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Articoli 14/01/2003

Intervista esclusiva del Cardinale Ersilio Tonini al Centauro Riscoprire la coscienza

“Si ha paura di toccare il mondo giovanile per i riflessi che ne possono scaturire a livello politico” “È diventato vietato vietare”

Intervista esclusiva del Cardinale Ersilio Tonini al Centauro
Riscoprire la coscienza
“Si ha paura di toccare il mondo giovanile per i riflessi che ne possono scaturire a livello politico” “È diventato vietato vietare”

di Giordano Biserni e Roberto Rocchi

Per la seconda volta, in pochi anni, ci troviamo di fronte al cardinale Esilio Tonini per tentare di intervistarlo sui temi della sicurezza stradale e dei problemi ad essa connessi. E invece, come già avvenne la volta precedente, è il "monsignore" ad accompagnarci nel dialogo e dopo pochi minuti anziché essere noi a rivolgergli domande, è lui che cattura la nostra attenzione regalandoci una profonda ed attenta analisi che riguarda la vita dell’uomo, la sua coscienza ed il modo con cui si pone davanti ai tanti problemi fra i quali appunto quelli che derivano dalla strada.

 

Monsignor Tonini, lei conosce bene la nostra associazione e sa quanto ci preme parlare essenzialmente di sicurezza stradale. Tuttavia, i fatti che si sono sovrapposti in questi ultimi mesi e che hanno visto in crisi l’istituzione-famiglia, con tante morti violente, ci richiamano alla mente l’analogia con lo stragismo quotidiano, continuo e non episodico che avviene sulla strada.

 

La causa è forse da ricercare anche in una perdita generalizzata di valori?
"La mia impressione è che stiamo attraversando un momento molto delicato e mi sembra che l’attenzione pubblica sia stata richiamata, quasi assorbita, soltanto sui fenomeni cha hanno rilevanza politica. In un era di profondi cambiamenti come la nostra, abbiamo certamente bisogno della politica, ma di quella intesa come arte di fondazione dei nuovi equilibri sociali e perciò anche umani. Non a caso Aristotele sosteneva che la politica è la più architettonica delle scienze. Tuttavia, spesso ci si dimentica di una cosa: se è vero che si deve costruire una polis, cioè mettere assieme molti individui, occorre prima che ciascuno sia "costruito" bene. Questo è il vero problema, abbiamo perso il significato del singolo, oggi considerato un essere intoccabile, la cui libertà anche estrema deve sempre essere garantita. Siamo dunque arrivati ad un positivismo giuridico spaventoso. Ricordo un recente incontro con un’assemblea di avvocati: a loro dissi che il mestiere che esercitano li porta a muovere leggi e regolamenti come avviene col gioco degli scacchi, che s’intrecciano, si confrontano, si combattono. Ma la legge vale fino a quando ha un suo valore morale ed è questo il punto da mettere a fuoco: bisogna chiedersi se il valore morale sta soltanto nel fatto che si è compiuta un’azione in modo libero, oppure, se la stessa azione è stata degna dell’essere uomo, perfezionandolo, portandogli un valore aggiunto. Torno di nuovo a citare i greci, che ci hanno regalato un immenso patrimonio filosofico-culturale, per ricordare come lo stesso Socrate, vissuto quattrocento anni prima di Cristo, si è accorto che nell’uomo c’era qualcosa di speciale, di sovrasensibile che oggi, per tornare ai fatti nostri, si sta sempre più velocemente trascurando e dunque perdendo. Siamo passati dalla dittatura politica alla democrazia per arrivare ad una libertà che ha posto il proprio "io", inteso come individualità strettamente privata, in maniera altrettanto tirannica, che non segue norme e regole e che alla fine ha persino consentito di arrivare ad affermare il concetto del vietato vietare. Ecco perché in questo momento è necessaria l’azione della Chiesa, la quale può aggiungere qualcosa di più alle motivazioni dell’uomo ed aiutarlo a perfezionarsi concretamente. L’uomo è opera di Dio, non dimentichiamolo mai".

