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I nuovi reati di opinione Disegno di legge definitivamente approvato il 25.01.2006 n° 3538

Le modifiche al codice penale in materia di reati di opinione, nel testo definitivamente approvato dal Senato il 25 gennaio 2006, (non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale), “alzano il tasso di democrazia del Paese”.

Era proprio il 25 gennaio 2006 quando, a Roma, il Ministro della Giustizia così valutava l’impatto della Riforma sul sistema, precisando che si raggiungeva l’obiettivo di “cancellare, per la prima volta nella storia della Repubblica, una serie di reati che ormai nulla avevano a che fare con la libertà di pensiero e di opinione che caratterizza uno stato democratico”.

Invero, per quanto riguarda le modifiche apportate ai “reati contro la personalità dello Stato”, va evidenziato come la riforma in oggetto concretizzi un’esigenza di adeguamento delle fattispecie avvertita già in precedenza: difatti, le norme contenute negli articoli presenti nel titolo I del Libro II del Cod. pen., oggi novellati, sono il portato storico di una concezione politico–ideologica da tempo superata ed incompatibile con il nuovo assetto di valori delineato dalla Carta Fondamentale.

La dottrina (fra gli altri Fiandaca e Musco), pertanto, auspicava una lettura interpretativa che fosse sganciata dal concetto astratto di “personalità dello Stato”, inteso quale entità autonoma portatrice di interessi propri, e che privilegiasse la tutela degli elementi essenziali dell’ordinamento costituzionale improntato al metodo democratico, al pluralismo politico e soprattutto alla libertà di manifestazione del pensiero.

Del resto tale esigenza adeguatrice è stata avvertita anche dalla <> che nella Relazione sugli orientamenti e le priorità di una riforma del codice penale, proponeva l’eliminazione, o quantomeno la correzione, delle figure di reato in esame poiché sganciate da una tangibile offesa ad interessi protetti.

Con l’attuale disciplina, vengono espunte dal codice alcune fattispecie di delitti contro la personalità dello Stato che non hanno trovato larga applicazione e che non risultano più rispondenti alle mutate esigenze di tutela: è il caso della disciplina di cui agli artt. 269, 279, 279, 292-bis e 293 cod. pen.; altre ipotesi di reati, sempre inerenti alla manifestazione di opinioni ed ideologie politiche, di contro, sono stati riformulati in modo da presentare una connotazione maggiormente specifica rispetto alla dizione precedente, integrando la condotta perseguita non più meri “fatti diretti”, bensì “atti violenti diretti ed idonei” (così il nuovo testo degli artt. 241,283, 289 cod. pen.).

Si sottolinea, infine, che in diverse occasioni la Corte Costituzionale è stata chiamata a verificare la compatibilità delle su richiamate norme con i principi fondamentali contenuti nella Carta, a volte ravvisando il contrasto (come nel caso della sentenza n°87 del 6-7-1966, con cui la Corte ha dichiarato incostituzionale, per contrasto con l’art. 21 della Costituzione, il comma secondo dell’art. 272 cod. pen.), altre volte offrendo un’interpretazione orientata.

L’evenienza di un intervento così frequente e stringente di dottrina e giurisprudenza, “segna il passo” sulla necessaria riformulazione degli artt. in esame, con l’obbligo di precisare, che, in verità, la riforma ha un respiro un pò più ampio e mette mano anche a disposizioni del codice penale, modificate in occasione della novella: spicca, in particolare, l’art. 2 c.p.

Quanto alle norme oggetto della modifica legislativa, per alcune di esse, la novella rappresenta un punto di arrivo dovuto, passato attraverso una copiosa attività della Corte delle Leggi, chiamata più volte a pronunciarsi nell’arco di trent’anni.

In particolare, nell’ultimo decennio la Consulta, ripetutamente chiamata a pronunciarsi sulla tutela penale del sentimento religioso, ha preso in esame le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 402, 404 e 405 cod. pen., accogliendo, in riferimento agli artt. 3 e 8 Cost., le questioni di legittimità costituzionale sollevate per disparità di trattamento tra la religione cattolica e le altre religioni.

Essa, peraltro ha precisato che le esigenze costituzionali di eguale protezione del sentimento religioso che sottostanno alla equiparazione del trattamento sanzionatorio per le offese recate sia alla religione cattolica, sia alle altre confessioni religiose sono riconducibili, da un lato, al principio di eguaglianza davanti alla legge senza distinzione di religione sancito dall’art. 3 Cost., dall’altro al principio di laicità o non - confessionalità dello Stato (ex multis sentenze n. 203 del 1989, n. 259 del 1990, n. 195 del 1993, n. 329 del 1997, n. 508 del 2000, n. 327 del 2002), “che implica, tra l’altro, equidistanza e imparzialità verso tutte le religioni, secondo quanto disposto dall’art. 8 Cost., ove è appunto sancita l’eguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge”.

