Il
trasporto
dei rifiuti
nel contesto del Decreto n. 22/97: illeciti su strada e procedure di controllo
A cura del Dott. Maurizio Santoloci Magistrato |
La
mafia controlla il 30% dello smaltimento dei rifiuti solidi e speciali.
Tradotto in ex lire, un affare da 15mila miliardi annui, a cui si devono
sommare altri 2mila miliardi di danni per l’erario. Su un totale di 80
milioni di tonnellate annue di rifiuti industriali pericolosi e non pericolosi
mediamente prodotte in Italia, almeno 35 milioni sono sotto la diretta
gestione della malavita organizzata, per quanto riguarda il controllo
della raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio. In
Italia sono proprio i rifiuti di origine industriale cioè, a prevalere,
dal momento che i solidi urbani ammontano annualmente a 28-30 milioni
di tonnellate, ed è quindi evidente l’interesse delle organizzazioni
criminali ad avere la gestione di quella che per loro è una risorsa
notevole in termine di profitto illecito. Il
tema dei rifiuti è, dunque, importante e investe una illegalità
ormai diffusissima e spesso incontrollabile. Il
trasporto è un punto essenziale nel sistema di gestione, perché
è proprio in questo momento che di fatto i rifiuti scompaiono.
E dunque le attività di controllo su strada connesse sono prioritarie
nel contesto di tutta la normativa di settore.
Gran
parte della massa di rifiuti prodotti nel nostro Paese è in viaggio
quotidianamente.Particolarmente delicato e rilevante è il sistema
di trasporto dei rifiuti pericolosi giacché durante il percorso
le variabili sono di fatto infinite e gli illeciti connessi appaiono proporzionalmente
eterogenei. Controllare efficacemente il trasporto significa prevenire
e reprimere i più gravi illeciti nel settore della gestione dei
rifiuti.Il trasporto è, infatti, l’attività preliminare
per ogni tipo di gestione dei rifiuti ed anche per le attività
di gestione illecita e criminale e rappresenta il punto centrale ed inevitabile
delle attività di microcriminalità diffusa a livello locale
e delle più vaste attività gestite dall’ecomafia che
fa naturalmente pervenire nei siti di discariche abusive tombate i rifiuti
dal luogo di produzione aziendale naturalmente mediante il trasferimento
dei carichi dai siti aziendali alle aree di smaltimento illecito. Una
efficace azione di controllo e verifica, preventiva e repressiva, in ordine
alle diverse forme di trasporto significa, dunque, inibire o comunque
ostacolare fortemente tali forme di gravissime attività illecite
organizzate e nel contempo accertare episodi di importanti violazioni
normative assicurando i colpevoli alla verifica giurisdizionale.Per tali
motivi il decreto 22/97 ricollega particolare importanza regolamentativa
e sanzionatoria al campo del trasporto.
Il
sistema del trasporto delineato dal decreto n. 22/97 è semplice
e lineare, e soltanto artificiose interpretazioni tendono a creare confusione
immettendo nel relativo meccanismo disciplinatorio improprie variabili
di prassi e consuetudini mutuate dalla vecchia ed abolita normativa del
DPR 915/82 (che in questo settore aveva praticamente consentito le più
incontrollabili variabili applicative).Il
formulario di identificazione è il documento cardine previsto
dalla legislazione vigente finalizzato alla regolare articolazione (controllata)
delle varie fasi del trasporto, dal produttore/detentore al sito finale.
E’
un documento di tipo formale, che nessuno può realizzare in proprio
e/o fotocopiare o modificare.
Il
D.M. 1° aprile 1998, n. 145 "Regolamento recante la definizione del
modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti"
pubblica appunto il modello ufficiale del formulario di identificazione
dei rifiuti trasportati previsto dall’art. 15 del decreto 22/97. Il
che significa che soltanto tale modello è legale, mentre ogni
altro tipo di stampato o realizzazione in copia o similare è illegale
ed oggetto di contraffazione fraudolenta.
