La Suprema Corte ha attestato un duro colpo allo sfruttamento dei c.d. baby mendicanti affermando con chiarezza l’applicabilità del carcere preventivo per chi sfrutta i minori mandandoli sulla strada a chiedere l’elemosina. Lo ha stabilito la Cassazione,sezione V penale, con Sentenza n. 43868 del 9 novembre 2005 - depositata il 1° dicembre 2005 (Presidente B. Foscarini, Relatore A. Alfonso) che, nel confermare la custodia cautelare in carcere disposta dal GIP nei confronti di Robert M., 34enne indagato per avere sfruttato l’accattonaggio di minorenni, ha chiarito che ’’la finalità di sfruttamento non è esclusa dall’eventualità che un margine degli introiti dell’accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato’’. La Suprema Corte, decidendo in relazione ad caso in cui era stato contestato all’imputato il reato di cui all’art. 600 c.p., per aver ridotto in schiavitù e sfruttato per l’accattonaggio dei minori e degli handicappati, ha affermato che la finalità di sfruttamento, che distingue il suddetto reato da altre forme illegali di inibizione della libertà personale, non è esclusa dall’eventualità che un margine degli introiti dell’accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato. Determinante ai fini della decisione è apparso, invece, lo stato di soggezione in cui queste ultime versino essendo sottoposte all’altrui potere di disposizione che si estrinseca nell’esigere, con violenza fisica o psichica, prestazioni sessuali o lavorative, accattonaggio o altri obblighi di fare. Invano la difesa del Sig. Robert. M., per il quale il Tribunale della Libertà di Firenze, nel marzo 2005, aveva disposto il carcere preventivo si e’ rivolto alla Suprema Corte, sostenendo che non si poteva parlare di sfruttamento dal momento che i minorenni ’’traevano utili dall’accattonaggio’’. Sulla scorta delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha,quindi,dichiarato ’inammissibile’ il ricorso dell’uomo che resta dunque in carcere con l’accusa di avere sfruttato i baby mendicanti. La decisione appare pienamente in linea con l’orientamento già espresso in materia della Suprema Corte che lo scorso anno,aveva confermato una sentenza in tema di abbandono di minori ad un anno e a due mesi di reclusione ad una zingara, Zumra H., colpevole di avere abbandonato i tre figli minori, con meno di 14 anni (uno aveva solo due anni), a chiedere l’elemosina sul marciapiede di via XX Settembre a Genova (v. Cass., V sezione penale, sentenza n. 7556/05). La donna,condannata dalla Corte d’appello di Genova, nel maggio 2003, aveva proposto ricorso in Cassazione chiedendo le attenuanti generiche. La Quinta sezione penale, con sentenza n. 7556/05 aveva,invece, respinto il ricorso, sottolineando la legittimità della decisione dei giudici di merito che avevano rilevato ’’la consapevolezza dell’imputata di avere abbandonato i tre figli’’ e che ’’la precocità dei bambini nomadi non si attaglia va ai soggetti passivi del reato, segnatamente al bimbo di due anni che, lasciato libero dai fratellini, non era in condizioni di provvedere a se stesso, girovagando a pochi passi dal passaggio continuo dei veicoli”. Due sentenze lapidarie che fanno riflettere sulla condizione umana dei minori sfruttati agli angoli delle strade. La mendicità non è più considerata un atto illecito ma quando tocca i bambini essa diventa dolorosamente intollerabile. I bambini mendicanti sui marciapiedi di città piccole e grandi non vanno a scuola, non giocano, dormono dove capita,vivono ai margini tra denutrizione, malattie, maltrattamenti, sfruttamento. Per questi bambini l’infanzia è un’esperienza breve e spesso crudele. Sono oltre ottomila i bambini, quasi sempre extracomunitari e piccolissimi, che chiedono l’elemosina per le strade delle nostre città,come emerge dall’allarme lanciato dall’Osservatorio sul Lavoro Minorile con il primo Forum dedicato all’emergenza accattonaggio. Ma-si sottolinea- il dato non è certo ed è di difficile composizione: non esistono uffici pubblici né