Ai sensi dell’art.
2045 c.c., quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla
necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato ne era
altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura e
rimessa all’equo apprezzamento del giudice. Ma
il “fatto dannoso” deve pur sempre esser stato “compiuto” dall’agente, cioè
deve poter essere a questi non solo riferibile ma soprattutto imputabile: è proprio
la differenza tra mera riferibilità ed imputabilità che può costituire la
chiave di lettura per identificare nel fatto concreto, al fine della sua
qualificazione, la presenza della costrizione, dello stato di necessità o del
caso fortuito, (e così vis maior). Nelle
ipotesi ex art. 2045 c.c. , l’agente sceglie consapevolmente il pregiudizio
altrui, ma con la esimente di difendere un bene giuridico superiore attraverso
una condotta salvifica. L’azione
è, cioè, “intenzionalmente compiuta” ma, sul piano teleologico, allo scopo di
salvare alcuno (sé od altri) dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona, (Cass. civ. 14.10.1969 n. 3322; Cass. civ. 21.12.2004 n. 23696). Nell’ordinanza
130 del 28 marzo c.a., la Consulta offre una corretta lettura ermeneutica della
disposizione ex art. 2045 c.c., precisando, appunto, che essa presuppone pur
sempre una responsabilità dell’agente, almeno in termini di imputabilità della
condotta lesiva, derivante dalla libera determinazione di violare una norma
giuridica. Nel
casus decisus, un conducente aveva provocato lesioni alla trasportata per
effetto di una frenata bruscamente posta in essere onde evitare di investire un
cane apparso improvvisamente sul manto stradale di percorrenza, (caso analogo,
avente ad oggetto una brusca frenata è trattato da Cass. civ. 21.12.2004 n.
23696). La
Corte decreta la manifesta infondatezza della questione sollevata (dal
Tribunale di Cosenza), in quanto, ad avviso del Collegio, (sulla scorte delle
osservazioni richiamate in premessa), il rimettente non chiarisce come, “in
termini logico-giuridici, la ritenuta imprevedibilità dell’improvviso
attraversamento della strada da parte di un cane (che porta all’esclusione
della responsabilità del conducente per i danni derivati dalla frenata) possa
coesistere con l’applicabilità nella stessa fattispecie della norma impugnata,
la quale viceversa presuppone pur sempre una responsabilità dell’agente, almeno
in termini di imputabilità della condotta lesiva, derivante dalla libera
determinazione di violare una norma giuridica”: “una tale impostazione della
questione dimostra l’evidente errore prospettico da cui muove il rimettente, là
dove riferisce gli asseriti vizi di incostituzionalità della norma alla mancata
inclusione, nell’ambito dei presupposti per la sua operatività, della condotta
del danneggiante che miri ad «evitare di travolgere e ferire un animale», senza
verificare se tale norma fosse in concreto applicabile, ossia se la manovra
necessitata del conducente fosse idonea a salvare sé e la persona trasportata
dal pericolo attuale di un danno di maggiore gravità derivante dalle possibili
conseguenze dell’investimento dell’animale”. L’interpretazione
suggerita dalla Corte delle Leggi è, peraltro, rinvenibile anche nella
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, che discorre, per l’appunto,
di cd. responsabilità attenuata, (cfr. ex multis Cass. civ. 15.6.1965 n. 1224;
Cass. civ. 13.12.1966 n. 2913; Cass. civ. 14.10.1969 n. 3322) e, ritiene,
pacificamente, che l’art. 2045 c.c. sia applicabile anche nei casi di sinistri
stradali, (Cass. civ. 19.7.2002 n. 10571). Sul
piano processuale è opportuno evidenziare che l’indennità ex art. 2045 c.c. può
essere oggetto di statuizione del Giudice motu proprio, poiché la domanda di
corresponsione di un equo indennizzo è ritenuta implicita in quella del
risarcimento, anche in assenza di uno specifico richiamo, dallo ius receptum
della giurisprudenza di legittimità, (Cass. civ. 19.8.2003 n. 12100). (Altalex, 4 aprile 2006. Nota di Giuseppe Buffone)
composta
dai Signori: -
Annibale MARINI Presidente -
Franco BILE Giudice -
Giovanni Maria FLICK " -
Francesco AMIRANTE " -
Ugo DE SIERVO " -
Romano VACCARELLA " -
Paolo MADDALENA " -
Alfio FINOCCHIARO " -
Alfonso QUARANTA " -
Franco GALLO " -
Luigi MAZZELLA " -
Gaetano SILVESTRI " -
Sabino CASSESE " -
Maria Rita SAULLE " -
Giuseppe TESAURO " ha pronunciato la seguente O R D I N A N Z A nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2045 del codice civile,
promosso con ordinanza del 30 maggio 2005 dal Tribunale di Cosenza nel
procedimento civile vertente tra C. L. e V. I. ed altri, iscritta al n. 501 del
registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2005. Visto l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella
camera di consiglio dell’8 marzo 2006 il Giudice relatore Franco Bile. Ritenuto che
il Tribunale di Cosenza, in composizione monocratica, con ordinanza emessa il
30 maggio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
2045 del codice civile in riferimento all’art. 3 della Costituzione; che
l’ordinanza è stata resa nel corso di un giudizio civile, che l’attrice,
trasportata nell’autovettura condotta dal marito, aveva proposto nei confronti
di costui e della società assicuratrice per la responsabilità civile, per
ottenere il risarcimento del danno subìto a seguito di una frenata, dopo che
nel giudizio stesso erano state chiamate in causa la ASL di Cosenza e la
Regione Calabria; che
il rimettente – premesso che la frenata era stata resa necessaria da un evento
imprevedibile (l’improvviso attraversamento della strada da parte di un cane) –
afferma che «nel giudizio sussiste, alla stregua dello svolgimento dei fatti, la prova liberatoria di cui al primo comma dell’art. 2054 cod. civ.» e che
«la domanda, pertanto, deve essere rigettata»; che
peraltro – ritenuta implicita nella domanda di risarcimento quella di
corresponsione di un equo indennizzo, quando risulti che il convenuto abbia
agito in stato di necessità – il rimettente rileva che l’art. 2045 cod. civ.
non può trovare applicazione nella specie «in quanto la condotta del
danneggiante non era volta a prevenire “un grave danno alla persona”, ma ad
evitare di travolgere e ferire un animale»; che,
tuttavia, a suo giudizio, l’esclusione di una simile ipotesi dallo “stato di
necessità” conduce a risultati paradossali ed assurdi – con conseguente
«contrasto con il principio di uguaglianza e con quello di ragionevolezza» –,
in quanto «la norma consente di attribuire un indennizzo al danneggiato solo
qualora la condotta necessitata abbia consentito di evitare un danno grave ad
un soggetto umano, mentre non prevede alcun ristoro indennitario nel caso in
cui la condotta non riprovevole del danneggiato abbia avuto di mira la
salvaguardia di un essere animato diverso dall’uomo ovvero di un interesse di
rango meno elevato»; che
è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta
infondatezza della questione. Considerato
che il rimettente – dopo essere giunto alla conclusione che «nel giudizio
sussiste, alla stregua dello svolgimento dei fatti, la prova liberatoria di cui
al primo comma dell’art. 2054 cod. civ.» e che «la domanda, pertanto, deve
essere rigettata» – ritiene che nella domanda di risarcimento del danno è
implicita quella di corresponsione di un equo indennizzo, ove risulti che il
convenuto abbia agito in stato di necessità; che peraltro egli non chiarisce come, in termini logico-giuridici, la
ritenuta imprevedibilità dell’improvviso attraversamento della strada da parte
di un cane (che porta, secondo la premessa, all’esclusione della responsabilità
del conducente per i danni derivati dalla frenata) possa coesistere con
l’applicabilità nella stessa fattispecie della norma impugnata, la quale
viceversa presuppone pur sempre una responsabilità dell’agente, almeno in
termini di imputabilità della condotta lesiva, derivante dalla libera
determinazione di violare una norma giuridica; che
una tale impostazione della questione dimostra l’evidente errore prospettico da
cui muove il rimettente, là dove riferisce gli asseriti vizi di
incostituzionalità della norma alla mancata inclusione, nell’ambito dei
presupposti per la sua operatività, della condotta del danneggiante che miri ad
«evitare di travolgere e ferire un animale», senza verificare se tale norma
fosse in concreto applicabile, ossia se la manovra necessitata del conducente
fosse idonea a salvare sé e la persona trasportata dal pericolo attuale di un
danno di maggiore gravità derivante dalle possibili conseguenze
dell’investimento dell’animale; che
dall’erroneità della premessa interpretativa discende la manifesta infondatezza
della sollevata questione. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9,
comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2045 del codice civile,
sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di
Cosenza, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe. Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 23 marzo 2006. F.to: Annibale
MARINI, Presidente Franco
BILE, Redattore Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere Depositata
in Cancelleria il 28 marzo 2006. Il
Direttore della Cancelleria F.to:
DI PAOLA |
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