E’ un pò di tempo che i simulatori di guida sono diventati
di gran moda. Se ne parla molto in relazione a loro interessanti possibilità
applicative; ma talora anche a sproposito, confondendo tra quelli che sono
semplici giochi e macchine dedicate a compiti ben precisi, di natura non
ludica, bensì di valenza rilevante per molti aspetti legati a problemi attuali
di sicurezza della nostra società. L’impressione di chi scrive è che stia dilagando una certa
“religione” del simulatore, una fede nella macchina che propone una
realtà virtuale, affrontando la quale – senza correre rischi – si possono
ottenere risposte semplici a problemi complessi. Ad esempio, non sembrano pochi coloro che ancora ritengono
che con una qualche analisi di risultati ottenuti su un simulatore si possa
prevedere se un soggetto si renderà o meno responsabile di incidenti stradali.
Questo può essere vero in qualche caso, nel senso che il soggetto può
presentare delle manchevolezze incompatibili con una guida sicura, o con la
guida stessa, ben documentabili in prove su simulatore; ma se ci si riferisce a
persone in grado di mostrare una performance soddisfacente, il simulatore può
dire ben poco, ora e presumibilmente anche in futuro, su quello che il soggetto
farà poi su strada. La guida sicura è un fenomeno di complessità superiore, non
riducibile ad una visione di primo livello, che è quella che nei fatti ci
fornisce un simulatore. Ho pensato quindi, potesse essere utile svolgere in questa
sede alcune riflessioni sulle possibilità che i simulatori possono offrirci,
alcune già attualizzate, altre da prendere quanto prima in seria considerazione,
indicando ove necessario quelli che, naturalmente a mio parere, rappresentano percorsi sterili. Molte idee che esporrò sono state maturate negli anni ’80,
durante il coordinamento del progetto di ricerca “Morfeo”, diretto a
studiare gli effetti della stanchezza e del sonno su alcuni semplici aspetti
della guida, attuato con l’uso di un simulatore da noi realizzato; altre ancora
provengono da ricerche su temi di neuroscienze e dall’esperienza relativa alla
conduzione dei progetti DATIS (Dati Incidenti Stradali), COMASS (Coma e
Sicurezza Stradale) e DATIS2 (Dati Incidenti Stradali, secondo progetto), tutti
finanziati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che hanno visto
una stretta collaborazione tra ISS, Centri di Mobilità FIAT Auto e l’IRCCS
Fondazione Santa Lucia. In cosa possono
esserci utili i simulatori? La domanda non è banale, in quanto le possibilità di
impiego di questi strumenti sono le più varie, e non solo per quel che riguarda
l’area-problema “guida di un veicolo”. Al di là di un aspetto generale, molto importante, che è
quello di divertirci proponendo giochi interattivi davvero piacevoli ed
intriganti, i punti chiave da tenere in considerazione sono: Valutare, Addestrare,
Riabilitare, Ricercare e Prevedere. Vediamoli brevemente, considerando specificamente i
problemi relati alla guida di un veicolo. Valutare Indubbiamente, i simulatori permettono una valutazione
oggettiva di certe capacità necessarie per svolgere determinati compiti. E’
chiaro che la quantificazione di queste capacità è effettuata, per così dire, “in
vitro” e che quindi non è detto che il giudizio che possiamo formarci sulla
base dei dati del simulatore coincida (o sia prossimo) con quello che potremmo
derivare da un rilevamento delle stesse capacità “in vivo”, ovvero su
strada (tanto più se il soggetto non sa di essere osservato). Ad esempio: i riflessi. La misura dei riflessi, sia su
simulatore sia con appositi apparecchi, fatta in modo semplice o complesso che
sia, fornisce delle cifre ottimistiche. Il soggetto sa di essere osservato, sa
di fare quella specifica prova, è quindi attento e cerca di dare il meglio
possibile di sé. In genere, i risultati sono sistematicamente migliori di
