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Corte di Cassazione 30/03/2006

Giurisprudenza di legittimità - Contumacia dell’imputato ed impedimento a comparire del difensore

(Cass. Pen., SS.UU., 29 marzo 2006, n. 8285)

Le Sezioni Unite penali della Cassazione dirimono, con la sentenza 9 marzo 2006 n. 8285, il contrasto di giurisprudenza insorto riguardo l’interpretazione dell’art. 420 ter c.p.p., in tema di dichiarazione di contumacia dell’imputato ed impedimento a comparire del difensore.

Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, la dichiarazione di contumacia dell’imputato anteriore al rinvio dell’udienza dovuto a causa di legittimo impedimento del difensore è affetta da nullità assoluta.

Nota infatti la Cassazione che la dichiarazione di contumacia presuppone la verifica della rituale notifica del decreto di citazione; in caso di assenza del difensore, legittimamente impedito, tale controllo non può essere effettuato nel pieno rispetto del diritto di difesa dell’imputato, così ricorrendo un’ipotesi di nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. atteso che l’irritualità della dichiarazione di contumacia determina l’omessa citazione per l’udienza di rinvio.

Secondo altro indirizzo la dichiarazione di contumacia dell’imputato, pronunciata prima di ogni decisione sul rinvio e sull’omissione della notifica dell’avviso della nuova udienza all’imputato, è assolutamente legittima laddove sia stato previamente nominato, in sostituzione del difensore di fiducia impedito, un difensore di ufficio, il quale, ex art. 420 quater c.p.p. rappresenta l’imputato contumace.

Le SS.UU. mediante una interpretazione sistematica della normativa codicistica mettono in rilievo la necessità della nomina del difensore d’ufficio in caso di impedimento del difensore di fiducia (art. 484 c.p.p.);del resto, senza la presenza del difensore l’imputato non è neppure costituito.

Solo dopo aver designato il difensore ex art 97 c.p.p. il giudice potrà pronunciarsi sulla contumacia dell’imputato o decidere il rinvio a nuova udienza a causa di legittimo impedimento del difensore.

Specificamente, nell’ipotesi di rinvio per impedimento del difensore, sarà necessario sentire il PM, nonché verificare che l’imputato non sia assistito anche da altro difensore presente, che il difensore impedito non abbia nominato un sostituto o che l’imputato stesso non chieda che si proceda nonostante l’assenza del difensore. Proprio quest’ultima norma induce la Corte a ritenere che la decisione sull’impedimento del difensore debba precedere la decisione sulla eventuale dichiarazione di contumacia.

Laddove sia l’imputato che il difensore fossero impediti a comparire sarebbe preliminare la decisione sulla richiesta dell’imputato; il suo accoglimento renderebbe evidentemente irrilevante la richiesta del difensore.

Il principio di diritto enunciato dalla Corte è il seguente:

Nel caso di assenza in dibattimento sia dell’imputato sia del difensore risulta preliminare la decisione sull’effettiva rilevanza dell’impedimento a comparire eventualmente prospettato dall’imputato e comunque l’eventuale dichiarazione della sua contumacia, cui il giudice deve provvedere sentito il pubblico ministero e il sostituto designato per il difensore assente. Solo dopo avere deciso con riferimento alla posizione dell’imputato, il giudice può prendere in esame la richiesta di rinvio per impedimento del difensore, che assumerà dunque rilevanza esclusivamente nel caso in cui l’imputato sia stato dichiarato contumace.

Ciò precisato, la Corte passa prende in considerazione modi e termini della comunicazione al difensore e all’imputato del rinvio dell’udienza.

Secondo l’art. 484 c.p.p., è rinnovata nei confronti dell’imputato la citazione a giudizio in caso di legittimo impedimento a comparire.

Nel caso di imputato contumace non è dovuta alcuna nuova comunicazione, stante la presenza del difensore sostituto che lo rappresenta; costituisce eccezione a questa regola il caso in cui si disponga un rinvio a tempo indeterminato, evidentemente non conoscibile neppure dal difensore sostituto presente in udienza.

