Giurisprudenza di merito Giudice di Pace Civile di Palermo 4 novembre 2005, n. 9208.
Velocità – Limiti fissi – Apparecchi rilevatori – Telelaser – Mod. Ultralyte – Legittimità della misurazione e del relativo verbale di accertamento – Sussistenza – Necessità di taratura dello strumento – Esclusione.
In tema di accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, deve ritenersi legittima la misurazione effettuata mediante apparecchio telelaser mod. Ultralyte omologato, secondo il disposto dell’art. 142, comma sesto, del codice della strada, poiché si tratta di apparecchiatura idonea a determinare, in modo chiaro e accertabile, come richiesto dall’art. 345 del regolamento di esecuzione del suddetto codice, la velocità del veicolo senza la previsione di dispositivi che forniscano una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione, restando affidata alla attestazione dell’organo di polizia addetto alla rilevazione la riferibilità della velocità proprio al veicolo dal medesimo organo individuato. Tale attestazione è assistita da efficacia probatoria fino a querela di falso, ed è suscettibile di prova contraria unicamente il difetto di omologazione o di funzionamento dell’apparecchiatura elettronica. Prova contraria che non può essere fornita dalla presunta mancata taratura dell’apparecchio non necessaria se non espressamente richiesta dal costruttore nel manuale d’uso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con atto d’opposizione del 16 maggio 2005, il ricorrente impugnava il verbale di contestazione n. B 316311, con cui la Polizia Municipale del Comune di Palermo, in data 14 aprile 2005, contestava allo stesso la violazione dell’art. 142 comma 9 del codice stradale, riscontrata a mezzo apparecchiatura Telelaser Ultralyte omologato dal Min. LL.PP. con D.M. n. 1824 del 20 marzo 2000 e verificato come perfettamente funzionante. In conseguenza dell’infrazione, veniva irrogata all’opponente la sanzione pecuniaria di € 357,00 la sanzione accessoria del ritiro della patente e la decurtazione di dieci punti dalla patente di guida. Il ricorrente eccepiva i seguenti motivi di ricorso: - violazione dell’art. 345 del D.P.R. 495/92, per inidoneità dell’apparecchio Telelaser Ultralyte ad identificare con estrema precisione il veicolo del quale sta misurando la velocità, sia per la mancanza di documentazione fotografica, sia perché – nell’occorso – il tratto di strada percorso dal ricorrente viene solitamente attraversato contemporaneamente da un elevato numero di veicoli; - impossibilità, per il ricorrente, di raggiungere – alla guida del motociclo – la contestata velocità, atteso che il mezzo in questione, bisognoso di riparazioni, non era nelle condizioni tecniche necessarie; - illegittimità dell’accertamento per presunta mancata taratura dell’apparecchio Telelaser. Contumace il Comune di Palermo, la causa veniva quindi posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE – L’opposizione proposta non appare degna di accoglimento, in considerazione del revirement della Giurisprudenza in tema di apparecchiature Telelaser. La Corte di Cassazione, infatti, con alcune recentissime sentenze, si è alfine pronunciata sulla vexata quaestio, contravvenendo ad un orientamento prevalente della giurisprudenza di merito in materia di accertamento di velocità effettuato mediante telelaser, perché tale strumento non rispecchierebbe i requisiti richiesti dall’art. 345 D.P.R. 495/92, in quanto privo di un rilevatore fotografico che permetta di documentare chiaramente e senza possibilità di errore la velocità effettiva di un determinato veicolo (per tutti, Giudice di Pace di Palermo 28 ottobre 2003, Barone vs Comune di Palermo; Giudice di Pace di Catanzaro 22 novembre 2002; Giudice di Pace di Crema 24gennaio 2002; Giudice di Pace di Fabriano 20 febbraio 2002; Giudice di Pace di Rho 24 ottobre 2002). Secondo i Giudici di legittimità, viceversa, «l’accertamento delle violazioni delle norme sulla velocità mediante il c.s. telelaser, debitamente omologato, deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature, facendo peraltro prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione di difetto di funzionamento di tali dispositivi, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto». In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, con la significativa pronuncia del 24 marzo 2004, precisando inoltre che la legge ai fini dell’accertamento in questione non richiede che gli apparecchi telelaser siano anche muniti di dispositivi in grado di assicurare una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione. La Cassazione ha ulteriormente ribadito il proprio orientamento con la sentenza n. 21360 del 9 novembre 2004, ove si afferma che «ai fini dell’applicazione i sanzioni amministrative per eccesso di velocità è legittima la misurazione effettuata mediante apparecchio telelaser omologato, secondo il disposto dell’art. 142, comma 6, del c.d.s., anche se privo di dispositivi che forniscano una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione», ricordando dunque il principio in base al quale le risultanze di apparecchiature debitamente omologate costituiscono fonti di prova per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità e l’art. 345 secondo cui le apparecchiature elettroniche, ai fini dell’omologazione, devono essere tali da fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro ed accertabile, e che siano inoltre gestite direttamente gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del c.d.s.. In buona sostanza, l’art. 142, comma 6, D.L.vo n. 285 del 1982 (codice della strada), dispone