La percezione sensoriale può essere visiva ovvero
uditiva; la reazione psichica può essere intellettiva, emotiva, volitiva; la
reazione fisica è essenzialmente muscolare; quella meccanica è strettamene
legata al superamento dei ritardi delle trasmissioni (relativi alla corsa-gioco
del pedale del freno, all’inerzia dei meccanismi interni del motore,
all’acceleratore, allo sterzo) e precede immediatamente l’entrata in funzione
dei relativi connessi organi meccanici del veicolo. I tempi di reazione psichica del conducente vengono
anche definiti attraverso l’acronimo PIEV, che sintetizza i seguenti termini:
Percezione, Intellezione, Emozione, Volizione, fasi psichiche queste ovviamente
seguite dalle reazioni fisiche e tecniche. Allorquando il conducente avvista una situazione da
fronteggiare, tale sensazione visiva o sonora, percepita dai sensi, viene
trasmessa al suo cervello (percezione);
attraverso le facoltà intellettive,
la mente analizza la sensazione e la confronta con situazioni analoghe di cui
ha avuto già esperienza; quindi, grazie alle sue emozione e volizione,
trasmette il messaggio di risposta ai muscoli perché questi realizzino la
manovra voluta (reazione). La somma dei tempuscoli necessari per il compimento
del processo, comprendente i quattro elementi psichici suddetti, costituisce il
tempo di reazione psichica, al
quale va ad aggiungersi il tempo di
reazione tecnica (muscolare e meccanica), necessario anche per il
superamento dei menzionati ritardi tecnici, che precedono la materiale entrata
in funzione di quegli organi meccanici del veicolo che il conducente vuole
azionare; il tempo complessivo per concretare le due reazioni costituisce l’intervallo psicotecnico. L’istante nel quale si esaurisce l’intervallo
psicotecnico costituisce il limite, non solo temporale, ma anche giuridico,
della responsabilità (cosciente e volontaria) del conducente; fino a tale
momento, infatti, i suoi atti sono stati compiuti con capacità d’intendere e di
volere, mentre, tutto ciò che avviene dopo non rientra più nella sua sfera
raziocinante e decisionale, poiché è la macchina a prevalere sull’uomo. La determinazione dell’intervallo psicotecnico, per
ciascuno dei protagonisti di un sinistro stradale, serve a definire le
rispettive responsabilità, su di un piano di obiettività e di equità superiori
al risultato che si potrebbe raggiungere attraverso qualsiasi altra
metodologia; in particolare, l’obiettività deriva dal carattere puramente
tecnico di questo metodo, mentre l’equità consiste nel fatto di prospettare,
per ciascun attore dell’accadimento infortunistico, situazioni simultanee
considerate con lo stesso criterio di valutazione rispetto al tempo; nella
ricostruzione di un sinistro stradale, è pertanto necessario determinare le
posizioni dei soggetti, concorrenti all’urto, nel momento in cui gli stessi
potevano cominciare a scorgersi; l’intervallo psicotecnico, fissato in una
giusta misura di tempo, va considerato poi nella sua estensione spaziale e,
quindi, tradotto nella corrispondente lunghezza. Pertanto, rispetto alle modalità di svolgimento di
un sinistro stradale, i comportamenti dei due conducenti antagonisti non
possono essere considerati “in senso assoluto” (vale a dire, come se si
trattasse di entità indipendenti e del tutto avulse dal contesto storico del
fatto infortunistico), ma devono essere esaminati “in senso relativo” e
congiuntamente agli aspetti psicotecnici di entrambi, ponendo in relazione le
rispettive manovre ed i connessi tempi di esecuzione; diversamente, ogni
valutazione dei fatti risulterebbe viziata e manifestamente iniqua, in danno
del conducente nei confronti del quale vi sia stata tale omissione. La durata dell’intervallo psicotecnico è variabile in relazione alle condizioni psico-fisiche del conducente, alla manovra voluta, alle condizioni della strada ed ambientali, al grado di efficienza del veicolo ed alla sua velocità. Detto intervallo temporale trova il suo limite nel punto in cui si manifesta la prevalenza del veicolo sul conducente, con l’effettivo inizio della manovra voluta: frenata, accelerata, sterzata. In particolare, questo punto limite coincide, nel primo caso (in realtà, il più frequente), con l’istante in cui l’impianto frenante, esauriti i ritardi delle sue trasmissioni e del gioco dei suoi organi, incomincia ad esplicare la propria azione ritardatrice del moto; nel secondo caso, con il momento in cui subentra la necessaria spinta accelerativa; nel terzo caso, con il realizzarsi della torsione dell’asse longitudinale del veicolo, così come impressa dal conducente attraverso lo sterzo. L’assunzione del valore dell’intervallo psicotecnico va effettuata con molta oculatezza e