Esaminando la posizione del difensore assente per legittimo impedimento, la Corte chiarisce che esso ha diritto ad essere avvisato della nuova udienza. Tuttavia, ciò vale solo nei casi in cui la data della nuova udienza non sia già stata individuata nell’ordinanza di rinvio. L’ eventuale avviso orale sarà recepito dal difensore sostituto (che assume i doveri del sostituito- art 102 c.p.p.) e, come prevede l’art. 477 c.p.p. esso avviso sostituisce le notificazioni per coloro che debbono considerarsi presenti.

Così la Corte formula il principio di diritto :

Il difensore che abbia ottenuto la sospensione o il rinvio a udienza fissa del dibattimento per legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la data già nell’ordinanza di rinvio.

(Altalex, 29 marzo 2006. Nota di Paolo Del Giudice)



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE


SEZIONI UNITE PENALI

 

SENTENZA 28 febbraio 2006 / depositata il 9 marzo 2006 n. 8285

(Presidente U. Papadia , Relatore A. Nappi)


MOTIVI DELLA DECISIONE

1. S.G. impugna per cassazione la sentenza che ne ha confermato la dichiarazione di colpevolezza in ordine al delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Propone tre motivi d’impugnazione.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 420 ter c.p.p., lamentando che il giudice di primo grado ne abbia dichiarato la contumacia prima di decidere sulla richiesta di rinvio del dibattimento per impedimento del difensore di fiducia avv. Balletta. Sostiene che la dichiarazione di contumacia è perciò assolutamente nulla, con effetto invalidante su tutti i successivi atti del processo.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce che all’udienza del 4 marzo 2002, cui il dibattimento fu rinviato per il riconosciuto impedimento, il giudice di primo grado omise di rilevare che la notifica dell’avviso al difensore avv. Balletta era stata invalidamente effettuata all’indirizzo del precedente difensore avv. Pastena, già revocato. Sicché il dibattimento di primo grado fu invalidamente celebrato senza avviso al difensore.

Con il terzo motivo infine il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione dell’art. 194 c.p.p., lamentando che i giudici del merito si siano fondati esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, prive di qualsiasi riscontro.

2. La Sesta sezione di questa Corte, cui il ricorso era stato assegnato, ha rilevato un contrasto di giurisprudenza sulla questione dedotta con il primo motivo d’impugnazione.

Secondo una parte della giurisprudenza, cui si richiama il ricorrente, è infatti illegittima la dichiarazione di contumacia dell’imputato prima del rinvio dell’udienza dovuto all’impedimento del difensore di fiducia (Cass., sez. V, 11 gennaio 2000, Fiorillo, m. 215751, Cass., sez. VI, 5 ottobre 2001, Zaborra, m. 220341). Si ritiene in particolare che “una volta acquisita la dichiarazione di adesione del difensore all’astensione dalle udienze deliberata dalla categoria professionale, deve ritenersi affetta da nullità la dichiarazione di contumacia dell’imputato pronunciata previa nomina, allo stesso, di un difensore d’ufficio” (Cass., sez. IV, 25 febbraio 2004, Suero, m. 228855).

Secondo altra parte della giurisprudenza, invece, la presenza del difensore di ufficio nominato in assenza di quello di fiducia impedito, legittima il giudice sia alla declaratoria di contumacia prima della statuizione sul rinvio sia all’omissione della notifica dell’avviso della nuova udienza all’imputato, rappresentato, in quanto contumace, dal difensore di ufficio (Cass., sez. III, 5 ottobre 2001, Roatta, m. 220600, Cass., sez. IV, 10 gennaio 2003, Sensoli, m. 224104, Cass., sez. IV, 12 ottobre 2005, Ferraro, m. 232373). Si ritiene in particolare che, “nell’ipotesi in cui il difensore di fiducia sia rimasto assente all’udienza per un legittimo impedimento, l’imputato che non sia comparso è rappresentato dal sostituto del difensore, nominato d’ufficio, sicché ritualmente ne viene dichiarata la contumacia e legittimamente viene omessa la notificazione in suo favore dell’avviso dell’udienza di rinvio fissata dal giudice a seguito dell’impedimento predetto” (Cass., sez. IV, 30 settembre 2004, Giancristofaro, m. 229435).

