Decreto dopo decreto la riforma
prende forma.
Molti aspetti si chiariscono, altri dubbi si sollevano. Ecco una carrellata
su tutto quanto bisogna conoscere per lavorare “tranquilli”. Con in più
qualche consiglio da tenere presente quando ci si relaziona con la
committenza.
28 febbraio: la tariffa non è
più obbligatoria. Che piaccia o no, questa ormai è la legge. Bisognerà vedere ora come
sarà in concreto applicata: anche il terzo titolo della 298, infatti,
era una legge, ma poi all’atto pratico
quanti la rispettavano? Non esistono percentuali ufficiali, ma certo è che
dal 1983, anno della sua introduzione, ad applicare le tariffe era una
piccolissima percentuale. Ragion per cui il decreto n. 286 cancella il
vecchio sistema. O meglio, elimina dall’ordinamento gli artt.
50-59 e le disposizioni incompatibili con il nuovo sistema (vale a dire
l’ultimo comma dell’art. 26 della 298, l’art. 1 della 450/85; gli artt. 2 e 3 della 162/1993; il DPR 56/1978; i DD.MM. 18.11.1982, 22.12.1982 e 1.8.1985).
Legge a parte, verrebbe da dire che non cambia molto: prima le tariffe le stabiliva la committenza in barba alle
forcelle obbligatorie, oggi le stabiliranno le parti di un
contratto di trasporto attraverso una libera contrattazione (quindi la
committenza, in quanto dotata di maggiori poteri contrattuali) senza doversi
preoccupare di disapplicare le norme di legge.
Quindi ciò che cambia sostanzialmente è la legittimità dell’operato delle
parti che concludono un contratto. Perché di fatto prima era illegittimo,
oggi viene consentito dalla legge.
A voler essere “superficiali” anche rispetto
alla scelta del contratto di trasporto non cambia nulla: poteva essere
scritto e orale, sia ieri che oggi. Ma poi di fatto non è così.
Ieri, infatti, tutti optavano per la forma orale proprio
perché tralasciavano di applicare le tariffe. E quindi non si poteva scrivere
su un contratto una tariffa diversa da quella considerata obbligatoria dalla
legge. Certo, se qualcosa andava male, almeno da quando la magistratura aveva
equiparato contratti scritti e orali, il trasportatore poteva battere la
strada del ricorso per chiedere la compensazione tariffaria. Insomma per
recuperare quanto non incassato. >>>
Tutto questo oggi non c’è più. Perché è vero che la
scelta rimane aperta, ma è vero pure che la legge in vario
modo si pone lo scopo prioritario di far scrivere i contratti. Nel
senso che conserva la possibilità di farli orali, ma spinge a redarli per iscritto. E sostanzialmente spinge in un
modo: attraverso la previsione di un sistema di
responsabilità che non si blocca più all’uomo della strada ma investe il
committente e in alcuni casi anche il proprietario della merce e il
caricatore. Responsabilità che, proprio per questo motivo, viene
definita “condivisa”. Vediamo quand’è che scatta questa responsabilità.
Confisca della merce per chi si
affida agli abusivi
Cominciamo dal primo aspetto, quello più grave. Il
contratto di autotrasporto prevede tra i suoi elementi essenziali l’iscrizione all’Albo del vettore. Ragion per cui se
qualcuno – committente, caricatore e proprietario della merce – si rivolge a
un abusivo di certo non può scriverne il nome su un contratto. Può
concluderlo in forma orale, ma rischia. Cosa? Sostanzialmente due sanzioni: la prima pecuniaria, da a un minimo di
1549,37 euro a un massimo di 9296,22, che scatta sia quando l’abusivo è un
italiano sia quando è un vettore estero privo di titolo idoneo per operare in
Italia o per effettuare la prestazione di trasporto. Molto più pesante la seconda sanzione, cioè la confisca della merce, in grado
quindi di produrre un effetto disincentivante sul ricorso all’abusivismo
molto più efficace. Da parte sua l’abusivo rischia una sanzione
amministrativa pecuniaria da un minimo di 2065,82 euro a un massimo di
12.394,96 (o, in caso di condotta reiterata nei cinque anni precedenti,
accertata con un provvedimento esecutivo, da un minimo di 2582,28 euro a
15.493,70) e la sanzione accessoria del fermo del mezzo per tre mesi o, in
caso di reiterazione, la confisca del veicolo.
