Puntuale
come una cambiale si è ripetuto l’ormai periodico grave incidente
in una delle grandi gallerie di valico del nostro Paese, questa volta
al Frejus, con due morti e una ventina di intossicati nel conto finale.
E dalla dinamica dei fatti, considerata la profondità nell’unica
canna del Frejus è andata anche bene, se così si può
dire.
Sappiamo che il tunnel del Frejus è da considerare sicuro. Potremo
valutare solo in secondo tempo, se ci verranno forniti i dettagli, la
tempestività e la qualità dei soccorsi, sia tecnici che
sanitari, ma ci sembra che la macchina abbia funzionato a dovere. Quello
che invece pensiamo, è che l’Italia possa dirsi ancora una
volta un paese “fortunato”, con il massimo rispetto e dolore
per la morte dei due camionisti rimasti intrappolati nella canna del traforo.
Lo stato complessivo dei chilometri scavati nelle montagne italiane, infatti,
è allarmante. La maggior parte dei tunnel, anche di considerevole
lunghezza, di andamento curvilineo e con variazioni altimetriche del tracciato
stradale, è sempre preoccupante.
Vie di comunicazione stressate da un traffico su gomma incessante e in
aumento con lunghe gallerie a doppio senso, e con sistemi di allarme e
vie di fuga ancora non del tutto adeguati, possono solo per poco tempo
forzare i tempi della casistica senza che accadano incidenti gravi.
Alcune riflessioni. Come è pensabile che un sistema di verifica
e controlli che non intervenga in modo severissimo per far rispettare
le dovute distanze di sicurezza e i particolari limiti di velocità
dei mezzi, anche pesanti, possa spezzare la catena del rischio? Si pensi
poi a quello che può causare anche un conducente che guida in stato
di ebbrezza in una condizione così particolare o, al rischio dello
scoppio di uno pneumatico.
Si deve anche analizzare il ripetersi di perdite di carburante e incendio
dei propulsori turbo, piuttosto frequente e solo allarmante in una strada
normale, ma drammatico in una galleria. Vanno attivati anche più
frequenti controlli a campione con l’utilizzo dei CMR (Centri Mobili di
revisione) e l’impiego di personale del ministero delle Infrastrutture
insieme alle pattuglie della Polizia Stradale.
Certo, abbiamo anche tunnel fra i più sicuri del mondo, come quello
del Bianco o come quelli dell’Autobrennero, ma cosa sarebbe successo
se quel camion si fosse incendiato all’interno della galleria Roccaccia
sulla E45 (indicata come la peggiore d’Europa in una recente dell’Eurotap),
magari con un pullman di vacanzieri nei paraggi? Ve lo diciamo noi: sarebbe
stata una carneficina, un’altra strage, perdipiù annunciata.
E il fatto, oltre che di accurata analisi tecnica che non mancheremo di
effettuare quando disporremo della documentazione necessaria, è
degno anche di altre considerazioni. La prima riguarda il destino della
montagna valdostana: cosa succederà ora? Il Frejus, questo è
certo, non potrà essere riaperto prima di qualche mese, almeno
nell’ipotesi che il manufatto non abbia riportato danni strutturali
importanti: in caso contrario, potremmo ipotizzare anche l’anno,
l’anno e mezzo. Il Bianco potrà sopportare il volume di traffico
pesante che ancora sostituisce sconsideratamente quello su rotaia? Noi
ne dubitiamo: non tanto per la capacità operativa del Tunnel, ma
per il rigido protocollo di sicurezza che viene ora adottato. Le aree
tecniche di controllo, non potranno abbassare la guardia proprio ora,
ma temiamo che un sovraccarico di veicoli (e non è un eufemismo)
che si presentino per il check control, induca gli operatori a fare più
in fretta, e questa è sempre cattiva consigliera. C’è
poi il discorso ambientale, ma a questo – alla conseguenza sull’ambiente
di questa deviazione commerciale – lasciamo la parola alle associazioni
specializzate.
Presidente
Asaps
Giordano Biserni
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