www.lautoaffare.it Non è un gioco di parole, ma una questione di sostanza. Se il modello di
autovelox è approvato dal ministero competente, dunque sulla carta è regolare,
ma non è stato sottoposto a taratura negli appositi centri di misura, le
infrazioni rilevate al codice della strada non sono legittime e pertanto sono
soggette ad annullamento. È quanto ha stabilito il giudice di pace di Vicenza
Marco Bresciani, accogliendo il ricorso delle avvocate Rosetta Licciardello ed
Elena Zambon, che avevano presentato ricorso contro la multa del 17 maggio 2004
riscontrato con l’autovelox “104/C2 video system”. Quel giorno la Volvo
intestata allo studio del commercialista Maurizio Casalini percorreva alle 16.04
viale Anconetta agli 80 all’ora superando il limite dei 50. Per la cronaca alla
guida non c’era il professionista che si trovava a Milano, come dimostrano degli
scontrini fiscali. Comunque sia, il 4 settembre gli venne notificato il verbale
oggetto del ricorso delle due avvocate, le quali sostenevano tra i motivi di
annullamento, il fatto che l’autovelox utilizzato dalla polizia municipale del
capoluogo non fosse stato tarato in maniera corretta. Di conseguenza, non
essendo in linea con le norme nazionali e internazionali, «la misurazione della
velocità rilevata è inattendibile». A questo proposito, in una causa promossa
davanti al giudice di Lodi il perito Paolo Soardo dell’istituto elettrotecnico
nazionale Galileo Ferraris di Torino, che com’è noto è l’ente più prestigioso in
Italia in materia di “metrologia”, ha sottolineato che «uno strumento di misura
per essere attendibile dev’essere tarato con riferimento a campioni nazionali e
nessuna tolleranza forfettaria può sostituire la taratura». Il giudice
accogliendo il ricorso delle legali Ricciardello e Zambon ha scritto che
«l’apparecchiatura utilizzata dalla polizia municipale di Vicenza - cioè
l’autovelox 104/C2 -, manca della prova di corretta sottoposizione a taratura da
parte degli istituti metrologici primari, ovvero da parte dei centri di taratura
individuati dal prescritto provvedimento del ministero competente». L’autovelox
individua la velocità di un veicolo con la classica formula della fisica
“spazio/tempo”, dove lo spazio è la distanza tra le due fotocellule situate a
una certa distanza dai vigili e il tempo è quello impiegato dal mezzo in
movimento per oltrepassare i due sensori. «Questo modo di operare - afferma
Bresciani - non può prescindere dalla misurazione lineare esistente tra le due
fotocellule e dalla misurazione dell’intervallo di tempo trascorso: misurazioni
che se non corrette possono evidentemente falsare la rilevazione». Il giudice
aggiunge che l’eccezione sollevata dall’avvocatura del Comune, e cioè che
l’autovelox in questione è stato omologato dal ministero, di per sè non è
sufficiente «posta l’evidente differenza tra le due terminologie, ove per
omologazione ministeriale ha da intendersi l’approvazione da parte dell’autorità
competente dell’utilizzo di una specifica strumentazione, (.), mentre per
taratura ha da intendersi la verifica della corrispondenza delle misurazioni
effettuate dalla medesima apparecchiatura omologata ai campioni nazionali delle
unità di misura, al fine di garantire il corretto utilizzo della stessa e il
mantenimento nel tempo di questa corrispondenza». Perciò, se manca questa
verifica preventiva, «il risultato ottenuto non è legalmente attendibile,
sebbene frutto dell’utilizzo di uno strumento omologato». Ecco perché la multa
di 159,55 euro e la decurtazione di due punti della patente sono state
annullate. (Ivano Tolettini)
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