Possiamo allora arrivare a dire che il problema delle tante stragi stradali, soprattutto se riferite ai giovani, è anche un problema etico-religioso e come tale va affrontato?
"Certamente, dobbiamo renderci conto che l’uomo è in grado di scoprire l’universo e portarlo dentro di sé, anzi, l’intero universo lavora per l’uomo e questo è un mistero profondo che non può essere escluso dai nostri ragionamenti. Nasce allora il concetto che ciò che noi facciamo nella quotidianità ha riflesso su Dio, il quale si aspetta qualcosa e in virtù di questo dobbiamo prenderci cura di noi stessi ed avere rispetto per la nostra vita innanzitutto, eppoi per quella degli altri. Se non abbiamo motivazioni forti alle spalle, allora il nostro fare è tutta fatica sprecata e questo vale anche per i tanti problemi che s’incontrano sulla strada: non possiamo relegare il rispetto della vita e delle norme stradali che tentano di salvaguardala, ad un fatto puramente giuridico o repressivo. E’ sbagliato ritenere che ci si debba comportare in un determinato modo solo per timore delle eventuali sanzioni oppure dei controlli di polizia. Occorre riscoprire il senso ed il valore della vita. Mi viene in mente quella volta che andai in carcere per conoscere quei ragazzi che dopo aver lanciato un masso da un cavalcavia, provocarono la morte di una donna. Nell’incontrarmi, mi dissero con sincerità che il carcere aveva fatto riscoprire in loro una coscienza e il disperato bisogno di riflettere molto prima di compiere qualsiasi azione. Ed è proprio su questo che dobbiamo puntare con forza e determinazione: dobbiamo gridare al mondo intero l’esigenza di riscoprire la nostra coscienza, una parola che pare scomparsa dalla nostra vita, dai dialoghi con gli altri, persino dai giornali. La forza della nostra mente è quella di consentirci di distinguere ogni cosa e poterne fare una graduatoria a seconda di ciò a cui noi diamo importanza. Dobbiamo cioè essere in grado di discernere il bene dal male e questo può avvenire soltanto con la riscoperta della nostra coscienza più pura che, voglio ribadirlo, è l’atto col quale la nostra mente torna sui propri atti. Venendo al caso nostro, quando una persona si mette alla guida di un auto deve perciò essere in grado di valutare, con la propria coscienza, se quell’azione è un bene o un male, se cioè può effettuare quel sorpasso, se può giungere a quella velocità, se in quell’atto non consegue alcun pericolo per coloro che ci stanno accanto in macchina o che circolano assieme a noi sulla strada."
In questo senso quale è il ruolo della famiglia e soprattutto dei genitori?
"Onora il padre e la madre, dice il comandamento. Ora, invece, si è giunti al caso limite nel quale il genitore rappresenta soltanto la figura che dà un sostegno economico e quando diventa di ostacolo, come abbiamo visto di recente, si arriva all’estremo di distruggerlo anche fisicamente. Bisogna restituire ai figli il senso della riverenza ai genitori, cioè a coloro che gli hanno donato la vita.
Tuttavia, mi rendo conto come non sia cosa facile e non è possibile farne una colpa diretta agli stessi genitori, i quali si trovano a sostenere difficoltà incredibili che spesso mettono a rischio lo stesso rapporto tra padre o madre e il proprio figlio. Cito sempre un esempio che mi è rimasto impresso nella mente e che credo sia molto significativo. Si tratta di due genitori bolognesi che vennero violentemente accusati dal figlio di comportarsi come dei prevaricatori della libertà perché rimanevano alzati la notte per attendere il suo ritorno dalla discoteca. Dopo qualche tempo, di fronte a tale intransigenza, i due genitori decisero comunque di rimanere alzati ad attendere il rientro del ragazzo, ma non appena questi varcava la porta di casa fingevano di essere già a letto a dormire. Di fronte a questi casi mi chiedo: l’essere genitore ha soltanto un valore affettivo, oppure comporta anche una rilevanza giuridica? E’ naturale come sussista anche questa seconda condizione e la conferma deriva dal fatto che quando un figlio cagiona un danno è chiamato a risponderne anche il genitore. Ecco perché lo Stato dovrebbe proteggere anche i diritti dei genitori, che sono quelli di adempiere alla crescita dei figli ed esporli a quanti meno pericoli possibili. Quello che avviene sulla strada deve pertanto essere considerato come un sintomo, il sintomo di quel malessere che talvolta nasce proprio in seno alla famiglia e che vede in difficoltà anche i genitori più bravi."
Monsignor Tonini, qualche anno fa lei affermò che le stragi stradali rappresentavano il più grande scandalo politico del secolo. Oggi, che ci troviamo nel nuovo millennio, si sente di riconfermare questo severo giudizio?
"Purtroppo le cose sono peggiorate e in tutta onestà credo che oggi lo scandalo sia questo: si ha paura di toccare il mondo giovanile per i riflessi che ne possono scaturire a livello politico. Sono anni che si parla e si aprono tavole rotonde sulle cosiddette stragi del sabato sera, ma a quanto pare non si è giunti ad alcuna soluzione efficace. Rimane la paura, nel mondo politico ed istituzionale, che eventuali norme restrittive possano danneggiare l’immagine del partito, dell’istituzione e delle conseguenze negative che si potrebbero registrare nelle successive elezioni.
