Nel
2001 all’ombra della Torre Eifell 8160 morti in incidenti stradali.
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Gli automobilisti francesi seguono una cultura dell’irresponsabilità e
dell’egocentrismo, che ogni anno provoca migliaia di feriti e morti
inutili" sostiene provocatoriamente Jacques Robin, vicepresidente
della Lega contro la violenza sulle strade. E’ un’affermazione forte, potrebbe sembrare
un sasso tirato nell’acqua solo per poter osservare quali onde provoca
una denuncia sociale così critica. Quest’analisi, purtroppo, è
però suffragata da statistiche terribili.
Nel
2000 all’ombra della torre Eifell sono morte 8079 persone in incidenti
stradali, nel 2001 8160 e nel 2002 i decessi stanno aumentando del 5%.Jacques
Chirac si è detto allora "assolutamente inorridito del fatto
che le strade francesi siano le più pericolose d’Europa" e
il ministro dei Trasporti Gilles de Robien, si è mosso verso la
creazione di leggi più severe per chi non rispetta la sicurezza
stradale. A
questa iniziativa Wolfang Hubner, direttore della divisione trasporti
dell’Ocse a Parigi, risponde che "a parte la proibizione totale dell’alcol,
la Francia non ha bisogno di nuove leggi e regolamenti. Ha bisogno piuttosto
di rendere più rigorose le norme già esistenti". La
Francia rappresenta la regione europea in cui la mortalità negli
incidenti stradali è più elevata. La Germania che ha il
33% in più di automobili, il 36% in meno di strade e ampi tratti
senza limite di velocità, ha visto 84, 9 vittime in incidenti per
milione di abitanti, contro le 137.7 della Francia. La Gran Bretagna rappresenta
allora un’isola felice con le sue 57, 6. Probabilmente questo risultato
è stato ottenuto grazie ad un lieve inasprimento delle leggi in
vigore e soprattutto per un senso civico che non si traduce in una pedissequa
osservazione delle leggi, ma che in questo caso rappresenta un angelo
custode molto attento, aiutato per altro da una polizia altrettanto presente.
Per gli autisti dell’isola inglese le strade strette e tortuose costituirebbero
poi un deterrente per essere più prudenti. Anche in Italia molte
strade sono sconnesse e mal agibili, tuttavia, invece di essere un incentivo
per mantenere una velocità di guida moderata, fanno contare sul
proprio asfalto un’ ulteriore percentuale di vittime. Secondo la Società
italiana di infrastrutture viarie il 40% degli incidenti è causato
dal comportamento degli autisti, un 30% da problemi di manutenzione della
rete stradale e un altro 30% alla pericolosità di assetto delle
infrastrutture (questa suddivisione - non lo nascondiamo - ci solleva
qualche perplessità). Le infrastrutture a partire dagli anni sessanta
sono notevolmente migliorate e questa condizione, insieme alle avanzate
tecnologie automobilistiche, ha dimezzato la mortalità negli incidenti
in parecchi stati europei. Spagna, Grecia e Portogallo sono in controtendenza:
lo sviluppo economico di cui sono state protagoniste queste nazioni ha
portato con sé l’espandersi del parco veicoli e il lievitare degli
incidenti mortali. La situazione della Germania riflette chiaramente quale
ruolo determinante sia giocato dalla preparazione degli automobilisti
e dalla presenza di norme severe nello scacchiere dalla sicurezza stradale.
Dopo la riunificazione della Germania nel 1990, nei Lander orientali si
fronteggiavano un numero elevato di auto veloci e uno scarno organico
di polizia: gli incidenti mortali raddoppiarono. Questo risultato
negativo è stato temperato da una successiva educazione al rispetto
delle norme di sicurezza, dal miglioramento delle strade e dall’ inasprimento
delle leggi. Gli automobilisti francesi, e maggiormente i giudici, devono
invece ancora prendere coscienza di quello che sta succedendo sulle loro
strade. Il 50% degli incidenti è scatenato dalla velocità
e il 30% dall’abuso di alcol. I giudici, però, osservano distrattamente
questo dato: la punizione per gran parte degli incidenti si riduce in
una contravvenzione, quasi il 90% degli automobilisti in stato di ebbrezza
evita il carcere con la sospensione della pena e il 40% dei condannati
per incidente mortale non va in prigione. Forse guardano troppo alla vicina
Italia?
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