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Notizie brevi 17/03/2006

Il calcio del futuro si metterà il casco

La Fifa: riduce i rischi del 50 %

SANKT MORITZ — Una fascia-casco per proteggere la testa dei calciatori. Nell’agosto 2005 è stata approvata dalla federazione americana calcio (Ussf) perché ha riconosciuto la pericolosità dei colpi di testa nel soccer: non quelli al pallone (anch’essi però sotto osservazione), ma quelli da contrasto (soprattutto testa-testa) e di impatto al suolo.
Il casco protettivo è entrato così nei club giovanili (college) e nel calcio femminile prima, nelle leghe maggiori Usa adesso. Ed è diventato una moda. Ma già all’ultima Olimpiade di Atene lo avevano indossato undici calciatori di Messico, Argentina e Giappone. I più importanti giornali americani, tra cui il New York Times, il Wall Street Journal eil Washington Post, ne hanno parlato diffusamente.
Il dibattito sui rischi del cervello dei calciatori è così aperto: il Corriere della Sera ha anticipato il tema in occasione della decisione (aprile 2004) del calcio olandese di vietare i colpi di testa nelle categorie giovanili fino a 14 anni. Durante i primi incontri di specialisti in neuro- traumatologia dello sport a Samedan, organizzati da Nicola Biasca, medico della Federazione internazionale hockey sul ghiaccio e traumatologo del locale ospedale cantonale, sono stati i neuropsicologi a tenere banco.

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Gli americani, maggiormente esperti nei traumi del football, della boxe e di altri sport di impatto, presero molti appunti e, tornati a casa, hanno subito cercato una soluzione. Anche perché molte mamme statunitensi non facevano più giocare i loro figli a soccer proprio per timore dei traumi cerebrali. Così, al secondo appuntamento internazionale in corso in questi giorni all’Hotel Crystal di Sankt Moritz, presenti anche i medici della Fifa, il nuovo casco è stato «scientificamente» presentato. L’inventore è un ex calciatore californiano, Jeff Skeen, che, dopo aver subito un trauma cranico in una partita, ha deciso di investire i suoi risparmi in un’azienda, la Full 90, che studiasse un rimedio. È nato così un prototipo di casco protettivo che, nel 2005, ha superato i test della Fifa dimostrando di ridurre di oltre il 50% il rischio di danni al cervello per scontri testa-testa.
Per il neuropsicologo olandese Erik Matser, della Erasmus University di Rotterdam, e per il «padrone di casa » Nicola Biasca, però, il casco non è sufficiente a proteggere dai colpi di testa al pallone. Curiosità: la palla in media viaggia a 65 km l’ora, e quando impatta con la testa è come se ci si scontrasse con un’auto in movimento. I microtraumi al cervello, non rilevabili, sarebbero in realtà molto deleteri soprattutto perché ripetuti. Si tratta, alla fine, di vere commozioni cerebrali lievi che si sommano negli effetti. E, attenzione, il 90% di queste commozioni nel calcio, non sarebbe oggetto di controlli.
Una seconda botta nello stesso punto, soprattutto nei giovani, ha un effetto che va moltiplicato per quattro. La soluzione? Test psico-cognitivi subito dopo l’impatto e anche nei giorni seguenti. I sintomi possono comparire anche dopo 48 ore. «E — suggerisce Matser — gli arbitri in campo oltre al cartellino giallo e rosso dovrebbero avere quello della prevenzione». Si tratta di un test rapido, a domande, della durata di tre minuti, sufficiente a capire lo stato del giocatore. E non si dovrebbe ricominciare a giocare fino a quando le risposte ai test di memoria e psico-cognitivi non tornano nella norma.
Matser continua: «Un giocatore di serie A in Europa colpisce il pallone di testa da 150 a 1.500 volte a stagione in base al ruolo che ricopre. E, secondo me, oltre mille colpi di testa rappresentano un serio fattore di rischio per il cervello. Un esperimento fatto su 53 calciatori professionisti e 27 nuotatori ha dimostrato un deterioramento nella memoria e nel profilo neuro-psicologico (deficit affettivi e cognitivi) dei primi rispetto ai secondi». Viene mostrato un filmato in cui un portiere della serie A svizzera fa una papera (che causa un gol), subito dopo aver preso un colpo in testa. Per i massaggiatori era a posto, ma lui non è riuscito a coordinare i movimenti.
Donald Kirkendall, medico della Fifa, getta acqua sul fuoco sui colpi di testa al pallone, ma riconosce il pericolo per il cervello degli altri tipi di impatto: «Il casco è una soluzione». E, pensando alle griffe degli sponsor, potrebbe essere un nuovo spazio da «vendere».

Mario Pappagallo


© asaps.it


Da Repubblica.it
LA NOVITÀ / In Usa è già stato sperimentato
Venerdì, 17 Marzo 2006
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