Lo
stesso D.M. applicativo prevede, altresì, le ulteriori modalità
e forme rituali come presupposto per la validità legale dei formulari
prevedendo che i moduli devono essere numerati progressivamente anche
con l’adozione di prefissi alfabetici di serie e sono predisposti
dalle tipografie autorizzate dal Ministero delle finanze (sulla base dell’art.
11 del D.M. 29/11/78) e che gli estremi dell’autorizzazione alle
tipografie devono essere indicati su ciascuno dei predetti stampati, unitamente
ai dati identificativi della tipografia. Viene altresì delineato
un ulteriore sistema di registrazione e controllo prevedendo che la fattura
di acquisto dei formulari, dalla quale devono risultare gli estremi seriali
e numerici degli stessi, deve essere registrata sul registro IVA-acquisti
prima dell’utilizzo del formulario e che gli stessi costituiscono
parte integrante dei registri di carico e scarico dei rifiuti prodotti
o gestiti. A tal fine gli estremi identificativi del formulario dovranno
essere riportati sul registro di carico e scarico in corrispondenza all’annotazione
relativa ai rifiuti oggetto del trasporto, ed il numero progressivo del
registro di carico e scarico relativo alla predetta annotazione deve essere
riportato sul formulario che accompagna il trasporto dei rifiuti stessi. Evidentemente
si tratta di criteri finalizzati a prevenire le falsificazioni sofisticate,
anche per consentire i controlli incrociati in sede di verifica.Il formulario,
inoltre, deve essere stampato su carta idonea a garantire che le indicazioni
figuranti su una delle facciate non pregiudichino la leggibilità
delle indicazioni apposte sull’altra facciata e deve essere compilato
secondo le modalità indicate nell’allegato "C" del citato
D.M. applicativo.Qualora siano utilizzati strumenti informatici i formulari
devono essere stampati su carta a modulo continuo a ricalco.
Il
modello prestampato del formulario è formato da varie "voci", ciascuna
delle quali corrisponde ad una finalità ben precisa di identificazione
delle varie modalità del trasporto. La compilazione è
essenziale già nel momento della partenza, ed è illegale
non compilare totalmente il formulario prima di iniziare il viaggio.In
pratica, le "voci" costituiscono una specie di scheda di registrazione
generale in ordine agli estremi identificativi della ditta (compresa l’esatta
ubicazione dell’esercizio), al nome del produttore/detentore iniziale
agli estremi identificativi del destinatario, al luogo di destinazione,
al trasportatore del rifiuto (compreso il numero Aut./Albo). Particolarmente
importanti risultano ancora le "voci" inerenti le caratteristiche del
rifiuto (mediante descrizione), il codice europeo, lo stato fisico del
rifiuto stesso e le caratteristiche di pericolo, il numero dei colli/contenitori,
la specificazione di rifiuto destinato a recupero/smaltimento, le caratteristiche
chimico-fisiche (quantità in Kg. o litri con la specificazione
di peso lordo e tara), il peso da verificarsi a destino, il percorso (se
diverso dal più breve), le firme del produttore/detentore e del
trasportatore. Devono
ancora essere indicati il cognome e nome del conducente, la targa dell’
automezzo, la targa del rimorchio, la data/ora inizio trasporto. Nella
parte riservata al destinatario è previsto uno spazio per la dichiarazione
di conferma che il carico è stato accettato per intero oppure accettato
per una parziale quantità (Kg o litri) che deve essere specificata
oppure respinto (in tale ultimo caso devono essere specificate le motivazioni).
Segue la firma del destinatario.
Il
decreto 22/97 delinea una articolazione del viaggio dei rifiuti in modo
semplificato, modulando ogni "tappa" attraverso la compilazione integrata
del formulario.