Questo è il vero grande scandalo che getta non poche responsabilità sulla politica! La politica dovrebbe essere a difesa della vita, dovrebbe salvaguardare l’incolumità dei cittadini proprio come è avvenuto in origine, quando le prime città romane nacquero proprio per rendere più sicura la vita di ciascun individuo. Mi domando com’è possibile che di fronte a migliaia di morti e di feriti i nostri decisori politici rimangano del tutto indifferenti. E come ha fatto, allora, il primo ministro Blair a costruire una serie di norme e di leggi che hanno notevolmente anticipato la chiusura dei locali notturni e rese più sicure le strade inglesi? Non è possibile arrivare a questo risultato anche nel nostro Paese? A questo proposito ricordo che qualche anno fa, venuto a conoscenza di un dibattito che si stava svolgendo all’interno della Regione Emilia Romagna sul tema delle stragi del sabato sera, inviai con urgenza un fax dove supplicai di prendere provvedimenti coraggiosi e determinati. A quel messaggio non solo non ebbi mai risposta, ma non fu deciso niente di particolarmente efficace e soltanto il sindaco ed il presidente della mia provincia, cioè di Ravenna, appoggiarono le mie richieste. A questo stato di cose, poi, non possiamo nemmeno nascondere il timore evidente che i nostri politici nutrono nei confronti di certe lobby economiche, di quanti lavorano col turismo di massa, dei proprietari delle discoteche, senza poi considerare il fatto che non vorrebbero mai figurare agli occhi della gente e dei giovani in particolare come anti-libertari. Questo è un grande scandalo e credo che oggi anche il grido di monsignor Tonini sia una voce persa nel deserto."
Questo non lo crediamo proprio Eminenza, tutt’altro. Semmai accanto alla sua anche altre voci dovrebbero alzarsi e rendere ancora più assordante l’eco di un messaggio che oggi deve essere rivolto più che mai ai tanti giovani che solcano le strade, specialmente la notte, alla ricerca di un divertimento che troppo spesso si trasforma in una tragedia ed in un allucinante incubo che finisce con la morte…
"Il mese scorso ho avuto il piacere di incontrare nel Veneto cinquecento giovani coi quali ho avuto uno splendido colloquio. A loro ho detto una frase forte: essere giovani non è la miglior fortuna del mondo.
Si avverte infatti nei ragazzi una sottile malinconia, quasi impercettibile, che segue ogni loro gesto, ogni ragionamento, ogni azione. E’ una malinconia che rende i ragazzi più assenti e meno fiduciosi del futuro e li consuma lentamente nel loro intimo. Ecco perché si arriva poi ad assumere stili di vita e comportamenti che tendono solo a nascondere questo senso di insoddisfazione, il quale torna di nuovo a galla a divertimento finito. E’ una cosa grave, specialmente se rapportato all’era moderna nella quale viviamo dove esistono opportunità incredibili, a cominciare da un’Europa che attraverso l’unione economica e politica ha diminuito le probabilità di rimanere protagonisti delle guerre. A questi ragazzi ho chiesto: come vivete questo periodo, possibile che la principale preoccupazione sia solamente quella di domandarsi con chi uscire la sera o in quale discoteca andare a ballare? Un giovane mi ha risposto che vorrebbe impegnarsi e darsi da fare per gli altri, ma si sente troppo solo, sfiduciato, circondato da nemici. Ma questo non deve rappresentare un ostacolo, semmai è uno stimolo in più per reagire, proprio com’è avvenuto alla fine dell’ultima guerra mondiale quando di fronte ad un’Italia completamente distrutta e fra le macerie, è nata nei giovani una forte voglia di ricostruire e ha consentito alla nazione di rialzarsi in piedi e di camminare a testa alta. Anche la Chiesa, intesa nella sua globalità di comunità cristiana, deve interrogarsi su queste cose e prendere sul serio la figura del giovane per aiutarlo a crescere in un ambiente sereno, in una famiglia dove il padre e la madre vivono in completa armonia. Contemporaneamente la scuola deve riappropriarsi del proprio ruolo-guida e dare la possibilità ai ragazzi di evolvere e stimolare la propria coscienza nel rispetto dei valori della vita. L’uomo ha bisogno della felicità e non c’è maggiore felicità di quando ci si trova sereni e tranquilli con se stessi. Vorrei concludere con una riflessione di un grande pensatore italiano, Giuseppe Capograssi, fondatore della scuola italiana di filosofia del diritto. Ha detto: la vita umana si basa sullo scambio; al mercato ci si scambia le merci, nel lavoro si scambia la fatica ed il lavoro fisico con il compenso economico; nell’amicizia, invece, si scambiano i sentimenti con i sentimenti e già comincia un valore spirituale del tutto gratuito che non è misurabile; nella famiglia, infine, c’è scambio di vita con vita e il più debole viene prontamente difeso dal più forte, così come i genitori difendono strenuamente i propri figli e maggiore è l’aiuto che si dona e più s’avverte il senso di soddisfazione nel vedere crescere sano e forte il proprio figlio. In questo meccanismo si racchiude il nostro umanesimo che supera il mondo animale e vegetale. Ciascun uomo è al servizio gratuito dell’altro e la donazione di se stessi al nostro prossimo rappresenta il valore più grande. Tutto questo suppone una vera rivoluzione nella nostra mente e soprattutto nella nostra coscienza e ciascuno di noi deve essere pronto ad intraprendere questo cammino, certamente difficile, ma il solo che potrà portarci un futuro e perciò ad un mondo migliore."

