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Articoli 09/03/2006

“Valutare, addestrare, riabilitare, ricercare, prevedere: alcune riflessioni sul presente e sul futuro dei simulatori di guida”

 Introduzione

E’ un pò di tempo che i simulatori di guida sono diventati di gran moda. Se ne parla molto in relazione a loro interessanti possibilità applicative; ma talora anche a sproposito, confondendo tra quelli che sono semplici giochi e macchine dedicate a compiti ben precisi, di natura non ludica, bensì di valenza rilevante per molti aspetti legati a problemi attuali di sicurezza della nostra società.

L’impressione di chi scrive è che stia dilagando una certa “religione” del simulatore, una fede nella macchina che propone una realtà virtuale, affrontando la quale – senza correre rischi – si possono ottenere risposte semplici a problemi complessi.

Ad esempio, non sembrano pochi coloro che ancora ritengono che con una qualche analisi di risultati ottenuti su un simulatore si possa prevedere se un soggetto si renderà o meno responsabile di incidenti stradali. Questo può essere vero in qualche caso, nel senso che il soggetto può presentare delle manchevolezze incompatibili con una guida sicura, o con la guida stessa, ben documentabili in prove su simulatore; ma se ci si riferisce a persone in grado di mostrare una performance soddisfacente, il simulatore può dire ben poco, ora e presumibilmente anche in futuro, su quello che il soggetto farà poi su strada. La guida sicura è un fenomeno di complessità superiore, non riducibile ad una visione di primo livello, che è quella che nei fatti ci fornisce un simulatore.

Ho pensato quindi, potesse essere utile svolgere in questa sede alcune riflessioni sulle possibilità che i simulatori possono offrirci, alcune già attualizzate, altre da prendere quanto prima in seria considerazione, indicando ove necessario quelli che, naturalmente a mio parere, rappresentano percorsi sterili.

Molte idee che esporrò sono state maturate negli anni ’80, durante il coordinamento del progetto di ricerca “Morfeo”, diretto a studiare gli effetti della stanchezza e del sonno su alcuni semplici aspetti della guida, attuato con l’uso di un simulatore da noi realizzato; altre ancora provengono da ricerche su temi di neuroscienze e dall’esperienza relativa alla conduzione dei progetti DATIS (Dati Incidenti Stradali), COMASS (Coma e Sicurezza Stradale) e DATIS2 (Dati Incidenti Stradali, secondo progetto), tutti finanziati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che hanno visto una stretta collaborazione tra ISS, Centri di Mobilità FIAT Auto e l’IRCCS Fondazione Santa Lucia.

In cosa possono esserci utili i simulatori?

La domanda non è banale, in quanto le possibilità di impiego di questi strumenti sono le più varie, e non solo per quel che riguarda l’area-problema “guida di un veicolo”.

Al di là di un aspetto generale, molto importante, che è quello di divertirci proponendo giochi interattivi davvero piacevoli ed intriganti, i punti chiave da tenere in considerazione sono: Valutare, Addestrare, Riabilitare, Ricercare e Prevedere.

Vediamoli brevemente, considerando specificamente i problemi relati alla guida di un veicolo.

Valutare

Indubbiamente, i simulatori permettono una valutazione oggettiva di certe capacità necessarie per svolgere determinati compiti. E’ chiaro che la quantificazione di queste capacità è effettuata, per così dire, “in vitro” e che quindi non è detto che il giudizio che possiamo formarci sulla base dei dati del simulatore coincida (o sia prossimo) con quello che potremmo derivare da un rilevamento delle stesse capacità “in vivo”, ovvero su strada (tanto più se il soggetto non sa di essere osservato).

Ad esempio: i riflessi. La misura dei riflessi, sia su simulatore sia con appositi apparecchi, fatta in modo semplice o complesso che sia, fornisce delle cifre ottimistiche. Il soggetto sa di essere osservato, sa di fare quella specifica prova, è quindi attento e cerca di dare il meglio possibile di sé. In genere, i risultati sono sistematicamente migliori di quelli rilevabili su strada. Un soggetto che ad un certo stimolo risponde, diciamo, in un secondo, su strada risponderà mediamente in un tempo più lungo, perché su strada il suo livello di attenzione non sarà paragonabile a quello che è presente nelle prove su simulatore.

