Ai
sensi dell’art. 203, c. 1, del codice della strada, contro il verbale
di contestazione può essere proposto ricorso al Prefetto del luogo
della commessa violazione, entro 60 giorni dalla contestazione o dalla
notificazione. Il codice della strada, però, non prevede la possibilità
di proporre ricorso all’autorità giudiziaria direttamente avverso
il verbale; l’art. 205, c. 1, stabilisce che gli interessati possono proporre
opposizione soltanto contro l’ordinanza-ingiunzione prefettizia di pagamento
di una sanzione amministrativa e che il relativo giudizio è regolato
dagli artt. 22, 22-bis e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Con varie sentenze interpretative di rigetto (sentenza 23 giugno 1994,
n. 255, sentenza 15 luglio 1994, n. 311, sentenza 27 luglio 1994, n. 366),
la Corte Costituzionale si è pronunciata affermando che, nel rispetto
dell’art. 24 della Costituzione, il ricorso all’autorità giudiziaria
contro un verbale di contestazione della violazione di norme del codice
della strada non è subordinato al preventivo esperimento del ricorso
amministrativo, che costituisce rimedio facoltativo.
La Corte di Cassazione si è allineata all’interpretazione adeguatrice
contenuta nelle citate pronunce della Corte Costituzionale, ribadendo
che avverso il sommario processo verbale è ammessa opposizione
direttamente al giudice competente (Cass. Civ., sez. I, 13 dicembre 1995,
n. 12777, Cass. Civ., sez. un., 1 luglio 1997, n. 5897, Cass. Civ., sez.
I, 23 ottobre 1997, n. 10423, Cass. Civ., sez. I, 8 gennaio 1998, n. 98).
Si è, così, dovuto procedere (come indicato anche dalla
circolare del Ministero dell’Interno 13 marzo 2000, n. M/2413-109) all’integrazione
del modello di verbale di contestazione di cui al mod. VI.1, tit. VI,
del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada,
poiché il trasgressore e l’obbligato in solido devono essere informati
della facoltà di presentare ricorso al Prefetto e, in alternativa,
opposizione al Giudice di Pace.
Introdotta nell’ordinamento l’interpretazione adeguatrice fornita dalla
Corte Costituzionale, immediatamente si è manifestato il problema
(tuttora persistente) relativo all’individuazione del termine per proporre
opposizione dinanzi all’autorità giudiziaria avverso un verbale
di contestazione per la violazione delle norme del codice della strada.
Al riguardo, occorre considerare che non c’è una specifica disposizione
di legge. Si è cercato di sopperire a tale carenza con l’emanazione
del decreto-legge 17 maggio 1996, 270, che, all’art. 1, lett. e), disponeva
di sostituire l’art. 205 del codice della strada con il seguente:
"Art. 205 (Opposizione all’autorità giudiziaria).
1. Il trasgressore e gli altri soggetti indicati nell’art. 196, nel termine
di 30 giorni dalla contestazione o dalla notificazione del verbale, possono
proporre opposizione all’autorità giudiziaria, in alternativa al
ricorso al prefetto di cui all’art. 203. L’opposizione all’autorità
giudiziaria rende improcedibile il ricorso al prefetto. Il giudice decide
sull’opposizione, determinando in caso di mancato accoglimento, la sanzione
applicabile.
2. Contro l’ordinanza-ingiunzione di cui al comma 1 dell’art. 204 gli
interessati possono proporre opposizione entro il termine di 30 giorni
dalla notifica del provvedimento.
3. Se l’interessato risiede all’estero il termine di cui ai commi 1 e
2 è di 60 giorni.
4. Il giudizio di opposizione previsto dai commi 1 e 2 è regolato
dalle disposizioni di cui agli articoli 22 e 23 della legge 24 novembre
1981, n. 689. Il decreto di cui al secondo comma dello stesso articolo
23 è emanato entro 5 giorni dalla ricezione del ricorso in cancelleria
e la notifica è eseguita entro i successivi 20 giorni."
Tuttavia, questo decreto-legge, che avrebbe consentito una definizione
espressa e compiuta del procedimento di opposizione dinanzi all’autorità
giudiziaria avverso un verbale di contestazione per la violazione delle
norme del codice della strada, non è stato convertito in legge
e non è stato reiterato, con la conseguente perdita di efficacia
sin dall’inizio ai sensi dell’art. 77, c. 3, della Costituzione.