 

E’ una grande missione quella a cui lei ci chiama, cardinale Tonini, e siamo convinti che forse è anche l’unica che può realmente portare a qualcosa di buono anche per quanto riguarda i tanti problemi della strada che sono e rimangono problemi della vita. Non siamo in grado di dirle se ce la faremo, ma le garantiamo tutto il nostro impegno ed accanto al nostro quello di migliaia di colleghi che oltre ad essere poliziotti e tutori dell’ordine sono anche padri, madri e figli. Per questo motivo non ci faccia mai mancare il suo pensiero ed il suo affetto.

 

Il profilo del Cardinale Esilio Tonini

 

 
Monsignor Esilio Tonini è nato a Centovera di Sangiorgio Piacentino il 20 luglio 1914 ed è il terzo di cinque figli. Entrato in seminario a undici anni, ne esce consacrato nella veste sacerdotale il 18 aprile del 1937. Trasferitosi a Roma per frequentare l’Università Lateranense, si specializza in Diritto Civile Canonico e rientra a Piacenza nel 1943 per svolgere l’attività di docente e di assistente spirituale dei gruppi di universitari cattolici Fuci. Nel maggio del 1953 viene nominato parroco a Salsomaggiore dove realizza il grande oratorio "Don Bosco" e nel 1968 torna a Piacenza per reggere il locale seminario. L’anno dopo, per volontà dell’allora pontefice Paolo VI, viene ordinato vescovo e dopo 26 giorni assume la responsabilità vescovile della diocesi di Macerata e Recanati. Nel 1975 passa all’arcidiocesi di Ravenna dove svolge una mirabile opera di ricucitura dell’unità della chiesa ravennate e realizza diverse strutture per i più bisognosi fra le quali ricordiamo il Centro di solidarietà per tossicodipendenti, il Centro di accoglienza alla vita, l’AVULSS per il servizio di volontariato alle persone più emarginate e la Mensa della Fratellanza. Il 15 dicembre 1990, dopo avere compiuto il 75esimo anno di età, lascia l’incarico di arcivescovo di Ravenna e nel 1994 viene nominato Cardinale ed alterna i nuovi impegni pastorali a conferenze in tutta Italia. Numerosi i suoi interventi pubblici sulle principali testate giornalistiche ed in trasmissioni televisive, fra le quali ricordiamo "I dieci comandamenti" di Enzo Biagi, nelle quali ha potuto fare pesare la sua opinione non soltanto come uomo di Chiesa, ma anche come osservatore e commentatore dei tempi. Attualmente è ospite della trasmissione Domenica In, dove interviene sui temi della morale e della società

 

 

 

 

Il Cardinale Ersilio Tonini con il Direttore del Centauro Giordano Biserni.
Un momento dell’intervista.

 



di Giordano Biserni e Roberto Rocchi

da "Il Centauro" n. 73
Martedì, 14 Gennaio 2003
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