Bisogna aggiungere un aspetto importante: se anche il
contratto viene concluso in forma orale, la legge rispetto all’abusivismo non
si fida delle chiacchiere. Tant’è che impone al committente l’obbligo di richiedere al trasportatore una
copia della carta di circolazione del veicolo che sarà utilizzato per
il trasporto della merce (da cui si capisce se è idoneo a caricare la merce
che gli consegnerà) insieme alla dichiarazione, firmata dal
vettore, in cui questi autocertifica l’iscrizione all’Albo degli autotrasportatori e la
regolarità della sua attività. Il che equivale a dire che è coperto da
assicurazione, che paga i contributi previdenziali, che versa le tasse. In
mancanza di tale documentazione al committente si applicherà una sanzione che
va da un minimo di 1549,37 euro a un massimo di 9296,22.
Quindi di fatto il committente non può dire che non
sapeva con chi aveva a che fare: potrà dire che è incappato in un “bandito”
che ha autocertificato il falso. Ma a quel punto,
non avendo concluso un contratto scritto, deve dimostrare la sua buona fede.
Per lui cioè si applica quel meccanismo che trovate oltre, rispetto
all’accertamento della responsabilità in caso di mancanza di contratto
scritto.
I controlli: prima
amministrativi, oggi sulla strada
Il freno all’abusivismo evidenzia già una delle
principali differenze tra vecchio e nuovo sistema. Fino a ieri le tariffe
erano obbligatorie e la loro mancata applicazione spingeva al contratto
orale. Effettuare dei controlli a livello amministrativo era molto difficile
e ciò favoriva il dilagare dell’aggiramento della forcella e quindi una
sostanziale illegalità “a cascata”: se al posto della tariffa obbligatoria se
ne applicava una più bassa e iniqua, di fatto si induceva il trasportatore a
risparmiare in sicurezza e regolarità per star dentro a quelle cifra. Insomma
la disapplicazione della tariffa determinava una
spinta all’illegalità del sistema. Oggi il controllo della legittimità si
sposta sulla strada. L’accertamento delle responsabilità si innesca tramite
un operatore di polizia che verifica la violazione da parte del conducente di
norme ben precise sulla sicurezza stradale relative in particolare a: sagoma limite (art. 61 Cds),
massa limite (art. 62), limiti di velocità (art. 142), sistemazione
del carico sui veicoli (art. 164), sovraccarico
(art. 167), tempi di guida e di riposo (art. 174).
Ebbene, quando la polizia riscontra la violazione di
queste disposizioni inizia una serie di operazioni finalizzate proprio a
incentivare il contratto scritto. Perché se effettivamente il poliziotto
trova a bordo del veicolo un contratto scritto che contenga modalità di
esecuzione del servizio incompatibili con il rispetto delle norme sulla
sicurezza stradale contesta tale violazione a tutti i soggetti responsabili e
non soltanto a chi sta guidando il veicolo. Non si tratta cioè di una
responsabilità in solido, ma in concorso: ognuno risponde
per la propria fetta di responsabilità. Il committente ha dato
disposizione di scaricare la merce entro una certa ora costringendo il
vettore a correre più del dovuto o a non rispettare i tempi di sosta? Allora
sarà responsabile, ma ovviamente in modo diverso rispetto a chi, con il piede
sull’acceleratore, ha violato i limiti di velocità.
Se invece a bordo del veicolo non ci dovesse essere una
copia del contratto, l’organo di polizia (entro 15 giorni) chiederà al
committente di presentarla entro 30 giorni. Se ciò non avvenisse si presume
che il committente sia responsabile e quindi scattano le relative sanzioni.
Il contratto? Al committente
conviene scriverlo stringato
Ora è evidente che nessun committente si sognerà di
introdurre nel contratto delle clausole che lo espongano a responsabilità.
Ragion per cui se opta per la forma scritta, si guarderà bene di scrivere sul
contratto prestazioni impossibili, magari impartendo poi eventuali
disposizioni contrarie alla sicurezza direttamente a voce. E d’altra parte indicazioni come quelle orarie non rientrano negli elementi
essenziali del contratto. Quindi, tutto lascia presumere che il
committente tenderà a concludere un contratto stringato che non lo esponga a
rischi. Anche se, almeno in teoria, non è sufficiente il solo contratto
scritto per sollevarlo da responsabilità. All’atto pratico, però, per vederlo
rispondere in tal senso è il vettore che deve fornire una prova che di certo
non è agevole.