meditando attentamente sulla meccanica dei fatti; è, quindi, ovvio che la
frequente aprioristica scelta della costante misura di “1 minuto secondo”
omogeneizza le fattispecie più variegate e presume, con poca coerenza, che
tutti gli individui (giovani o anziani, di sesso maschile o femminile, di
condizioni fisiche e mentali diverse, aventi capacità e/o reattività
differenti) siano uguali nel pensiero e nell’azione; in tale maniera, si
presumono uguali anche le molteplici condizioni, soprattutto quelle relative
all’ambiente esterno, in cui essi si trovano ad operare. La durata dell’intervallo psicotecnico, in via di
larga approssimazione, può ritenersi compresa fra 0,75 ed 1,50 secondi; in casi
particolari, essa può risultare anche maggiore. Infatti, da un punto di vista
generale, la durata del tempo “i” la
si può considerare variabile in relazione alle seguenti condizioni tipiche: ● percezione
e reazione psicotecnica di elevata prontezza: i = 0,75 secondi; ● percezione
e reazione psicotecnica di normale sollecitudine: i = 1 secondo; ● percezione e reazione psicotecnica di durata
superiore al normale: i = 1,50
secondi; tuttavia, qualora si esca dalla normalità delle
situazioni, dei fatti e delle capacità, occorre discernere caso per caso,
tenendo debitamente presente che la durata dei tempi di reazione può subire
delle sostanziali modifiche, rispetto ai valori sopra indicati, a causa di
molteplici fattori di varia natura. Un’influenza negativa, con dilatazione dei
tempi, può essere legata soprattutto a deteriori condizioni soggettive del
conducente (età, stanchezza, patologie, deficit della vista o dell’udito, uso
di medicinali, assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti, paura,
sofferenza e/o dolore fisico o morale) od a condizioni ambientali poco
favorevoli (nebbia, pioggia battente, neve, vento forte, gelo, calore
eccessivo, sole abbagliante, andamento monotono della strada pianeggiante e
procedente in rettilineo, intensità del traffico, conoscenza dei luoghi ed
abitudinarietà nel percorrerli); al contrario, un’influenza positiva, con
tendenza verso valori minimi dei tempi di reazione, è da correlarsi soprattutto
alle buone capacità (abilità nella guida, ottimali conoscenza e padronanza del
mezzo) e condizioni fisiche (freschezza, prontezza di riflessi) del conducente. I valori indicati, peraltro, risultano dalla somma
dei sub-tempuscoli che compongono l’intervallo psicotecnico, relativi al sopra
menzionato PIEV ed alla reazione tecnico-meccanica. {foto3c} In seguito a ciò, la mente procede ad elaborare le
sensazioni, ricevute attraverso i sensi (in questo caso, la vista) e trasmesse
al cervello attraverso il sistema nervoso, mediante il processo di intellezione-emozione-volizione, allo scopo di inviare ai
muscoli, sempre attraverso il sistema nervoso, il messaggio contenente la decisione
finale, quale risposta cosciente e volontaria allo stimolo ricevuto.
Sebbene il pensiero sia molto più veloce dei sensi, il processo mentale, che
segue la percezione e che precede la reazione muscolare del conducente, ha una
durata complessiva di almeno altri 10 centesimi di secondo circa. A questo processo, esclusivamente psicologico,
segue, senza soluzione di continuità, la reazione psico-motoria; questa, in
funzione della manovra voluta, può consistere nelle seguenti operazioni:
rilasciare l’acceleratore (od il freno), premere il pedale del freno (o
dell’acceleratore), accelerare e sterzare, frenare e sterzare. Pertanto, al
tempuscolo di durata della fase esclusivamente psichica, va sommato quello di
durata della fase di reazione psico-fisica, la cui durata è estremamente
variabile, in quanto dipende dalla prontezza o meno dei riflessi del conducente
e viene decisamente influenzata dalle sue condizioni mentali e fisiche, nonché
dalle situazioni ambientali; la durata di tale tempuscolo risulta sensibilmente
variabile fra i 30 e gli 80 centesimi di secondo. Infine, per la determinazione della durata
dell’intervallo psicotecnico nella sua interezza, occorre aggiungervi l’entità
del tempuscolo relativo al periodo prettamente tecnico, che precede
l’istante di entrata in funzione degli organi meccanici del veicolo, di valore
mediamente compreso fra i 25 ed i 50 centesimi di secondo. Gli aspetti psicotecnici del conducente devono
essere considerati, oltre che relativamente alla generica manovra di arresto,
anche in relazione ad altre manovre richieste durante la guida, quali il
sorpasso, le svolte, i cambi di direzione, l’immissione nel flusso della
circolazione; quest’ultima manovra, peraltro, può avvenire con il veicolo già
