Eccomi qua, solo dentro la Volante, fuori un trambusto di
colleghi dopo l’inseguimento ed io solo dentro la Volante. Ho il respiro
affannato ed il cuore a mille dopo l’inseguimento in auto e la corsa a piedi,
fuori c’è il solito casino che c’è dopo un inseguimento ma io non sento nulla,
sto in macchina da solo a pensare: ma chi me lo ha fatto fare! Turno 0-7 Viale Monteceneri, circonvallazione esterna di
Milano, già c’è traffico, alle 6.55 scappa una macchina rubata: noi gli siamo
dietro. Questi signori (non saprei come definirli) cominciano a
zigzagare fra le auto e nel loro fuggire rischiano di prendere in pieno una
persona a bordo di uno scooter e di ammazzarlo per quanto andavano, giuro non
so proprio come non l’abbiano preso. Alla fine rompono l’auto e scappano a
piedi, ne inseguo uno, rischio di venire arrotato per bene da un paio di
macchine su Viale Monteceneri, uno credo mi abbia mandato a quel paese e mi
sarei fermato volentieri per rispondergli come avrebbe meritato ma ero un
tantino occupato, come correvano però, manco scappasse il posto di lavoro! Vabbè alla fine lo prendo, ci azzuffiamo (uso un
eufemismo), perché il giovane non ne voleva per niente sapere di farsi bloccare
(ho provato a dirgli: fermo! in nome della Legge, ma lui non trattava). Lo butto a terra, lo ammanetto faccia a terra, con il
rischio di provocargli un’asfissia posturale, con tutta la gente intorno che
guarda, sicuramente sarò finito su qualche telefonino e fra un po’ mi si vedrà
in qualche spot di qualche gestore telefonico. Sistemo il personaggio in
macchina e comunico alla Centrale quello che è successo e poi penso: ma,
veramente: chi me l’ha fatto fare ! C’ho quasi quarant’anni e mi sono messo a
correre dietro ad uno che ha la metà dei miei anni, magari domani qualche
cittadino manderà il filmato alla televisione dove si vedrà il poliziotto (io)
brutto, cattivo e fascista che picchia il povero fermato; magari poteva
capitare che il fermato, per una sua patologia o perché pieno di sostanze
stupefacenti, mi morisse sotto il ginocchio. Mio malgrado mi sarei potuto
trovare al centro di un blog di un’altra madre che a gran voce reclamava
giustizia per il figlio morto, ucciso dalla polizia; trascinato mio malgrado
nel vortice della politica, perché sicuramente sarebbe arrivata la solidarietà
di chi ha subito perdite per mano di individui che nulla hanno a che vedere con
la democrazia ma che, se sarà eletta, contribuirà a democraticizzare. Sarei mio malgrado diventato un quid da utilizzare per la
campagna elettorale dell’uno e dell’altro, fatta ovviamente sopra la mia testa
e mi sarei, mio malgrado, trovato davanti ad un magistrato che, spinto dal
clamore e dall’obbligo morale di fare giustizia, mi avrebbe sbattuto in faccia
il solito bell’atto dovuto. Sto in macchina a pensare (strano come certe volte
il fisico è stravolto mentre il cervello va a mille) e il mio pensiero va a
tutto quello che poteva essere e che, per mia fortuna, non è stato. Penso ad Ivan Liggi, penso ai colleghi di Ferrara, penso
ai colleghi del “San Paolo” e mi chiedo ancora: che senso ha tutto ciò, vale
veramente la pena? Penso alla gente, ai cittadini, a chi vorrebbe fossi un
incrocio fra Batman e l’Uomo Ragno, senza mai possibilità di commettere alcun
errore; a chi mi giudica senza chiedersi mai nulla, senza mai avere un dubbio;
a coloro che esprimono la loro pelosa solidarietà davanti alla mia bara coperta
dal tricolore, che io purtroppo non posso sentire e di cui, a ben vedere, non
me ne importa nulla, l’avrei preferita in vita. Penso a quello che mi dicevano a proposito della funzione
sociale del mio lavoro e penso a quanto lo ritenevo giusto ed a quanto mi
entusiasmava l’idea di essere utile alla gente. Ecco, la gente. Non riconosco
più la gente come mio referente, non ci riesco proprio. La gente è stata una
vera delusione. Ciò che faccio, lo faccio per un mio diletto personale; per la
considerazione che ho per la mia divisa e, anche se a volte non lo meriterebbe,
per l’Amministrazione; per l’amore che provo per i colori della mia Volante e
per la Pantera che è raffigurata sopra e perché, strano ma vero, ancora mi
diverto a fare il poliziotto. Non lo faccio più per la gente, non lo merita
secondo me. Se quel che faccio porta loro vantaggi, per me è puramente
secondario. Mentre sto in macchina mi ritornano in mente le parole di mio
padre: "altro che poliziotto, hai studiato, fai l’avvocato ! Pensa alla
sicurezza economica della famiglia". Mah, l’avvocato. Tutto il giorno in
giacca e cravatta, davanti la scrivania. Credo che non faccia per me, meglio
l’aria aperta. E meglio anche smettere di far correre i pensieri e ritornare alla
realtà: rientro in Questura stravolto (già m’ero indagato tre filippini
ubriachi che avevano spaccato a bottigliate un vetro di una macchina), faccio
tutti gli atti, rientro a casa e riesco ad andare a dormire alle 11.30.
Mi sveglio alle 16.00 con due occhi pesti da far schifo,
mangio 2 foglie 2 d’insalata perché a quell’ora c’ho lo stomaco che pare uno
spillo e sbadigliando dal sonno e dalla stanchezza e ancora mi chiedo chi me
l’ha fatto fare, mah ! Ma poi tanto alla fine lo so: smontante-riposo e poi alle
19.00 della “sera” sarò sulla Volante, sguardo all’autista “A Simò, stamo a’
annà ?”, sorriso sardonico di Simone “Certo capo!”. “Volante A., buonasera………”,
di nuovo come se niente fosse successo, con la consapevolezza di rifare,
all’occasione, tutto ciò che ho fatto fino ad ora, anche di pensare. Solo un lettore poco attento potrebbe considerare queste
parole come un invito abdicare alle funzioni del poliziotto, solo un lettore
superficiale potrebbe scambiare queste mie parole per una dichiarazione di
resa. Questo è uno sfogo e tale rimane, è solo una triste
riflessione di chi vede svilito il proprio lavoro. E’ l’amara riflessione di
chi pensa che “questo sporco lavoro” qualcuno lo dovrà fare ma a determinate
condizioni, altrimenti non ne vale più la pena. La riflessione di chi, in barba
ad ogni tentativo di spersonalizzazione, vuole essere considerato per la sua
umanità e non certo alla stregua di un cane da guardia.
Da www.poliziotti.it
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