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Articoli 24/03/2006

CINTURE SICUREZZA, OBBLIGATI IN SOLIDO E POTERI DEL PREFETTO IN MATERIA DI SELEZIONE DEI TRATTI DI STRADA SU CUI EFFETTUARE CONTROLLI SENZA OBBLIGO DI CONTESTAZIONE. ECCEZIONI DI INCOSTITUZIONALITÀ: LA PAROLA ALLA CONSULTA

(ASAPS) ROMA – Non c’è proprio pace per il codice della strada: a volte è un bene altre l’esatto contrario. Come sempre dipende dai punti di vista, ma comunque la si veda si tratta di un grande esercizio democratico e – almeno c’è da augurarselo – un notevole stimolo per il legislatore. In questi giorni se ne parla ancora alla Corte Costituzionale, i cui giudici sono chiamati a dare il proprio parere, previsto per la fine di aprile,  su una serie di questioni sempre al centro dell’attenzione. Vediamo di cosa si tratta.

Decurtazione di 5 punti per il mancato uso della cintura.

La questione è stata sollevata dal Giudice di Pace di Rotondella – centro in provincia di Matera – che chiede alla Consulta di voler valutare la costituzionalità della decurtazione di 5 punti prevista da chi non indossa la cintura di sicurezza, messa in dubbio in almeno tre punti diversi nella sua filosofia. Secondo il giudice ricorrente, infatti, la costituzione sarebbe violata in almeno tre dei suoi principi, vale a dire la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge ed  il principio di ragionevolezza. Tutto nasce dal rilievo che il dispositivo sanzionatorio per questo precetto del codice che prevede la sospensione della patente in caso di reiterazione è assai più severo rispetto a violazioni considerate – dal giudice di pace – più gravi, come la retromarcia in autostrada, l’inversione di marcia in curva, la circolazione contromano, per le quali sono previste invece decurtazioni di minore consistenza (4 punti). Dal canto suo l’Avvocatura dello Stato ribatte che le scelte punitive del legislatore e la quantificazione delle sanzioni non sono sindacabili: staremo a vedere.

Estensione ad altri soggetti dell’obbligo di pagare la sanzione pecuniaria dovuta per l’infrazione stradale.

Questa iniziativa porta la firma del Giudice di Pace di Cagliari, che ha spedito a Roma eccezioni di incostituzionalità mosse a riguardo degli articoli 126 bis, 196, 201, 204 del Codice della Strada, che riguardano gli obblighi solidali. In sostanza, gli articoli succitati prevedono che coloro i quali abbiano l’obbligo di trasmettere i dati del responsabile della violazione – in caso di mancata identificazione del trasgressore – siano poi coloro che devono pagare la multa. Secondo il giudice queste norme violerebbero l’articolo 24 della Costituzione – laddove sancisce la responsabilità personale del trasgressore e assicura a tutti il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi – e l’articolo 111 (Sezione II – Norme sulla Giurisdizione), che sancisce la ricorribilità agli organi giurisdizionali superiori, giacché se l’opponente è una persona giuridica il ricorso instaura un giudizio che si svolge tra persone prive della conoscenza dei fatti. Una tesi molto articolata, che l’Avvocatura dello Stato cerca di smontare affermando che da tempo la stessa Consulta ha sempre affermato come la responsabilità del proprietario di un veicolo, in ordine ai comportamenti di chi in effetti poi lo conduce, costituisca – nella fattispecie del Codice della Strada e del sistema sanzionatorio da lui previsto – un principio di ordine generale. In ordine al diritto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi, quando il trasgressore viene identificato – magari proprio grazie alle informazioni assunte dal proprietario del veicolo – viene formato un nuovo verbale, notificato nei suoi confronti, avverso al quale può ovviamente proporre ricorso.

Strade o tratti di esse per cui, stante la presenza di dispositivi di controllo a distanza, non vi è l’obbligo di contestazione immediata dell’infrazione.

Nel mirino di questa eccezione, mossa dal Giudice di Pace di Isernia, ci sono i poteri del Prefetto di individuare le arterie ove non esista l’obbligo di contestare immediatamente violazioni accertate con l’autovelox. Secondo il ricorrente, gli articoli della Costituzione violati con l’attribuzione di tale potere al Prefetto sono 4. In primis l’articolo 76 – che pone limiti alla delega legislativa del Governo – intendendo l’attribuzione data al Prefetto un eccesso di delega in aperto contrasto rispetto a quanto previsto dalla legge 85 del 2001 per la revisione del nuovo codice della strada. Toccato in maniera negativa anche il diritto di difesa, così come contemplato dall’articolo 24, perché eliminando l’obbligo di contestazione immediata significa di fatto limitare fortemente il diritto di tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi. È poi fortemente condizionata la tutela dei diritti contro gli atti della pubblica amministrazione, come invece previsto dall’articolo 113 che esclude invece ogni limite alla tutela giurisdizionale. Infine – secondo il giudice – sarebbe leso anche il principio di eguaglianza, così come contemplato dall’articolo 3, dal momento contravvenzioni sulla stessa strada vengono trattate in maniera diversa a seconda che l’infrazione sia avvenuta nei tratti individuati dal Prefetto o in altri non compresi. Le controdeduzioni dell’Avvocatura dello Stato si fondano sulla giurisprudenza costituzionale, laddove proprio la Consulta si è già espressa in passato affermando “che la mancata contestazione immediata dell’infrazione, punita con una misura amministrativa, non integra di per sé una violazione del diritto di difesa”. Sul principio di eguaglianza ribatte poi che diverso non è il trattamento del cittadino, ma lo stato della strada, trattandosi di tratti con caratteristiche dissimili. (ASAPS)


di Lorenzo Borselli

Venerdì, 24 Marzo 2006
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