SENATO DELLA REPUBBLICA – XIV LEGISLATURA — Disegno di legge
N. 3337
;Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da
incidenti stradali
(Testo DDL 3337 approvato in via definitiva dal Senato della
Repubblica il 9 febbraio 2006, non ancora promulgato o pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale)
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Art. 1. (Modifiche all’articolo 222 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285)
1. Il comma 2 dell’articolo 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285, è sostituito dai seguenti:
«2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la
sospensione della patente è da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto
derivi una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della
patente è fino a due anni. Nel caso di omicidio colposo la sospensione è fino a
quattro anni.
2-bis. La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della
patente fino a quattro anni è diminuita fino a un terzo nel caso di applicazione
della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura
penale».
Art. 2. (Elevazione delle pene edittali per i reati di
omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e
gravissime)
1. Il secondo comma dell’articolo 589 del codice penale è sostituito dal
seguente:
«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
la pena è della reclusione da due a cinque anni».
2. Il terzo comma dell’articolo 590 del codice penale è sostituito dal
seguente:
«Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le
lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre
anni». Art. 3.
(Disposizioni processuali)
1. Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni,
conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al
libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.
Art. 4.
(Abbreviazione dei termini per le indagini
preliminari e per la fissazione della data del
giudizio)
1. Dopo il comma 2-bis dell’articolo 406 del codice di procedura
penale è inserito il seguente:
«2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589,
secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma
1 può essere concessa per non più di una volta».
2. All’articolo 416 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
«2-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589,
secondo comma, del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico
ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle
indagini preliminari».
3. Dopo il comma 3 dell’articolo 429 del codice di procedura penale è
inserito il seguente:
«3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all’articolo 589,
secondo comma, del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere
superiore a sessanta giorni».
4. Dopo il comma 1 dell’articolo 552 del codice di procedura penale sono
inseriti i seguenti:
«1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo
590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve
essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.
1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall’articolo
590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1,
lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del
decreto».
Art. 5. (Liquidazione anticipata di somme in caso di
incidenti stradali)
1. All’articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è aggiunto, in fine,
il seguente comma:
«Qualora gli aventi diritto non si trovino nello stato di bisogno di cui al
primo comma, il giudice civile o penale, su richiesta del danneggiato, sentite
le parti, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di
responsabilità a carico del conducente, con ordinanza immediatamente esecutiva
provvede all’assegnazione, a carico di una o più delle parti civilmente
responsabili, di una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e
il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con
sentenza».
Art. 6. (Obblighi del condannato)
1. Dopo l’articolo 224 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e
successive modificazioni, è inserito il seguente:
«Art. 224-bis. - (Obblighi del condannato). 1. Nel pronunciare
sentenza di condanna alla pena della reclusione per un delitto colposo commesso
con violazione delle norme del presente codice, il giudice può disporre altresì
la sanzione amministrativa accessoria del lavoro di pubblica utilità consistente
nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da
svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. 2. Il lavoro
di pubblica utilità non può essere inferiore a un mese nè superiore a sei mesi.
In caso di recidiva, ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, del codice
penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre
mesi. 3. Le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità
sono determinate dal Ministro della giustizia con proprio decreto d’intesa con
la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281. 4. L’attività è svolta nell’ambito della provincia in
cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di
lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia,
se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di
pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. 5.
La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto
ore. 6. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente
articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 56 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274». |
Ecco le importanti novità apportate dal DDLnr.3337 recante "Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali" definitivamente approvato dal Senato della Repubblica il 9 febbraio 2006, per la verità passato sotto silenzio dai media (lo abbiamo già scritto) e invece, a nostro parere, rivoluzionario nei contenuti.
Intanto primo elemento alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicherà il più snello rito rito del lavoro.
Un’altra significativa e importante novità, fortemente voluta dalle associazioni delle vittime della strada, consiste nella possibilità da parte del giudice civile o penale, qualora da un sommario accertamento risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, di assegnare al danneggiato una provvisionale pari ad una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato con sentenza.
Il provvedimento prevede inoltre l’inasprimento delle pene per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi e gravissime derivanti dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Sono infine previste specifiche sanzioni accessorie come il lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato che non può essere inferiore a un mese nè superiore a sei mesi. In caso di recidiva, ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, del codice penale, il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a tre mesi.
Va poi precisato che l’attività del lavoro di pubblica utilità è svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.