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Trasporto 07/03/2006

Ma dalla doccia della 286 verrà fuori un nuovo autotrasporto?



di Daniele Di Ubaldo

Decreto dopo decreto la riforma prende forma.
Molti aspetti si chiariscono, altri dubbi si sollevano. Ecco una carrellata su tutto quanto bisogna conoscere per lavorare “tranquilli”. Con in più qualche consiglio da tenere presente quando ci si relaziona con la committenza.

28 febbraio: la tariffa non è più obbligatoria. Che piaccia o no, questa ormai è la legge. Bisognerà vedere ora come sarà in concreto applicata: anche il terzo titolo della 298, infatti, era una legge, ma poi all’atto pratico quanti la rispettavano? Non esistono percentuali ufficiali, ma certo è che dal 1983, anno della sua introduzione, ad applicare le tariffe era una piccolissima percentuale. Ragion per cui il decreto n. 286 cancella il vecchio sistema. O meglio, elimina dall’ordinamento gli artt. 50-59 e le disposizioni incompatibili con il nuovo sistema (vale a dire l’ultimo comma dell’art. 26 della 298, l’art. 1 della 450/85; gli artt. 2 e 3 della 162/1993; il DPR 56/1978; i DD.MM. 18.11.1982, 22.12.1982 e 1.8.1985).

Legge a parte, verrebbe da dire che non cambia molto: prima le tariffe le stabiliva la committenza in barba alle forcelle obbligatorie, oggi le stabiliranno le parti di un contratto di trasporto attraverso una libera contrattazione (quindi la committenza, in quanto dotata di maggiori poteri contrattuali) senza doversi preoccupare di disapplicare le norme di legge. Quindi ciò che cambia sostanzialmente è la legittimità dell’operato delle parti che concludono un contratto. Perché di fatto prima era illegittimo, oggi viene consentito dalla legge.

A voler essere “superficiali” anche rispetto alla scelta del contratto di trasporto non cambia nulla: poteva essere scritto e orale, sia ieri che oggi. Ma poi di fatto non è così.

Ieri, infatti, tutti optavano per la forma orale proprio perché tralasciavano di applicare le tariffe. E quindi non si poteva scrivere su un contratto una tariffa diversa da quella considerata obbligatoria dalla legge. Certo, se qualcosa andava male, almeno da quando la magistratura aveva equiparato contratti scritti e orali, il trasportatore poteva battere la strada del ricorso per chiedere la compensazione tariffaria. Insomma per recuperare quanto non incassato. >>>

Tutto questo oggi non c’è più. Perché è vero che la scelta rimane aperta, ma è vero pure che la legge in vario modo si pone lo scopo prioritario di far scrivere i contratti. Nel senso che conserva la possibilità di farli orali, ma spinge a redarli per iscritto. E sostanzialmente spinge in un modo: attraverso la previsione di un sistema di responsabilità che non si blocca più all’uomo della strada ma investe il committente e in alcuni casi anche il proprietario della merce e il caricatore. Responsabilità che, proprio per questo motivo, viene definita “condivisa”. Vediamo quand’è che scatta questa responsabilità.

Confisca della merce per chi si affida agli abusivi

Cominciamo dal primo aspetto, quello più grave. Il contratto di autotrasporto prevede tra i suoi elementi essenziali l’iscrizione all’Albo del vettore. Ragion per cui se qualcuno – committente, caricatore e proprietario della merce – si rivolge a un abusivo di certo non può scriverne il nome su un contratto. Può concluderlo in forma orale, ma rischia. Cosa? Sostanzialmente due sanzioni: la prima pecuniaria, da a un minimo di 1549,37 euro a un massimo di 9296,22, che scatta sia quando l’abusivo è un italiano sia quando è un vettore estero privo di titolo idoneo per operare in Italia o per effettuare la prestazione di trasporto. Molto più pesante la seconda sanzione, cioè la confisca della merce, in grado quindi di produrre un effetto disincentivante sul ricorso all’abusivismo molto più efficace. Da parte sua l’abusivo rischia una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 2065,82 euro a un massimo di 12.394,96 (o, in caso di condotta reiterata nei cinque anni precedenti, accertata con un provvedimento esecutivo, da un minimo di 2582,28 euro a 15.493,70) e la sanzione accessoria del fermo del mezzo per tre mesi o, in caso di reiterazione, la confisca del veicolo.

