In sordina (nessuno ne ha parlato) all’adunanza del 27 febbraio 2006, n. 746/06, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato ha espresso il parere definitivo sul risarcimento diretto ex artt. 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni. Come è noto, tale parere fa seguito al quello già espresso in data 19 dicembre 2005 che già abbiamo avuto modo di commentare (http://www.altalex.com/index.php?idnot=2252). Se abbiamo definito il precedente parere “alquanto contraddittorio”, il parere definitivo, oltre a non aver approfondito dal punto di vista giuridico gli argomenti, è tutto da interpretare. Come si tutela il contraente debole Appare quanto meno bizzarra la “giustificazione” che il Consiglio di Stato da circa l’applicazione dei criteri direttivi previsti dall’art. 4 della legge delega n.229 del 2003. Ovvero “la tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri”. Secondo il Supremo Giudice Amministrativo, “la tutela del consumatore si ottiene intensificando, da un lato la trasparenza e la concorrenza, e dall’altro fissando ex ante i criteri di ripartizione della responsabilità”. Sennonché, mentre nulla si precisa in merito alla trasparenza (che non esiste) ed alla concorrenza (salvo quello che diremo poi), tale tutela si raggiungerebbe mediante la “tipizzazione” dei criteri di responsabilità sulla base della casistica più ricorrente, salvo poi precisare che “ogni sinistro andrà valutato nel caso concreto, tenendo conto anche di ulteriori circostanze che possono aver influito sulla dinamica”. Praticamente non cambierebbe nulla rispetto alla situazione esistente. Infatti, per chi ha un minimo di conoscenza nel settore, già sa che le liquidazione dei sinistri avvengono da decenni applicando regole standardizzate, salvo valutazioni da effettuarsi in basi ai singoli casi. Questo denota quanto chi deve esprimere un parere di tale portata sia distante dal mondo reale, ovvero dalla conoscenza delle regole già in vigore nel settore assicurativo. Ma, riteniamo, sia del tutto incredibile quanto riportato al punto 3. del parere. Il Consiglio di Stato, infatti, escludendo espressamente che il danneggiato possa rivolgersi ad un professionista (se non a proprie spese) per farsi tutelare durante la fase di risarcimento diretto e precisando che “si tratta indubbiamente di una restrizione dell’area del danno risarcibile”, specifica che tale grave, incostituzionale, penalizzazione, sarà “ripagata” da concreti benefici in termini di rapidità e certezza della liquidazione, riduzione del premio e altro (?). Ciò è palesemente errato. Con il sistema di risarcimento diretto non vi sarà alcuna rapidità nelle liquidazioni in quanto gli artt. 5,6,7 e 8 hanno notevolmente complicato le modalità di richiesta che il danneggiato deve presentare ed aumentato a dismisura i tempi concessi alla compagnia assicuratrice per rispondere o liquidare il danno. La certezza della liquidazione non si comprende da cosa sia stata dedotta. Ed infine, è lo stesso Consiglio di Stato che, come vedremo, afferma che non può essere stabilita aprioristicamente una riduzione di premio. Quali sono i concreti benefici? Un sistema regolato dalle parti? Ma che la confusione sia totale lo constatiamo da alcune affermazione strettamente in contrasto le une con le altre. In primo luogo il Consiglio di Stato arriva ad affermare che: “Lo schema del risarcimento diretto, infatti, si fonda sull’idea di trasformare la liquidazione RCAuto da un sistema regolato solo da una fonte eteronoma (le norme del codice civile) in un sistema regolato anche dalle parti”. Sennonchè ci sfugge completamente come possa il consumatore intervenire nella “regolazione” del sistema di risarcimento diretto. Non può, esso consumatore o danneggiato, stabilire né i criteri di applicazione delle responsabilità, né i tempi e modi di liquidazione del danno e non può, neppure, farsi assistere da un professionista che lo aiuti in qualche modo a “regolare” il sistema. Il Consiglio di Stato afferma, poi, che si tratti di “una restrizione consapevolmente e liberamente accettata dal danneggiato che intende utilizzare questo meccanismo risarcitorio” e che sia “una indubbia restrizione preventiva (liberamente accettata) dell’area dei danni risarcibili. Al lettore attento non può certamente sfuggire come non vi sia nulla di vero in quanto sopra indicato poiché, in realtà, il danneggiato non può scegliere ma è obbligato a sottostare alla restrittiva procedura del risarcimento diretto. E ciò è talmente