del volontariato sociale che riescano a quantificare in maniera palmare il fenomeno nel nostro paese. L’unica certezza è sulla nazionalità: sono quasi tutti immigrati stranieri. Il fenomeno più evidente di sfruttamento dei minori è rappresentato dai bambini che, soprattutto nella zona centrale o vicino alle stazioni, vendono ogni genere di mercanzia e che vengono definiti "baby mendicanti" (v. D. Pellegrino in Rivista Informa Giovani n. 3/99). Spugnette,accendini e fazzolettini costituiscono la loro merce di scambio, venduta nei parcheggi o ai semafori: qualcuno compra, spesso vengono allontanati con fastidio, ma pochi si chiedono cosa ci facciano lì e chi li sfrutti ovvero denuncino alle Autorità l’illecito sfruttamento. Da alcuni anni,ormai, gli investigatori delle varie Procure della Repubblica stanno cercando di scoprire chi siano gli adulti a capo di questa organizzazione. Un lavoro di "intelligence", di indagine, difficile e faticoso: il reato ipotizzato è quello di "riduzione in schiavitù". Difficile è anche scoprire quante ore i bambini vengono tenuti in strada,dove dormono,dove mangiano, a chi siano affidati. Ma l’altro problema è rappresentato dalla scarsità di posti di ricovero per questi bambini che vengono strappati ai loro padroni. Una questione che la legge non risolve, anche perché, minori di 14 anni, non possono essere espulsi. Per poterli rimpatriare è necessario rintracciare i parenti nel paese di origine e, nel caso in cui siano consenzienti al ritorno del minore, affidarli a loro. Risulta che molti bambini frequentino regolarmente la scuola e nel pomeriggio vendano spugnette e accendini per aiutare la famiglia rimasta nel Paese di origine. Aiutare la famiglia è,quindi,uno dei motivi principali per il quale i bambini vivono situazioni di sfruttamento e schiavitù come nel caso di molti bambini della comunità cinese, che lavorano 12, 13 ore al giorno su una macchina per cucire, in laboratori semiclandestini dove cinesi sfruttano altri cinesi che, per emigrare devono farsi anticipare somme che poi dovranno restituire a parenti e amici che sono già qui. Ma addossare la colpa di queste situazioni unicamente sulle spalle dei genitori o delle comunità straniere sarebbe un errore. Tali comportamenti sono tipici in presenza di un mercato selvaggio, basato unicamente sul prezzo come elemento di concorrenza. E’ il cosiddetto mercato globale che, organismi internazionali come l’Unicef, additano come fonte di sfruttamento e schiavitù. Altri dati importanti emergono dalla lettura del dossier ’’Erode: la strage degli innocenti’’, sulla situazione dei minori sfruttati nel mondo redatto dall’agenzia vaticana Fides (v. vita.it). l quadro che ne emerge e’ agghiacciante: un esercito di 860 milioni di bambini senza futuro fatto di minori denutriti, venduti,sfruttati, malati, che abitano nelle favelas, nei barrios, nelle strade, lavorano nelle miniere, nei campi, nei retrobottega, frugano nelle discariche in cerca di cibo, sono costretti a prostituirsi,a combattere in prima linea, sono vittime della fame, dell’Aids, dell’abbandono, dell’ignoranza e della solitudine. In questo desolante scenario spesso il bambino viene reificato, ridotto ad una ’’cosa’’, a ’’merce’’, merce che e’ per molti adulti - come riferisce il dossier della Fides, un buon affare e basta. Una rete di vendite e spostamenti che rende 1,2 miliardi di dollari l’anno, come altri tipi di traffici illeciti, dalle armi alla droga. Il traffico di esseri umani e’ ormai un problema su scala mondiale che coinvolge ogni anno almeno 1.200.000 minori al di sotto dei 18 anni. La ’’materia prima’’ si trova nei paesi poveri ed è costituita da una umanità indifesa e tradita sfruttata da associazioni criminali e che costituisce gli schiavi del XXI secolo, un numero di ragazzi in aumento, soprattutto in alcune regioni del mondo. Secondo il dossier della Fides,sarebbero 20 mila i baby accattoni che si aggirano per l’Italia e che costituisce un fenomeno che colpisce soprattutto le grandi