La Fi Pi Li oltre le parole
Non si può dire che non sia una strada democratica: è una tortura per chiunque sia obbligato a frequentarla, dal pendolare che ogni giorno smoccola fermo in coda all’autista costretto a guidare in corsie che a malapena sono larghe come il suo Tir, dal villeggiante in fuga dall’afa della città al turista che non può spostarsi in treno, perché anche i treni, si sa, da queste parti quando va bene hanno ritardi cronici, quando va male neppure si muovono.
La Firenze-Pisa-Livorno, definita strada di grande comunicazione, è la rappresentazione plastica di quanto la Toscana sia arretrata alla voce infrastrutture: dovrebbe essere l’arteria che collega il capoluogo alla Costa e viceversa, ma chiamarlo collegamento è francamente imbarazzante. Ora, non è detto che chi entra nella FiPiLi debba lasciare ogni speranza, per carità, ma di sicuro sa che cosa l’aspetta: ben che vada una coda di qualche chilometro giusto per gradire, per un tamponamento più avanti, per un camion o qualche sterpaglia in fiamme, per un rallentamento a fisarmonica dalle parti di un autovelox, per qualche lavoro in corso che non manca mai, negli orari più impensati, di solito quelli con più affluenza (il gusto sadico di chi gestisce la strada, e di gestione ne parleremo poi). E ringraziamo che finora, in questa stagione, non ci siano ancora stati smottamenti, piccole frane e buche che si aprono nell’asfalto, di solito puntuali come le tasse. Ma l’estate è ancora lunga, c’è tempo.
Sulla FiPiLi sono stati versati fiumi di parole che nemmeno i Jalisse, cercando di proporre la ricetta giusta per rimettere in carreggiata una strada nata vecchia (progettata negli anni 60 e completata circa 40 anni dopo) eppure invecchiata malissimo. Per i pochi che non lo sapessero, la definizione «strada di grande comunicazione» è il modo pomposo di nascondere il fatto che non può essere classificata come «strada extraurbana principale» perché su circa metà del percorso le banchine non sono conformi al codice della strada. Insomma, una stradina regionale, sì, ma a doppia carreggiata con quattro corsie di marcia.
Usando un’iperbole, una sedicente autostrada costretta su un percorso da strada di campagna. Superfluo ricordare che la stagione estiva complica ulteriormente le cose, che non si capisca bene chi sia responsabile di cosa (la gestione, la tutela, la cura) e che la mobilità lungo i 99,305 chilometri del percorso è ogni giorno un bollettino di guerra: chiedere per conferma ai «Dannati della FiPiLi», il nutrito gruppo social che usa i canali per avvisare di incidenti e rallentamenti chi per forza di cose deve mettersi in viaggio sulla dannata strada.
Il governatore Giani vede come unica soluzione la creazione di Toscana Strade, e chissà che non abbia pure ragione, ma ammesso e non concesso che un giorno si arrivi al nuovo ente, che si fa nel frattempo? La conta degli incidenti sperando sempre che non ci scappi il morto? Forse, per cominciare, bisognerebbe presidiare di più la strada con le forze dell’ordine, pensare a qualche autovelox mobile in più (quelli fissi causano rallentamenti improvvisi e altrettanto improvvise ripartenze) e affidarsi al buon senso (e all’educazione) di chi guida.
Per cominciare, naturalmente. Il problema è il solito: chi se ne occupa?
di Roberto De Ponti
da corrierefiorentino.corriere.it
Una strada di “grande comunicazione” che comunica solo ansia e preoccupazione per chi la deve percorrere, senza alternative veramente praticabili. (ASAPS)
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