vero che il Consiglio di Stato, smentendo se stesso, poi afferma:” La preoccupazione espressa (mancanza di benefici) in proposito nel parere interlocutorio traeva –e trae- origine dalla constatazione del carattere obbligatorio del meccanismo del risarcimento diretto (al contrario della facoltatività del sistema francese), che comporta la consumazione del potere di scelta dell’assicurato al momento della stipula”. Ma allora, se è obbligatorio come è obbligatorio, se non c’è scelta come non c’è scelta, dove sarebbe l’autonomia negoziale o la libertà di scelta del danneggiato nel sistema del risarcimento diretto? L’impossibile diminuzione dei premi Mi sono chiesto se il relatore, ovvero colui che ha redatto il parere del Consiglio di Stato, si sia andato a leggere il mio precedente articolo. Scrivevo, infatti, a commento del parere interlocutorio del C.d.S., ove lo stesso consigliava l’introduzione di una norma secondaria che prevedesse un meccanismo di riduzione dei premi: “…E prevedere per legge una soglia di riduzione del prezzo, così come consigliato dal Consiglio di Stato, rispetta la direttiva comunitaria 92/49/CEE denominata “Libertà Tariffaria ed abolizione dei controlli preventivi e sistematici sulle tariffe e sui contratti”? Pare assurdo che sia lo stesso Consiglio di Stato a suggerire un sistema di controllo preventivo dei premi da parte dello Stato”. Mi chiedo ciò perchè nel parere definitivo, smentendo ancora una volta se stesso, il Consiglio di Stato scrive: “A tal riguardo, occorre convenire che la previsione eteronoma di soglie di riduzione dei premi deve tenere conto in modo compiuto del disposto della direttiva comunitaria n. 92/49/CEE denominata “Libertà tariffaria ed abolizione dei controlli preventivi e sistematici sulle tariffe e sui contratti”. Si ritiene dunque fondata l’obiezione dell’Amministrazione secondo cui non sono possibili forme di controllo preventivo dei premi …” Pertanto, a questo punto è di tutta evidenza come lo scopo principale di tale (contro) riforma, ovvero la riduzione dei premi tariffari, non sia attuabile d’imperio. Quindi, per certo rimangono solo le, più volte citate, restrizioni a danno dei danneggiati e nessun beneficio economico. Infatti, perché mai le compagnie, che sono comunque società a scopo di lucro, dovrebbero diminuire i premi anziché aumentare gli utili? Ma l’antitrust aveva ragione? Nel parere definitivo il Consiglio di Stato tenta di “confutare” anche il parere dell’AGCM, laddove quest’ultima autorità “bocciava” il regolamento al risarcimento diretto. Ovvero, esaminando la questione sollevata dal garante circa una diminuzione della concorrenza fra le compagnie causata dalla creazione di consorzi che controllerebbero i meccanismi dei risarcimenti (alla “faccia” dei danneggiati e della loro libertà di scelta), il Consiglio dichiara la propria incompetenza sul punto ancorchè affermando che in effetti ciò potrebbe sfavorire il principio della libera concorrenza. Netta è, invece, la condivisione della bocciatura dell’art. 13, comma 5, lett. C). Scrive il Consiglio di Stato: “ Senz’altro condivisibile, invece, l’osservazione specifica relativa all’art. 13, comma 5, lett. C). Non sembra dubbio che il sistema debba permettere a ciascuna impresa di beneficiare dell’efficienza derivante dalla gestione dei sinistri dei propri assicurati, stimolando un confronto competitivo sui costi: andrebbe dunque escluso che, nell’ambito del sistema del risarcimento diretto possano essere definiti o condivisi parametri tecnici relativi all’attività di risarcimento dei danni svolta da parte delle imprese”. Poi, però, secondo il Consiglio, non sarebbe possibile tutelare meglio il consumatore, come suggerito dall’AGCM, nel caso in cui l’impresa non ritenga di accedere alla richiesta di risarcimento diretto. Ovvero, pur condividendo il fatto che il consumatore non sia tutelato al meglio in questo caso (ovvero disapplicando l’art. 4 della legge delega), secondo il C.d.S. ciò non sarebbe possibile semplicemente perché non è agevole trovare rimedi (?). Ma chi dovrebbe trovarli i rimedi, se non il legislatore? Neppure, secondo il Consiglio di Stato, si possono applicare sanzioni alle compagnie che ritardino “ingiustificatamente “ -ma sarebbe meglio dire arbitrariamente- il risarcimento; e questo perché ciò non rientrerebbe nella materia della Legge Delega. Cioè, l’unica norma che veramente tutelerebbe il danneggiato-consumatore da eventuali “abusi” contrasterebbe con “la tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli” prevista dal legislatore. Mentre un sistema definito “restrittivo” per il danneggiato-consumatore, quale il sistema del risarcimento diretto, rispetterebbe il principio di tutela. Consentiteci di dubitare della correttezza giuridica di tale ragionamento. Fortunatamente accolte, invece, le eccezioni sollevate dall’AGCM dove è stato chiesto un termine “certo” per l’avvio della procedura stragiudiziale, qualora risulti inapplicabile la disciplina del risarcimento diretto e, la previsione di un mero allungamento dei termini (anziché della loro interruzione) in caso di richiesta incompleta. Incostituzionale l’azione diretta nei confronti della propria impresa assicuratrice. Sembra di comprendere che, secondo il Consiglio di Stato, non sia condivisibile quanto previsto dall’art. 149.6 del Codice delle Assicurazioni laddove preveda che il danneggiato, in caso di diniego o di mancata offerta, possa proporre azione nei confronti della propria compagnia assicuratrice. Non si spiegherebbe, in caso contrario, cosa intenda il Supremo Giudice quando scrive: “Quanto all’esplicita previsione di un’azione diretta contro la propria impresa assicuratrice, anch’essa, attenendo alla disciplina del diritto d’azione, appare estranea alla materia della delega e deve trovare la sua soluzione nell’ambito dei principi generali dell’ordinamento”. Pertanto, è ovvio che essendo sul punto il Governo incorso in un eccesso di delega ex art. 76 della Carta Costituzionale, l’art. 149.6 del Codice delle Assicurazioni -ove prevede l’azione diretta- non potrà che essere disapplicato o dichiarato incostituzionale. Ma a questo punto se l’assicurato-danneggiato, a fronte di comportamenti opportunistici (come definiti dall’antitrust) della propria compagnia non potrà convenirla comunque in giudizio, che interesse avranno le assicurazioni a comportarsi correttamente (visto che oltretutto non potranno neppure subire sanzioni amministrative, come abbiamo visto)? (Altalex, 4 aprile 2006. Nota di Fabio Quadri)
Ministero delle attività produttive. Schema di d.P.R. recante attuazione dell’art. 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, concernente la disciplina del sistema di risarcimento diretto. Riesame. La Sezione Vista la relazione trasmessa dal Ministero delle attività produttive, Direzione generale per il commer-cio, le assicurazioni ed i servizi, trasmessa con nota n. 0014776-17.9.3, in data 30 novembre 2005, e la documentazione allegata; Visto il parere reso nell’Adunanza del 19 dicembre 2005; Vista la nota n. 0000789, in data 17 gennaio 2006, con cui il Ministero procedente - Ufficio legislativo ha comunicato i termini con cui intendeva dare adempimento al parere reso dal questa Sezione nella Adunanza del 19 dicembre 2005; Vista la successiva nota in data 8 febbraio 2006, n. 0002224-17.9.3/2, con cui il Ministero ha chiesto un nuovo definitivo parere che esamini in modo particolare le argomentazioni e le indicazioni recate nel parere reso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), sulla base dell’art. 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287. Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Paolo De Ioanna; PREMESSO: 1. L’art. 150 (Disciplina del sistema di risarcimento diretto) del “Codice delle assicurazioni” (d.lgs. 7 settembre 2005, n. 205), stabilisce che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attività produttive, sono disciplinati gli elementi costitutivi della disciplina del sistema di risarcimento diretto che si applica solo nelle ipotesi di danno al veicolo e di lesioni di lieve entità al conducente, secondo la definizione che di tale lesione “lieve” fornisce l’art. 139 del Codice; tali elementi costitutivi sono rappresentati da: i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti, anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione; il contenuto e le modalità di presentazione della denuncia di sinistro e gli adempimenti per il risarcimento del danno; le modalità, le condizioni e gli adempimenti dell’impresa di assicurazione per il risarcimento del danno; i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori; i principi per la cooperazione tra le imprese di assicurazione, ivi compresi i benefici derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto. La vigilanza sul sistema di risarcimento diretto e sui principi adottati dalle imprese per assicurare la tutela dei danneggiati, il corretto svolgimento delle operazioni di liquidazione e la stabilità delle imprese, è intestata all’ISVAP, secondo la tecnica utilizzata nel Codice delle assicurazioni. 