Quindi, se la sua velocità è pari a 100 km/h, nel tempo di reazione percorrerà prima di frenare non già 28 metri (che è lo spazio relato a un tempo di reazione di un secondo a tale velocità), ma qualcosa di più.

Il tempo di reazione dipende infatti dallo svolgimento della catena Percezioneà (Analisi e) Riconoscimentoà Decisioneà Azione (che noi dell’ISS per spiegarla ai ragazzi delle scuole, abbiamo battezzato “Catena PERIDEA” ©). Sul simulatore, la percezione è agevole, i problemi di riconoscimento e quelli legati alle decisioni da prendere sono minimi, l’azione da attuare è nota. Meno tempo da impiegare, dunque.

E se su strada il tempo di reazione è di un secondo e mezzo, lo spazio di reazione sarà non 28 metri, ma 42 metri.

Dunque, il simulatore non serve a nulla? Non è così: serve e serve molto. Serve nel senso che fatta salva la differenza sostanziale tra simulazione e realtà, sotto certi livelli non si può andare: se un soggetto, invece di rispondere in un secondo – o giù di lì – risponde in 5 secondi, allora non è idoneo alla guida in quanto o avrà inevitabilmente un incidente in quanto non in grado di rispondere con efficacia a certe richieste o, nell’ipotesi che vada talmente piano in modo da compensare il suo insoddisfacente tempo di reazione, costituirà un problema per la circolazione e anche un rischio per gli altri utenti. Inoltre, una risposta così anomala sottende con molta probabilità anche altri problemi non banali (alcuni dei quali certamente evidenziabili con lo stesso simulatore).

Tenendo conto che il simulatore, per quanto detto, sottostima quel che avviene in realtà, le decisioni che prenderemo sulla base dei dati da esso ricavati saranno fortemente “conservative”: in altre parole, forse qualche “inadeguato” potrà anche sfuggirci, ma coloro che riterremo inadeguati alla guida lo saranno quasi certamente.

Quanto detto per il tempo di reazione, vale per tante altre capacità, necessarie o auspicabili per una guida sicura.

Quello che è bene comprendere è che quanto rileviamo sul simulatore (ma anche in prove pratiche di guida) non ci permette di dire che “il soggetto guiderà in sicurezza”, bensì che “il soggetto ha tutti i requisiti fondamentali per guidare in sicurezza”. Ad esempio, il miglior conducente, abile e consumato, se beve troppo, nonostante presenti tutti i requisiti, avrà in quel caso una guida particolarmente insicura. Di contro, come detto, se il soggetto non presenta i requisiti indispensabili per una guida sicura, possiamo essere ragionevolmente certi che la sua guida sarà pericolosa: e in questo caso, impedire che guidi non è solo opportuno, ma anche un dovere morale verso il soggetto stesso e verso gli altri utenti della strada.

Abbiamo, dunque, a che fare con “condizioni necessarie, ma non sufficienti”.

Alla luce di tutto questo nasce l’esigenza di identificare questi “requisiti minimali desiderabili”, ovvero di determinare dei valori di riferimento in base ai quali prendere delle decisioni sul singolo soggetto. Un programma di questo tipo, su soggetti “normodotati”, lo si sta svolgendo nell’ambito del progetto DATIS2, in base ad un contratto tra ISS e Centri di Mobilità Fiat Auto, dove è stato già completato lo studio di più di 250 soggetti (i dati sono attualmente in corso di valutazione).

Nel caso di soggetti “disabili”, poi, è anche in corso l’analisi dell’imponente data-base raccolto dai Centri Mobilità FIAT Auto, dove già si evidenziano indicazioni di grande interesse, come può rilevarsi dalle figg. 1 e 2:

 

Fig. 1




Fig. 2


 

In ultimo, due parole sui simulatori altamente realistici: la loro funzione, credo, sia essenzialmente quella di addestrare (es. piloti di aerei, di mezzi pesanti, astronauti, o anche normali conducenti come già avviene). A mio parere, il loro uso a scopo valutativo (tolte le dovute eccezioni) comporta dispendio di risorse e, in special modo, sovrabbondanza di informazione raccolta, che andrà poi in qualche modo ridotta… a quella direttamente ottenibile con simulatori di livello inferiore (e di costo assai più contenuto).

