Domenica 22 Dicembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 23/08/2005

SVIZZERA/UPI:DIMINUISCONO I MORTI PER ALCOL SULLE STRADE, MENTRE RESTA STAZIONARIO IL NUMERO DI PERSONE CHE USANO LA CINTURA DI SICUREZZA. IN ARRIVO NUOVE RESTRIZIONI E SENTENZE CHOC

SVIZZERA/UPI: DIMINUISCONO I MORTI PER ALCOL SULLE STRADE, MENTRE RESTA STAZIONARIO IL NUMERO DI PERSONE CHE USANO LA CINTURA DI SICUREZZA. IN ARRIVO NUOVE RESTRIZIONI E SENTENZE CHOC

di Lorenzo Borselli


Un incidente motociclistico in Svizzera

Controlli etilometrici da parte della Polizia Cantonale Ticinese dopo un tamponamento, nella galleria del Gottardo

(ASAPS) GINEVRA – La diminuzione del tasso alcolemico consentito, in Svizzera, ha avuto i suoi frutti, come dimostra un’indagine del solito efficientissimo UPI, l’Ufficio Svizzero per la Prevenzione degli Infortuni. L’istituto ha raccolto i dati tra i vari uffici traffico delle polizie cantonali, tirando poi le somme: il dato che ne emerge è positivo e mette in risalto un vero e proprio risparmio di vite umane. I primi dati, incompleti, avevano già avuto un’anticipazione sul nostro sito, ma con il quadro completo dei cantoni la positività della riforma appare ancora più netta. Nel complesso, l’asfalto meno alcolico ha fatto segnare una diminuzione del 22% della mortalità, con 183 vittime contro le 234 dello stesso periodo del 2004, ma è proprio sul fenomeno infortunistico complessivo, che la pericolosa interazione alcol-volante è stata ampiamente dimostrata e gli eventi per i quali il gomito troppo altro è la causa determinante di lesioni mortali sono diminuiti addirittura del 42%. In pratica, abbassare da 0,8 a 0,5 g/l il limite massimo, ha significato dimezzare la statistica. È vero che in Svizzera i controlli sono molto elevati, e le forze di polizia hanno ottenuto di poter sottoporre a test con precursori tutti gli automobilisti controllati, anche senza indizi di ebbrezza. Questo particolare influisce davvero molto sulla qualità delle ispezioni – che gli osservatori definiscono senza mezzi termini “esemplari” – e viene da chiedersi cosa potrebbe accadere se – a parità di controlli – nella confederazione elvetica venisse introdotto il divieto di consumare alcolici prima di guidare. Secondo l’Upi, le statistiche dimostrano comunque che “…il buonsenso di gran parte dei conducenti che ha rinunciato all’alcol o si è limitato a bere solo 1 bicchiere sono alla base di questo successo ragguardevole”. Ma se sul fronte alcol l’offensiva ha portato ad una clamorosa avanzata, su quello delle cinture di sicurezza le forze in campo sono riuscite “soltanto” a tenere le posizioni. L’Upi ha infatti effettuato un censimento rappresentativo sull’utilizzo dei dispositivi di ritenuta, accertando che la quota di elvetici che ne fanno uso è rimasta stagnante, con un lieve regresso di 2 punti percentuali per quanto riguarda gli ospiti dei veicoli seduti “a cassetta”. Un risultato che non soddisfa gli esperti svizzeri, speranzosi di ripetere l’exploit di tre anni fa. Vediamo comunque il dettaglio: ad oggi, l’82% dei conducenti e il 53% dei passeggeri che occupano i sedili posteriori, fa comunemente uso delle cinture di sicurezza. La delusione è costituita dal fatto che nel 2001 ne facevano uso solo 32 persone su 100, mentre nel 2003 – a suon di campagne e di contravvenzioni – il numero salì a 55. Poi, lentamente, si è arrivati al 53%. La norma che riguarda l’obbligo per conducente e passeggero anteriore è stata varata nel 1981, quindi 24 anni fa, mentre risale al 1994 l’estensione del divieto a viaggiare “sciolti” anche per i passeggeri posteriori. Segnaliamo, così come la riporta l’Upi, l’epidemiologia del fenomeno, che – non vorremmo passare per disfattisti – riflette a nostro parere una certa italianità. Infatti nel canton Ticino, quello dove si parla lumbard, solo il 30% dei passeggeri posteriori viaggia ben assicurato al