in movimento oppure con l’avvio da fermo. In particolare, gli aspetti psicotecnici della
manovra di avvio da fermo di un veicolo, molto spesso, assumono una rilevante
importanza, soprattutto nello studio della cinematica dei sinistri verificatisi
nell’area di un’intersezione stradale od in corrispondenza della zona critica
in cui, da un luogo non soggetto a pubblico passaggio, si accede sulla strada. Tale esame deve tener conto dell’intervallo
temporale intercorrente fra l’istante in cui il conducente assume
l’irreversibile decisione di immettersi e quello del materiale avvio del
veicolo; si consideri che, dopo l’istante decisionale, il conducente agisce,
immediatamente e con la massima tempestività possibile, sui comandi meccanici
del veicolo che, conseguentemente, viene sottoposto alla necessaria spinta
accelerativa. Per tale ragione egli, da questo momento in poi, non può più adottare
alcuna contromanovra (come, ad esempio, fermarsi o tornare indietro), se non
esponendo a seri pregiudizi la propria e/o l’altrui sicurezza, in quanto si
trova nella fase in cui è la macchina a prevalere sull’uomo. L’insieme di queste valutazioni è imprescindibile e
di determinante importanza, al fine di poter individuare e delineare le varie
responsabilità in ordine alla causazione del sinistro; infatti, raffrontando i
tempi psicotecnici degli antagonisti e ricostruendo, con un percorso logico e
cronologico a ritroso che inizi dal punto di collisione, le rispettive
posizioni e possibilità di reciproco avvistamento, abbiamo modo di verificare,
da un lato, se il conducente che ha effettuato la manovra di immissione abbia
omesso (o meno) di concedere la precedenza (art. 145 del CdS) al conducente
circolante sulla strada privilegiata, e dall’altro, se il sopravveniente
conducente favorito abbia (o meno) mantenuto una velocità conforme al dettato
normativo (articoli 141 e 142 del CdS); ciò, a prescindere dalla ulteriore
verifica se, comunque, entrambi abbiano usato la massima prudenza ed abbiano
fatto tutto il possibile per evitare l’incidente (art. 145, comma 1, del CdS). Per tali finalità, occorre accertare se,
nell’istante del suo irreversibile divisamento di effettuare l’immissione (con
il successivo ed immediato azionamento dei relativi comandi meccanici del
veicolo), il conducente in procinto di immettersi abbia avuto la possibilità di
avvistare il sopravveniente veicolo antagonista; in caso affermativo, egli ha
senz’altro violato la norma di cui all’art. 145 del CdS, mentre, in caso
negativo, quantunque possa essersi verificata una collisione, il medesimo è da
ritenersi esente da responsabilità, in ordine alla causazione del sinistro, per
aver effettuato l’immissione in condizioni di “sicurezza putativa”. Trattasi di
un caso limite, ma pur sempre possibile, da esaminare molto attentamente, nella
variegata fenomenologia dell’infortunistica stradale; meno rara è, invece,
l’evenienza in cui la responsabilità ricada unicamente su chi si immette;
mentre, infine, l’ipotesi più frequente è quella in cui si ravvisi il generico
concorso di colpa (art. 2054 del codice civile) fra le manchevoli condotte di
entrambi i protagonisti. Pertanto, è parimenti necessario accertare quale sia
stata la velocità mantenuta dal conducente privilegiato dalla precedenza, al
fine di verificare se, da parte del medesimo, siano stati o meno rispettati i
precetti impostigli dagli articoli 141 e 142 del CdS. Infatti, anche nell’ipotesi in cui il conducente
obbligato dalla precedenza abbia omesso di accordare all’altro la priorità di
passaggio, occorre sempre verificare se la velocità di quest’ultimo possa
rilevare o meno quale causa colposa concorrente, ovvero se l’omissione della
precedenza assurga come elemento colposo esclusivo nella causazione del
sinistro. Al contrario, nella summenzionata (quantunque rara)
ipotesi limite di immissione avvenuta in condizioni di “sicurezza putativa”,
sarà la velocità tenuta dal conducente del veicolo sopraggiungente, senz’altro
per la sua assoluta inadeguatezza sia sotto l’aspetto “qualitativo” (art. 141
del CdS) che sotto quello “quantitativo” (art. 142 del CdS), ad assumere gli
inequivocabili connotati di causa colposa esclusiva, in ordine alla produzione
dell’evento infortunistico. Per la determinazione della durata del relativo
intervallo psicotecnico, bisogna tener presente che l’esecuzione di una normale
e regolare partenza da fermo richiede, al conducente, la realizzazione di una
serie di attività, quali il preventivo rilascio del freno, l’azione
sincronizzata frizione-acceleratore, nonché un’eventuale sterzata, a destra od
a sinistra, con il contestuale superamento dell’inerzia di avvio del veicolo;