Molto più rischioso per il committente evitare di
scrivere il contratto, perché a quel punto le possibilità di essere investito
da responsabilità diventano più concrete, visto che sarà lui stesso a dover
provare di essersi “comportato bene”, che non ha indotto (con qualche
indicazione capestro) il vettore a violare le norme. E la prova non è
generica, ma consiste nel produrre una documentazione da cui risulti che,
rispetto al trasporto oggetto di sanzione (quindi non vanno bene indicazioni
generali), non abbia fornito istruzioni contrastanti con il rispetto della
legge.
La responsabilità oggettiva del
caricatore
Discorso a parte va fatto per il caricatore (vale a dire
impresa o persona giuridica pubblica che consegna la merce al vettore,
curandone la sistemazione sul veicolo), perché almeno per la violazione delle
norme relative ai limiti di sagoma e di massa (artt.
61 e 62), alla sistemazione del carico (art. 164) e al sovraccarico (art.
167) non ha possibilità di provare la sua mancata responsabilità, che quindi
diventa oggettiva. D’altra parte è l’evidenza a dimostrare
che chi ha caricato sapeva anche quanto veniva caricato. Il comportamento
illecito del caricatore, però, è sanzionato soltanto con una multa. Quando
invece sarebbe stata opportuna una sanzione accessoria, visto pure lo scarso
effetto sortito in passato dalle sole sanzioni amministrative. Il caricatore,
infatti, se si vedeva contestare il sovraccarico consegnava il relativo
bollettino al trasportatore, che poi lo pagava per non mettere a rischio la
continuazione del suo rapporto di lavoro. Ora è anche vero che oggi, come
specifica il decreto 286, questi patti sono nulli e che quindi se si
conservano delle “pezze” probanti, entro i cinque anni si può richiedere
indietro il maltolto. Ma si tratta di una cura dopo la malattia: in certi
casi è meglio prevenire.
Elementi essenziali ed eventuali
del contratto
La legge favorisce il contratto scritto e abbiamo visto
pure in che modo spinge a redigerlo. Vediamo ora quali contenuti in concreto
deve avere.
Il contenuto necessario è rappresentato dagli elementi
essenziali, da quelli cioè che debbono esserci per forza altrimenti il relativo
contratto si ritiene concluso in forma orale. Sono cinque e precisamente: nome e sede del vettore, del committente e, se diverso, del
caricatore; il numero d’iscrizione all’Albo del
vettore; la tipologia e la quantità della merce,
nel rispetto delle indicazioni contenute nella carta di circolazione dei
veicoli adibiti al trasporto stesso; il corrispettivo del
servizio di trasporto e le modalità di pagamento; i luoghi
di presa in carico della merce da parte del vettore e di scarico al
destinatario.
Eventualmente si possono inserire – cioè non è
obbligatorio – anche i termini temporali per la riconsegna della merce e le
istruzioni aggiuntive di committente, caricatore o proprietario della merce.
Se però i trasporti oggetto di contratto sono eseguiti
in regime di cabotaggio (sono cioè affidati a un vettore comunitario che
opera in territorio italiano), il relativo contratto deve contenere
obbligatoriamente anche il termine temporale di consegna della merce, gli
estremi della Licenza Comunitaria e le altre documentazioni previste dalla
legge.
Quattro modelli contrattuali
La legge non ha soltanto spinto a scrivere i
contratti, ma ha anche provveduto a compilarne (nel decreto dirigenziale 1
febbraio 2006, n. 286) alcuni modelli che le parti
possono utilizzare. Si tratta quindi di schemi indicativi, utili come
riferimento, ma nulla impedisce che le parti facciano diversamente (sempre
inserendo però gli elementi essenziali).
Gli schemi sono quattro, pensati per altrettanti diversi
rapporti: quelli spot o a prestazione singola; quelli
con più prestazioni; quelli che si richiamano
a un accordo volontario; quelli che utilizzano le
prestazioni di subvettori.
Vediamo gli aspetti innovativi o chiarificatori rispetto
agli elementi essenziali.
Generalità di vettore e committente. Fin qui nessun problema:
ognuno conosce le proprie. Rispetto al contratto che rimanda all’accordo
volontario il modello aggiunge l’indicazione dell’iscrizione delle parti a
un’associazione di categoria. Detta così, sembrerebbe quindi che per potersi
richiamare a un accordo volontario le parti debbano essere iscritte a una
delle associazioni che ha sottoscritto l’accordo. Non si tratta di un dubbio
da poco. Se cioè io, in quanto vettore, tratto con un committente che,
iscritto a un’associazione di utenti di servizi di trasporto che ha
sottoscritto un accordo, intende recepirlo in un contratto, bisogna che
anch’io sia iscritto a un’associazione di vettori che ha sottoscritto a sua
volta l’accordo.