Bisogna aggiungere un aspetto importante: se anche il contratto viene concluso in forma orale, la legge rispetto all’abusivismo non si fida delle chiacchiere. Tant’è che impone al committente l’obbligo di richiedere al trasportatore una copia della carta di circolazione del veicolo che sarà utilizzato per il trasporto della merce (da cui si capisce se è idoneo a caricare la merce che gli consegnerà) insieme alla dichiarazione, firmata dal vettore, in cui questi autocertifica l’iscrizione all’Albo degli autotrasportatori e la regolarità della sua attività. Il che equivale a dire che è coperto da assicurazione, che paga i contributi previdenziali, che versa le tasse. In mancanza di tale documentazione al committente si applicherà una sanzione che va da un minimo di 1549,37 euro a un massimo di 9296,22.

Quindi di fatto il committente non può dire che non sapeva con chi aveva a che fare: potrà dire che è incappato in un “bandito” che ha autocertificato il falso. Ma a quel punto, non avendo concluso un contratto scritto, deve dimostrare la sua buona fede. Per lui cioè si applica quel meccanismo che trovate oltre, rispetto all’accertamento della responsabilità in caso di mancanza di contratto scritto.

I controlli: prima amministrativi, oggi sulla strada

Il freno all’abusivismo evidenzia già una delle principali differenze tra vecchio e nuovo sistema. Fino a ieri le tariffe erano obbligatorie e la loro mancata applicazione spingeva al contratto orale. Effettuare dei controlli a livello amministrativo era molto difficile e ciò favoriva il dilagare dell’aggiramento della forcella e quindi una sostanziale illegalità “a cascata”: se al posto della tariffa obbligatoria se ne applicava una più bassa e iniqua, di fatto si induceva il trasportatore a risparmiare in sicurezza e regolarità per star dentro a quelle cifra. Insomma la disapplicazione della tariffa determinava una spinta all’illegalità del sistema. Oggi il controllo della legittimità si sposta sulla strada. L’accertamento delle responsabilità si innesca tramite un operatore di polizia che verifica la violazione da parte del conducente di norme ben precise sulla sicurezza stradale relative in particolare a: sagoma limite (art. 61 Cds), massa limite (art. 62), limiti di velocità (art. 142), sistemazione del carico sui veicoli (art. 164), sovraccarico (art. 167), tempi di guida e di riposo (art. 174).

Ebbene, quando la polizia riscontra la violazione di queste disposizioni inizia una serie di operazioni finalizzate proprio a incentivare il contratto scritto. Perché se effettivamente il poliziotto trova a bordo del veicolo un contratto scritto che contenga modalità di esecuzione del servizio incompatibili con il rispetto delle norme sulla sicurezza stradale contesta tale violazione a tutti i soggetti responsabili e non soltanto a chi sta guidando il veicolo. Non si tratta cioè di una responsabilità in solido, ma in concorso: ognuno risponde per la propria fetta di responsabilità. Il committente ha dato disposizione di scaricare la merce entro una certa ora costringendo il vettore a correre più del dovuto o a non rispettare i tempi di sosta? Allora sarà responsabile, ma ovviamente in modo diverso rispetto a chi, con il piede sull’acceleratore, ha violato i limiti di velocità.

Se invece a bordo del veicolo non ci dovesse essere una copia del contratto, l’organo di polizia (entro 15 giorni) chiederà al committente di presentarla entro 30 giorni. Se ciò non avvenisse si presume che il committente sia responsabile e quindi scattano le relative sanzioni.

Il contratto? Al committente conviene scriverlo stringato

Ora è evidente che nessun committente si sognerà di introdurre nel contratto delle clausole che lo espongano a responsabilità. Ragion per cui se opta per la forma scritta, si guarderà bene di scrivere sul contratto prestazioni impossibili, magari impartendo poi eventuali disposizioni contrarie alla sicurezza direttamente a voce. E d’altra parte indicazioni come quelle orarie non rientrano negli elementi essenziali del contratto. Quindi, tutto lascia presumere che il committente tenderà a concludere un contratto stringato che non lo esponga a rischi. Anche se, almeno in teoria, non è sufficiente il solo contratto scritto per sollevarlo da responsabilità. All’atto pratico, però, per vederlo rispondere in tal senso è il vettore che deve fornire una prova che di certo non è agevole.

