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L’alcoltest non serve più per provare l’ubriachezza, la Cassazione: bastano l'alito e la testimonianza degli agenti

Anche l’incapacità di rispondere per dedurre che l’autista sia positivo. Così la soglia di 1.5 è accertata

Bastano elementi «obiettivi e sintomatici» per dimostrare la guida in stato di ebbrezza. Ossia non è necessario l’alcoltest. Anche se l’auto ha semplicemente battuto contro il marciapiede senza causare sinistri, è sufficiente che gli agenti osservino, e riportino su un verbale, che il conducente non si regga in piedi e sembri ubriaco. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione secondo la quale, il giudice di merito, per la condanna, può basarsi anche sulle valutazioni della polizia stradale. L’odore di alcol, l’incapacità di rispondere alle domande e la scarsa destrezza nel controllare il veicolo, anche se solo riferite, sono una motivazione valida. Poco importa se le considerazioni possano sembrare soggettive. E se nella sentenza si stabilisce che il tasso di presenza di alcol nel sangue è superiore a 1.5. Una decisione, quella della Corte, che adesso potrebbe aprire la strada a una serie di condanne, senza accertamenti clinici e obiettivi, basate sulle sole testimonianze degli agenti. E non perché l’uomo si era rifiutato di sottoporsi al test, situazione dalla quale, secondo il Codice si dà per assodato lo stato di ebbrezza, ma perché gli agenti non lo avevano avvisato che avrebbe potuto avvalersi dell’assistenza di un legale. Un passaggio che, dal punto di vista procedurale, rende nullo l’esame. E lo stato di ebbrezza (in teoria non verificato).
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LE MOTIVAZIONI
I giudici precisano che le questioni di merito non spettano alla Corte, ma poi puntualizzano: «Con specifico riferimento al caso contestato, deve essere ribadito come questa Suprema Corte abbia avuto modo di precisare che, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’articolo 186 del Codice della strada (ossia la guida in stato ebbrezza ndr) e qualora vengano oltrepassate le soglie superiori la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione». Per la Cassazione, congrue motivazioni per stabilire la presenza di alcol nel sangue sono anche le testimonianze e non i test. Quindi scrivono nella sentenza: «Ne consegue pertanto che, in assenza di un espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che nel caso in esame i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifestato dall’imputato alla vista degli operanti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche, certamente superiore alla soglia di 1.50». E aggiungono: «Per come evincibile dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol, nonché dall’assoluta sua incapacità di controllare l’autoveicolo in marcia e di rispondere alle domande rivoltegli dagli agenti di polizia giudiziaria». A fronte degli indicati aspetti il ricorrente ha riproposto solo una rilettura alternativa degli elementi di indagine acquisiti all’evidenza non consentita in questa sede e comunque inidonea a modificare l’adeguata e logica motivazione espressa sul punto da parte della Corte di appello». E così il ricorso è stato bocciato.

LA VICENDA
Era stata la Corte d’Appello di Brescia, nel luglio scorso, a riformare parzialmente la sentenza di primo grado, concedendo il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale dell’imputato, ma confermando la condanna a sei mesi di arresto, l’ammenda di 1.500 euro e, soprattutto, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente per essere stato sorpreso alla guida in stato di ebbrezza, tanto da provocare un incidente stradale. L’imputato aveva impugnato la decisione, sostenendo che il Tribunale (e poi la Corte d’Appello) pur ritenendo inutilizzabili gli accertamenti, richiesti dalla polizia giudiziaria ed eseguiti dai sanitari per verificare lo stato di ebbrezza, avesse dato per certe che le condizioni del conducente fossero alterate, sostenendo che il tasso alcolemico dell’uomo superasse la soglia di 1.50 in base alle sole dichiarazioni degli agenti. Sebbene, si sottolineava nel ricorso, «in assenza di dati tecnici obiettivi, non sarebbe possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente nel suo sangue al momento dei fatti, non potendosi evincere elementi sintomatici tali da ritenere superata la suddetta soglia dai soli elementi riferiti dai testi circa la presenza di uno stato confusionale, di avvenuti urti della sua autovettura con il cordolo del marciapiede e della mancata risposta alle sollecitazioni degli agenti». Ma questi argomenti, per la Cassazione non sono stati sufficienti. E adesso, in base a questa decisione, le condanne saranno più frequenti.

da ilgazzettino.it


Ecco una notizia che ci sembra una non notizia... I professionisti delle forze di polizia sanno perché. (ASAPS)


 

 

 

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Martedì, 04 Giugno 2024
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