Elementi identificativi del veicolo. Tale indicazione deve servire
a dimostrare che i veicoli utilizzati, stando alla carta di circolazione,
siano idonei a trasportare la merce. In alcuni casi si può anche evitare di
indicare specificatamente il veicolo – magari perché si intende sostituirlo –
anche se a quel punto il vettore deve impegnarsi a comunicarlo
successivamente. Tale comunicazione può avvenire anche a trasporto iniziato,
solo però se la sostituzione si renda necessaria per eventi imprevisti.
Luogo di consegna della merce. Anche il luogo può variare
rispetto al momento della sottoscrizione del contratto. In tal caso sarà il
committente a comunicarlo al vettore per iscritto. A meno che il nuovo luogo
non sia sempre all’interno della provincia, perché allora è sufficiente
un’indicazione orale.
Identificazione della merce. L’aspetto importante è
relativo alla quantificazione della merce stabilita nel contratto con
prestazioni continuative. Perché in questo caso l’indicazione del
quantitativo può essere omessa. In tale eventualità il vettore si impegna a
trasportare i quantitativi che di volta in volta gli fa pervenire il
committente. In ogni caso è bene, soprattutto per il vettore, indicare nel
contratto dei quantitativi minimi e massimi e specificare quindi che il
totale degli ordinativi ricevuti dal committente non sia inferiore al minimo
stabilito, né superiore al massimo.
Corrispettivo. Per le prestazioni singole non
c’è problema. Per quelle continuative il modello contrattuale suggerisce di
introdurre una clausola non nuova ma ormai indispensabile: quella che adegua
la tariffa di trasporto alle variazioni del prezzo del carburante. Solo il
prezzo del carburante? Tutto è rimesso alla contrattazione: se il vettore
riesce a inserire l’adeguamento di altre voci di costi, buon per lui. Ovviamente,
è vivamente consigliato.
Ricorso a sub-vettori. Tutti i contratti possono
prevedere l’affidamento del trasporto a un vettore diverso rispetto a quello
che firma. In questo caso si rinvia a un ulteriore contratto concluso tra il
primo vettore e il secondo o tra questi e quelli successivi. Di fatto anche
tale contratto è analogo agli altri, a differenza di vedere nella parte di
committente un vettore. È importante analizzare invece gli obblighi che le
due parti si addossano. Il vettore-committente, infatti,
deve verificare che il sub-vettore sia abilitato al
trasporto e che i suoi veicoli siano idonei a svolgerlo. In più deve
controllare la regolarità della posizione previdenziale, chiedendo
documentazione adeguata. Il sub-vettore, invece, con il consenso
scritto del vettore-committente, può affidarsi a sua volta a un terzo,
ma a quel punto deve effettuare le stesse verifiche che il committente ha
effettuato nei suoi confronti. Anche perché in ogni caso questo passaggio
ulteriore non lo libera da responsabilità nei confronti del committente,
rispetto al quale continua a rispondere del corretto adempimento della
prestazione. Tutto ciò dovrebbe almeno in teoria limitare il numero di
trasferimenti.
Altro elemento da notare è la presenza di una clausola, anche
qui consigliata, relativa al corrispettivo. È quella relativa al caso in cui
il vettore-committente ometta di affidare al sub-vettore il trasporto
dell’intero quantitativo minimo stabilito in contratto ed è quindi tenuto a
corrispondergli un importo diversamente calcolato, fermo restando il diritto
al risarcimento dell’eventuale maggior danno subito dal sub-vettore. n
Gli strumenti per facilitare il
controllo della regolarità di circolazione
> esibizione dal parte del vettore del certificato che attesta la permanenza dell’iscrizione all’Albo
degli autotrasportatori, nel momento in cui effettua la revisione annuale dei
veicoli;
> conservazione in cabina di una copia del contratto di locazione e del certificato d’iscrizione
all’Albo dei soggetti tra cui intercorre la locazione, nel caso in cui
il trasporto venga effettuato con veicolo a noleggio;
> obbligo per committente, caricatore e
proprietario delle merci di accertare il legittimo
esercizio da parte del vettore dell’attività di autotrasporto. In caso
contrario scatta la sanzione fino a 9.296,22 euro, oltre alla confisca della
merce;
> conservazione a bordo del veicolo di una
documentazione idonea a dimostrare il titolo in base al
quale il conducente presta servizio per il vettore e, se cittadino
extracomunitario, l’attestato del conducente di cui al regolamento CE
484/2002;
> predisposizione entro fine aprile di un
modello di lista di controllo, cui gli organi di
polizia potranno attenersi quando effettuano controlli su strada ai veicoli.