che «per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento». L’art. 345 del D.P.R. n. 495 del 1992 – regolamento di esecuzione – sotto la rubrica «Apparecchiature e mezzi di accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità», a sua volta, dispone, al primo comma, che «Le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile, tutelando la riservatezza dell’utente», e, al secondo comma, che «le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei Lavori Pubblici». Al quarto comma, il citato articolo stabilisce che «per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiatura di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del codice e devono essere nella disponibilità degli stessi» (D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285). Le apparecchiature elettroniche di controllo della velocità, per poter legittimamente operare, devono allora: - essere omologate; - consentire di fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile; - essere utilizzate esclusivamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del codice della strada (comma 1: «L’espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal presente codice spetta a) in via principale alla specialità Polizia Stradale della Polizia di Stato: b) alla Polizia di Stato; c) all’Arma dei Carabinieri; d) al Corpo della guardia di finanza; d-bis) ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell’ambito del territorio di competenza; e) ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza; f) ai funzionari del Ministero dell’interno addetti al servizio di polizia stradale; f-bis) al Corpo di polizia penitenziaria al Corpo forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto»). Non è invece richiesto che esse siano anche munite di dispositivi in grado di assicurare una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione, solo così potendo ritenersi integrato il requisito della accettabilità della rilevazione ad opera della polizia stradale. In proposito, occorre rilevare, per confutare l’assunto difensivo dell’opponente – che tende ad eccepire un probabile scorretto funzionamento del telelaser, che la fonte primaria prescrive solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova se debitamente omologate: è la norma regolamentare, alla quale rinvia l’art. 142, comma 6, del D.L.vo n. 285 del 1982 (codice della strada), a stabilire quali siano i requisiti ai quali è subordinata l’omologazione delle apparecchiature elettroniche, e tra questi vi è quello che esse consentano di rilevare la velocità del veicolo in modo chiaro e accertabile. Requisito, questo, che presuppone unicamente la determinazione in equivoca della velocità di un determinato veicolo, ben potendo il concreto accertamento essere riferito ad uno specifico ed individuato veicolo dall’agente di polizia addetto all’apparecchiatura stessa. Non a caso, del resto, l’art. 345 del D.P.R. n. 495 del 1992 (regolamento di esecuzione del codice della strada) prescrive che per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del D. L.vo n. 285 del 1982 e devono essere nella disponibilità degli stessi. L’omologazione dell’apparecchiatura dunque concerne l’idoneità della stessa a fissare in un determinato momento la velocità di un autoveicolo, ben potendo la riferibilità della velocità ad un determinato veicolo discendere dall’osservazione documentata ad opera dell’agente di polizia giudiziaria. Come detto, dunque, la fonte primaria si limita a stabilire che le rilevazioni eseguite a mezzo apparecchiatura elettronica debitamente omologate sono considerate fonti di prova, mentre la fonte regolamentare disciplina i requisiti che le apparecchiature debbono possedere per poter essere omologate e ciò fa senza alcun esplicito riferimento alla documentazione fotografica. Del resto, in considerazione della materia oggetto di regolamentazione e della rapida evoluzione tecnologica, deve ritenersi che opportunamente la fonte regolamentare si sia limitata a provvedere che le apparecchiature debbano consentire di fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro e accertabile, e non abbia viceversa delineato le caratteristiche necessarie per l’omologazione attestandosi sulla tipologia delle apparecchiature all’epoca esistenti. Il tenore della norma regolamentare, che rapporta direttamente l’esigenza di modalità chiare ed accertabili al dato della velocità, rende peraltro evidente che i requisiti necessari per l’omologazione dell’apparecchiatura attengono alla sua capacità di rilevazione, in termini di certezza e verificabilità, della velocità del veicolo sottoposto a controllo, mentre resta affidato alla diretta percezione degli agenti, così come generalmente avviene nell’accertamento delle violazioni del codice della strada, il compito di riferire la velocità apparsa sul display e successivamente riprodotta nell’apposito tagliando ad un determinato mezzo. Alla luce delle suesposte considerazioni, appare legittimo l’operato della Polizia Municipale che, in data 14 aprile 2005, ha accertato la violazioni di cui all’art. 142 comma 9 c.d.s. e, conseguentemente, emesso il verbale n. B 316311. Quanto alle considerazioni dell’opponente circa la non elevata velocità in considerazione dell’impossibilità del motociclo di raggiungere elevate velocità, in quanto bisognoso di riparazioni, ci si limita tuttavia a ricordare che secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni unite (25 novembre 1990, n. 12545; 5 dicembre 1995, n. 12846; 22 marzo 1995, n. 3316), nel giudizio di opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, descritti senza margini di apprezzamento, nonché della sua provenienza dal pubblico ufficiale: ciò in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico ex art. 2700 c.c.. Ne consegue che l’accertamento delle violazioni delle norme della verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature previste da detto art. 142 D.L.vo n. 285 del 1982, facendo peraltro prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento di tali dispositivi, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto. Sulla scorta di quanto rilevato, l’opponente non ha dedotto elementi dai quali desumere un cattivo funzionamento dell’apparecchio utilizzato nella circostanza, onde le risultanze dell’accertamento compiuto dell’apparecchiatura elettronica non risultano essere state vinte da prova contraria. Prova contraria che, infine, non può essere offerta indirettamente, dalla presunta mancata taratura dell’apparecchio autovelox. Gli apparecchi di misura della velocità in dotazione agli organi di polizia stradale, infatti, «non necessitano di un controllo periodico finalizzato alla taratura dello strumento di misura se non è espressamente richiesto dal costruttore nel manuale d’uso depositato presso il Ministero delle infrastrutture dei trasporti al momento della richiesta di approvazione, ovvero nel decreto di approvazione». Lo ha stabilito il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 300/A/1/43252/144/20/3 del 30 giugno 2005, precisando che soltanto i dispositivi di controllo utilizzati in modalità completamente automatica, cioè senza la presenza dell’operatore di polizia stradale, approvati nel corso del 2005 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dovranno essere sottoposti ad una verifica di funzionalità presso la casa costruttrice entro un anno a decorrere dalla data di messa in uso, conformemente alle indicazioni contenute nel certificato di approvazione e dalle istruzioni di funzionamento fornite dal costruttore. La circolare del Ministero dell’Interno, emessa in data 30 giugno 2005, ha definitivamente posto fine ad un dibattito giurisprudenziale, creato da numerose pronunce dei giudici in merito, a causa del panorama legislativo contraddittorio e dell’assenza di un indirizzo della Suprema Corte sul punto. Orbene, chiarisce la circolare ministeriale, «la legge 273/1991 non ha alcuna attinenza con gli apparecchi di misura della velocità, per i quali una taratura in senso tecnico non è necessaria poiché tale normativa riguarda soltanto i controlli metrologici effettuati su apparecchi di misura di tempo, distanza e massa». Dello stesso avviso, peraltro, è il Ministero delle attività produttive che, rispondendo ad uno specifico quesito riguardante l’argomento, ha escluso che le apparecchiature destinate a controllare la velocità debbano essere oggetto di verifica metrologica periodica presso i SIT previsti dalla citata legge 273/1991. Un obbligo generalizzato di verifica metrologica degli strumenti non può evincersi neanche da altre norme tecniche che, non solo non disciplinano la materia in modo specifico, ma non sono comunque vincolanti per l’ordinamento italiano per l’assenza di specifico recepimento o richiamo da parte di norme nazionali. La materia dell’impiego e della manutenzione dei misuratori di velocità ha, invece, una propria disciplina, specifica rispetto alle norme che regolamentano gli altri apparecchi di misura, contenuta nel D.M. 29 ottobre 1997, relativo all’approvazione di prototipi di apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità e alle loro modalità di impiego. Questa norma, all’art. 4 stabilisce che «gli organi di polizia stradale interessati all’uso delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità sono tenuti a…rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso», escludendo, perciò, la necessità di un controllo periodico finalizzato alla taratura dello strumento di misura se non è espressamente richiesto dal costruttore nel manuale d’uso presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al momento della richiesta di approvazione. Per tutte le apparecchiature approvate dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che sono destinate ad essere impiegate esclusivamente con la presenza e sotto il costante controllo di un operatore di polizia stradale, i costruttori non prevedono alcuna verifica periodica di funzionalità essendo le stesse apparecchiature dotate di sistemi di autodiagnosi dei guasti che avvisano l’operatore del loro cattivo funzionamento. Del resto, quando tali apparecchi sono utilizzati direttamente dagli organi di polizia stradale e sono costantemente sotto il loro diretto controllo, tale verifica di corretta funzionalità è realizzata, volta per volta, dagli stessi operatori di polizia stradale che, prima di metterli in uso, devono verificarne la corretta installazione, secondo indicazioni fornite dal costruttore e che, durante tutto il servizio, vigilano costantemente su eventuali anomalie o malfunzionamenti. Per tutti questi motivi, va rigettato il ricorso proposto da V.G. avverso il verbale di contestazione n. B 316311, in quanto quest’ultimo risulta legittimamente emesso. Per l’effetto, si revoca la provvisoria sospensione dell’esecutività del verbale di contestazione n. B 316311, concessa con decreto giudiziale del 24 maggio 2005, e riguardante sia la sanzione pecuniaria, che quelle accessorie rappresentate dalla sottrazione dei punti e dal ritiro della patente di guida. In considerazione della mancata costituzione in giudizio di controparte opposta, non si fa luogo alla condanna dell’opponente alle spese processuali di causa. [RIV-0601P51] | |