Molto più rischioso per il committente evitare di scrivere il contratto, perché a quel punto le possibilità di essere investito da responsabilità diventano più concrete, visto che sarà lui stesso a dover provare di essersi “comportato bene”, che non ha indotto (con qualche indicazione capestro) il vettore a violare le norme. E la prova non è generica, ma consiste nel produrre una documentazione da cui risulti che, rispetto al trasporto oggetto di sanzione (quindi non vanno bene indicazioni generali), non abbia fornito istruzioni contrastanti con il rispetto della legge.

La responsabilità oggettiva del caricatore

Discorso a parte va fatto per il caricatore (vale a dire impresa o persona giuridica pubblica che consegna la merce al vettore, curandone la sistemazione sul veicolo), perché almeno per la violazione delle norme relative ai limiti di sagoma e di massa (artt. 61 e 62), alla sistemazione del carico (art. 164) e al sovraccarico (art. 167) non ha possibilità di provare la sua mancata responsabilità, che quindi diventa oggettiva. D’altra parte è l’evidenza a dimostrare che chi ha caricato sapeva anche quanto veniva caricato. Il comportamento illecito del caricatore, però, è sanzionato soltanto con una multa. Quando invece sarebbe stata opportuna una sanzione accessoria, visto pure lo scarso effetto sortito in passato dalle sole sanzioni amministrative. Il caricatore, infatti, se si vedeva contestare il sovraccarico consegnava il relativo bollettino al trasportatore, che poi lo pagava per non mettere a rischio la continuazione del suo rapporto di lavoro. Ora è anche vero che oggi, come specifica il decreto 286, questi patti sono nulli e che quindi se si conservano delle “pezze” probanti, entro i cinque anni si può richiedere indietro il maltolto. Ma si tratta di una cura dopo la malattia: in certi casi è meglio prevenire.

Elementi essenziali ed eventuali del contratto

La legge favorisce il contratto scritto e abbiamo visto pure in che modo spinge a redigerlo. Vediamo ora quali contenuti in concreto deve avere.

Il contenuto necessario è rappresentato dagli elementi essenziali, da quelli cioè che debbono esserci per forza altrimenti il relativo contratto si ritiene concluso in forma orale. Sono cinque e precisamente: nome e sede del vettore, del committente e, se diverso, del caricatore; il numero d’iscrizione all’Albo del vettore; la tipologia e la quantità della merce, nel rispetto delle indicazioni contenute nella carta di circolazione dei veicoli adibiti al trasporto stesso; il corrispettivo del servizio di trasporto e le modalità di pagamento; i luoghi di presa in carico della merce da parte del vettore e di scarico al destinatario.

Eventualmente si possono inserire – cioè non è obbligatorio – anche i termini temporali per la riconsegna della merce e le istruzioni aggiuntive di committente, caricatore o proprietario della merce.

Se però i trasporti oggetto di contratto sono eseguiti in regime di cabotaggio (sono cioè affidati a un vettore comunitario che opera in territorio italiano), il relativo contratto deve contenere obbligatoriamente anche il termine temporale di consegna della merce, gli estremi della Licenza Comunitaria e le altre documentazioni previste dalla legge.

Quattro modelli contrattuali

La legge non ha soltanto spinto a scrivere i contratti, ma ha anche provveduto a compilarne (nel decreto dirigenziale 1 febbraio 2006, n. 286) alcuni modelli che le parti possono utilizzare. Si tratta quindi di schemi indicativi, utili come riferimento, ma nulla impedisce che le parti facciano diversamente (sempre inserendo però gli elementi essenziali).

Gli schemi sono quattro, pensati per altrettanti diversi rapporti: quelli spot o a prestazione singola; quelli con più prestazioni; quelli che si richiamano a un accordo volontario; quelli che utilizzano le prestazioni di subvettori.

Vediamo gli aspetti innovativi o chiarificatori rispetto agli elementi essenziali.

Generalità di vettore e committente. Fin qui nessun problema: ognuno conosce le proprie. Rispetto al contratto che rimanda all’accordo volontario il modello aggiunge l’indicazione dell’iscrizione delle parti a un’associazione di categoria. Detta così, sembrerebbe quindi che per potersi richiamare a un accordo volontario le parti debbano essere iscritte a una delle associazioni che ha sottoscritto l’accordo. Non si tratta di un dubbio da poco. Se cioè io, in quanto vettore, tratto con un committente che, iscritto a un’associazione di utenti di servizi di trasporto che ha sottoscritto un accordo, intende recepirlo in un contratto, bisogna che anch’io sia iscritto a un’associazione di vettori che ha sottoscritto a sua volta l’accordo.