2. Lo schema di d.P.R. in esame, emanato entro i termini previsti dal citato art. 150, provvede a dare attuazione alla cornice normativa secondaria entro cui dovranno operare le imprese autorizzate ad esercitare nel territorio della Repubblica italiana l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile autoveicoli e che abbiano aderito al sistema del risarcimento diretto. Gli articoli 5, 6 e 7 disciplinano le modalità con cui il danneggiato deve presentare la richiesta di risarcimento; gli articoli 8, 9 e 10 disciplinano le modalità con cui l’impresa deve corrispondere (positivamente o negativamente) alla richiesta del danneggiato; l’art. 11 chiarisce quali sono i sinistri che non possono essere inclusi nel sistema di risarcimento diretto; l’art. 12 (che fa rinvio ad un apposta tabella allegata) tipizza alcuni criteri standardizzati di accertamento della responsabilità dei sinistri, in conformità della disciplina legislativa e regolamentare in materia di circolazione stradale; l’art. 13 disciplina le modalità di costituzione di uno o più consorzi tra imprese assicuratrici, ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto; l’art. 14 dovrebbe chiarire quali sono i benefici derivanti agli assicurati; l’art. 15 stabilisce infine che il regolamento entrerà in vigore il 1° luglio 2006 e si applicherà ai sinistri verificatisi a partire dal 1° agosto 2006. CONSIDERATO: 1. Vale la pena rimettere brevemente a fuoco alcuni profili presenti nel precedente parere anche in vista della valutazione che si darà dell’avviso dell’AGCM. Al riguardo va osservato che le disposizioni recanti la procedura di risarcimento diretto (art. 149) e la relativa disciplina (art. 150) risultano inserite nel “Codice delle assicurazioni” sulla base degli elementi e delle indicazioni contenuti nel parere reso dalle competenti Commissioni parlamentari: non erano presenti nello schema di decreto legislativo sul quale questa Sezione ha previamente espresso il suo parere (Adunanza del 14 febbraio 2005). Tale circostanza pone oggettivamente l’esigenza di un esame puntuale della coerenza delle disposizioni recate da tali nuovi articoli con i criteri direttivi della legge di delega n. 229 del 2003; in particolare, l’art. 4, comma 1, lett. b), tra i principi e criteri direttivi della delega, pone “la tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri”. E’ evidente che gli artt. 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni, nonché il testo in esame, devono necessariamente adeguarsi ai principi e criteri direttivi recati dalla legge delega: e tra questi vi è l’espressa indicazione della tutela del consumatore e del contraente più debole. Lo schema del risarcimento diretto, infatti, si fonda sull’idea di trasformare la liquidazione RCAuto da un sistema regolato solo da una fonte eteronoma (le norme del codice civile) in un sistema regolato anche dalle parti. E se è vero che il danneggiato, al momento del sinistro, ha rapporti solo con la propria compagnia assicurativa, che già conosce e sulla quale ha certamente un potere contrattuale molto maggiore, è anche vero che, come il Consiglio di Stato ha chiarito nel parere del 19 dicembre 2005, la questione centrale sta nella organizzazione del nuovo sistema che deve essere idoneo a tradurre i benefici della “ottimizzazione della gestione”, “controllo dei costi” e “innovazione dei contratti” (come previsto dall’art. 14 dello schema di regolamento) in elementi di abbattimento dei costi e quindi di tutela dei contraenti deboli. In altri termini la tutela del consumatore si ottiene intensificando, da un lato, la trasparenza e la concorrenza, e dall’altro fissando ex ante i criteri di ripartizione delle responsabilità. 2. In questa prospettiva - come si era rilevato nel parere interlocutorio - è apprezzabile che tali criteri siano tipizzati sulla base della casistica più ricorrente e formalizzati in un apposito allegato. Si tratta di una presentazione molto stilizzata della casistica standard che naturalmente non esclude che “ogni sinistro andrà valutato nel caso concreto, tenendo conto anche di ulteriori circostanze che possono aver influito” sulla sua dinamica. Proprio la tipizzazione della casistica e la prospettiva di una procedura semplificata per la liquidazione dei danni, rendono particolarmente importante la funzione di assistenza tecnica ed informativa demandata all’impresa (art.9). E tale assistenza appare tanto più necessaria ed impegnativa per l’impresa in quanto lo schema intende escludere la risarcibilità delle spese di assistenza legale eventualmente sopportate dal danneggiato (vedi punto successivo). A fronte della scelta di tale schema semplificato, il danneggiato ha la certezza di tempi definiti per vedersi liquidato il danno e fatta una proposta impegnativa da parte dell’impresa. 