Da ultimo basti pensare all’art. 403 codice penale: la Corte costituzionale, con la recente sentenza 29 aprile 2005, n. 168 (Gazz. Uff. 4 maggio 2005, n. 18 - Prima Serie speciale), ne ha dichiarato l’illegittimità dei commi primo e secondo, nella parte in cui si prevede, per le offese alla religione cattolica mediante vilipendio di chi la professa o di un ministro del culto, la pena della reclusione rispettivamente fino a due anni e da uno a tre anni, anziché la pena diminuita stabilita dall’art. 406 del codice penale.

Sempre la Consulta si era già interessata della disposizione, con la sentenza 8 luglio 1975, n. 188 (Gazz. Uff. 16 luglio 1975, n. 188), dove, tuttavia, aveva dichiarato, tra l’altro: a) non fondata la questione di legittimità dell’articolo, in riferimento all’art. 25 Cost.; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità, in riferimento all’art. 21 Cost.

 

Stessa sorte per l’art. 404 c.p.

 

Agli albori degli anni ’60, in un diverso contesto sociale e storico, la Corte costituzionale, con sentenza 230 novembre 1957, n. 125 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1957, n. 301), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’articolo, in riferimento agli artt. 7 e 8 Cost.

Il precedente giurisprudenziale non ha trovato seguito col mutare della realtà di riferimento e la Consulta , con sentenza 14 novembre 1997, n. 329 (Gazz. Uff. 19 novembre 1997, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità della disposizione, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a tre anni, anziché la pena diminuita prevista dall’art. 406 del codice penale.

Anche la modifica all’art. 405 c.p. segue le indicazioni della Suprema Corte della Leggi che, proprio con riguardo al tale disposto normativo, con sentenza 9 luglio 2002, n. 327 (Gazz. Uff. 17 luglio 2002, n. 28 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, nella parte in cui, per i fatti di turbamento di funzioni religiose del culto cattolico, prevede pene più gravi, anziché le pene diminuite stabilite dall’articolo 406 del codice penale per gli stessi fatti commessi contro gli altri culti.

Al di là delle singole disposizioni in tema di sentimento religioso, lo spirito della novella è quello di eliminare, o comunque ridurre, la condanna alla reclusione per le fattispecie di reato interessate dalla riforma, salve le ipotesi in cui venga in gioco una condotta caratterizzata dalla violenza.


NUOVO TESTO

TESTO IN VIGORE

«Art. 241. - (Attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato).


Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.

La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche».

 

241. Attentati contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato.


Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato [ o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con la morte. ergastolo

 

Alla stessa pena soggiace chiunque commette un fatto diretto a disciogliere l’unità dello Stato, o a distaccare dalla madre Patria una colonia o un altro territorio soggetto, anche temporaneamente, alla sua sovranità.

 

 

«Art. 270. - (Associazioni sovversive).


Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento».

 

 

270. Associazioni sovversive.


Chiunque nel territorio dello Stato ] promuove, costituisce, organizza o dirige assciazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato , è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

Alla stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione violenta di ogni ordinamento politico e giuridico della società (3).

Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da uno a tre anni [c.p. 64].

Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni predette, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento

 

«Art. 283. - Attentato contro la Costituzione dello Stato

Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni».

 

283. Attentato contro la costituzione dello Stato.

Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato o la forma del Governo, con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni

«Art. 289. - (Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali).

È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:

1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;

2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni».

 

289. Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali.

È punito con la reclusione non inferiore a dieci annI, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:

1. al presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;

2. alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali, l’esercizio delle loro funzioni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è diretto soltanto a turbare l’esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni suddette

 

290. Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate.

 

Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste , ovvero il Governo, o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario , è punito «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

 

La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le forze armate dello Stato o quelle della liberazione

 

290. Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate.

 

Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste , ovvero il Governo, o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario , è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

 

La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le forze armate dello Stato o quelle della liberazione

 

291. Vilipendio alla nazione italiana.

 

Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la con la multa da euro 1.000 a euro 5.000

291. Vilipendio alla nazione italiana.

 

Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la reclusione da uno a tre anni

«Art. 292. - (Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato).

Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.

Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali».

292. Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato.

Chiunque vilipende la bandiera nazionale o di un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Agli effetti della legge penale, per bandiera nazionale s’intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi vilipende i colori nazionali raffigurati su cosa diversa da una bandiera

 

342. Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.

 

Chiunque offende l’onore o il prestigio di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica autorità costituita in collegio, al cospetto del corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

 

La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno diretti al corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.

 

La pena «è della multa da euro 2.000 a euro 6.000» se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato

.

Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente

 

342. Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.

 

Chiunque offende l’onore o il prestigio di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica autorità costituita in collegio, al cospetto del corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito con la reclusione fino a tre anni.

 

La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno diretti al corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.

 

La pena è della reclusione da uno a quattro anni se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato

.

Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente

 

«Art. 299. - (Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero).

Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000».

 

 

299. Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero.

Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero , usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni

TITOLO IV

Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti

Capo I

«DEI DELITTI CONTRO LE CONFESSIONI RELIGIOSE

TITOLO IV

Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti

Capo I

Dei delitti contro la religione dello Stato e i culti ammessi

«Art. 403. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone).

Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto».

 

403. Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone.

Chiunque pubblicamente offende la religione dello Stato mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la reclusione fino a due anni.

 

Si applica la reclusione da uno a tre anni a chi offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di un ministro del culto cattolico

Art. 404. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose).

Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni».

 

404. Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose.
 

Chiunque in luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato , mediante vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

 

La stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in un luogo privato da un ministro del culto cattolico

 

 

405. Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa

 

Chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.

 

Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni

 

 

405. Turbamento di funzioni religiose del culto cattolico.

 

Chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto cattolico, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.

Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni

 

 

ABROGATO

 

406. Delitti contro i culti ammessi nello Stato.

Chiunque commette uno dei fatti preveduti dagli articoli 403, 404 e 405 contro un culto ammesso nello Stato è punito ai termini dei predetti articoli, ma la pena è diminuita

 

 

ABROGATO

 

269. Attività antinazionale del cittadino all’estero.

 

Il cittadino, che, fuori del territorio dello Stato, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne dello Stato per modo da menomare il credito o il prestigio dello Stato all’estero, o svolge comunque un’attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni

 

 

ABROGATO

 

272. Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale.

 

Chiunque nel territorio dello Stato fa propaganda per l’instaurazione violenta della dittatura di una classe sociale sulle altre, o per la soppressione violenta di una classe sociale o, comunque, per il sovvertimento violento degli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato, ovvero fa propaganda per la distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico della società, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se la propaganda è fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni .

Alle stesse pene soggiace chi fa apologia dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti

 

 

ABROGATO

 

279. Lesa prerogativa della irresponsabilità del presidente della Repubblica.

 

Chiunque pubblicamente , fa risalire al presidente della Repubblica il biasimo o la responsabilità degli atti del Governo, è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a lire due milioni

 

 

ABROGATO

 

292-bis. Circostanza aggravante.

 

La pena prevista nei casi indicati dall’articolo 278 (offesa all’onore o al prestigio del presidente della Repubblica), dall’art. 290, comma secondo (vilipendio delle forze armate), e dall’art. 292 (vilipendio della bandiera o di altro emblema dello Stato), è aumentata, se il fatto è commesso dal militare in congedo.

 

Si considera militare in congedo chi, non essendo in servizio alle armi, non ha cessato di appartenere alle forze armate dello Stato, ai sensi degli articoli 8 e 9 del codice penale militare di pace

 

 

ABROGATO

 

293. Circostanza aggravante.

 

Nei casi indicati dai due articoli precedenti , la pena è aumentata se il fatto è commesso dal cittadino in territorio estero

 

Legge 13 ottobre 1975, n. 654

Articolo 3 comma 1

 

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:

«a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;»

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, ISTIGA a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

 

 

Legge 13 ottobre 1975, n. 654

Articolo 3 comma 1

 

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:

a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

 

 

2 C.P. - Successione di leggi penali.

 

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.

 

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

 

«Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 135».

 

Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti.

 

Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti

 

 

2 C.P. - Successione di leggi penali.

 

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.

 

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti.

 

Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti

 

 


(Altalex, 24 febbraio 2006. Nota di Deborah Cimillaro e Giuseppe Buffone)



 

SENATO DELLA REPUBBLICA - XIV - DISEGNO DI LEGGE N. 3538 - Proponente Lussana

"Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione"

(Testo approvato in via definitiva dal Senato della Repubblica il 25 gennaio 2006, non ancora promulgato o pubblicato nella Gazzetta Ufficiale)

____________________

 

Art. 1.

1. L’articolo 241 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 241. - (Attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.

La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche».

Art. 2.

1. L’articolo 270 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 270. - (Associazioni sovversive). – Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento».

Art. 3.

1. L’articolo 283 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 283. - (Attentato contro la Costituzione dello Stato). – Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni».

Art. 4.

1. L’articolo 289 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 289. - (Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;

2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni».

Art. 5.

1. L’articolo 292 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 292. - (Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato). – Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.
Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali».

Art. 6.

1. L’articolo 299 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 299. - (Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero). – Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l’ammenda da euro 100 a euro 1.000».

Art. 7.

1. L’articolo 403 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 403. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone). – Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto».

Art. 8.

1. L’articolo 404 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 404. - (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose). – Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni».

Art. 9.

1. All’articolo 405 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa»;

b) alla rubrica, le parole: «del culto cattolico» sono sostituite dalle seguenti: «del culto di una confessione religiosa».

Art. 10.

1. L’articolo 406 del codice penale è abrogato.

2. Al libro secondo, titolo IV, capo I, del codice penale, la rubrica è sostituita dalla seguente: «DEI DELITTI CONTRO LE CONFESSIONI RELIGIOSE».

Art. 11.

1. All’articolo 290, primo comma, del codice penale, le parole: «con la reclusione da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».

2. All’articolo 291 del codice penal

Sabato, 25 Febbraio 2006
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