3. Il contrasto di giurisprudenza denunciato dalla sesta sezione penale di questa Corte deve trovare la sua soluzione in una corretta interpretazione dell’art. 484 c.p.p., che, nella stessa successione dei suoi tre commi, scandisce l’ordine degli atti da compiere prima della dichiarazione di apertura del dibattimento a norma dell’art. 492.

Stabilisce dunque l’art. 484 comma 1 c.p.p. che, prima di dare inizio al dibattimento, il presidente del collegio giudicante, o quando sia il caso il giudice monocratico, controlla innanzitutto la re-golare costituzione delle parti. E poiché la partecipazione del difensore al dibattimento di merito è necessaria, l’art. 484 comma 2 c.p.p. aggiunge che in caso di sua assenza deve essere subito designato un sostituto a norma dell’art. 97 comma 4. In mancanza di un difensore, infatti, l’imputato, pur presente, non è regolarmente costituito.

Solo dopo la designazione del sostituto del difensore assente può pertanto aprirsi il procedimento incidentale previsto dagli art. 420 bis e s. c.p.p., cui rinvia solo il terzo comma dell’art. 484 c.p.p., per la verifica delle ragioni dell’assenza del difensore ed eventualmente dello stesso imputato, ai fini dell’accertamento dei presupposti di una dichiarazione di contumacia.

Né la decisione sull’eventuale richiesta di rinvio per l’impedimento rappresentato dal difensore assente né la dichiarazione di contumacia, dunque, sono possibili senza la previa designazione del sostituto del difensore.

Sulla richiesta di rinvio per impedimento del difensore, infatti, deve essere sentito, oltre al pubblico ministero, anche l’imputato eventualmente presente, perché, secondo quanto prevede l’art. 420 ter comma 5 c.p.p., l’imputato può chiedere che si proceda in assenza del difensore pur legittimamente impedito. E comunque la rappresentazione di un impedimento da parte del difensore non comporta un rinvio automatico del dibattimento, perché occorre preliminarmente accertare almeno che l’imputato non sia assistito anche da altro difensore e soprattutto che l’impedimento sia stato tempestivamente comunicato. Sicché sui presupposti della decisione deve aprirsi il contraddittorio tra le parti, vale a dire tra il pubblico ministero e il sostituto designato per il difensore assente.

Un analogo contraddittorio è del resto necessario che si apra anche prima della decisione sull’effettiva rilevanza dell’impedimento a comparire eventualmente prospettato dall’imputato; e comunque prima dell’eventuale dichiarazione della sua contumacia. Nella giurisprudenza di questa Corte è sostanzialmente indiscusso infatti che “la dichiarazione di contumacia non può essere validamente pro-nunciata se il giudice non provvede preliminarmente a sentire le parti” (Cass., sez. V, 27 gennaio 2005, Grazia, m. 231489, Cass., sez. III, 7 maggio 1998, Di Leo, m. 211530). Sicché, ai fini della dichiarazione di contumacia, va preliminarmente sentito anche il sostituto designato per il difensore eventualmente assente.

Rimane certo da stabilire quale delle due decisioni debba avere la precedenza: se la decisione sull’impedimento addotto dal difensore assente ovvero l’eventuale dichiarazione di contumacia dell’imputato. Ma, come s’è già anticipato, è l’art. 420 ter comma 5 c.p.p. a fornire una risposta inequivocabile a questo interrogativo, laddove stabilisce che l’imputato può chiedere che si proceda in assenza del difensore impedito.

Sicché, come risulta anche dalla successione delle disposizioni dell’art. 420 ter c.p.p., ove impedimenti a comparire fossero addotti sia dall’imputato sia dal suo difensore, risulterebbe preliminare la decisione sulla richiesta dell’imputato, il cui accoglimento renderebbe evidentemente irrilevante la richiesta del difensore.

Si deve allora concludere con l’enunciazione del seguente principio di diritto:

Nel caso di assenza in dibattimento sia dell’imputato sia del difensore risulta preliminare la decisione sull’effettiva rilevanza dell’impedimento a comparire eventualmente prospettato dall’imputato e comunque l’eventuale dichiarazione della sua contumacia, cui il giudice deve provvedere sentito il pubblico ministero e il sostituto designato per il difensore assente. Solo dopo avere deciso con riferimento alla posizione dell’imputato, il giudice può prendere in esame la richiesta di rinvio per impedimento del difensore, che assumerà dunque rilevanza esclusivamente nel caso in cui l’imputato sia stato dichiarato contumace.

4. Ciò posto, occorre stabilire quali siano gli effetti delle decisioni relative alle posizioni e dell’imputato contumace e del difensore assente, ai fini della comunicazione dell’eventuale rinvio dell’udienza.

Secondo quanto prevede l’art. 484 comma 3, in ragione del rinvio all’art. 420 ter comma 1 c.p.p., l’imputato ha diritto a una nuova citazione a giu-dizio solo quando venga accertata la legittimità del suo impedimento a comparire. Se l’imputato viene dichiarato contumace, non ha diritto a ulteriori avvisi, perché, essendo rappresentato dal difensore (art. 420 quater comma 2 c.p.p.), deve considerarsi presente (art. 420 ter comma 4 e 477 comma 3 c.p.p.). E non può esservi dubbio che anche il sostituto designato per il difensore assente rappresenti l’imputato contumace, tale essendo appunto la funzione di garanzia per la quale viene designato. Ma questa regola vale ovviamente solo nei casi in cui la data della nuova udienza sia fissata già nell’ordinanza che dispone il rinvio a udienza fissa (o la sospensione) del dibattimento; non può valere nei casi in cui si disponga un rinvio a tempo indeterminato, come pure può avvenire, perché in tal caso neppure il difensore presente alla lettura dell’ordinanza di rinvio risulta immediatamente informato della data della nuova udienza.

Quanto al difensore, l’art. 420 ter comma 5 c.p.p. stabilisce che si debba provvedere a norma del comma 1 quando risulti che la sua assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato.

Ne consegue che il difensore assente per legittimo impedimento ha diritto all’avviso della nuova udienza (Cass., sez. VI, 1 ottobre 2003, Sadu, m. 227722).

Occorre tuttavia stabilire se la notifica dell’avviso competa al difensore legittimamente assente anche quando la nuova udienza risulti fissata già nell’ordinanza che dispone il rinvio (o la sospen-sione) del dibattimento. Infatti, mentre l’imputato assente è rappresentato dal difensore solo quando sia stato dichiarato contumace, un sostituto del difensore assente è comunque presente alla lettura dell’ordinanza di rinvio; e, secondo quanto prevede l’art. 102 comma 2 c.p.p., “il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore”.

Come queste Sezioni unite hanno avuto già modo di chiarire, in realtà, la legittimazione del sostituto è limitata a funzioni defensionali attive, quali la presentazione di un’impugnazione o l’intervento a un atto garantito, ma non può consentire una completa estromissione del sostituito, che conserva la sua qualifica e rimane l’unico legittimo destinatario degli avvisi e delle notificazioni previste a garanzia della difesa (Cass., sez. un., 11 novembre 1994, Nicoletti, m. 199398-199399, Cass., sez. II, 9 maggio 2000, Pistoia, m. 217343, Cass., sez. II, 17 ottobre 2003, Caruso, m. 227688, Cass., sez. IV, 10 febbraio 2005, Ennejmy, m. 231324).

Tuttavia il titolare dell’ufficio di difesa rimane destinatario delle sole notificazioni che siano effettivamente necessarie; mentre qui si discute appunto della necessità di notificare l’avviso della nuova udienza già fissata nell’ordinanza di rinvio (o di sospensione) del dibattimento letta alla presenza del sostituto. E quindi il problema non attiene alla posizione del difensore sostituito, bensì alla funzione del sostituto, che, assumendo per conto del sostituito i doveri derivanti dalla partecipazione all’udienza (art. 102 comma 2 c.p.p.), assume anche il compito di destinatario dell’avviso orale della data della nuova udienza cui il dibat-timento sia rinviato. Secondo quanto prevede l’art. 477 comma 3 c.p.p., infatti, gli avvisi orali dati nel caso di rinvio a udienza fissa (o di sospensione) del dibattimento sostituiscono le notificazioni per coloro che debbono considerarsi presenti.

Sicché deve ritenersi che, nel caso di rinvio a udienza fissa (o di sospensione) del dibattimento per legittimo impedimento del difensore, è sufficiente che l’avviso sia recepito in udienza dal so-stituto designato dal giudice (Cass., sez. VI, 31 marzo 2004, Foltran, m. 228229, Cass., sez. III, 13 novembre 2003, Pacca, m. 227491).

Si deve pertanto concludere con l’enunciazione del seguente principio di diritto:

Il difensore che abbia ottenuto la sospensione o il rinvio a udienza fissa del dibattimento per legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della nuova udienza solo quando non ne sia stabilita la data già nell’ordinanza di rinvio.

5. Dai principi su enunciati deriva l’infondatezza del primo motivo del ricorso, essendo del tutto valida la dichiarazione di contumacia di S.G., e l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso, non avendo il ricorrente interesse a censurare di invalidità un avviso che neppure gli spettava.

Quanto al terzo motivo del ricorso, esso è inammissibile per violazione dell’art. 606 comma 1 c.p.p., perché propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata con riferimento a una plausibile e diffusa valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, pur costituita parte civile, corroborate da documenti e dall’oggettiva sottrazione di S.G. a qualsiasi pur minimo contributo alla sopravvivenza della figlia minore.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la mi-gliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass., sez. V, 30 novembre 1999, Moro, m. 215745, Cass., sez. II, 21 dicembre 1993, Modesto, m. 196955). Secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, del resto, l’art. 606 c.p.p. non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali (Cass., sez. VI, 30 novembre 1994, Baldi, m. 200842; Cass., sez. I, 27 luglio 1995, Chiadò, m. 202228) o una diversa interpretazione delle prove (Cass., sez. I, 5 novembre 1993, Molino, m. 196353, Cass., sez. un., 27 settembre 1995, Mannino, m. 202903), perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali; e l’art. 606 lettera e) c.p.p., quando esige che il vizio della motivazione risulti dal testo del provvedimento impugnato, si limita a fornire solo una corretta definizione del controllo di legittimità sul vizio di motivazione.

Non c’è nessuna prova, infatti, che abbia un significato isolato, slegato, disancorato dal contesto in cui è inserita. Può accadere che una prova abbia un significato determinante; ma per poter stabilire se una prova non considerata dal giudice del merito abbia effettivamente un significato probatorio pregnante, occorre comunque una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile.

Sicché, il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito, non lo può definire il giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione.

D’altro canto è indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte che “a base del libero convincimento del giudice possono essere poste sia le dichiarazioni della parte offesa sia quelle di un testimone legato da stretti vincoli di parentela con la medesima” (Cass., sez. III, 5 marzo 1993, Russo, m. 193862; Cass., sez. IV, 26 giugno 1990, Falduto, m. 185349). Sicché‚ la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass., sez. I, 28 febbraio 1992, Simbula, m. 189916; Cass., sez. VI, 20 gennaio 1994, Mazzaglia, m. 198250; Cass., sez. II, 26 aprile 1994, Gesualdo, m. 198323; Cass., sez. VI, 30 novembre 1994, Numelter, m. 201251; Cass., sez. III, 20 settembre 1995, Azingoli, m. 203155), non richiedendo necessariamente neppure riscontri e-sterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità (Cass., sez. VI, 13 gennaio 1994, Patan‚, m. 197386, Cass., sez. IV, 29 gennaio 1997, Benatti, m. 206985, Cass., sez. VI, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208912, Cass., sez. VI, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208913, Cass., sez. II, 13 maggio 1997, Di Candia, m. 208229, Cass., sez. I, 11 luglio 1997, Bello, m. 208581, Cass., sez. III, 26 novembre 1997, Caggiula, m. 209404).

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso.

 

 

 

Giovedì, 30 Marzo 2006
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