SANZIONI AMMINISTRATIVE - ACCERTAMENTO DEI LIMITI DI VELOCITA’ - USO DI APPARECCHI RILEVATORI - FONTI DI PROVA - E’ LEGITTIMA LA RILEVAZIONE ESEGUITA CON APPARECCHIO "VELOMATIC" ANCHE SE, PER IL MANCATO FUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA FOTOGRAFICA, NON VENGA RILASCIATA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA - ATTESTAZIONE DELL’ORGANO DI POLIZIA ADDETTO ALLA RILEVAZIONE - FEDE PRIVILEGIATA - SUSSISTENZA. (Nota di Redazione) LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ha pronunciato la seguente Sentenza Svolgimento del processo Con sentenza dell’8-9.10.2001 il giudice di pace di Torino rigettava l’opposizione proposta da D. M. B. avverso i verbali nn. 11155 e 11156 del 31.5.2001 con cui la Polizia Municipale di S. Mauro Torinese le aveva contestato il superamento con un motociclo del limite di velocità, rilevata in 70 Km/h, sia in relazione al tratto di strada che percorreva che con riferimento al tipo di veicolo. Al riguardo precisava che, malgrado la Polizia non fosse stata in grado di fornire la prova fotografica, verosimilmente per il passaggio quasi in contemporanea di altro veicolo a due ruote, le violazioni potevano considerarsi ugualmente provate, avendo l’agente dichiarato che allorché "la Velomatic ha suonato c’era solo il motorino" anche se la strada era "trafficata". Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione D. M. B., deducendo tre motivi di censura. Il Comune non ha svolto alcuna attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso D. M. B. denuncia falsa applicazione degli artt. 23 comma 12 della Legge 689/87, 142. comma 6 C.d.S., 345 comma 1 Regol. al C.d.S. e 116 C.P.C. nonché illogicità della motivazione. Lamenta che il giudice di pace abbia ritenuto provata la velocità di 70 Km/h senza considerare adeguatamente non solo l’inesistenza del fotogramma riguardante il ciclomotore ma anche le dichiarazioni del comandante della Polizia Municipale il quale aveva precisato che lo "scatto" non era avvenuto a causa di un evidente difetto di funzionamento dell’apparecchiatura la quale aveva effettuato le precedenti sedici fotografie e non anche la n. 17 che riguardava la moto in questione. Sostiene quindi che non era stato fornito il relativo impulso alla macchina fotografica o perché l’apparecchio era globalmente difettoso ovvero perché la velocità rilevata era quella corrispondente al limite previsto per il ciclomotore (45 Km/h), con la conseguenza che la indicazione della velocità apparsa sul monitor doveva considerarsi frutto di un errore. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 23 comma 12 della Legge 689/81, dell’art. 52 comma 1 lett. a) e dell’art. 97 comma 6 C.d.S. nonché insufficiente motivazione. Deduce che allorché, come nel caso in esame, la violazione non riguarda solo il superamento del limite della velocità ma anche la circolazione di un ciclomotore capace di sviluppare su strada orizzontale una velocità superiore ai 45 Km/h, i rilievi compiuti con le apparecchiature di controllo previste dall’art. 142 possono fornire in ordine alla seconda delle due infrazioni elementi di prova ma non sono da soli sufficienti, dovendosi tener conto dell’eventuale pendenza della strada e della sua incidenza sulla velocità del mezzo, atteso che detto limite di 45 km/h è riferito espressamente dal citato art. 52 comma 1 lett. b) C.d.S. ad una velocità sviluppata su strada orizzontale. Sostiene che sul punto sebbene il comandante della Polizia Municipale avesse implicitamente riconosciuto la pendenza della strada, il giudice nulla ha rilevato al riguardo. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 23 comma 12 della Legge 689/81 e dell’art. 2700 C.C. nonché difetto di motivazione. Sostiene che non sono assistiti da fede privilegiata i giudizi valutativi del p.u. e quelle circostanze che implicano margini di apprezzamento, come nel caso in cui l’agente accertatone riferisca su un corpo od un oggetto in movimento con la conseguenza che il giudice di pace non ha considerato adeguatamente che, dal momento in cui il vigile avverti il segnale acustico proveniente dall’apparecchio di rilevamento al momento in cui, previa verifica sul display della velocità, egli alzò lo sguardo alla ricerca del veicolo che aveva fatto scattare il segnale per comunicarne gli estremi alla pattuglia appostata più in là, era certamente trascorso un intervallo di qualche secondo durante il quale la situazione ben poteva essersi modificata con la sparizione dalla visuale di altro ciclomotore il cui passaggio non poteva quindi essere negato aprioristicamente. Le esposte censure, da esaminarsi congiuntamente in considerazione della loro intima connessione logica, sono infondate. Non sono condivisibili, infatti, le conseguenze che, secondo la ricorrente, dovrebbero desumersi dalla carenza della documentazione fotografica per il mancato funzionamento, nell’apparecchio rilevatore, del congegno per l’impulso alla macchina fotografica. In linea di principio si osserva che, in tema di accertamento dei limiti di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche, l’art. 142 C.d.S. prevede solamente che possono considerarsi fonti di prova le apparecchiature debitamente omologate, mentre l’art. 345 del relativo regolamento dispone che dette apparecchiature, la cui gestione è affidata agli organi di polizia, devono essere in grado di fissare la velocità in modo chiaro ed accertabile tutelando la riservatezza dell’utente, senza prevedere però la necessità di una documentazione fotografica. Deve ritenersi legittima pertanto la rilevazione della velocità a mezzo di apparecchiatura elettronica denominata "Velomatic" anche se, per il mancato funzionamento della macchina fotografica incorporata, non sia stata rilasciata alcuna documentazione fotografica. In tal caso infatti, come avviene nell’ipotesi di utilizzazione del "telelaser", resta affidata all’attestazione dell’organo di polizia addetto alla rilevazione la riferibilità della velocità a quel determinato veicolo, potendo tale attestazione integrare la rilevazione elettronica in quanto assistita da fede privilegiata (fino a querela di falso), salva la possibilità di prova contraria unicamente per difetto di omologazione o di funzionamente della parte riguardante la rilevazione attraverso il display (al riguardo vedi Cass. 5873/04). Quanto poi all’ulteriore violazione riguardante il superamento del limite di velocità di 45 Km/h consentito al ciclomotore (art. 97 comma 6 C.d.S.), è certamente esatto il principio richiamato dalla ricorrente secondo cui le apparecchiature di controllo possono fornire in tal caso solo elementi di prova, dovendosi tener conto dell’eventuale pendenza della strada e della sua incidenza sul mezzo. Ma una tale valutazione può ritenersi implicitamente operata dal giudice di pace in considerazione della non modesta differenza fra detto limite (45 Km/h) e l’effettiva velocità riscontrata (70 Km/h). In ogni caso non precisa la ricorrente se la circostanza relativa alla pendenza della strada sta stata prospettata in sede di merito ma solo che sia stata "implicitamente" riconosciuta dal comandante della Polizia Municipale, senza peraltro indicare gli elementi da cui ha desunto tale implicito riconoscimento in relazione, oltre tutto, ad una pendenza definita "lieve" dalla stessa ricorrente. È significativo del resto che le richieste istruttorie abbiano riguardato non già la pendenza bensì unicamente un accertamento tecnico volto a verficare la possibilità da parte del ciclomotore di sviluppare una tale velocità; sul punto però, per le ragioni sopra esposte, l’accertamento dei vigili è assistito da fede privilegiata e preclude pertanto l’espletamento di una prova contraria. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese del giudizio, non essendosi la controparte costituita.
Per questi motivi LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Roma, 18 novembre 2005
Depositata in cancelleria il 28 febbraio 2006. | |
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