Il nome è tutto un programma: Tori seduti. Gli americani li adotterebbero. Loro che con Toro scatenato, alias Jake La Motta, hanno cavalcato l’epopea della boxe. E con altri tori hanno riempito le arene del basket e del football. «Noi, invece, ci siamo presi in giro con un sorriso». Gregory Brian Alexis Leperdi potrebbe venire da un qualunque angolo della terra con tutti quei nomi. E invece è un toro seduto, nato 33 anni fa alla periferia di Parigi, italiano nel sangue, doppio passaporto, un’unica maglia: azzurra. «Quella dei giocatori di ice sledge». Che sono gli hockeisti su ghiaccio della nazionale in carrozzella per le Paralimpiadi. «Tori come Torino, la città dove giocheremo, seduti come il gran capo indiano. Così siamo nati noi, una compagnia di pioneri dell’hockey su ghiaccio, squadra composta tre anni fa. Pensi che in Norvegia e in Svezia l’hockey ghiaccio su carrozzella esiste dagli anni Settanta». Leperdi è uno di loro. Aggiunge: «Uno degli ultimi arrivati, due anni fa mi hanno convinto a provare per I Giochi». Un uomo che non ha più la gamba sinistra, ormai da anni. «Era una notte del novembre ’98, proprio a Torino. In auto a un incrocio. Passa un ubriaco che non ha la precedenza. Mi prende in pieno, schianto dalla parte mia che Guido. Dalla coscia sinistra in giù, tutto amputato. Subito. Trascorro un periodo tra dolori vari, sensazioni di bruciore a un piede che non esiste più. Ho la fortuna di essere ben seguito, amici, famiglia. Ma poi cosa rimaneva? Soprattutto a uno come me, da piccolo patito di l’atletica, poi passato al basket dove stavo giocando in serie C2? Un giorno mi fanno vedere I video di quelli che girano per le protesi, mi colpisce quanto si può fare: c’era uno che correva su un prato. Aveva una gamba sola, ma dava una gran sensazione di libertà. Allora mi sono ributtato. Pensi, ho visto gente correre la maratona». Rilanciato nello sport e nella vita. Gregory Leperdi, come quel migliaio di atleti che sono a Torino, ci spiegherà come si fa (...) | |