Per le controversie su contratti
scritti si guarda agli usi. Quindi anche alla forcella
Se il contratto è scritto il
corrispettivo è indicato obbligatoriamente al suo interno. Nel caso in cui il
contratto non è scritto e rispetto ad esso dovessero sorgere controversie si
applicano gli usi e le consuetudini raccolte in appositi bollettini
predisposti dalle camere di commercio. Per il loro aggiornamento è stata
prevista l’istituzione entro il gennaio 2007 di uno specifico Osservatorio sulle attività di autotrasporto, che a tal fine
raccoglie le condizioni di mercato e i costi medi delle imprese e
verifica i prezzi medi unitari praticati per i servizi di trasporto su base
territoriale e settoriale per poi inviarli a tutte le camere di commercio. Sicuramente
qualcuno avrà pensato a depositare presso le camere di commercio quello che
nel settore è l’uso per antonomasia, vale a dire le tariffe che per 13 anni
sono state obbligatorie. Se così non fosse, oltre ovviamente a sollecitare
una tale operazione, ci sembra cosa utile pubblicare le vecchie tariffe a
forcella, convinti che anche domani, in qualche maniera, il loro valore
storico rimarrà un riferimento importante, almeno rispetto a una casistica
precisa.
Un saluto alla “vecchia” forcella
km 50 q.li 100 q.li 200 q.li 230 q.li 280 q.li
min max min max min max min max min max
50 1,86 2,42 1,28 1,67 0,80 1,04 0,76 0,99 0,72 0,93
100 2,85 3,71 1,97 2,55 1,23 1,60 1,16 1,50 1,10 1,43
150 3,62 4,70 2,50 3,24 1,56 2,03 1,47 1,91 1,40 1,82
200 3,95 5,13 2,72 3,54 1,71 2,21 1,62 2,10 1,53 1,98
250 4,55 5,91 3,14 4,08 1,97 2,55 1,86 2,42 1,76 2,28
300 5,00 6,50 3,45 4,48 2,16 2,80 2,05 2,66 1,93 2,51
350 5,58 7,24 3,84 4,99 2,41 3,12 2,28 2,96 2,15 2,80
400 6,08 7,89 4,19 5,44 2,62 3,40 2,49 3,23 2,35 3,05
450 6,61 8,59 4,56 5,92 2,85 3,71 2,71 3,51 2,55 3,32
500 7,10 9,22 4,89 6,36 3,07 3,98 2,91 3,78 2,74 3,56
550 7,61 9,88 5,24 6,81 3,29 4,27 3,12 4,05 2,94 3,81
600 8,08 10,49 5,57 7,23 3,49 4,53 3,31 4,30 3,12 4,05
650 8,63 11,21 5,97 7,76 3,72 4,84 3,53 4,59 3,33 4,33
700 9,16 11,90 6,37 8,28 3,95 5,13 3,75 4,87 3,54 4,59
750 9,72 12,63 6,73 8,74 4,19 5,44 3,98 5,17 3,76 4,88
800 10,27 13,34 7,08 9,19 4,43 5,75 4,21 5,47 3,97 5,16
850 10,81 14,03 7,45 9,68 4,66 6,05 4,43 5,76 4,18 5,42
900 11,33 14,71 7,82 10,15 4,89 6,35 4,65 6,04 4,38 5,68
950 11,85 15,38 8,17 10,61 5,11 6,64 4,85 6,30 4,58 5,94
1000 12,35 16,04 8,52 11,06 5,32 6,91 5,05 6,56 4,77 6,20
1050 12,85 16,68 8,86 11,50 5,54 7,20 5,26 6,83 4,97 6,45
1100 13,33 17,31 9,19 11,94 5,76 7,48 5,46 7,09 5,16 6,70
1150 13,80 17,93 9,54 12,39 5,97 7,76 5,66 7,35 5,39 6,99
1200 14,27 18,53 9,88 12,83 6,18 8,03 5,86 7,61 5,61 7,28
Tariffe
III classe in euro q.le/km in vigore dal 24/06/05.
