Il ricordo della tragedia ha l’odore acre del fumo che
usciva prepotentemente dal tunnel per dissolversi, come una nebbiolina, sul
piazzale antistante l’imbocco italiano. La morte era impressa negli sguardi
impotenti delle decine di vigili del fuoco che, con i volti imbrattati di nero,
scuotevano la testa incapaci di qualsiasi commento. Poco distante, protetti
dagli occhi indiscreti di chi cercava notizie, decine di uomini e donne
attendevano tra le lacrime quel miracolo che non sarebbe mai arrivato.
Trentanove persone hanno lasciato la loro vita in quel tunnel al confine tra
l’Italia e la Francia, nel cuore della vetta più alta d’Europa. Il giorno del
settimo anniversario del rogo nel Traforo del Monte Bianco il pensiero torna a
loro, alle loro famiglie, alla giustizia che man mano ha fatto il suo corso tra
inchieste, perizie, un processo con tredici condanne e risarcimenti a
singhiozzo: gli ultimi saranno stanziati soltanto adesso. Ventisette milioni di
euro in tutto, tredici e mezzo già versati nel fondo di solidarietà dalla
società italiana di gestione dell’imponente struttura, altrettanti verranno
concessi alle parti civili dalla società di gestione francese e dalle
assicurazioni francesi e belghe. Denaro che verrà suddiviso tra i duecentoventi
familiari delle trentanove vittime tenendo conto del grado di parentela.
Nonostante la parola “fine”, ottenuta con la sentenza e con i risarcimenti, il
capitolo tunnel pare non essere destinato ad essere chiuso. Su questa brutta
storia, pesano come macigni le parole del Presidente della Corte francese,
Renaud Le Breton de Vanoise, pronunciate con la sentenza, il 27 luglio
dell’anno scorso: “La catastrofe poteva essere evitata”. In occasione della
commemorazione annuale della tragedia, le associazioni ambientaliste
manifestano ancora una volta la loro preoccupazione per il ritorno nel traforo
di migliaia e migliaia di Tir: “L’impressione generale è che dagli insegnamenti di questa tragedia, i
politici e la società di gestione abbiano imparato poco o nulla ’’
L’Associazione per la Difesa del Monte Bianco, rappresentata in un comunicato
dai “No Tir” Nora Girardi e Alex Glarey, rincara la dose: ’’Il traffico pesante
– spiegano - continua a crescere. La media giornaliera dei Tir (1.500 mezzi con
punte superiori ai 2.000) è molto vicina a quella precedente all’incidente,
mentre le condizioni di sicurezza vengono sacrificate per aumentare i passaggi
e quindi gli incassi. L’interdistanza tra i veicoli non viene fatta rispettare,
mentre continuano a permanere seri dubbi sulla reale efficacia dei portali
termici’’. Ed ancora: ’’La questione dell’interdistanza ha ormai raggiunto un
livello tragicomico, con il Governo italiano che da più di 3 anni promette
l’omologazione della strumentazione tecnica necessaria alla verifica di tale
dato. Ma il fatto più grave è il recente
superamento del limite del 35% di traffico che era stato fissato in sede di Conferenza
Intergovernativa franco-italiana, relativamente al riparto dei mezzi pesanti
tra Monte Bianco e Frejus: 35% Monte Bianco e 65% Frejus’’. Quasi in segno di
replica, l’amministrazione regionale della Valle d’Aosta ha divulgato una nota,
nella quale si legge: ’’Il ricordo delle vittime non deve costituire un’
occasione di polemica, ma un momento in cui dimostrare ancora la nostra
vicinanza ai familiari di quanti persero la vita in quella tragica circostanza
e per mantenere viva la memoria di quanto successo. Per questo la Presidenza
della Regione continua a sottolineare in ogni sede l’ importanza che le misure
di sicurezza adottate al traforo del monte Bianco siano sempre mantenute ed
aggiornate al massimo livello permesso dalla tecnologia a disposizione ’’. Il
prossimo 12 aprile, si riunirà la commissione regionale trasporti della Valle
d’Aosta proprio per analizzare la situazione dei flussi del traffico pesante al
traforo del Monte Bianco. |
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