città. Del totale almeno 8 mila popolerebbero il Lazio, come ha denunciato l’indagine parlamentare ’’Sull’infanzia in stato di abbandono o semiabbandono’’ presentata in occasione della Giornata dell’Infanzia. Purtroppo il fenomeno dei minori immigrati sfruttati è in crescita e nel suo andamento fluttuante difficile da monitorare: registra circa 8.000 casi all’anno; 1500 nel Lazio, tra 100 e i 150 nella Pro vincia di Latina. Le zone più colpite sono Latina, Aprilia, Terracina, Fondi con punte durante il mercato settimanale e il sud della provincia nel periodo estivo. Dal 2000 al 2005 sono stati identificati ben 50.000 minori stranieri abbandonati nondimeno il feno meno registra un preoccupante trend di crescita e vede coinvolti bambini di nazionalita’ romena (39%) marocchina (22%) e albanese (15%), dall’Europa orientale e dal nord Africa (24%). I dati provenienti dall’Osservatorio sul lavoro minorile e dal rapporto Telefono Azzurro - Eurispes rivelano poi che i baby accattoni sono mano d’opera a costo zero che frutta ogni giorno una cifra media di 35- 40 euro a Cosenza, fino ai 70 euro a Roma, senza dimenticare i piccoli comuni. Molti dei piccoli mendicanti sono mandati a elemosinare da comunita’ di Rom o da vere e proprie associazioni criminali e tornare a mani vuote dopo una giornata in strada, con qualsiasi tempo, significa subire punizioni esemplari. In questo quadro così desolante meritano di essere segnalate alcune lodevoli iniziative avviate dail Comuni tra cui quello di Roma che con la recente istituzione di un centralino telefonico contro lo sfruttamento dei minori dediti all’accattonaggio, promosso dall’assessore Raffaella Milano, sta ottenendo ottimi risultati. E’ emersa pure la necessità di interventi localizzati, affidati ai Comuni ed ai loro rappresentanti diretti sul territorio,finalizzata allo scambio di esperienze ed al monitoraggio del fenomeno del lavoro minorile in generale, con la creazione di una “Rete dei Comuni”, alla quale hanno sinora aderito 116 municipalità prima fra tutti quella di Napoli. Il Comune di Roma ha avviato,inoltre, un Centro di Contrasto alla Mendicità Infantile che ha iniziato la sua attività nel febbraio 2003 e da allora gli operatori sono entrati in contatto con 260 minori di cui 123 transitati direttamente per il Centro. La maggior parte degli assistiti è stata di nazionalità rumena (80%), quindi delle ex jugoslavia (19%) e in minima parte italiani (1%). Inoltre il lavoro di informazione e prevenzione in particolare nei campi Rom e nei luoghi di frequentazione o insediamento di stranieri effettuato anche grazie alla quotidiana collaborazione con i N.A.E. della Polizia Municipale e gli operatori scolastici, i servizi sociali territoriali e la rete dell’associazionismo ha fatto sì che il fenomeno subisse una sensibile riduzione. Il Comune di Torino, tra i primi in Italia, ha adottato il Piano dei Servizi Sociali di Zona che ha rafforzato lo stretto rapporto di condivisione e collaborazione esistente con le associazioni di volontariato e del privato sociale e il raccordo con gli altri servizi comunali (istruzione, Giovani, periferie ecc) con le A.S.L., magistratura e forze dell’ordine. Tutto ciò ha consentito di avviare sia un controllo capillare e una capacità di intervento significativa sui singoli casi, sia la realizzazione di un consistente numero di attività e progetti finalizzati alla prevenzione di rischi, al recupero di situazioni problematiche, all’inserimento sociale e culturale dei minori in difficoltà. Il Comune di Napoli ha creato e reso operativi vari interventi di sostegno al nucleo familiare e al recupero dei minori a rischio con il progetto “I fratelli di Iqbal” (destinato ai minori stranieri non accompagnati e presenti sul territorio cittadino), con l’assistenza fornita dall’ex- ENAOLI per minori orfani da entrambi i genitori e con il progetto “Baby Care” che prevede un’attività di sostegno domiciliare alle famiglie. Si segnalano,ancora,il progetto dalla “Scuola in Ospedale”, per