3. Rimangono peraltro alcune questioni meritevoli di approfondimento. La prima riguarda i danni accessori, i limiti e le condizioni di risarcibilità. Il testo, al riguardo, dispone che “ai fini dell’offerta di risarcimento del danno formulata dall’impresa non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico legale” (art. 9, comma 3). Questa formulazione esclude quindi in modo espresso tutte le altre forme di assistenza professionale, incluse quelle riferite ad attività di consulenza legale, che il danneggiato abbia ritenuto di attivare in vista della procedura di risarcimento diretto. Si tratta indubbiamente di una consistente restrizione dell’area del danno risarcibile, alla quale però fanno da riscontro per il danneggiato concreti benefici derivanti dal sistema di risarcimento diretto, benefici in termini di rapidità e certezza della liquidazione; riduzione del premio e altro. A ciò si aggiunga che si tratta di una restrizione consapevolmente e liberamente accettata dal danneggiato che intende utilizzare questo meccanismo risarcitorio. Va infatti tenuto presente che nel sistema delineato dagli artt. 149 e 150 del Codice il danneggiato resta comunque libero di non accettare l’offerta dell’impresa e di procedere in via giudiziale, dove il criterio della risarcibilità del danno si espande secondo i principi generali. Nel sistema del risarcimento diretto, quindi, assumono un valore cruciale i benefici (anche patrimoniali) che il danneggiato può ottenere a fronte di una indubbia restrizione preventiva (liberamente accettata) dell’area dei danni risarcibili. Non vi sono difficoltà sistematiche a collocare questo meccanismo di risarcimento “semplificato” nell’area dell’autonomia negoziale delle parti che stipulano il contratto di assicurazione; lo schema legislativo si preoccupa peraltro di tutelare in modo adeguato il contraente più debole, in termini di certezza dei tempi della liquidazione e di benefici ottenibili accettando tale schema. Alla luce di queste considerazioni trova la sua soluzione anche la questione della mancanza nello schema di benefici specifici e in particolare di una soglia minima di riduzione dei premi. La preoccupazione espressa in proposito nel parere interlocutorio traeva - e trae - origine dalla constatazione del carattere obbligatorio del meccanismo del risarcimento diretto (al contrario della facoltatività del sistema francese), che comporta la consumazione del potere di scelta dell’assicurato al momento della stipula. A tal riguardo, occorre convenire che la previsione eteronoma di soglie di riduzione dei premi deve tenere conto in modo compiuto del disposto della direttiva comunitaria n. 92/49/CEE denominata “Libertà tariffaria ed abolizione dei controlli preventivi e sistematici sulle tariffe e sui contratti”. Si ritiene dunque fondata l’obiezione dell’Amministrazione secondo cui non sono possibili forme di controllo preventivo dei premi, mentre è possibile studiare forme di trasparenza e di controllo competitività tra le compagnie, monitorate dell’ISVAP, che assecondino tali pratiche anticollusive e pro-concorrenziali. 4. Quanto ai nuovi elementi di criticità sollevati nel parere dell’AGCM, un rilievo centrale è attribuito all’art. 13 dello schema di decreto, in particolare là dove prevede la costituzione di uno o più consorzi fra le imprese cui spetta l’organizzazione e la gestione del sistema del risarcimento diretto, anche con riferimento alla definizione di regole di cooperazione tecnica per il funzionamento del sistema, nonché all’individuazione di parametri tecnici ed economici per la regolazione dei rapporti economici. L’AGCM ritiene che la formulazione dell’art. 150 del Codice non esiga l’individuazione di un tale artificioso strumento giuridico, considerando che la regolazione e gestione del sistema possono ben realizzarsi con una mera convenzione che fissi i criteri necessari al funzionamento del sistema. Il Consorzio realizzerebbe, infatti, una formula organizzativa che, attraverso i suoi organi gestionali, potrebbe assumere decisioni le quali possono orientare e finanche