in particolare, per i veicoli a quattro ruote, il rilascio del pedale della
frizione e la coordinata pressione sul pedale dell’acceleratore devono avvenire
con la necessaria gradualità, allo scopo di evitare l’inconveniente
dell’accidentale spegnimento del motore, evenienza questa molto frequente per i
principianti della guida; per l’insieme di queste ragioni, la durata
dell’intera manovra dipende molto anche dall’abilità del conducente. La pendenza della strada, soprattutto quella in
salita, rendendo più difficoltosa l’esecuzione della manovra in questione,
comporta un consistente incremento della durata di tale intervallo
psicotecnico. Qualora, infine, vengano esaminate fattispecie in
cui siano riscontrabili ulteriori elementi o fattori, che possano aver reso
ancor più difficoltose le varie manovre, occorrerà apportare, ai suddetti
valori di durata dell’intervallo psicotecnico del conducente, quelle necessarie
e congrue maggiorazioni, che si riterranno più congrue ed appropriate ai
diversi casi in trattazione. Un veicolo in movimento impegna uno spazio complesso,
comprensivo dello spazio reale della
sua massa fisica e dello spazio
virtuale di occupazione richiesto dalla manovra di arresto;
quest’ultimo (denominato anche più genericamente spazio totale di arresto), a sua volta, si compone dello spazio
percorso durante l’intervallo psicotecnico e dello spazio di frenatura vera e
propria. Tenendo, inoltre, in debita considerazione
l’eventualità di ritardi nella realizzazione di tali azioni psico-meccaniche, è
sempre consigliabile aggiungere, a questo spazio, un congruo margine di sicurezza, la cui estensione
può variare, soggettivamente, da conducente a conducente. In pratica, è come se un veicolo, con l’aumento
della propria velocità, diventi (anteriormente) sempre più lungo e meno
collocabile negli spazi lasciati liberi dalla occupazione del piano viabile da
parte degli altri veicoli; nonché sempre meno inscrivibile nelle curve
stradali. A tale riguardo, possiamo immaginare i veicoli in movimento come
degli sciatori, muniti di sci tanto più lunghi (nella parte anteriore), quanto
più la loro marcia sia veloce. Quindi, questa dilatazione in avanti delle
dimensioni virtuali di ingombro del veicolo aumenta con l’aumentare della
velocità; però, mentre la lunghezza dello spazio percorso durante l’intervallo
psicotecnico aumenta in misura semplicemente proporzionale al valore
dell’aumento della velocità, quella dello spazio percorso sotto frenatura
aumenta in misura proporzionale al quadrato del valore dell’aumento della
stessa. Chiariamo con un esempio. Un conducente procede, alla guida di un autoveicolo, con la
velocità di 50 km/h (che sono pari a 13,90 m/s circa) e, percepita la necessità
di arrestarne la marcia, reagisce eseguendo un’energica frenata; considerata
pari ad 1 secondo la durata dell’intervallo psicotecnico e pari a 7 m/s² la decelerazione intervenuta, il
veicolo percorrerà 13,90 metri circa durante l’intervallo psicotecnico e 13,80
metri circa sotto frenatura; lo spazio virtuale di occupazione (spazio totale
di arresto) sarà quindi pari a complessivi 27,70 metri circa. Qualora, invece, la velocità mantenuta
da quel conducente, con lo stesso automezzo, fosse di 100 km/h (valore doppio
rispetto a quello della precedente ipotesi), a parità di condizioni (assumiamo,
in astratto, che il la decelerazione rimanga sempre pari a 7 m/s², quantunque ciò non corrisponda alla
realtà, poiché, con l’aumentare della velocità, tale valore si riduce
sensibilmente, determinando una ulteriore dilatazione dello spazio di
frenatura), il veicolo percorrerà 27,80 metri circa (il “doppio” dei precedenti
13,90 metri) durante l’intervallo psicotecnico e 55,20 metri circa (non più il
doppio, bensì il “quadruplo” dei precedenti 13,80 metri) sotto frenatura; lo
spazio totale di arresto sarà, infine, pari a complessivi 83 metri circa, concretando
una differenza in più di ben 55,30 metri rispetto alla precedente ipotesi. Quanto appena detto sta ad evidenziare come, a
parità di condizioni, la velocità influisca in misura davvero rilevante
sull’estensione dello spazio virtuale di occupazione relativo ad un veicolo in
movimento. Per questa ragione, ogni conducente, in ossequio al dettato
normativo di cui all’art. 141 del Codice della Strada, al fine di essere in
grado di compiere la manovra di arresto entro il suo campo di visibilità e
dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, deve regolare la velocità del mezzo
in modo tale che lo spazio virtuale di occupazione risulti sempre inferiore
(od, al massimo, pari) alla profondità della propria visuale libera. *Già
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