(ASAPS) ROMA – Non c’è proprio pace per il codice della strada: a volte è un bene altre l’esatto contrario. Come sempre dipende dai punti di vista, ma comunque la si veda si tratta di un grande esercizio democratico e – almeno c’è da augurarselo – un notevole stimolo per il legislatore. In questi giorni se ne parla ancora alla Corte Costituzionale, i cui giudici sono chiamati a dare il proprio parere, previsto per la fine di aprile, su una serie di questioni sempre al centro dell’attenzione. Vediamo di cosa si tratta. Decurtazione di 5 punti per il mancato uso della cintura. La questione è stata sollevata dal Giudice di Pace di Rotondella – centro in provincia di Matera – che chiede alla Consulta di voler valutare la costituzionalità della decurtazione di 5 punti prevista da chi non indossa la cintura di sicurezza, messa in dubbio in almeno tre punti diversi nella sua filosofia. Secondo il giudice ricorrente, infatti, la costituzione sarebbe violata in almeno tre dei suoi principi, vale a dire la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge ed il principio di ragionevolezza. Tutto nasce dal rilievo che il dispositivo sanzionatorio per questo precetto del codice che prevede la sospensione della patente in caso di reiterazione è assai più severo rispetto a violazioni considerate – dal giudice di pace – più gravi, come la retromarcia in autostrada, l’inversione di marcia in curva, la circolazione contromano, per le quali sono previste invece decurtazioni di minore consistenza (4 punti). Dal canto suo l’Avvocatura dello Stato ribatte che le scelte punitive del legislatore e la quantificazione delle sanzioni non sono sindacabili: staremo a vedere. Estensione ad altri soggetti dell’obbligo di pagare la sanzione pecuniaria dovuta per l’infrazione stradale. Questa iniziativa porta la firma del Giudice di Pace di Cagliari, che ha spedito a Roma eccezioni di incostituzionalità mosse a riguardo degli articoli 126 bis, 196, 201, 204 del Codice della Strada, che riguardano gli obblighi solidali. In sostanza, gli articoli succitati prevedono che coloro i quali abbiano l’obbligo di trasmettere i dati del responsabile della violazione – in caso di mancata identificazione del trasgressore – siano poi coloro che devono pagare la multa. Secondo il giudice queste norme violerebbero l’articolo 24 della Costituzione – laddove sancisce la responsabilità personale del trasgressore e assicura a tutti il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi – e l’articolo 111 (Sezione II – Norme sulla Giurisdizione), che sancisce la ricorribilità agli organi giurisdizionali superiori, giacché se l’opponente è una persona giuridica il ricorso instaura un giudizio che si svolge tra persone prive della conoscenza dei fatti. Una tesi molto articolata, che l’Avvocatura dello Stato cerca di smontare affermando che da tempo la stessa Consulta ha sempre affermato come la responsabilità del proprietario di un veicolo, in ordine ai comportamenti di chi in effetti poi lo conduce, costituisca – nella fattispecie del Codice della Strada e del sistema sanzionatorio da lui previsto – un principio di ordine generale. In ordine al diritto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi, quando il trasgressore viene identificato – magari proprio grazie alle informazioni assunte dal proprietario del veicolo – viene formato un nuovo verbale, notificato nei suoi confronti, avverso al quale può ovviamente proporre ricorso. Strade o tratti di esse per cui, stante la presenza di dispositivi di controllo a distanza, non vi è l’obbligo di contestazione immediata dell’infrazione. Nel mirino di questa eccezione, mossa dal Giudice di Pace di Isernia, ci sono i poteri del Prefetto di individuare le arterie ove non esista l’obbligo di contestare immediatamente violazioni accertate con l’autovelox. Secondo il ricorrente, gli articoli della Costituzione violati con l’attribuzione di tale potere al Prefetto sono | |