sedile, contro il 48% dei più ligi cantoni di area francofona e dei marziali svizzeri tedeschi, dove la statistica rivela l’obbedienza alla norma da parte del 55%. Le cose vanno decisamente meglio per il rispetto da parte dei conducenti, che nella Confederazione è un’abitudine per l’82% della categoria e che dimostra maggior rispetto della legge a partire dall’area teutonica (85%), per passare a quella francese (77%), fino al circondario di Lugano, dove a non far arrabbiare i poliziotti per il mancato rispetto della legge, sono solo in 55 su 100. Risulta molto interessante anche l’uso delle cinture relativamente al tipo di strada percorsa. Per esempio, sulle autostrade l’obbligo viene rispettato dal 90% dei conducenti, mentre sulle strade extraurbane il numero scende fino all’82% per arrivare a 74 conducenti su 100 nelle strade urbane. Questo evidenzia, secondo l’Upi, un’errata percezione del rischio, visto che il numero di vittime registrato sulle strade urbane nel 2004 è più del doppio (per la precisione 2 volte e mezzo in più) rispetto a quelle in autostrada: 7.463 contro 2.897. Le contromisure sono state subito annunciate e intraprese, anche se a dire la verità il pacchetto era pronto in parlamento federale prima ancora della divulgazione delle statistiche da parte dell’Upi, e potrebbero addirittura anticipare l’iniziativa europea. Innanzitutto è stato innalzato il limite minimo di velocità, che in autostrada passa da 60 a 80 km/h. Poi è stato istituito l’obbligo per tutti i conducenti e passeggeri di ogni veicolo a motore – e qui è ovvia l’intenzione di far allacciare le cinture a chi sale, a qualsiasi titolo su autocarri e, nel futuro, agli autobus – di fare uso dei dispositivi di ritenuta. Quello immediatamente successivo, anche questo con legge, comporta l’obbligo di indossare il casco. Il Consiglio federale ha stabilito anche i tempi d’attuazione, e tutti i veicoli che saranno immatricolati dal 1° marzo 2006 dovranno essere muniti di cinture: entro il 1° gennaio 2010, tutti gli altri dovranno adeguarsi. Sul fronte del trasporto pubblico, il gravissimo incidente del San Bernardo dell’aprile di quest’anno, aveva già acceso la miccia, e la prima categoria di veicoli di trasporto persone a doversi adeguare, saranno gli scuolabus, e per la precisione quelli che hanno le panche longitudinali. Per loro è già stata decisa la necessità di installare cinture addominali, mentre saranno rivisitate anche le norme in materia di trasporti di bambini sulle autovetture. Infine, il casco. Anche in Svizzera, come nel resto dei paesi a motorizzazione evoluta, i centauri sono quelli che pagano il prezzo più alto: dai ciclomotori ai motoveicoli di grossa cilindrata è ovunque una vera e propria carneficina. Per questo motivo, è già stato introdotto l’obbligo del casco per i “quads”, le moto a 4 ruote, e per i “Trikes”, potenti e rombanti tricicli sempre più in voga in Germania, in Austria e nel nord del nostro paese, oltre che nell’eclettica Svizzera, dove però i giudici del traffico continuano a sfornare sentenze choc: l’ultima, emessa dal tribunale di Gagster-Seel, che la scorsa settimana ha condannato a 6 anni di carcere, senza condizionale, un giovane di 24 anni, che nel giugno dello scorso anno aveva ingaggiato una gara con un’altra auto, mentre percorreva l’autostrada A53, nei pressi di Jona, nel distretto Sangallese (SG). Nella competizione, i veicoli si urtarono coinvolgendo altre due auto, una delle quali nella carreggiata opposta. Lo scontro costò la vita a tre persone, che sono costate al giovane pirata, una condanna per omicidio ripetuto intenzionale con dolo eventuale: in pratica, sebbene non volesse uccidere, ingaggiando la gara si assunse il rischio delle possibili conseguenze della propria condotta. Ora pagherà. (ASAPS).



di Lorenzo Borselli

Martedì, 23 Agosto 2005
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK