Proprio in questi giorni era venuto da chiederci dove eravamo rimasti, sulla questione della Drive Beer, “la birra in regola col codice della strada”. L’AICAT ci aveva messo sul chi vive fin dagli esordi autostradali di un battage pubblicitario che sembrava – almeno dai segnali – senza precedenti: insomma, dovevano esserci spot, tormentoni radiofonici, testimonial del mondo dello sport, del cinema, dello spettacolo e chissà poi quanti e quali… Invece, a parte il campione di formula uno Giancarlo Fisichella – vincitore dell’ultimo gran premio iridato – non ci è capitato di vedere nessun vip brindare alla sicurezza stradale a suon di boccali di una “birrina” che per la sua scarsa gradazione veniva fatta passare come una bibita analcolica. Detto fra noi, non ci sembra nemmeno di aver visto il logo sulla tuta da corsa del campione automobilistico. Analcolica, però, non era. Ci siamo subito mossi, denunciando pubblicamente l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario, sciorinando i massimi esperti del settore che hanno sposato la causa della sicurezza stradale, dimostrando che non esiste una bevanda “giusta per chi guida” se sull’etichetta è riportata anche la minima gradazione alcolica. Si è detto d’accordo con noi e con l’AICAT anche l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), al quale proprio i Club degli alcolisti in trattamento si erano formalmente rivolti per segnalare una promozione pubblicitaria assolutamente fuori regola, in contraddizione con la verità scientifica, in offesa alla sicurezza stradale e portata avanti nello scenario più sbagliato, l’autostrada. Ora, con la sentenza numero 48 del 2006, emessa il 24 marzo scorso dal Giurì, quella pubblicità è fuori legge. Sissignori, deve cessare. I manifesti debbono essere rimossi e sostituiti con messaggi diversi. Per questo – ci dispiace per l’economia degli esercizi di ristorazione autostradali – sarebbe meglio che di bevande alcoliche, in area di servizio, non se ne vendessero proprio. Altro che limitarne la somministrazione al banco dalle 22 alle 6, quando è poi possibile comprarsi una bottiglia di whisky e scolarsela magari in auto. Ma torniamo alla Drive Beer. Presso la nostra redazione era giunta anche una presa di posizione di Asso Birra, che riunisce i maggiori produttori italiani, i quali prendevano sostanzialmente le distanze dall’iniziativa. Ricordiamo che Asso Birra si è data una “regola” e provvede ad informare i consumatori dei rischi derivanti dall’abuso di sostanze psicoattive (tra le quali, purtroppo, c’è anche l’alcol). La sensazione è che tanti progressi e crescenti maturità e coscienza civica, siano state messe seriamente a repentaglio dall’iniziativa della Tarricone. Il presidente del Giurì, dottor Auteri, ha ascoltato l’esposizione del ricorso presentato dall’AICAT da parte del relatore dottor Colombo, che ha redatto un rapporto per il Comitato di Controllo e che ha interrogato i testi in causa. Alla fine, il messaggio pubblicitario per affissione ha dichiarato che “…la pubblicità in esame non è conforme all’art. 22 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria limitatamente alla headline ’La birra in regola con il codice della strada’ ed alla ridotta dimensione del legal, e in questi limiti ne dispone la cessazione”. Questo vuol dire – ci sembra di capire – che quella birra non è davvero in regola col codice della strada, così come avevamo ipotizzato anche sulle pagine della nostra rivista Il Centauro, oltre che su quelle del nostro sito, in un’inchiesta dedicata proprio all’insicurezza stradale alcolcorrelata ed all’analisi legislativa che regolamenta la materia. E siccome il nostro lavoro è quello di difendere la legalità, insieme agli amici dell’AICAT ci sembra di aver fatto un bel lavoro. Di questo, siamo ovviamente contenti. Anzi fieri. | |
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