di Fabio Piccioni*
Cronaca dell’annunciata abrogazione dell’abuso d’ufficio
Il tormentato contesto storico-normativo
La figura criminosa dell’abuso d’ufficio, che assolve a una funzione “di chiusura” del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, rappresenta il punto saliente di emersione della spigolosa tematica del sindacato del giudice penale sull’attività amministrativa, percorsa da una perenne tensione tra istanze legalitarie, che spingono verso un controllo atto a fungere da freno alla mala gestio della cosa pubblica, e l’esigenza di evitare un’ingerenza pervasiva del giudice penale sull’operato dei pubblici amministratori, lesiva della relativa sfera di autonomia.
Nella previsione iniziale del codice Rocco - che riprendeva una vetusta tradizione normativa risalente alla Leopoldina del 1786 - l’art. 323 c.p., con chiara formulazione, richiedeva la commissione, con abuso dei poteri inerenti le funzioni di pubblico ufficiale, di «qualsiasi fatto» allo scopo di «recare ad altri un danno» o di «procurargli un vantaggio»...
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