Elementi identificativi del veicolo. Tale indicazione deve servire a dimostrare che i veicoli utilizzati, stando alla carta di circolazione, siano idonei a trasportare la merce. In alcuni casi si può anche evitare di indicare specificatamente il veicolo – magari perché si intende sostituirlo – anche se a quel punto il vettore deve impegnarsi a comunicarlo successivamente. Tale comunicazione può avvenire anche a trasporto iniziato, solo però se la sostituzione si renda necessaria per eventi imprevisti.

Luogo di consegna della merce. Anche il luogo può variare rispetto al momento della sottoscrizione del contratto. In tal caso sarà il committente a comunicarlo al vettore per iscritto. A meno che il nuovo luogo non sia sempre all’interno della provincia, perché allora è sufficiente un’indicazione orale.

Identificazione della merce. L’aspetto importante è relativo alla quantificazione della merce stabilita nel contratto con prestazioni continuative. Perché in questo caso l’indicazione del quantitativo può essere omessa. In tale eventualità il vettore si impegna a trasportare i quantitativi che di volta in volta gli fa pervenire il committente. In ogni caso è bene, soprattutto per il vettore, indicare nel contratto dei quantitativi minimi e massimi e specificare quindi che il totale degli ordinativi ricevuti dal committente non sia inferiore al minimo stabilito, né superiore al massimo.

Corrispettivo. Per le prestazioni singole non c’è problema. Per quelle continuative il modello contrattuale suggerisce di introdurre una clausola non nuova ma ormai indispensabile: quella che adegua la tariffa di trasporto alle variazioni del prezzo del carburante. Solo il prezzo del carburante? Tutto è rimesso alla contrattazione: se il vettore riesce a inserire l’adeguamento di altre voci di costi, buon per lui. Ovviamente, è vivamente consigliato.

Ricorso a sub-vettori. Tutti i contratti possono prevedere l’affidamento del trasporto a un vettore diverso rispetto a quello che firma. In questo caso si rinvia a un ulteriore contratto concluso tra il primo vettore e il secondo o tra questi e quelli successivi. Di fatto anche tale contratto è analogo agli altri, a differenza di vedere nella parte di committente un vettore. È importante analizzare invece gli obblighi che le due parti si addossano. Il vettore-committente, infatti, deve verificare che il sub-vettore sia abilitato al trasporto e che i suoi veicoli siano idonei a svolgerlo. In più deve controllare la regolarità della posizione previdenziale, chiedendo documentazione adeguata. Il sub-vettore, invece, con il consenso scritto del vettore-committente, può affidarsi a sua volta a un terzo, ma a quel punto deve effettuare le stesse verifiche che il committente ha effettuato nei suoi confronti. Anche perché in ogni caso questo passaggio ulteriore non lo libera da responsabilità nei confronti del committente, rispetto al quale continua a rispondere del corretto adempimento della prestazione. Tutto ciò dovrebbe almeno in teoria limitare il numero di trasferimenti.

Altro elemento da notare è la presenza di una clausola, anche qui consigliata, relativa al corrispettivo. È quella relativa al caso in cui il vettore-committente ometta di affidare al sub-vettore il trasporto dell’intero quantitativo minimo stabilito in contratto ed è quindi tenuto a corrispondergli un importo diversamente calcolato, fermo restando il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno subito dal sub-vettore.    n

Gli strumenti per facilitare il controllo della regolarità di circolazione

> esibizione dal parte del vettore del certificato che attesta la permanenza dell’iscrizione all’Albo degli autotrasportatori, nel momento in cui effettua la revisione annuale dei veicoli;

> conservazione in cabina di una copia del contratto di locazione e del certificato d’iscrizione all’Albo dei soggetti tra cui intercorre la locazione, nel caso in cui il trasporto venga effettuato con veicolo a noleggio;

> obbligo per committente, caricatore e proprietario delle merci di accertare il legittimo esercizio da parte del vettore dell’attività di autotrasporto. In caso contrario scatta la sanzione fino a 9.296,22 euro, oltre alla confisca della merce;

> conservazione a bordo del veicolo di una documentazione idonea a dimostrare il titolo in base al quale il conducente presta servizio per il vettore e, se cittadino extracomunitario, l’attestato del conducente di cui al regolamento CE 484/2002;

> predisposizione entro fine aprile di un modello di lista di controllo, cui gli organi di polizia potranno attenersi quando effettuano controlli su strada ai veicoli.

