

Sono seguite molte cose difficili e dolorose per tutti noi coinvolti e vicini a Ferrante.
Non essere lì con lui mentre lo portavano via, stargli accanto, attendere che prima ci fossero gli altri è stato devastante; una moglie come un marito, come un genitore, non ha paura di esserci ma anzi ne ha la necessità, almeno gli dovrebbe essere riservata la possibilità di scegliere.
Abbiamo cercato di comprendere che in una situazione così drammatica ognuno ha fatto ciò che ha potuto, quello che non passa è quello che ha vissuto Ferrante prima di morire, ciò che gli è stato rubato per sempre, quel riuscire ad uscire dal garage senza sentire una spada nel costato.
Morire mentre sei al lavoro per mano di chi non rispetta il lavoro e le sue regole basilari non lo credevamo possibile.

Neppure credevamo servisse soffrire ancora per arrivare ad una sentenza, tanto più che le responsabilità erano cristalline.
L’omicida era sotto effetto di cocaina, in questo modo ha perso il controllo del furgone di un’azienda che guidava per consegne.
L’omicida non doveva essere alla guida. Gli era stata revocata la patente dalla Prefettura perché sorpreso a guidare con la patente sospesa.

L’azienda proprietaria del mezzo aziendale ed intestataria della polizza assicurativa, doveva assicurarsi che chi guidava avesse una patente valida. Questo fatto importante non è stato neanche indagato né da parte dell’autorità di polizia giudiziaria né dalla magistratura, compiendo, a nostro modo di vedere, un grave errore.

La giustizia ha fatto il suo sconto fornendo sconti di pena per il rito alternativo e la concessione delle attenuanti generiche in primo grado e un altro grazie ad un concordato in appello con un risultato finale di 4 anni e 10 mesi. Nonostante la sentenza passata in giudicato l’omicida non ha scontato giorni di carcere, neppure ai domiciliari; abbiamo chiesto attraverso opportune sedi quali restrizioni ha subìto ma non ci è stata concessa neppure l’educazione di una risposta.
Allora è vero che le brave persone subiscono e chi sbaglia non ha punizioni adeguate, che lo Stato, anziché preservarle, annulla altre brave persone incurante tra l’altro che non producono più reddito perché si distaccano dalla vita attiva.

Sono trascorsi 7 anni e nulla sembra essere cambiato, si sente parlare di più quando i “numeri” aumentano quasi come se pochi fossero qualcosa di vergognosamente accettabile.
Irritano quei “noi abbiamo fatto…”, serve invece impegno, quello costante, servono soldi da investire, serve ascoltare chi ha vissuto e partire con il migliorare le lacune, serve essere più umili, serve che la magistratura sia più coerente, non possono esserci sentenze e applicazioni tanto diverse a fronte degli stessi danni e circostanze, la Vita ha sempre valore.

Doveva andare in carcere il colpevole omicida? Secondo noi sì, quando pensavamo al colpo di sonno avevamo un pensiero diverso, ma saputa tutta la verità, che ci è stata nascosta per mesi, l’assistere alla concessione delle richieste dell’imputato ci ha fatto prendere un’altra posizione; poi l’andamento del processo e la mancanza di considerazione da parte dello Stato ha aggiunto altro male evitabile.

È complicato e doloroso per le vittime secondarie affrontare un processo ma pensiamo che la ricerca della verità e la Giustizia si debbano fare, per i nostri cari e per il bene di tutti, anche e soprattutto per un futuro migliore. Se come dimostrato dall’omicidio stradale di Ferrante Battistin, all’interno di un’azienda non si riesce a far rispettare il provvedimento di una Prefettura, non si controlla che anche i titolari non facciano uso di stupefacenti, come uno Spisal ( Servizio prevenzione igiene e sicurezza ambienti di lavoro) e una magistratura passino oltre, nonostante un cittadino ucciso e gli esposti inviati, la dice lunga su quanto lavoro ci sia da fare per tutelare la vita delle persone sul lavoro e sulla strada.

Da quel giorno mi sono chiesta quante volte ho sbagliato sulla strada, in cosa mi sono resa complice magari nei comportamenti sapendo ma non capendo fino in fondo, eppure ero convinta di non essere tanto in errore, mi sono messa in ascolto e accettato di provare a migliorarmi per rispetto di Ferrante, per paura di fare male alle persone, prego sempre non accada mai più e confesso di vivere nella paura di essere vittima o carnefice.

Mi interrogo se le mie scelte non siano state un ulteriore peso per la vita di mia sorella perché si vive sospesi e nessuno ci insegna il dolore. Mi chiedo cosa potevo fare di più o meglio.
Conoscendo ora come si sta dalla parte sbagliata, confrontandomi con altre famiglie come noi e a fronte di quello che si legge ogni giorno mi domando se anche i politici, i legislatori ma soprattutto i giudici e gli avvocati si sentono anch’essi un po' responsabili di queste continue mattanze con le loro sentenze i primi, e con le loro richieste di sconti a tutti i costi i secondi.
Perché se anch’io da cittadina e familiare di una vittima mi metto in discussione vorrei lo facessero anche loro, perché è dalle loro mani che anche noi, come gli imputati, possiamo ricevere o può esserci invece negata una nuova possibilità; si può sempre fare e dare di più e tanto più è grande il nostro potere più persone riusciamo a motivare e coinvolgere nei cambiamenti.

Tutti dobbiamo sentirci motivati e coinvolti in questa piaga sociale perché tutti possiamo essere Ferrante.
Perché sarebbe veramente bellissimo arrivare ad avere meno vittime morte e meno vittime vive.

 

Antonia, cognata di Ferrante Battistin e sorella di Vittoriana Nardi

 

 


 

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Giovedì, 23 Maggio 2024
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