Sicuramente degno di molta attenzione è l’iter di approvazione
del progetto di legge n. 2851 (licenziato recentemente dalla Commissione
parlamentare in sede referente), contenente disposizioni per la revisione
del nuovo codice della strada. Se esso fosse approvato, il Parlamento
(stando al testo licenziato) conferirebbe al Governo la delega ad emanare
disposizioni integrative e correttive del codice della strada, nel rispetto
di una serie di principi e criteri direttivi, fra i quali anche quelli
(che interessano la presente trattazione) finalizzati alla revisione del
sistema della tutela amministrativa e giurisdizionale e al coordinamento
dei rimedi.
Non essendo prevista una disposizione di legge, si deve necessariamente
utilizzare lo strumento dell’interpretazione analogica e, pertanto, applicare
al caso concreto, non disciplinato dalla legge, la disposizione prevista
per il caso simile. I possibili riferimenti sono due, ovvero:
1) l’art. 22, c. 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689, che fissa in
30 giorni dalla notificazione il termine per proporre opposizione contro
l’ordinanza-ingiunzione di pagamento emessa dall’autorità competente;
in tal caso, il verbale di contestazione redatto ai sensi del codice della
strada è assimilabile all’ordinanza-ingiunzione, in quanto atto
definitorio del procedimento sanzionatorio.
2) l’art. 203, c. 1, del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n.
285), in base al quale il ricorso al Prefetto deve essere presentato entro
60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione.
Si deve considerare che la giurisprudenza (Cass. Civ., sez. I, 17 dicembre
1998, n. 12628, Cass. Civ., sez. I, 20 gennaio 1999, n. 482) inizialmente
si è indirizzata nel senso di individuare in 30 giorni il termine
per proporre ricorso al Giudice di Pace, facendo riferimento all’art.
22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, richiamato dalle citate sentenze
n. 255/94 e n. 311/94 della Corte Costituzionale. In effetti, l’art. 194
del codice della strada stabilisce che per le violazioni che comportano
l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria si applicano
le disposizioni generali contenute nelle Sezioni I e II del Capo I della
legge 24 novembre 1981, n. 689, fatte salve le modifiche e le deroghe
previste dal Capo I del Titolo VI dello stesso codice della strada.
Successivamente, però, con la sentenza 4 giugno/29 settembre 1999,
n. 10768, alla quale il Ministero dell’Interno si è richiamato
e allineato con la circolare 17 aprile 2000, n. 42, la Corte di Cassazione,
sez. III, ha modificato il precedente orientamento, affermando che l’atto
di opposizione deve essere depositato nella cancelleria del giudice, a
pena di inammissibilità, nel termine di 60 giorni dalla contestazione
o dalla notificazione.
Secondo la Cassazione, la tesi per la quale il termine è da considerare
pari a 30 giorni presenta l’inconveniente di interferire con il termine
di 60 giorni per il pagamento in misura ridotta ex art. 202 del codice
della strada e di determinare una preclusione dell’azione giudiziaria
in pendenza del termine, anch’esso di 60 giorni, per proporre il ricorso
al prefetto; invece, considerando il termine pari a 60 giorni, si conseguono
i seguenti risultati:
- realizzare nel modo più compiuto la tutela giurisdizionale;
- non porre nel nulla la tutela amministrativa che sarebbe preclusa dalla
proposizione di quella giudiziaria;
- non vanificare la stessa tutela giudiziaria per avvenuto pagamento in
misura ridotta.
Questo nuovo orientamento è stato confermato più recentemente
dalla Cassazione, sez. I civ., con la sentenza 24 settembre 2002, n. 13872.
Tuttavia, nell’assenza di una specifica disposizione di legge o di un
intervento della Corte di Cassazione a sezioni unite, permane tuttora
l’incertezza nella definizione del termine entro il quale deve essere
proposta opposizione al giudice di pace avverso i verbali di contestazione
della violazione di norme del codice della strada. Si consideri, per esempio,
l’ordinanza del 21 maggio 2001 del Giudice di Torino, che ha giudicato
inammissibile un ricorso presentato oltre i 30 giorni. Un termine deve
comunque essere indicato espressamente nel verbale di contestazione. Infatti,
anche se è consolidato che la mancanza di indicazione del termine
di impugnazione entro il quale può essere proposto ricorso non
determina l’illegittimità dell’atto e comporta il riconoscimento
della scusabilità dell’errore in cui possa cadere il ricorrente
(Cass. Civ., sez. I, 13 settembre 1997, n. 9080, Cass. Civ., sez. I, 4
giugno 1999, n. 5453), si deve, però, dare attuazione all’art.
3, c. 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale stabilisce che "in
ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine
e l’autorità cui è possibile ricorrere". |