quelli rilevabili su strada. Un soggetto che ad un certo stimolo risponde,
diciamo, in un secondo, su strada risponderà mediamente in un tempo più lungo,
perché su strada il suo livello di attenzione non sarà paragonabile a quello
che è presente nelle prove su simulatore. Quindi, se la sua velocità è pari a 100 km/h, nel tempo di
reazione percorrerà prima di frenare non già 28 metri (che è lo spazio relato a
un tempo di reazione di un secondo a tale velocità), ma qualcosa di più. Il tempo di reazione dipende infatti dallo svolgimento
della catena Percezioneà
(Analisi e) Riconoscimentoà Decisioneà Azione (che noi dell’ISS per spiegarla ai ragazzi
delle scuole, abbiamo battezzato “Catena PERIDEA” ©). Sul simulatore, la
percezione è agevole, i problemi di riconoscimento e quelli legati alle
decisioni da prendere sono minimi, l’azione da attuare è nota. Meno tempo da
impiegare, dunque. E se su strada il tempo di reazione è di un secondo e
mezzo, lo spazio di reazione sarà non 28 metri, ma 42 metri. Dunque, il simulatore non serve a nulla? Non è così: serve
e serve molto. Serve nel senso che fatta salva la differenza sostanziale tra
simulazione e realtà, sotto certi livelli non si può andare: se un soggetto,
invece di rispondere in un secondo – o giù di lì – risponde in 5 secondi,
allora non è idoneo alla guida in quanto o avrà inevitabilmente un incidente in
quanto non in grado di rispondere con efficacia a certe richieste o,
nell’ipotesi che vada talmente piano in modo da compensare il suo
insoddisfacente tempo di reazione, costituirà un problema per la circolazione e
anche un rischio per gli altri utenti. Inoltre, una risposta così anomala
sottende con molta probabilità anche altri problemi non banali (alcuni dei
quali certamente evidenziabili con lo stesso simulatore). Tenendo conto che il simulatore, per quanto detto,
sottostima quel che avviene in realtà, le decisioni che prenderemo sulla base
dei dati da esso ricavati saranno fortemente “conservative”: in altre parole,
forse qualche “inadeguato” potrà anche sfuggirci, ma coloro che riterremo
inadeguati alla guida lo saranno quasi certamente. Quanto detto per il tempo di reazione, vale per tante
altre capacità, necessarie o auspicabili per una guida sicura. Quello che è bene comprendere è che quanto rileviamo sul
simulatore (ma anche in prove pratiche di guida) non ci permette di dire che “il
soggetto guiderà in sicurezza”, bensì che “il soggetto ha tutti i
requisiti fondamentali per guidare in sicurezza”. Ad esempio, il miglior
conducente, abile e consumato, se beve troppo, nonostante presenti tutti i
requisiti, avrà in quel caso una guida particolarmente insicura. Di contro,
come detto, se il soggetto non presenta i requisiti indispensabili per una
guida sicura, possiamo essere ragionevolmente certi che la sua guida sarà
pericolosa: e in questo caso, impedire che guidi non è solo opportuno, ma anche
un dovere morale verso il soggetto stesso e verso gli altri utenti della
strada. Abbiamo, dunque, a che fare con “condizioni necessarie,
ma non sufficienti”. Alla luce di tutto questo nasce l’esigenza di identificare
questi “requisiti minimali desiderabili”, ovvero di determinare dei
valori di riferimento in base ai quali prendere delle decisioni sul singolo
soggetto. Un programma di questo tipo, su soggetti “normodotati”, lo si sta
svolgendo nell’ambito del progetto DATIS2, in base ad un contratto tra ISS e
Centri di Mobilità Fiat Auto, dove è stato già completato lo studio di più di
250 soggetti (i dati sono attualmente in corso di valutazione). Nel caso di soggetti “disabili”, poi, è anche in corso
l’analisi dell’imponente data-base raccolto dai Centri Mobilità FIAT Auto, dove
già si evidenziano indicazioni di grande interesse, come può rilevarsi dalle
figg. 1 e 2: Fig.
1 Fig.
2 In ultimo, due parole sui simulatori altamente realistici:
la loro funzione, credo, sia essenzialmente quella di addestrare (es.
piloti di aerei, di mezzi pesanti, astronauti, o anche normali conducenti come già avviene). A mio parere, il loro uso
a scopo valutativo (tolte le dovute eccezioni) comporta dispendio di risorse e,
in special modo, sovrabbondanza di informazione raccolta, che andrà poi in
qualche modo ridotta… a quella direttamente ottenibile con simulatori di
livello inferiore (e di costo assai più contenuto). Addestrare Programmi di addestramento alla guida tramite simulatore
sono in atto in diversi paesi. Le ragioni sono varie, ma riassumibili in genere
in costi più limitati e in un minor inquinamento prodotto. Il soggetto passa
infatti all’addestramento su strada dopo aver già maturato, ad un primo
livello, capacità utili sul simulatore. Questo fatto rende minore il tempo
necessario per l’addestramento su strada; e da qui i vantaggi. Non entro maggiormente in questa problematica; ma a
proposito di “addestramento”, nel senso più generale del termine, vorrei
attirare la vostra attenzione su fatti che caratterizzano contraddizioni
profonde della nostra società e che potrebbero avere effetti anche perniciosi
in alcune condizioni in cui il conducente dovesse venire a trovarsi. Un solo esempio, tratto dagli aspetti ludici dei
simulatori: il gioco “CARMAGGEDON”. In questo videogioco, l’obiettivo
non è quello di distruggere mostri spaziali od avversari di altri pianeti: bisogna
investire … il maggior numero di pedoni possibile. Ora voi capite che un
addestramento, sia pure su computer, non è acqua fresca che passa nel nostro
cervello. E’ chiaro che – al di là del cattivo gusto e dell’aspetto di fondo
totalmente diseducativo legato all’obiettivo del gioco – nel cervello di chi lo
pratica si svilupperanno inevitabilmente delle connessioni neurali deputate ad investire
e non ad evitare. E chi ci dice che sotto stress, stanchezza, droghe,
alcol, e quant’altro, il giovane che ha passato tante ore a giocare al
computer, non scambi per gioco la realtà? E chi ci dice che lo stesso giovane,
ancorché sobrio, non debba in qualche modo contrastare – perdendo tempo
prezioso - un impulso latente che attivato lo porta ad investire un pedone,
piuttosto che ad evitarlo? A mio parere, peraltro, l’esposizione eccessiva ai
videogiochi non è un bene: vuoi o non vuoi, chi gioca si abitua ad avere tre
vite (o anche di più). E nel fondo del suo cervello fa capolino l’idea che
l’irreparabile si possa… riparare. E se si porta dietro questa visione distorta
anche nel reale, la sua valutazione del rischio non sarà quella che sarebbe
auspicabile fosse. Intendiamoci: non voglio demonizzare i videogiochi, che
sono peraltro spesso molto belli e divertenti, utili per lo sviluppo dei
riflessi, del coordinamento oculo-motorio, della memoria visiva, e di altro
ancora; voglio solo dire che sarebbe bene non ci fosse sovraesposizione agli
stessi e che giochi come quello prima segnalato, o altri analoghi che potremmo
immaginarci (tipo “Uccidi il più velocemente possibile i tuoi vicini di casa”,
o “Picchia la tua compagna di banco senza farti accorgere”), non
dovrebbero essere proposti dai produttori, che in questo senso potrebbero anche
autocensurarsi e privilegiare il buon gusto. Riabilitare Una grande possibilità che offrono i simulatori, forse
ancora non sufficientemente sfruttata, è quella di impiegarli nel riabilitare
il soggetto per diverse capacità. In particolare, almeno per quanto riguarda i
nostri interessi di studio e ricerca, ci sembrano stimolanti le possibilità di
rinforzare alcune funzioni superiori, quali ad esempio, l’attenzione. Molte
persone hanno difficoltà nel dividere l’attenzione e, probabilmente, non ne
sono coscienti. Poiché questo può essere valutato (come pure altre funzioni) da
specifici test neuropsicologici, si prospetta un utilizzo mirato del simulatore
che, insieme ad altre forme di intervento, potrebbe essere un punto di
riferimento nella riabilitazione del soggetto, anche con l’impiego di opportune
strategie di biofeedback. Il numero di possibilità operative che si prospettano
in questo campo è molto elevato: esplorarne alcune e tratteggiare nel contempo
un quadro generale di possibili applicazioni è uno dei nostri obiettivi per il
prossimo triennio. Ricercare Il fatto che il
simulatore permetta di quantificare certe grandezze complesse, ne fa uno
strumento utilissimo in problemi di ricerca. Le indicazioni che possono essere
tratte dai dati rilevati con un simulatore sono di grande utilità per
comprendere la natura intrinseca di certi fenomeni che poi ritroviamo nella
guida di tutti i giorni. Si pensi a quante indicazioni preziose sono state
