Nel linguaggio corrente al termine
“postura” corrisponde l’idea di una posizione statica. In realtà, con la parola “postura”
si tende oggi ad indicare il modo in cui si assume una determinata posizione o
si esegue un movimento; per meglio dire, la sinergia con cui le diverse parti
del corpo concorrono a conseguire o mantenere una posizione, in rapporto anche
alla situazione ambientale e alle esigenze di comportamento. Nell’osservazione posturale viene
analizzato qualsiasi gesto compiuto nello spazio, studiandone le modalità di
esecuzione. Ogni movimento comporta, infatti, una serie di contro-movimenti che
hanno lo scopo di riequilibrare l’intero corpo. Una funzione così complessa è
regolata dal Sistema Tonico-Posturale (S.T.P.), che utilizza gli stimoli
provenienti da recettori interni ed esterni per consentire ai centri superiori
del cervello di situare il corpo nello spazio-tempo che lo circonda e di
mantenere l’equilibrio in ogni posizione.
La valutazione della postura è un
momento importante per l’organizzazione dello spazio di lavoro. La postura di lavoro è il
complesso e la sequenza degli atteggiamenti che il corpo assume per lo
svolgimento di un determinato compito lavorativo, e si può considerare dinamica,
quando l’attività richiede una certa variabilità di posizioni, o fissa,
se sono richiesti solo piccoli movimenti di limitati distretti corporei (ad esempio, la digitazione su una
tastiera). Essa diviene un fattore di rischio quando si realizza una condizione
di sovraccarico meccanico per il forte impegno di strutture articolari,
tendinee e muscolari, generalmente a causa di sforzi fisici (lo spostamento
manuale di pesi), posture fisse prolungate, vibrazioni e movimenti ripetitivi e
continui. La colonna
vertebrale è la struttura che più facilmente risente di posture di lavoro
incongrue. L’apporto di
sostanze nutritizie e l’integrità del
disco intervertebrale sono garantite, infatti, dall’alternarsi di pressioni opposte (osmotica ed idrostatica)
attraverso la variazione delle posture. Per questo sono a rischio sia quelle posture che determinano carichi pressori elevati, sia quelle che comportano eccessiva immobilità. Anche l’elevata tensione dei muscoli dorsali, come accade, per esempio, nel caso del sollevamento di un peso da terra a schiena flessa, si trasforma in una forza compressiva sul complesso disco-vertebra, e può determinare microfratture della cartilagine limitante vertebrale e del disco intervertebrale, rappresentando il primo passo verso la degenerazione della colonna. Le vibrazioni (da strumenti vibranti sul distretto mano-braccio, da mezzi di trasporto sulla colonna vertebrale) amplificano l’effetto, a causa dei ripetuti microtraumatismi sulle strutture dell’apparato locomotore. Nel lavoro d’ufficio generalmente
il problema è la fissità posturale, che comporta maggiore probabilità di
disturbi alla schiena e al collo. Le posizioni sbagliate del collo e
della schiena mantenute a lungo determinano, infatti, la riduzione o la
scomparsa delle due curve fisiologiche della colonna, le cosiddette
"lordosi cervicale e lombare", facendo insorgere problemi meccanici, tensione
e dolore, poiché i tessuti molli circostanti e le articolazioni vertebrali
vengono abnormemente sollecitati. Si determina così un quadro
clinico denominato “sindrome algico-posturale”, che, quando è lieve, è
caratterizzata solo da dolorabilità alla digitopressione in uno o più muscoli
delle catene cinetiche posturali, senza compromissione della qualità di vita e
dell’attività fisica del soggetto. Aggravandosi con il tempo,
provoca, però, un quadro clinico algico-disfunzionale permanente, in cui spesso
è necessario il ricorso a terapia farmacologica antidolorifica e/o
antinfiammatoria, e che condiziona anche la qualità di vita e l’attività
quotidiana. Il Decreto Legislativo 626/94 ha
recepito la Direttiva Europea 269/90 sulla movimentazione manuale dei carichi,
e le norme che stabiliscono i requisiti necessari all’attività ai
videoterminali. In generale, la prevenzione sul
luogo di lavoro deve affidarsi a tre diversi strumenti di intervento fra loro
interagenti: a) le modifiche strutturali del
posto di lavoro, con la progettazione di
posti di lavoro"ergonomici", che tengano conto, cioè, delle dimensioni e delle
esigenze e capacità funzionali dell’operatore, e la meccanizzazione nei
lavori pesanti. b) modifiche dell’organizzazione
del lavoro, che garantiscano l’impiego
di un adeguato numero di persone nelle operazioni più faticose, e
l’introduzione di apposite pause per evitare il sovraccarico di singoli
distretti corporei. c) l’informazione sanitaria e
l’educazione alla salute, finalizzate non solo ad accrescere la
conoscenza dei lavoratori sulle modalità
di lavoro, ma anche all’assunzione, tanto sul lavoro che nella vita
extralavorativa, di posture, atteggiamenti e modalità di comportamento che
mantengano la buona efficienza fisica. {foto3c} Lo scopo è di cercare di raggiungere, attraverso un lavoro globale su tutti i
distretti muscolari del rachide, il recupero di una nuova statica della colonna
vertebrale non influenzata dalle posizioni viziate, dal sovraccarico delle
strutture articolari e dalle contratture muscolari, e di mantenerla attraverso
l’allenamento fisico e una corretta igiene di vita.
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