Per le controversie su contratti scritti si guarda agli usi. Quindi anche alla forcella

Se il contratto è scritto il corrispettivo è indicato obbligatoriamente al suo interno. Nel caso in cui il contratto non è scritto e rispetto ad esso dovessero sorgere controversie si applicano gli usi e le consuetudini raccolte in appositi bollettini predisposti dalle camere di commercio. Per il loro aggiornamento è stata prevista l’istituzione entro il gennaio 2007 di uno specifico Osservatorio sulle attività di autotrasporto, che a tal fine raccoglie le condizioni di mercato e i costi medi delle imprese e verifica i prezzi medi unitari praticati per i servizi di trasporto su base territoriale e settoriale per poi inviarli a tutte le camere di commercio. Sicuramente qualcuno avrà pensato a depositare presso le camere di commercio quello che nel settore è l’uso per antonomasia, vale a dire le tariffe che per 13 anni sono state obbligatorie. Se così non fosse, oltre ovviamente a sollecitare una tale operazione, ci sembra cosa utile pubblicare le vecchie tariffe a forcella, convinti che anche domani, in qualche maniera, il loro valore storico rimarrà un riferimento importante, almeno rispetto a una casistica precisa.

Un saluto alla “vecchia” forcella

km 50 q.li 100 q.li 200 q.li 230 q.li 280 q.li

 min max min max min max min max min max

50 1,86 2,42 1,28 1,67 0,80 1,04 0,76 0,99 0,72 0,93

100 2,85 3,71 1,97 2,55 1,23 1,60 1,16 1,50 1,10 1,43

150 3,62 4,70 2,50 3,24 1,56 2,03 1,47 1,91 1,40 1,82

200 3,95 5,13 2,72 3,54 1,71 2,21 1,62 2,10 1,53 1,98

250 4,55 5,91 3,14 4,08 1,97 2,55 1,86 2,42 1,76 2,28

300 5,00 6,50 3,45 4,48 2,16 2,80 2,05 2,66 1,93 2,51

350 5,58 7,24 3,84 4,99 2,41 3,12 2,28 2,96 2,15 2,80

400 6,08 7,89 4,19 5,44 2,62 3,40 2,49 3,23 2,35 3,05

450 6,61 8,59 4,56 5,92 2,85 3,71 2,71 3,51 2,55 3,32

500 7,10 9,22 4,89 6,36 3,07 3,98 2,91 3,78 2,74 3,56

550 7,61 9,88 5,24 6,81 3,29 4,27 3,12 4,05 2,94 3,81

600 8,08 10,49 5,57 7,23 3,49 4,53 3,31 4,30 3,12 4,05

650 8,63 11,21 5,97 7,76 3,72 4,84 3,53 4,59 3,33 4,33

700 9,16 11,90 6,37 8,28 3,95 5,13 3,75 4,87 3,54 4,59

750 9,72 12,63 6,73 8,74 4,19 5,44 3,98 5,17 3,76 4,88

800 10,27 13,34 7,08 9,19 4,43 5,75 4,21 5,47 3,97 5,16

850 10,81 14,03 7,45 9,68 4,66 6,05 4,43 5,76 4,18 5,42

900 11,33 14,71 7,82 10,15 4,89 6,35 4,65 6,04 4,38 5,68

950 11,85 15,38 8,17 10,61 5,11 6,64 4,85 6,30 4,58 5,94

1000 12,35 16,04 8,52 11,06 5,32 6,91 5,05 6,56 4,77 6,20

1050 12,85 16,68 8,86 11,50 5,54 7,20 5,26 6,83 4,97 6,45

1100 13,33 17,31 9,19 11,94 5,76 7,48 5,46 7,09 5,16 6,70

1150 13,80 17,93 9,54 12,39 5,97 7,76 5,66 7,35 5,39 6,99

1200 14,27 18,53 9,88 12,83 6,18 8,03 5,86 7,61 5,61 7,28

Tariffe III classe in euro q.le/km in vigore dal 24/06/05. I valori indicati nella tabella vanno moltiplicati per il peso

Accordi volontari: staBIliscono tutto, ma non la tariffa

Fino a ieri c’erano gli accordi collettivi di settore e di fatto rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2006. A sostituirli oggi ci sono gli accordi volontari tra le associazioni dei vettori e quelle degli utenti dei servizi di trasporto, che essendo di diritto privato prevedono l’obbligo di subordinare la stipula di singoli contratti ad essi conformi alla forma scritta e alla condizione del regolare esercizio da parte del vettore dell’attività di autotrasporto. In più – ma qui vale la formula dubitativa – dovrebbe essere richiesta l’iscrizione alle relativa associazioni sottoscriventi l’accordo.