tratte dai simulatori su fenomeni perniciosi per la sicurezza di guida, quali
la sonnolenza, la stanchezza, l’effetto dell’alcol (su questo è in corso uno
studio dell’ISS in collaborazione con l’IRCCS Fondazione Santa Lucia), delle
sostanze e di alcuni farmaci, l’uso del cellulare, ecc. . Le possibilità, anche
in questo caso, sono davvero molte. In termini di ricerca, peraltro, si
comprende l’utilità e l’importanza di affiancare, in molte tematiche, il lavoro
di simulazione con un parallelo approfondimento neuropsicologico. Prevedere Un ultimo aspetto, che credo sarà di estrema rilevanza in
un futuro non troppo lontano, al punto da costituire per chi si occupa
dell’utilizzo di questi strumenti una delle principali attività, è quello di
“prevedere” certe situazioni in base ai dati raccolti con il simulatore. In
particolare, intendo riferirmi a situazioni a carattere evolutivo, quali ad
esempio, la progressiva diminuzione della performance dovuta all’età o al
progredire di malattie cronico-degenerative. Questa problematica interessa in
special modo la popolazione anziana, che tende a crescere e che continua in
parte non trascurabile a guidare. Tanto per renderci conto quantitativamente
della cosa, attualmente abbiamo circa 2.500.000 di patenti attive detenute da
soggetti di 70 e più anni di età (500.000 donne e 2.000.000 uomini, pari al
7.5% di tutte le patenti). Se si considera inoltre che il numero di anziani sta
aumentando progressivamente, si comprende come il problema della sicurezza di
guida di questa classe di soggetti sia destinato ad essere sempre più
considerato con grande attenzione. Anche in questo caso va sottolineato come il binomio
simulatori-neuropsicologia sia la carta vincente: probabilmente, i test
neuropsicologici potranno costituire una valida chiave di ingresso alle prove
su simulatore, scremando così il numero di soggetti da esaminare (che comunque
rimarranno sempre molti). Ed ecco quindi che seguendo nel tempo i soggetti,
sarà agevole accorgersi precocemente del loro eventuale scadimento psicofisico
e prendere così adeguati provvedimenti, provvedimenti che potranno andare dal
mantenimento-recupero di funzioni basilari sino alla revoca della patente nei
casi in cui i risultati mostrino l’incompatibilità tra stato del soggetto e
sicurezza di guida. In questo caso è bene mettere in rilievo che non si ha
necessità di valori di riferimento, se non per mettere inizialmente in luce che
il soggetto possiede i requisiti per una guida sicura: nel corso del tempo il
soggetto diviene controllo di se stesso: e questo facilita l’accurata
quantificazione della variazione di performance. Si noti inoltre che,
costituendo i dati del soggetto una serie temporale, sarà anche possibile stimare
validamente la velocità di perdita nel tempo della performance e quindi
prevedere un punto critico, nell’intorno del quale uno specifico esame del
soggetto sarà indispensabile (si osservi che per decidere questo ritornano ad
essere necessari i valori di riferimento). Va anche sottolineato che in questo modo l’eventuale
revoca della patente sarà meno dolorosa, in un certo senso “fisiologica”: altro
infatti è dire ad un soggetto (in particolare anziano): “Noi riteniamo che
tu non sia più in grado di guidare con sicurezza”, altro è che lui se ne
renda conto direttamente in base ai risultati delle prove effettuate. Quello
che potrebbe essere visto come un’imposizione (ovviamente ingiusta dal punto di
vista del soggetto) potrebbe diventare una “constatazione” amara ma
inevitabile: “Ritengo di non essere più in grado di guidare con sicurezza”.
E da un punto di vista psicologico (specie per l’anziano) questo non sarebbe
poco. Personalmente, poi, credo che il binomio
neuropsicologia-simulatori avrà sempre più peso anche da un punto di vista
clinico, in particolare nel seguire situazioni evolutive devastanti per la
performance, assai frequenti nella popolazione anziana, quali la malattia di
Alzheimer. Probabilmente i simulatori forniranno in problemi di
natura cognitiva (e non solo) anche elementi utili per la diagnosi, l’efficacia
della terapia, l’andamento della malattia e la prognosi. Ma questo è un campo
ancora tutto da esplorare. *
Reparto “Ambiente e Traumi” Dipartimento “Ambiente e connessa
prevenzione primaria” Istituto
Superiore di Sanità ___________________________ Nota a piè di pagina: Il presente lavoro è stato prodotto
nell’ambito delle attività del progetto DATIS2, coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti |
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