 

Addestrare

Programmi di addestramento alla guida tramite simulatore sono in atto in diversi paesi. Le ragioni sono varie, ma riassumibili in genere in costi più limitati e in un minor inquinamento prodotto. Il soggetto passa infatti all’addestramento su strada dopo aver già maturato, ad un primo livello, capacità utili sul simulatore. Questo fatto rende minore il tempo necessario per l’addestramento su strada; e da qui i vantaggi.

Non entro maggiormente in questa problematica; ma a proposito di “addestramento”, nel senso più generale del termine, vorrei attirare la vostra attenzione su fatti che caratterizzano contraddizioni profonde della nostra società e che potrebbero avere effetti anche perniciosi in alcune condizioni in cui il conducente dovesse venire a trovarsi.

Un solo esempio, tratto dagli aspetti ludici dei simulatori: il gioco “CARMAGGEDON”. In questo videogioco, l’obiettivo non è quello di distruggere mostri spaziali od avversari di altri pianeti: bisogna investire … il maggior numero di pedoni possibile. Ora voi capite che un addestramento, sia pure su computer, non è acqua fresca che passa nel nostro cervello. E’ chiaro che – al di là del cattivo gusto e dell’aspetto di fondo totalmente diseducativo legato all’obiettivo del gioco – nel cervello di chi lo pratica si svilupperanno inevitabilmente delle connessioni neurali deputate ad investire e non ad evitare. E chi ci dice che sotto stress, stanchezza, droghe, alcol, e quant’altro, il giovane che ha passato tante ore a giocare al computer, non scambi per gioco la realtà? E chi ci dice che lo stesso giovane, ancorché sobrio, non debba in qualche modo contrastare – perdendo tempo prezioso - un impulso latente che attivato lo porta ad investire un pedone, piuttosto che ad evitarlo?

A mio parere, peraltro, l’esposizione eccessiva ai videogiochi non è un bene: vuoi o non vuoi, chi gioca si abitua ad avere tre vite (o anche di più). E nel fondo del suo cervello fa capolino l’idea che l’irreparabile si possa… riparare. E se si porta dietro questa visione distorta anche nel reale, la sua valutazione del rischio non sarà quella che sarebbe auspicabile fosse.

Intendiamoci: non voglio demonizzare i videogiochi, che sono peraltro spesso molto belli e divertenti, utili per lo sviluppo dei riflessi, del coordinamento oculo-motorio, della memoria visiva, e di altro ancora; voglio solo dire che sarebbe bene non ci fosse sovraesposizione agli stessi e che giochi come quello prima segnalato, o altri analoghi che potremmo immaginarci (tipo “Uccidi il più velocemente possibile i tuoi vicini di casa”, o “Picchia la tua compagna di banco senza farti accorgere”), non dovrebbero essere proposti dai produttori, che in questo senso potrebbero anche autocensurarsi e privilegiare il buon gusto.

Riabilitare

Una grande possibilità che offrono i simulatori, forse ancora non sufficientemente sfruttata, è quella di impiegarli nel riabilitare il soggetto per diverse capacità. In particolare, almeno per quanto riguarda i nostri interessi di studio e ricerca, ci sembrano stimolanti le possibilità di rinforzare alcune funzioni superiori, quali ad esempio, l’attenzione. Molte persone hanno difficoltà nel dividere l’attenzione e, probabilmente, non ne sono coscienti. Poiché questo può essere valutato (come pure altre funzioni) da specifici test neuropsicologici, si prospetta un utilizzo mirato del simulatore che, insieme ad altre forme di intervento, potrebbe essere un punto di riferimento nella riabilitazione del soggetto, anche con l’impiego di opportune strategie di biofeedback. Il numero di possibilità operative che si prospettano in questo campo è molto elevato: esplorarne alcune e tratteggiare nel contempo un quadro generale di possibili applicazioni è uno dei nostri obiettivi per il prossimo triennio.

Ricercare

Il fatto che il simulatore permetta di quantificare certe grandezze complesse, ne fa uno strumento utilissimo in problemi di ricerca. Le indicazioni che possono essere tratte dai dati rilevati con un simulatore sono di grande utilità per comprendere la natura intrinseca di certi fenomeni che poi ritroviamo nella guida di tutti i giorni. Si pensi a quante indicazioni preziose sono state tratte dai simulatori su fenomeni perniciosi per la sicurezza di guida, quali la sonnolenza, la stanchezza, l’effetto dell’alcol (su questo è in corso uno studio dell’ISS in collaborazione con l’IRCCS Fondazione Santa Lucia), delle sostanze e di alcuni farmaci, l’uso del cellulare, ecc. . Le possibilità, anche in questo caso, sono davvero molte. In termini di ricerca, peraltro, si comprende l’utilità e l’importanza di affiancare, in molte tematiche, il lavoro di simulazione con un parallelo approfondimento neuropsicologico.

Prevedere

Un ultimo aspetto, che credo sarà di estrema rilevanza in un futuro non troppo lontano, al punto da costituire per chi si occupa dell’utilizzo di questi strumenti una delle principali attività, è quello di “prevedere” certe situazioni in base ai dati raccolti con il simulatore. In particolare, intendo riferirmi a situazioni a carattere evolutivo, quali ad esempio, la progressiva diminuzione della performance dovuta all’età o al progredire di malattie cronico-degenerative. Questa problematica interessa in special modo la popolazione anziana, che tende a crescere e che continua in parte non trascurabile a guidare. Tanto per renderci conto quantitativamente della cosa, attualmente abbiamo circa 2.500.000 di patenti attive detenute da soggetti di 70 e più anni di età (500.000 donne e 2.000.000 uomini, pari al 7.5% di tutte le patenti). Se si considera inoltre che il numero di anziani sta aumentando progressivamente, si comprende come il problema della sicurezza di guida di questa classe di soggetti sia destinato ad essere sempre più considerato con grande attenzione.

Anche in questo caso va sottolineato come il binomio simulatori-neuropsicologia sia la carta vincente: probabilmente, i test neuropsicologici potranno costituire una valida chiave di ingresso alle prove su simulatore, scremando così il numero di soggetti da esaminare (che comunque rimarranno sempre molti). Ed ecco quindi che seguendo nel tempo i soggetti, sarà agevole accorgersi precocemente del loro eventuale scadimento psicofisico e prendere così adeguati provvedimenti, provvedimenti che potranno andare dal mantenimento-recupero di funzioni basilari sino alla revoca della patente nei casi in cui i risultati mostrino l’incompatibilità tra stato del soggetto e sicurezza di guida. In questo caso è bene mettere in rilievo che non si ha necessità di valori di riferimento, se non per mettere inizialmente in luce che il soggetto possiede i requisiti per una guida sicura: nel corso del tempo il soggetto diviene controllo di se stesso: e questo facilita l’accurata quantificazione della variazione di performance. Si noti inoltre che, costituendo i dati del soggetto una serie temporale, sarà anche possibile stimare validamente la velocità di perdita nel tempo della performance e quindi prevedere un punto critico, nell’intorno del quale uno specifico esame del soggetto sarà indispensabile (si osservi che per decidere questo ritornano ad essere necessari i valori di riferimento).

Va anche sottolineato che in questo modo l’eventuale revoca della patente sarà meno dolorosa, in un certo senso “fisiologica”: altro infatti è dire ad un soggetto (in particolare anziano): “Noi riteniamo che tu non sia più in grado di guidare con sicurezza”, altro è che lui se ne renda conto direttamente in base ai risultati delle prove effettuate. Quello che potrebbe essere visto come un’imposizione (ovviamente ingiusta dal punto di vista del soggetto) potrebbe diventare una “constatazione” amara ma inevitabile: “Ritengo di non essere più in grado di guidare con sicurezza”. E da un punto di vista psicologico (specie per l’anziano) questo non sarebbe poco.

Personalmente, poi, credo che il binomio neuropsicologia-simulatori avrà sempre più peso anche da un punto di vista clinico, in particolare nel seguire situazioni evolutive devastanti per la performance, assai frequenti nella popolazione anziana, quali la malattia di Alzheimer.

Probabilmente i simulatori forniranno in problemi di natura cognitiva (e non solo) anche elementi utili per la diagnosi, l’efficacia della terapia, l’andamento della malattia e la prognosi. Ma questo è un campo ancora tutto da esplorare.

 

* Reparto “Ambiente e Traumi”

Dipartimento “Ambiente e connessa prevenzione primaria”

Istituto Superiore di Sanità

 

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Nota a piè di pagina: Il presente lavoro è stato prodotto nell’ambito delle attività del progetto DATIS2, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti


© asaps.it

di Franco Taggi*

da "Il Centauro" n.101 gennaio 2006
Giovedì, 09 Marzo 2006
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