Tali accordi possono avere una durata massima di tre anni, devono indicare la categoria merceologica alla quale sono applicabili e prevedere la responsabilità condivisa del vettore e, se accertata, del committente, caricatore e proprietario della merce, nei casi di violazione della normativa in materia di sicurezza della circolazione.

Per la loro corretta applicazione gli accordi possono anche prevedere un controllo da parte di appositi organismi, il ricorso preventivo a un tentativo di conciliazione, esperito davanti a un soggetto designato dal Ministero Infrastrutture prima di procedere ad azioni sindacali, nonché l’adozione di un indice di riferimento per la variazione annuale dei costi (in particolare quello del carburante). Per espressa volontà dell’Unione europea non possono invece regolamentare gli aspetti tariffari.

Aumentano le certificazioni. Ma serviranno davvero?

Ci sono alcune settori delicati, quelli che hanno maggiore impatto rispetto alla collettività che la riforma considera in modo diverso. Si tratta di quei settori per i quali il Patto della Logistica prevede la creazione di filiere logistiche ottimizzate. Tali settori sono: le merci pericolose; le derrate deperibili; i rifiuti industriali; i prodotti farmaceutici.

Ebbene i vettori che operano in tali settori merceologici possono chiedere e ottenere una speciale certificazione di qualità. Non si tratta di un obbligo, ma soltanto uno strumento per la committenza, la quale rivolgendosi a un’impresa certificata ha garanzia di ottenere un servizio efficiente e ottimale. In più lo stesso committente è tutelato dal punto di vista della responsabilità perché nei suoi confronti non si applicano le disposizioni al riguardo. Ma se il committente ha questo vantaggio siamo sicuri che per il vettore non sia un ulteriore aggravio burocratico? Anche perché a ben guardare, fatta eccezione per le derrate deperibili, si tratta di settori già sottoposti a iscrizione ad appositi registri o a rilascio di patentino autorizzativo. Nella pratica poi quale impresa di trasporti che trasporta merci pericolose non è anche certificata, magari da più enti? Cosa aggiungerà la normativa a questa qualificazione già onerosa?

Lo vedremo nelle prossime puntate: modalità e tempi per l’adozione dei sistemi di certificazione di qualità, infatti, saranno stabiliti in un decreto dirigenziale da emanarsi entro la fine di aprile.

Un euro per kg: il nuovo risarcimento per perdita o avaria della merce

Una delle conseguenze dell’abrogazione del sistema delle tariffe obbligatorie è la scomparsa del doppio limite di risarcimento in caso di perdita o di avaria delle cose trasportate, previsto dalla legge 450/1985.

Oggi il limite diventa unico ed è valido per tutti i trasporti nazionali. La sua quantificazione è semplice: 1 euro per chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata.

Per i trasporti internazionali viene riconfermato il limite d’indennizzo della Convenzione CMR, pari a 8,33 unità di conto (del Fondo Monetario Internazionale) per ogni chilogrammo di peso lordo effettivamente perso o avariato.

Per esercitare i diritti che sorgono dal contratto di trasporto il termine di prescrizione, in conseguenza dell’abrogazione dell’art. 2 della legge 162/1993, non è più di 5 anni, ma di un anno, così come previsto per regola generale dall’articolo 2951 c.c.

Però, essendo tale regime entrato in vigore lo scorso 28 febbraio, per i diritti maturati prima di questa data rimane valida la legge 450/85 e quindi il termine di prescrizione di 5 anni. La situazione che si crea sembra paradossale: qualcuno che ha maturato il diritto nel 2005 avrà il tempo di farlo valere fino al 2009. Chi lo ha maturato nel marzo 2006 avrà tempo fino al marzo 2007.

 

 


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Uomini e trasporti -- Anno XXV n. 215 Marzo 2006
Martedì, 07 Marzo 2006
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