La
responsabilità del produttore/detentore nel trasporto dei rifiuti
è disciplinata dall’art. 10/3° comma del decreto 22/97
il quale recita: "La responsabilità del detentore per il corretto
recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa: (...) in caso
di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività
di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto
il formulario di cui all’art. 15 controfirmato e datato in arrivo
dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti
al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto
a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario.
(...)".La
norma è chiarissima. Il produttore/detentore non si spoglia della
responsabilità dei suoi rifiuti semplicemente consegnandoli al
terzo trasportatore, ma conserva un onere (almeno di vigilanza indiretta)
in ordine al buon esito del viaggio verso quel sito finale che, va sottolineato,
devono necessariamente conoscere al momento della partenza sia esso produttore/detentore
che il trasportatore. Se
il titolare originario non riceve la quarta copia controfirmata dal responsabile
del sito di destinazione entro i 3 (o 6) mesi previsti dalla norma, la
responsabilità condivisa ancora attiva impone al produttore/detentore
l’obbligo di denuncia alla provincia. Quest’ultimo punto, spesso
sottovalutato o considerato mero adempimento formale, rappresenta invece
punto-cardine per la esclusione della responsabilità penale da
parte del detentore. Ed una conseguente omissione costituisce certamente
colpa in senso penale (con il rischio di sconfinamento nel dolo eventuale
in caso di palese irregolarità o dolo in senso stretto nei casi
di complicità fraudolenta preliminare). Molti titolari di aziende seguono una prassi (illegale) mutuata dalle vecchie consuetudini portate avanti vigente la pregressa disciplina del DPR 915/82 e continuano a conferire i propri rifiuti ad un "trasportatore tuttofare" che praticamente afferma di potersi occupare di tutto (raccolta, trasporto, stoccaggio, smaltimento etc...); l’onere del produttore/detentore sarebbe solo quello di "mettere una firma" sul formulario praticamente in bianco (o parzialmente compilato), così esonerandosi poi da ogni e qualsiasi responsabilità sull’iter successivo seguito dai rifiuti nel loro viaggio. Come conseguenza di questa illegale prassi, si è giunti ad ipotizzare che il "peso a destino" consente di omettere di indicare il peso in fase iniziale di partenza.In realtà tale metodica è palesemente in contrasto con i principi basilari del decreto 22/97 ed espone il titolare dell’azienda ad una responsabilità penale diretta per smaltimento illegale dei propri rifiuti, in concorso con il terzo intervenuto che non è certo un "trasportatore" regolare e che comunque ben travalica sia le regole del trasporto che quello della gestione generale dei rifiuti. Il produttore/detentore, in pratica, in tal modo spedisce i rifiuti con un formulario totalmente o parzialmente in bianco verso una destinazione ignota e/o con un peso non indicato. Ci troviamo, invece, di fronte ad un gestore illegale di rifiuti che opera in modo chiaramente antitetico alle regole disciplinatorie della normativa vigente.
L’errata (ed illegale) interpretazione del "peso da verificarsi a destino" Vogliamo ribadirlo. Molti pensano che sia possibile in ogni caso spedire o traportare i rifiuti senza indicare in partenza gli estremi su peso e quantità, riservandosi di compilare questa importante "voce" del formulario una volta che i rifiuti sono giunti presso il sito finale e cioè "a destino"). Questa teoria viene spesso sostenuta asserendo, ad esempio, che le aziende non hanno in alcuni casi la possibilità di pesare i rifiuti, o presentando difficoltà od ostacoli tecnici e di varia natura.Questa interpretazione è del tutto errata ed illegale, e sortirebbe l’effetto di legalizzare il viaggio dei rifiuti praticamente senza controllo perché, di fatto, l’organo di vigilanza nella verifica durante il percorso non avrebbe alcun punto di riferimento per riscontrare la quantità/qualità dei rifiuti trasportati. E dunque già a livello logico la tesi appare inaccettabile, perché vanificherebbe tutto lo sforzo legislativo di sottoporre il trasporto dei rifiuti a rigide (e controllabili) regole formali.Ma va comunque rilevato che l’allegato B del DM 1 aprile 1998, n. 145, riporta il modello di formulario di accompagnamento dei rifiuti. Al punto (6), relativo alle quantità da dichiarare, vi sono due opzioni: "(-) Kg o litri" oppure "(-) Peso da verificarsi a destino". Ciò non significa che sia possibile indicare solo la seconda, anche in caso di difficoltà di valutazione precisa del peso dei rifiuti trasportati. La Circ. 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98, esplicativa sulla compilazione dei registri di carico/scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati, al suo punto 1), lett. t), così si esprime:"t) alla voce "quantità", casella 6, terza sezione, dell’allegato B, al decreto ministeriale n. 145/1998, deve sempre essere indicata la quantità di rifiuti trasportati. Inoltre, dovrà essere contrassegnata la casella "(-)" relativa alla voce "Peso da verificarsi a destino." nel caso in cui per la natura del rifiuto o per l’indisponibilità di un sistema di pesatura si possano, rispettivamente, verificare variazioni di peso durante il trasporto o una non precisa corrispondenza tra la quantità di rifiuti in partenza e quella a destinazione".Ciò significa che le due opzioni non sono alternative.In altri termini è sempre necessario indicare la quantità di rifiuti in Kg o in litri, ed è proprio solo nei casi in cui vi sia la concreta possibilità a misurare con una certa precisione il peso del carico è possibile barrare anche la seconda opzione che, sostanzialmente, funge da "liberatoria" in caso di divergenze anche notevoli tra il peso dichiarato e quello reale, anche e specialmente per evitare possibili episodi di frode.
Il servizio pubblico di raccolta: deresponsabilizzazione immediata per il titolare di azienda
Nell’ipotesi
in cui il titolare di azienda conferisce i propri rifiuti al servizio
pubblico di raccolta, viene immediatamente deresponsabilizzato (al
contrario di quanto accade, invece, nel conferimento al terzo trasportatore
esaminato nel paragrafo precedente).Va
sottolineato che il servizio pubblico resta esonerato dagli obblighi
del formulario, sia nel caso del servizio "ordinario" (e cioè
quello della raccolta di rifiuti urbani nei cassonetti posizionati in
strada) sia nel caso di un supplemento di servizio presso le aziende.
Questo perché la norma presuppone che detto servizio, gestito da
un ente pubblico, fornisca garanzie di legalità e correttezza operativa.Ma
va considerato che spesso tale "servizio pubblico" è dato in appalto
ad una ditta privata. Cosa succede in tale caso? Non vi è dubbio che una ditta privata che ha ricevuto in appalto la gestione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti deve essere equiparata formalmente ai criteri riservati al medesimo servizio realmente svolto da dipendenti pubblici. Quindi, per citare uno dei punti essenziali, anche la ditta privata è esonerata dal formulario di identificazione dei rifiuti ma questo solo negli orari, tempi, spazi e modalità precise previste dal contratto di appalto. Al di fuori di tali limiti precisi, la ditta privata appaltatrice non può certo dichiararsi estranea dagli obblighi del formulario per i servizi che eventualmente svolge per proprio diretto conto. Dunque, in tali ultime ipotesi la ditta privata utilizzerebbe la "copertura giuridica" dell’appalto pubblico per poi svolgere altri servizi di trasporto e smaltimento rifiuti mascherando il lavoro privato. Detta attività sarebbe doppiamente e palesemente illegale: da un lato costituirebbe truffa ed attività fraudolenta a danno della P.A. (con reati ed illeciti civile conseguenti) e dall’altro determinerebbe la totale violazione (penalmente sanzionata) del regime del trasporto e del formulario previsto dal decreto n. 22/97.E consegue che il produttore/detentore che consegna i propri rifiuti ad una ditta privata "appaltante" il servizio pubblico ma con modalità estranee ai protocolli del medesimo servizio, e quindi essendo ben cosciente che il terzo trasportatore sta abusando del proprio ruolo, entra in corresponsabilità penale diretta con il trasportatore illegale.
Spesso
si argomenta che il "trasportatore" esegue, dopo aver prelevato i rifiuti
da un’azienda, uno "stoccaggio intermedio" oppure un "deposito temporaneo
extraziendale" o altre attività similari, tutte comunque caratterizzate
da una sorta di siti intermedi di scarico e ricarico.Va
rilevato che se il soggetto è solo e realmente un "trasportatore"
e cioè un "vettore" tali ipotesi sono illegali. In tali casi
non si tratta più di un "trasporto" ma di una vera attività
di più vasta "gestione" dei rifiuti in senso lato. Infatti se il
"trasportatore" è solo realmente tale, non può esercitare
attività di "stoccaggio" (perché altrimenti è qualcosa
in più: un gestore polivalente). E del resto le attività
di stoccaggio delineate dalla nuova norma riguardano due sole specifiche
ipotesi (il deposito preliminare prima dello smaltimento e la messa in
riserva prima del recupero). Spesso
si argomenta, allora , che si tratta di un accumulo di rifiuti prospettato
come "deposito temporaneo" extraziendale in itinere durante il viaggio. Si
argomenta a sostegno che tale deposito temporaneo viene effettuato ancora
nel ciclo aziendale ma topograficamente e fisicamente fuori del recinto
aziendale per esigenze tecniche, cosicché il tragitto tra l’ubicazione
muraria dell’azienda e il terreno del presunto deposito temporaneo
dovrebbe essere interpretato come una sorta di "spostamento interno
al ciclo aziendale" e non come un "trasporto in senso stretto"
perché l’operazione resterebbe sempre chiusa dentro la nicchia
della gestione di produzione aziendale.In
altre parole, il deposito temporaneo verrebbe semplicemente ubicato in
via differita a livello topografico per esigenze tecniche connesse, magari,
a mancanza di spazio nell’area aziendale e/o altre esigenze di fatto
o tecniche.In
realtà il deposito temporaneo deve essere effettuato dentro
il luogo di produzione ed i rifiuti non devono uscire fuori dalle
mura strette dell’azienda, giacché ogni altra ipotesi fa cessare
automaticamente i presupposti del deposito temporaneo e la fuoriuscita
dei rifiuti dal cancello del luogo di produzione è già attività
di gestione degli stessi e deve essere considerata a tutti gli effetti
di legge trasporto in senso stretto e soggetta ai regimi di rito, tra
cui il formulario. Quello
che viene indicato dunque come sito intermedio è già destinazione
finale primaria di tale trasporto e deve essere assistita da tutti gli
adempimenti di rito, tra cui ancora il formulario ed i registri (in
tal modo il far scomparire i rifiuti è attività molto meno
agevole). In altre parole il "sito intermedio" non è
affatto intermedio ma è un primo impianto di destinazione di quello
che è di fatto e formalmente un trasporto di rifiuti fuori del
ciclo aziendale.Dunque
l’ipotesi così come fraudolentemente prospettata deve essere
considerata illegale, giacché il titolare del "sito intermedio"
è in realtà un primo ricettore dei rifiuti come indirizzo
terminale del viaggio originario, il quale cessa in tale area e in detto
sito si realizza la firma e controfirma dei tre moduli del formulario
in mano al trasportatore con trasmissione della quarta copia al proprietario/detentore
iniziale. A
sua volta il titolare di tale sito, se vuole nuovamente spostare i rifiuti,
assume egli la nuova qualifica di detentore originario e dovrà,
in tale veste formale (ma anche sostanziale), disporre il trasporto verso
un altro sito secondo le regole del trasporto stesso che nuovamente iniziano
ad essere attive.
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