garantire il diritto allo studio ai bambini ospedalizzati, i maestri di strada del progetto “Chance”; i progetti “Nisida Futuro Ragazzi” ed “Officina”, fio a quello dell’accoglienza ed al mantenimento in Istituti e Comunità di minori in condizioni di disagio sociale. A Latina è stato avviato un innovativo progetto denominato”Contrasto alla mendicità Minori’ coordinato da Prefettura e Provincia. Sono state attivate unità di strada formate da gruppi di volontari con il compito di contrastare il fenomeno dello sfruttamento minorile con la mendicità. Un intervento integrato e concertato che si basa sulla informazione, assistenza, segnalazione dei minori sfruttati, non certamente sulla repressione, un programma di collaborazione della comunità con le istituzioni che testimonia l’impegno della città per tutti gli aspetti sociali legati a una cultura dell’infanzia Sono tutte iniziative di grande rilevanza sociale dirette tutte a debellare la piaga del baby accattonaggio che affligge ormai tutte le grandi città del Paese e contro la quale la Suprema Corte ha inteso fornire un segnale forte con le sentenze in commento. (Altalex, 16 marzo 2006. Nota di Mario Pavone)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE SENTENZA n. 43868 del 01.12.2005 (Presidente B. Foscarini, Relatore A. Alfonso)
M. R. è stato sottoposto a custodia cautelare in carcere con ordinanza del GIP del Tribunale di Pisa per il delitto di cui alla L. n. 228 del 2003, art. 600 modif., avendo ridotto in schiavitù e sfruttamento per l’accattonaggio minorenni e handicappati. Il giudice del riesame confermava sulla scorta delle risultanze di prova generica. Ricorre personalmente l’indagato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: non vi è stata alcuna condotta di approfittamento o di coartazione della volontà. Il Tribunale trascura di considerare che la condotta costitutiva del reato non si configura quando la vittima trae un utile dall’accattonaggio. Le circostanze di fatto valorizzate sono anodine e di tenore non inequivoco: tanto è a dire, ad esempio, del borsello rinvenuto, contenente le monete, poichè l’appartenenza all’indagato è meramente presunta. Le censure esposte sono manifestamente infondate o versate in fatto. La finalità di sfruttamento, che distingue la fattispecie di cui all’art. 600 c.p. da ogni altra forma di inibizione della libertà personale, non è esclusa dall’eventualità (del tutto indimostrata nella specie) che un margine degli introiti dell’accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato. Determinante, invece, è lo stato di soggezione in cui queste ultime versano, essendo sottoposte all’altrui potere di disposizione, che si estrinseca nell’esigere, con violenza fisica o psichica, prestazioni sessuali o lavorative, accattonaggio od altri obblighi "di fare". La contestazione della valenza indiziaria degli elementi pregiati dal giudice di merito e l’offerta di una diversa "lettura" degli stessi attengono ai contenuti fattuali della decisione, sicchè ogni doglianza così configurata non può che essere qualificata come inammissibile. Il vizio di motivazione, delimitato con maggior rigore rispetto al precedente codice di rito alla manifesta illogicità risultante dal testo del provvedimento impugnato, comprime il potere-dovere di cognizione di questa Corte entro il perimetro della verifica della struttura logica del documento, con esclusione di "escursioni verificatorie" negli atti del procedimento (Cass., Sez. 2^, 31/01/1997, Bodognetti). All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese del procedimento, nonchè della somma di euro 500,00 alla Cassa delle ammende. La Cancelleria curerà gli adempimenti di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchè della somma di euro 500,00 alla Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per la comunicazione ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p.. Così deciso in Roma, il 9 novembre 2005. | |
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