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Articoli 24/02/2003

Cogito ergo non ricevo

Cogito ergo non ricevo


di Michele Leoni*

Con una sentenza in (apparente) scrupolosa aderenza ai principi generali dell’ordinamento, ma anche dai "profondi" riflessi filosofici, il giudice di pace di Torino (pronuncia n. 6484 del 4.12.2001) ha affermato che "il provvedimento con cui il Prefetto dichiara ‘irricevibile’ un ricorso privo di sottoscrizione ciononostante trasmessogli dall’organo di polizia stradale intanto è abnorme in quanto l’art. 204 cds prevede che il Prefetto, ricevuti gli atti, possa emettere unicamente ‘ordinanza motivata di ingiunzione’ con la quale aggiunge il pagamento di una somma, ovvero ‘ordinanza motivata di archiviazione’, mentre nel merito è infondato, atteso che la nullità di un atto non può mai essere pronunciata se esso ha comunque raggiunto il suo scopo, e considerato altresì che, nei ricorsi diretti al Consiglio di Stato, la nullità derivante dalla mancata sottoscrizione dell’atto viene sanata dalla comparizione dell’intimato".  I principi generali a cui il giudice di pace ha evocato sono incontestabili. Tuttavia qualcosa, forse, non quadra in questa costruzione "analogica". Innanzitutto, il Prefetto non dispone (in quanto non deve fissare) un udienza ove comunque si possa instaurare il contraddittorio delle parti e quindi, in virtù di un generalissimo principio di conservazione degli atti e del processo, si possa procedere ulteriormente.Inoltre, la mancanza di sottoscrizione realizza un’ipotesi non di nullità, ma di "inesistenza" dell’atto, ossia una situazione, in sé sola, di radicale e inemendabile mancanza.Né si può argomentare che la duplice previsione normativa, in ordine al provvedimento definitorio del gravame (ordinanza-ingiunzione oppure ordinanza di archiviazione) costituisca una forbice ineluttabile e indefettibile, in quanto si tratta di provvedimenti che presuppongono la trattazione del procedimento amministrativo nel merito, ossia la possibilità che il merito venga esaminato. Qualora, allora, consti un rilievo preliminare (in punto di legittimazione attiva, ad esempio) il prefetto cosa dovrebbe fare? Emettere un’ordinanza-ingiunzione nei confronti di un contravventore che non ha realmente formulato alcuna impugnazione, e quindi un’ordinanza-ingiunzione viziata da incompetenza funzionale? Neppure questo sembra accettabile.D’altronde, se proprio vogliamo ragionare in termini di principi "generalissimi", anche in un processo avanti un giudice penale non si è rigidamente vincolati a una pronuncia assolutoria o a una pronuncia di condanna (sic tertium non datur), potendo il giudice, se ritiene, emettere una decisione inerente a vizi integranti nullità, dichiarando tale nullità (e rimettendo gli atti, ad esempio, al GIP).Seguendo il ragionamento del giudice di pace, il prefetto dovrebbe quindi comunque trattare il merito, pur trovandosi di fronte a un’opposizione "inesistente" (ed essendo quindi incompetente). A meno che non ritenga di convocare avanti a sé il presunto interessato e chiedergli se si assume la paternità del ricorso non sottoscritto (adempimento a cui non è tenuto, che anzi appare del tutto gratuito).Dicevamo dei riflessi filosofici che traspaiono da questa sentenza. Il prefetto, in sostanza, non potrebbe dichiarare la irricevibilità in quanto egli lo ha ricevuto. Ossia, non può pronunciare (ossia, decidere in base alla assunzione di un presupposto logico e consapevole) qualcosa in contrario a ciò che invece egli ha fatto (o che comunque si è ontologicamente verificato), e che si è reso conto di fare (o essersi verificato). Ossia, ha "pensato" di aver fatto (o che è successo). E’ una pronuncia di ispirazione cartesiana. Penso che ho ricevuto, quindi non posso dichiarare che non si può ricevere.

* G.I.P. presso il Tribunale di Forlì



di Michele Leoni

da "Il Centauro" n. 74
Lunedì, 24 Febbraio 2003
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