vincolare le imprese consorziate su aspetti non strettamente necessari al funzionamento del meccanismo del risarcimento diretto, come si desume dall’ampiezza delle attività che l’art. 13 dello schema demanda a tali consorzi. Ne deriva, secondo l’Autorità, il rischio di intese anticoncorrenziali. In particolare, l’AGCM giudica una superfetazione il comma 5, lett. b), dell’art. 13 dove si prevede che i consorzi “determinano preventivamente le regole di cooperazione tecnica necessarie per il funzionamento del sistema del risarcimento diretto”: l’ambito di cooperazione non dovrebbe oltrepassare quanto strettamente necessario all’individuazione della responsabilità, in virtù di un semplice confronto bilaterale tra le due imprese interessate e di norme di natura strettamente procedurale che consentano di far funzionare il sistema. Analoghe perplessità l’AGCM esprime nei confronti del comma 5, lett. c) sempre dell’art. 13, dove si dispone che al fine del conguaglio i consorzi individuino “parametri tecnici ed economici che tengono conto di criteri di efficienza nella gestione, dei costi medi aziendali e del numero dei risarcimenti effettuati”. Al riguardo questo Consiglio, sollecitato dalla stessa Amministrazione ad esprimere il proprio avviso, deve rilevare che la problematica fuoriesce dalla propria area di competenza quanto alla soluzione “consorzio” in luogo della semplice convenzione. L’Autorità, infatti, non individua una situazione di illegittimità ma paventa il rischio, consistente, che l’istituto prescelto possa favorirla. In queste condizioni, non può che rimettersi la questione alla responsabile valutazione dell’Amministrazione. Senz’altro condivisibile, invece, l’osservazione specifica relativa all’art. 13, comma 5, lett. c). Non sembra dubbio che il sistema debba permettere a ciascuna impresa di beneficiare dell’efficienza derivante dalla gestione dei sinistri dei propri assicurati, stimolando un confronto competitivo sui costi: andrebbe dunque escluso che, nell’ambito del sistema del risarcimento diretto possano essere definiti o condivisi parametri tecnici relativi all’attività di risarcimento dei danni svolta da parte delle imprese. L’Autorità invita poi il Ministero a tutelare meglio il consumatore, nel caso in cui l’impresa non ritenga di accedere alla richiesta di risarcimento diretto. Pur condividendosi tali preoccupazioni, non sembra tuttavia agevole trovare rimedi adeguati ed in particolare appaiono difficilmente attuabili le soluzioni proposte nel parere citato. Difatti, quanto alle osservazioni relative alla genericità della disciplina dei casi di esclusione individuati nell’art. 3, appare difficile pervenire ad una maggiore specificazione; si può al più suggerire la previsione di un eventuale massimale. Neanche percorribile è la proposta di prevedere apposite sanzioni in caso di rifiuto ingiustificato: come giustamente rileva il Ministero, introdurre in via regolamentare sanzioni di natura amministrativa va al di là del perimetro delegificato della disciplina del risarcimento diretto, come tracciato dall’art. 150 del Codice. Quanto all’esplicita previsione di un’azione diretta contro la propria impresa assicuratrice, anch’essa, attenendo alla disciplina del diritto di azione, appare estranea alla materia della delega e deve trovare la sua soluzione nell’ambito dei principî generali dell’ordinamento. Per gli stessi motivi, e a maggior ragione, non appare accoglibile la proposta di escludere la rimborsabilità dei costi sostenuti dalle imprese nell’ambito degli eventuali giudizi civili provocati dal mancato accordo sul risarcimento. 5. Infine, il Consiglio prende atto delle modifiche che si propone di introdurre nel testo sulla base della precedente nota di adempimento del 17 gennaio 2006, agli articoli 5 e 14. Conviene altresì con le ulteriori modifiche in tema di procedimento di liquidazione, proposte dall’AGCM e assentite dal Ministero: previsione di un termine certo per l’avvio della procedura stragiudiziale, qualora risulti inapplicabilea disciplina del risarcimento diretto; previsione di un mero allungamento dei termini (anziché della interruzione) in caso di richiesta di risarcimento incompleta. 6. Sotto il profilo formale, si rileva che il rinvio contenuto nel comma 1 dell’art. 11 dovrebbe essere all’art. 3 e non all’art. 2. P.Q.M. Nelle precedenti considerazioni è il parere del Consiglio di Stato. Per estratto dal Verbale Visto: (Giancarlo Coraggio)
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