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Articoli 08/04/2006

GUIDA IN STATO D’EBBREZZA: GLI UBRIACHI NON SONO COME I DROGATI, E IL GIUDICE MANDA TUTTO ALLA CORTE COSTITUZIONALE

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Ebbri di alcol o di droga: la strada non è mai dritta

(ASAPS) ROMA – L’articolo 3 della Costituzione italiana recita: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ebbene, il Codice della Strada violerebbe proprio questo fondamento di uguaglianza, sancito tra i principi fondamentali della nostra carta costituzionale, quando prevede una punizione diversa tra chi guida un veicolo in stato di ebbrezza alcolica (articolo 186) e chi invece si mette al volante sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (articolo 187). O almeno questo è il parere di un giudice del Tribunale di Roma – Albina Fiordalisi – che ha sospeso un processo per una presunta “disparità di trattamento” inviando tutti gli atti alla Consulta. La quaestio verte infatti sulla tesi avanzata dall’avvocato Francesco Romeo, del Foro di Roma, che difende un cittadino cubano dall’imputazione di guida in stato di ebbrezza alcolica, definita “non manifestamente infondata” dalla dottoressa Fiordalisi. L’extracomunitario, venne denunciato a piede libero nel gennaio 2004, dopo essere finito con la propria auto contro una recinzione: quando la polizia municipale giunse sul posto, ne accertò lo stato di ebbrezza alcolica. In ogni caso, l’avvocato ha presentato una memoria difensiva all’inizio del dibattimento, all’interno della quale mette in discussione l’intero impianto del codice, ipotizzando la violazione del principio di uguaglianza in ordine ai due disposti, dei quali uno – la guida in stato di ebbrezza alcolica, l’articolo 186 appunto – prevede la competenza del giudice monocratico per l’irrogazione della pena, mentre il secondo – l’articolo 187, in materia di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope – prevede la competenza del giudice di pace. E come se non bastasse, l’avvocato Romeo ha trovato un’altra falla – strettamente correlata alla presunta incostituzionalità – andando oltre. Il decreto che regola i procedimenti innanzi al giudice di pace ( D.Lgs. 274/2000), prevede infatti – e ne abbiamo parlato in chiave critica più di una volta – che qualora l’imputato sia chiamato a rispondere di fatti che abbiano comportato conseguenze di “particolare tenuità” o provocato danni esigui, possa beneficiare della dichiarazione di improcedibilità. Ci eravamo assolutamente dichiarati contrari ad alcune sentenze di assoluzione, nei confronti di conducenti ubriachi, spiegando che la guida in stato di ebbrezza è spesso più un reato di pericolo che di danno, nel senso che non sempre gli agenti accertatori entrano in azione successivamente ad eventi già consumati. Anzi, proprio grazie all’accertamento sono state evitate conseguenze, ma la risposta fornita al trasgressore – che ha in effetti violato la norma – non può essere quella di una semplice pacca sulla spalla come se si trattasse di un semplice rimbrotto ad un’ancor più semplice marachella. Ma non è finita qui. Il difensore dell’imputato ha anche messo in luce che “la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto prevista dall’art. 187 del Codice della Strada non sarà mai applicata perché – sempre secondo il decreto legislativo 274/2000 – dovrà essere sostituita dal giudice di pace con la pena pecuniaria, con la permanenza domiciliare o con la pena del lavoro di pubblica utilità”.

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Disparità su tutta la linea, dunque, tra l’ebbro di alcol e l’ebbro di droga, anche sul fronte della possibilità di evitare il decreto penale di condanna con l’oblazione, possibile fino a qualche tempo fa anche per gli imputati dal gomito troppo alto, che oggi viene normalmente condannato con pena cumulativa di arresto e ammenda, oltre che per i guidatori con spinelli e “roba” varia, che ancora beneficiano del trattamento più morbido. Letta la memoria, il giudice Fiordalisi ha evidentemente condiviso, quantomeno in parte, l’arringa dattiloscritta del difensore, scrivendo nella trasmissione atti alla Consulta che “…la legge non deve porre discriminazioni tra situazioni similari, salvo che vi siano motivazioni ragionevoli […] le due fattispecie incriminatrici (guida in stato di ebbrezza da alcol e guida in stato di ebbrezza da droghe o sostanze psicotrope) hanno il medesimo bene giuridico che è quello dell’ordine pubblico, il medesimo oggetto giuridico in quanto la condotta consiste nel guidare in stato di alterazione psico-fisica a causa dell’assunzione di sostanze che menomano la concentrazione e prontezza di riflessi, e il medesimo elemento soggettivo che è la consapevolezza e la volontà di mettersi alla guida di un veicolo in tale stato”.

In tutto questo, però, ci sembra che sia sfuggito un elemento essenziale: la ragionevole certezza che l’ebbro alla guida – sia esso ubriaco o drogato – incorra in un sinistro stradale. Siccome è proprio questo il caso, visto che l’imputato si era schiantato su una recinzione, avremmo voluto che venisse citato anche il pericolo per l’imputato stesso o per terzi estranei che condotte del genere comportano.

È un dato di fatto, però, che il quesito è estremamente interessante e posto, comunque, con grande cognizione di causa. Siccome siamo democratici (e curiosi) attenderemo con ansia il responso della Corte Costituzionale. (ASAPS)


Di Lorenzo Borselli

Sabato, 08 Aprile 2006
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