I valori indicati nella tabella vanno moltiplicati per il peso
Accordi volontari: staBIliscono
tutto, ma non la tariffa
Fino a ieri c’erano gli accordi
collettivi di settore e di fatto rimarranno in vigore fino al 31 dicembre
2006. A sostituirli oggi ci sono gli accordi volontari tra le associazioni
dei vettori e quelle degli utenti dei servizi di trasporto, che essendo di
diritto privato prevedono l’obbligo di subordinare la stipula di singoli
contratti ad essi conformi alla forma scritta e alla condizione del regolare
esercizio da parte del vettore dell’attività di autotrasporto. In più – ma
qui vale la formula dubitativa – dovrebbe essere richiesta l’iscrizione alle
relativa associazioni sottoscriventi l’accordo.
Tali accordi possono avere una durata massima di tre anni, devono indicare la categoria
merceologica alla quale sono applicabili e prevedere la responsabilità
condivisa del vettore e, se accertata, del committente, caricatore e
proprietario della merce, nei casi di violazione della normativa in materia
di sicurezza della circolazione.
Per la loro corretta applicazione
gli accordi possono anche prevedere un controllo da parte di appositi
organismi, il ricorso preventivo a un tentativo di conciliazione, esperito
davanti a un soggetto designato dal Ministero Infrastrutture prima di
procedere ad azioni sindacali, nonché l’adozione di un
indice di riferimento per la variazione annuale dei costi (in
particolare quello del carburante). Per espressa volontà dell’Unione europea
non possono invece regolamentare gli aspetti tariffari.
Aumentano le certificazioni. Ma
serviranno davvero?
Ci sono alcune settori delicati,
quelli che hanno maggiore impatto rispetto alla collettività che la riforma
considera in modo diverso. Si tratta di quei settori per i quali il Patto
della Logistica prevede la creazione di filiere logistiche ottimizzate. Tali
settori sono: le merci pericolose; le derrate deperibili; i rifiuti
industriali; i prodotti farmaceutici.
Ebbene i vettori che operano in
tali settori merceologici possono chiedere e ottenere una speciale
certificazione di qualità. Non si tratta di un obbligo, ma soltanto uno
strumento per la committenza, la quale rivolgendosi a un’impresa certificata
ha garanzia di ottenere un servizio efficiente e ottimale. In più lo stesso
committente è tutelato dal punto di vista della responsabilità perché nei
suoi confronti non si applicano le disposizioni al riguardo. Ma se il
committente ha questo vantaggio siamo sicuri che per il vettore non sia un
ulteriore aggravio burocratico? Anche perché a ben guardare, fatta eccezione
per le derrate deperibili, si tratta di settori già sottoposti a iscrizione
ad appositi registri o a rilascio di patentino autorizzativo.
Nella pratica poi quale impresa di trasporti che trasporta merci pericolose
non è anche certificata, magari da più enti? Cosa aggiungerà la normativa a
questa qualificazione già onerosa?
Lo vedremo nelle prossime
puntate: modalità e tempi per l’adozione dei sistemi di certificazione di
qualità, infatti, saranno stabiliti in un decreto dirigenziale da emanarsi
entro la fine di aprile.
Un euro per kg: il nuovo
risarcimento per perdita o avaria della merce
Una delle conseguenze
dell’abrogazione del sistema delle tariffe obbligatorie è la scomparsa del
doppio limite di risarcimento in caso di perdita o di avaria delle cose
trasportate, previsto dalla legge 450/1985.
Oggi il limite diventa unico ed
è valido per tutti i trasporti nazionali. La sua quantificazione è semplice:
1 euro per chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata.
Per i trasporti internazionali
viene riconfermato il limite d’indennizzo della Convenzione CMR, pari a 8,33
unità di conto (del Fondo Monetario Internazionale) per ogni chilogrammo di
peso lordo effettivamente perso o avariato.
Per esercitare i diritti che
sorgono dal contratto di trasporto il termine di prescrizione, in conseguenza
dell’abrogazione dell’art. 2 della legge 162/1993, non è più di 5 anni, ma di
un anno, così come previsto per regola generale dall’articolo 2951 c.c.
Però, essendo tale regime
entrato in vigore lo scorso 28 febbraio, per i diritti maturati prima di
questa data rimane valida la legge 450/85 e quindi il termine di prescrizione
di 5 anni. La situazione che si crea sembra paradossale: qualcuno che ha
maturato il diritto nel 2005 avrà il tempo di farlo valere fino al 2009. Chi
lo ha maturato nel marzo 2006 avrà tempo fino al marzo 2007.
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